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Autore: Iolyna92    17/06/2012    1 recensioni
Quella fiducia divenne sempre più solida e concreta, trasformandosi in determinazione.
La determinazione che ha un pazzo di perseguire la sua follia.
Solo così avrebbe fatto dimenticare quei inutili corpi celesti.
Solo così avrebbe conquistato la scena diventando l’unica e sola protagonista del grande spettacolo dei cieli.
Solo così sarebbe diventata regina.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*°*°*@Note della scrittrice@*°*°*
Ed eccomi di nuovo qui! So di essere sparita per un po’, ma io e la mia ispirazione abbiamo avuto dei battibecchi ^^!!!
Ma ora siamo tornate con questo nuevo cappy che vi svela un po’ di cosuccie!!!
A me personalmente non fa impazzire, forse perché la storia è troppo complicata e io non so scrivere XD o forse semplicemente perché è un genere diverso dalle precedenti ^^!!!
Dopo di ciò buona lettura e mi aspetto tante recensioni eh! :P
P.s. Ben accette critiche e consigli ^^



Capitolo 1°
 
 
Aprì gli occhi.
I lunghi capelli argentei ondeggiavano al ritmo delle correnti sottomarine.
L’acqua accarezzava dolcemente la sua pelle chiara, quasi trasparente.
Accucciata in una posizione fetale, stringendosi le ginocchia con le braccia, si sforzò nel guardarsi attorno e nel capire dove si trovasse e come ci fosse arrivata.
Senza successo.
 
Alzò lo sguardo.
Il cielo era buio, proprio come tutto ciò che la circondava.
Galleggiava nelle acque delle tenebre.
La infastidiva.
Tutta quell’oscurità le dava l’impressione di essere rinchiusa in un limbo, prigioniera.
Prigioniera.
Quella sensazione l’aveva già provata? Come? Quando?
 
Sciolse le gambe dal suo abbraccio e stendendole si diede la spinta necessaria per riemergere.
Voleva trovare la luce.
Uscì la testa mantenendo le labbra al livello dell’acqua e riprese ad osservarsi attorno: i capelli bagnati si appiattirono incorniciandole il viso e insieme alla pelle umida rabbrividì al contatto con l’aria gelida che vi era all’esterno.
C’era un po’ di brezza, la percepiva, ma nient’altro di fronte a sè.
Solo una distesa di acqua nera.
Si voltò a destra e a sinistra. Nulla.
Alla fine controllò alle sue spalle.
Non  molto lontano, sforzando un po’ la vista, si notava una costa.
La vedeva discretamente, non perché fosse lontana, anzi si riteneva fortunata in proposito perché raggiungerla, sarebbe stato facile.
Piuttosto mancava qualcosa; proprio ciò che cercava.
La luce.
Buio nella costa, buio anche nel cielo: dov’erano le stelle? E la luna?
 
Prese a nuotare verso la costa che aveva intravisto.
Le mani spingevano l’acqua mentre diminuiva la distanza tra lei e la spiaggia.
 
Non passò molto tempo che i suoi piedi toccarono il suolo sabbioso e proseguì camminando.
Ora che non era più immersa nell’acqua sentiva freddo.
Fuori la temperatura era molto bassa e lei, lei era nuda.
Come aveva fatto a non accorgersene: i capezzoli del seno minuto si erano irrigiditi e le gambe incominciavano a tremare.
Voleva asciugarsi, voleva vestirsi.
Si abbracciò strofinando le mani sulla pelle, sperando di creare calore.
Ma non bastava.
Le tremava il labbro e le battevano i denti.
Arrivata sulla spiaggia era certa di avere un  principio di congelamento.
Sentiva i muscoli irrigidirsi.
Cadde in ginocchio e poggiò la testa sulla sabbia.
Credeva che non ce la avrebbe fatta, che sarebbe morta lì, in una notte buia…
 
Notte.
Aveva tramato alle loro spalle per troppo tempo e aveva finito con infrangere tutte le leggi della natura.
La prima vittima era stata proprio lei.
Mentre splendeva tonda e raggiante sul suo manto, e mentre il sole sorgeva per prendere il loro posto, l’aveva spinta.
Le era bastato quello.
Spingerla in uno dei suoi tanti riflessi che illuminavano la terra.
E lei era caduta, rimanendo prigioniera tra la Notte che la schiacciava e il mare su cui rifletteva.
Era rimasta incastrata nell’orizzonte.
E mentre si dimenava cercando di liberarsi, Notte chiuse forte il suo abbraccio intorno a sé, imprigionando le sue amiche Stelle.
E mentre le stringeva forte per non farle sfuggire, le raccolse una ad una, come se fossero fiori; e le ripose in uno scrigno magico che, arrivati sulla terra, le avrebbe trasformate in splendidi gioielli di diamante.
Dopo di ciò attese.
Attese un giorno.
E mentre il sole tramontava, raccolse, in un sol colpo tutti i suoi raggi, li incatenò, e lo ripose con cura nella caverna più profonda che trovò sulla terra.
A lavoro compiuto, sorrise ed avvolse la terra con il manto più scuro che avesse mai sfoggiato.
 
Fece un gran respiro.
Aveva ricordato tutto.
Ecco chi era. Cosa le era accaduto. Come si era ritrovata lì.
Respirava a fatica ma qualcosa adesso era cambiato.
Era asciutta. Vestita di bianco. Attorno alle sue ginocchia era apparso un prato fiorito.
Fiori rosa ed erba verde scintillante la circondavano; si erano cibati dell’acqua che aveva addosso e della luce.
La sua luce.
Perché in quando luna, anche sulla terra, risplendeva di luce candida.


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