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Autore: JJane    03/01/2007    11 recensioni
Ecco a voi un ipotetico settimo anno per il Magico Trio ormai molto poco Trio...Buona lettura!
Il voltafaccia dell’erede di casa Malfoy
Il diciassettenne Draco Malfoy, figlio del noto Mangiamorte Lucius Malfoy, ora detenuto nel carcere di massima sicurezza di Azkaban sembra essere direttamente convolto nelle misteriose circostanze che portarono alla morte di Albus Silente, stregone del Wizegamot e preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Secondo recenti indiscrezioni trapelate dal Ministero e da fonti certe, pare che l’erede dei Malfoy fosse stato incaricato da Colui-che-non-deve-essere-nominato di uccidere il defunto preside, ma proprio all’ultimo momento si sia tirato indietro. Pare che sia proprio a causa del suo voltafaccia che Severus Piton, professore di Pozioni ad Hogwarts, ex Mangiamorte ora latitante e probabilmente tornato tra le file dei seguaci di Colui-che-non-deve-essere-nominato, abbia ucciso Silente al suo posto. E’ quasi certo che Draco Malfoy si sia unito all’ex professore di Pozioni nella fuga, subito dopo l’omicidio, ma fonti certe ci hanno confermato che, in un secondo momento, il mago diciasettenne sia stato protetto dal Ministero della Magia che crede nella sua innocenza e gli ha immediatamente procurato un programma di massima sicurezza per la sua incolumità e ritiene il suo gesto una prova di grande devozione al Mondo Magico ed di grande coraggio, poiché si è ribellato al volere di Colui-che-non-deve-essere-nominato…
Malfoy staccò gli occhi dall’articolo, infuriato come non mai:
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Daphne Greengrass, Il trio protagonista, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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The first date

The First Date

 

Stava cambiando. Qualcosa lentamente stava mutando in lui e lei lo sapeva, lo vedeva, lo sentiva…e impotente attendeva quel tempo che glielo avrebbe strappato dalle mani, dalle labbra, dal cuore…

 

 Trenta centimetri di neve, o ferse più. Fitte nubi rendevano plumbeo quel cielo di Dicembre, mentre un vento insistente soffiava rumoroso, increspando la superficie del Lago Nero.

Due attenti occhi grigi osservavano il paesaggio bianco intorno a lui; una lunga serie di orme nella neve denotava il suo cammino, ma il fatto che fossero quasi del tutto cancellate dal vento lasciava intuire che fossi lì da molto. La sua regale figura statuaria si ergeva in tutta la sua altezza, mentre la neve imprigionava le sue muscolose gambe fino al ginocchio; il pesante mantello invernale svolazzava mosso dal vento, come i suoi capelli che, ribelli, si lasciavano sedurre da quella brezza che li invitava in una frenetica danza. Al freddo, con le mani in tasca, gli occhi fissi ad osservare un punto impreciso dinnanzi a lui. Pensava.

-Hai intenzione di morire assiderato?-. Non si voltò neppure, conosceva quella voce.

-Ho bisogno di stare un po’ da solo-.

-E' per la stupida storia della collaborazione?-. Le sue mani gli accarezzarono le spalle, accompagnate dalla sua voce calda.

-Anche-.

-Ero venuta a dirti che, se vuoi, lo faccio io il turno al tuo posto stasera-.

Draco Malfoy guardò la ragazza dagli occhi verdi che stava di fianco a lui e che gli massaggiava con dolce affetto le spalle rigide.

-Non importa, grazie lo stesso-.

-Allora ci vediamo a cena, Draco-. Lo baciò fugace, sapendo che non era il momento di pretendere qualcosa da lui.

-A dopo, Daphne-. La salutò prima che si allontanasse, lasciandolo di nuovo in quella silenziosa solitudine.

Il turno. Quella sera lo avrebbe fatto con la Granger. Perché aveva rifiutato? Avrebbe potuto accettare l'offerta e starsene per i fatti propri in Sala Comune, magari con Blaise a giocare a scacchi: qualcosa aveva risposto al posto della sua testa. Curiosità. Probabilmente no. Era quasi un'ora che era li, da solo, al freddo e pensava. Pensava alla sera prima. Pensava a ciò che aveva detto a Weasley. Rifletteva anche sulle sue parole. E pensava a lei.

 

 

 

L'odore pungente della pergamena vecchia. Il rumore graffiante di pagine voltate con frettolosa ricerca. Il fruscìo delicato di una piuma che scivola imprimendo una scia d'inchiostro sulla supervice ruvida. Mani veloci ed esperte, delicatamente curate e belle, che scrivono frenetiche prendendo appunti. L'atmosfera calda e accogliente degli scaffali stipati della ricca Biblioteca. Era immersa tra libri vecchi e consunti e rotoli di pergamena da circa due ore, nel piacevole tepore tra le mura di Hogwarts, intenta a studiare Storia della Magia per la settimana successiva.

Hermione J. Granger aveva la malsana, ma costruttiva abitudine di tenere la mente impegnata tra compiti, ripassi e approfondimenti quando voleva evitare di pensare a qualcosa…o qualcuno.

Purtroppo erano mesi che si era ritrovata a credere che, forse, si erano sbagliati tutti. Era quasi convinta che fossero tutti, dal primo all'ultimo e nessuno escluso, dei superficiali presuntuosi che non facevano altro che analizzare la mente e i comportamenti altrui pensando di interpretare perfettamente ogni cosa. Si era ritrovata, improvvisamente, a non piacersi dentro. Si sentiva scomoda con se stessa, come se fino a quel momento si fosse comportata come tutti gli altri, credendo che ciò che facevano era la cosa giusta e ritrovandosi ad ammettere che, al contrario, avevano solo coperto la realtà. Si lamentavano degli altri: quelli che giudicavano Harry e credevano di conoscerlo solo perché si trattava di Harry Potter, il Bambino Sopravvissuto. Ma loro? Non avevano forse fatto la stessa identica cosa? Erano mesi che covava dentro di sé la risposta, ma ora era pronta ad ammetterlo. Si. Erano uguali a tutti coloro che avevano giudicato e odiato.

Stava ripensando alla sera prima, ma non sapeva che quel qualcuno a cui la sua mente ricorreva continuamente faceva altrettanto, a dozzine di metri di distanza. Rifletteva sulle parole del Serpeverde: la sera prima le erano sembrate così dure e sature di rabbia, m adesso…adesso le sembravano più veritiere che mai. Aveva ragione lui, ma non glielo avrebbe mai detto. Mai.

-Mione, hai un minuto?-. Disse una voce al suo fianco.

-Certo Ginny! Dimmi pure-. Rispose sorridendole.

-Scusa se ti disturbo, ma ho bisogno di parlarti: ti va se facciamo due passi?-.

Non le rispose, ma iniziò a raccogliere tutta la sua roba e fece levitare i pesanti tomi al loro posto sugli scaffali polverosi e stracolmi di libri, poi seguì la sua migliore amica fuori dalla Biblioteca.

-Hermione sta succedendo qualcosa, per caso?-. Le chiese Ginny quando si furono sistemate in un' aula vuota.

-Dipende: di cosa parli?-.

-Harry mi ha detto che ieri hai mandato Ron in Sala Comune e hai finito tu il giro con Malfoy, dopo che avete discusso sul fatto che suo padre è in carcere e tutto il resto…-.

-Si, è vero. Ho seguito tuo fratello e la serpe perché temevo che si sarebbero uccisi, poi hanno iniziato a parlare di un discorso alquanto delicato e allora sono intervenuta; ho chiesto a Ron di lasciarmi finire il giro solo perché Malferrett aveva un po’ il dente avvelenato e se tuo fratello non si fosse trattenuto a qualche provocazione sarebbe finita male-.

-Ma di cosa parlavano? Harry ha detto che Ron gli ha solo confessato che, in fondo, un po’ aveva ragione Malferrett-.

-Diciamo che lui si è limitato a sbatterci in faccia ciò che pensa e, a dire il vero, in parte è la verità. Praticamente dice che, per quanto lui abbia dimostrato di non essere come suo padre, tutto il Mondo Magico continuerà a considerarlo come il figlio di Lucius Malfoy e sappiamo cosa questo voglia dire, Ginny-.

-Si, certo, ma lui si comporta in modo da non farci cambiare idea, però-.

-E' quello che gli ho detto anch'io. Ma lui condanna solo il fatto che tutti presumano di sapere cosa significhi vivere la sua vita, quando invece non ne sappiamo nulla-.

-Bè…su questo ha ragione-. Commentò Ginny.

-Già, il punto è che se continua a sbatterci in faccia le sue idee noi non possiamo fare altro che comportarci di conseguenza!-.

-In che senso?-.

-Nel senso che ieri, dopo tutte le sue belle parole, mi ha chiamato Mezzosangue. Io non mi sono offesa, ormai ci sono abituata, il fatto è che non può pretendere che noi lo cominciamo a vedere con occhi diversi, se lui persiste ad essere quello di sempre. Voglio dire, se lui davvero non è come suo padre e non disprezza i Mezzosangue, e tutto il resto, allora dovrebbe cominciare a dimostrarlo al resto del mondo e non solo a parole-.

-Giusto. Questo glielo hai detto?-.

-Si-.

-E la serpe cosa ti ha detto?-.

-Ha fatto del sarcasmo…se c'è una cosa che ho capito di Draco Malfoy è che quando non ha intenzione di dirti qualcosa devia elegantemente il discorso-.

-Cosa ti aspettavi? Di certo non si sarebbe messo a raccontarti di sé e poi stavi parlando con Malferrett: non scordarlo-.

-Vedi? E' questo di cui stava parlando. Anche tu, inconsciamente, sei prevenuta-.

-Mione ma cosa pretende? Che solo perché si è unito all'Ordine allora cancella dalle nostre menti tutti gli insulti e le cattiverie che ci ha riservato in sei anni?!-.

-E' quello che cercavo di spiegargli, però è anche vero che nessuno ha davvero voglia di cambiare idea su di lui, Gin. Non dirmi che per te non è comodo pensare al Principe delle Serpi come al figlio di un Mangiamorte, ragazzo arrogante, viziato e che, probabilmente, prenderà il posto di suo padre?-.

-Bè: figlio di un Mangiamorte, arrogante e viziato lo è, Hermione e non possiamo far finta che non sia così! L'unica cosa su cui ha ragione è la diffidenza che abbiamo nel credere che davvero non è come suo padre-.

-Io lo so che tu hai ragione, il fatto è che non riesco a convincermi che…-. Ma la riccia s'interruppe, senza sapere come terminare la frase.

-Cosa c'è Herm?-.

-Niente, è solo che…io ci credo a quello che dice, lo penso da mesi ormai-.

-Di che parli?-.

-Del fatto che noi siamo solo dei presuntuosi a credere di sapere come è fatto lui. Dalla notte in cui…in cui lui non lo ha fatto, io mi sono fatta delle domande. Aveva scombussolato tutto quello che avevo sempre pensato di lui e mi sono iniziata a chiedere chi fosse davvero Draco Malfoy; in fondo abbiamo sempre odiato tutti quelli che additavano Harry e credevano di sapere tutto della sua vita solo perché era Potter, ma noi non facevamo lo stesso con la serpe?-.

-E' diverso, Hermione-.

-No che non lo è, Ginny-.

-Si, invece! Harry non è un figlio di papà viziato e razzista e, comunque, non ha mai trattato la gente come se fosse spazzatura e se la gente credeva di sapere come fosse, lo riteneva una bella persona-.

-Non può essere una situazione diversa solo perché pensavano cose positive di Harry, Ginny-.

-Mi dici solo una cosa, Hermione? Perché ti sta tanto a cuore questa cosa?-.

-Non mi sta a cuore un bel niente-. Rispose la riccia scuotendo il capo.

-Allora perché lo difendi con così tanto fervore?-.

-Io non sto difendendo Malfoy, sto solo cercando di farvi capire che stiamo sbagliando-.

-Se anche fosse, io non capisco: è lui che ci rimette e non mi sembra che gli sia mai importato di ferirti, anzi…lo faceva con gusto, perché adesso ti preoccupi che lui non soffra?-.

Hermione la guardò per un lungo istante, facendosi la stessa domanda dentro di sé.

-La verità è che lo capisco: io ho dovuto affrontare le stesse cose, seppur per un motivo diverso e, anche se stiamo parlando di Malferrett, io non riesco a far finta che non mi dispiaccia-.

-Questo ti fa onore, Mione, davvero, ma non dimenticarti chi è e ciò che è stato-. Rispose la sa migliore amica con un sorriso comprensivo, dirigendosi verso la porta.

-Secondo me, invece, dovremmo cercare di metterci il passato alle spalle-.

-Non sempre è così semplice: dacci tempo e vedrai che le cose andranno per il verso giusto-.

Hermione rimase da sola in quell'aula vuota e semibuia, solo con i suoi pensieri e il suo grande cuore Grifondoro.

 

 

 

Ventuno e quarantasette. Il silenzio aleggiava nel castello già da qualche minuto, ormai, l'unico rumore erano i suoi passi che echeggiavano sicuri e decisi per i Sotterranei. Era appena uscito dalla Sala Comune e stava andando verso la Stanza dei Prefetti per firmare il registro e adempiere ai suoi doveri di Caposcuola; la Sala Grande era immersa nel buio, soltanto le grandi clessidre delle Case brillavano in fondo alla sala: Serpeverde era in testa solo per pochi punti, la seguiva Grifondoro, ovviamente.

Oltre alle fiaccole che illuminavano tremolanti i corridoi di pietra, dalle grandi finestra trapelava la luce biancastra della luna e alcune stelle luminose facevano capolino lontano dalle nubi che si stavano ormai diradando.

-Buonasera-. Lo salutò la Grifondoro.

-'Sera-. Ricambiò lui andando subito a firmare il registro, poi uscirono dalla Stanza dei Prefetti ed iniziarono il turno di sorveglianza.

-Che ne pensi dell'idea della preside?-.

-La megera ha perso la testa-. Rispose lui.

-Bè lo fa per te…-.

-Granger l'ho detto anche ieri al tuo amico Weasley: io preferirei non avere tutte queste "attenzioni", il punto è che sono necessarie, ma non me la sento di ringraziarvi per il calore che mi dimostrate!-.

-Nessuno ti chiede di ringraziarci, ma almeno non ci trattare come una palla al piede-.

-Per me lo siete: ecco la verità!-.

-Con te non c'è proprio speranza…-. Sospirò la riccia scuotendo la testa arrabbiata.

-Che vuoi dire?-. Domandò lui fermandosi a guardarla.

-Voglio dire che io ci sto provando a vederti sotto un altro aspetto, ma tu non ne hai di aspetti diversi!-.

-Ecco che ricominci. Continui a credere di sapere come sono-.

-Io non credo niente! Mi stavo sforzando di conoscere i lati del tuo carattere, di non vedere solo quello arrogante e malvagio, il punto è che tu non me ne dai l'opportunità!-.

-Te lo ripeto, ma questa è l'ultima volta: non-spingerti-oltre, Granger-.

-D'accordo, ma non lamentarti se l'unica persona che provava davvero ad andare oltre le apparenze, adesso sarà la prima a difenderle!-. Detto questo riprese a camminare infuriata.

Un tonfo sordo. Non c'era stato nessuno suono, ma lui era sicuro di aver sentito la porta che lei gli aveva appena sbattuto in faccia. D'accordo, era stato lui a cominciare, ma era il suo carattere: non dava a nessuno il permesso di sfondare quel muro che aveva dentro, ma lei adesso non ci avrebbe più provato, non dopo il modo in cui l'aveva trattata.

Delusione. Era profondamente delusa da quel demone dai capelli d'oro e gli occhi d'argento. Lei era sicura che dietro quel suo modo scostante e irritante di comportarsi ci fosse qualcosa di diverso, forse anche di buono, ma non lo avrebbe mai pregato di mostrargli quel suo lato nascosto. Lui aveva deciso di rafforzare il suo invisibile muro di protezione e lei non avrebbe di certo insistito per sciogliere la sua indifferenza dopo il modo in cui l'aveva trattata.

 

 

 

I lunghi capelli corvini erano sciolti e i bellissimi occhi blu notte scorrevano attenti su quel foglio di pergamena che teneva tra le mani. Alzò lo sguardo quando un rumore sordo di passi che si avvicinavano gli anticiparono l'arrivo di un ospite. Poco dopo qualcuno bussò alla porta della sua stanza.

-Avanti-.

-Ciao, Blaise. Disturbo?-.

-Figurati: entra pure. Qual buon vento ti porta qui, Daphne?-.

La bella Serpeverde si sedette sul bordo del letto, di fianco a lui e gli regalò uno dei suoi ammalianti sorrisi.

-Non credo sia un vento così propizio-.

-Qualcosa mi dice che il mio biondissimo amico sia il motivo per cui ti sei spinta fin quaggiù-.

-Adoro il tuo modo di essere-. Sospirò lei accovacciandosi tra le sue braccia.

-Che succede?-. Domandò lui stringendola con affetto.

-Ho sempre pensato che sposarlo sarebbe stato un tremendo errore ed era per questo che non mi decidevo a dirgli quel maledetto si-.

-Ma…-. La incalzò Blaise.

-Ma poi in tutti questi mesi che ho passato con lui è cambiato qualcosa-.

-Prima eravate solo grandi amici, Daphne, non vi eravate mai…spinti sotto le lenzuola-.

-Infatti. Tutto è cambiato quando quest'estate, a Grimmould Place, ci sono finita a letto per la prima volta; è stato casuale e la mattina dopo eravamo d'accordo di comportarci come sempre, ma è successo di nuovo e poi ancora. Insomma: abbiamo cominciato ad essere amici intimi. Sapevo benissimo che il suo sentimento nei miei confronti non era cambiato, nonostante passassi più tempo con lui a rotolarmi tra le sue braccia, che non a parlarci: provava sempre il suo infinito affetto fraterno, lo stesso che prova anche per te-.

-Ho il sospetto che per te sia cambiato, invece-.

-Non mi era mai successo. Non sono mai stata come Pansy: un ragazzo differente ogni volta che andava a letto, ma ho sempre preferito le avventure a qualcosa di più profondo; il problema è che, senza accorgermene, io…Blaise io mi sono innamorata di Draco. Quando ho capito che non lo avrei mai avuto davvero, ho capito che l'unico modo che avevo per non perderlo era accettare di sposarlo, ecco perché gli ho detto di si-.

-Lui non se lo immagina neppure, amore-. Le disse lui guardandola.

-Lo so, ma non voglio che lo sappia. Lo conosciamo entrambi: scapperebbe davanti ad un sentimento come questo, soprattutto da parte mia-.

-Allora qual è il problema?-.

-Che lui sta cambiando, Blaise. Sono sicura che te ne sei accorto anche tu-.

-Diciamo che la lontananza di suo padre lo sta aiutando a liberarsi delle costrizioni che Lucius gli aveva imposto-.

-Sta diventando più umano e ho paura che questo cambi le cose-.

-Non cambierà niente, piccola. Lui ti vuole sposare e non si tirerà indietro-.

-Io sento che qualcosa lo rende più scostante-.

-Devo ammettere che sono un paio di giorni che è un po’ pensieroso e sta sulle sue, ma secondo me non è nulla di preoccupante-.

-Lo spero. Ti dispiace se dormo qui, stanotte?-.

-Certo che no-. Rispose Blaise sorridendole.

Si misero sotto le coperte, abbracciati, e si lasciarono cullare dalle labbra di Morfeo.

 

 

 

In venti minuti avrebbero terminato il giro d'ispezione. Da quell'accesa discussione il silenzio era calato tra loro come una pesante mano opprimente, ma ad un certo punto, il bel biondo si decise a romperlo.

-Perché lo fai?-.

-Cosa?-. Hermione non si voltò neppure a guardarlo, era ancora arrabbiata.

-Capirmi, cercare di conoscermi-. Rispose lui, il tono basso, caldo, tranquillo.

-Non credo abbia più molta importanza-. Replicò lei, anche se era rimasta alquanto colpita dalla gentilezza della sua voce.

-Per me ne ha, invece-.

Il suo sussurro arrivò alle orecchie di Hermione come un sibilo di vento.

La stretta sul suo polso era decisa, ma non le faceva male: era delicata.

Si lasciò perforare dall'argento fuso delle sue iridi che le scavavano dentro, ricambiando quello sguardo con i suoi dorati occhi altrettanto profondi.

-Perché so cosa significa dover lottare ogni giorno contro i pregiudizi-.

Draco rimase colpito da quella risposta e, per la prima volta nella sua vita, non si sforzò neppure di nascondere la sorpresa. La riccia non si aspettava di intravedere sul volto diafano del Serpeverde un bagliore di emozione, eppure una scia di incredulità percorse il suo viso.

-Me lo hai insegnato tu in tutti questi anni. Perché credi che Hermione Granger cerchi sempre la perfezione, se non per convincere il Mondo Magico che anche un Mezzosangue può superare un mago?-.

Si stupì delle sue stesse parole. Erano così sincere e spontanee che mai, mai si sarebbe immaginata che un giorno sarebbe stata così vera davanti a quel ragazzo che la disprezzava tanto.

Il Caposcuola lasciò andare il suo polso e, dopo un ultimo sguardo, riprese a camminare silenzioso.

Hermione lo osservava di sottecchi: era sicura di averlo sopreso con i suoi discorsi, ma non si aspettava che quelle parole l'avrebbero reso così pensieroso e taciturno. Avevano finito il giro di sorveglianza ed erano davanti al ritratto della Signora Grassa.

-Ci vediamo domani-. La salutò lui.

-Buonanotte-.

Lui si voltò, sentì il ritratto alle sue spalle aprirsi, così si voltò.

-Ah, Granger, un'ultima cosa- disse guardandola negli occhi -nessuno ci ha mai provato: ti ammiro-.

-E' una sfida?-.

-Dimmelo tu-.

Hermione lo guardò un ultimo istante e fu certa che il sorriso che gli fece sarebbe bastato a fargli capire che accettava la sfida.

  
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