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Autore: Dernier Orage    18/06/2012    3 recensioni
Parigi, Marzo 1997. Due amanti si rincontrano dopo quattordici anni: Ismaël ha una piccola libreria a Parigi, Stéphane è diventato uno scrittore, ha due figlie e tifa l'Arsenal. Storia di una ricostruzione.
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'No Human Can Drown '
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Nei primi mesi insieme, dove ogni azione veniva contemplata alla ricerca di una nota passata o di una variazione di tono, dove ogni avvenimento veniva riassunto e descritto in funzione dei risultati sulla persona, Ismaël aveva raccontato a Stéphane di Morgan, riferendo pochi dati confusi senza espressioni od intonazioni particolari. 
Un nome ed una data di morte: Morgan Fabre, due agosto millenovecentottantanove.
Gli aveva fatto vedere un paio di sue foto, le conservava in fondo ad un cassetto dell’armadio del corridoio. Una in bianco e nero era particolarmente suggestiva e semplice, c’erano Ismaël ed un ragazzo nel letto, coperti solo dalle lenzuola. Inizialmente la sua attenzione era stata catturata dall’Ismaël poco più che adolescente, dalle membra sottili, chiare e spigolose, i capelli scompigliati in ricci stropicciati; poi aveva percorso con lo sguardo Morgan, cercando di inciderlo nella mente, qualcosa oltre l’hachimaki legato alla fronte, i capelli castani e gli occhi indefinibili, le nocche spaccate. Qualcosa sotto l’espressione corrucciata di entrambi che lo aiutasse a descriverli. Ismaël disse di averle conservate soprattutto perché le aveva scattate il fratello, Stéphane non si curò di quel dettaglio per svariati mesi, per poi cominciare a rimuginarci nei primi freddi glaciali di fine novembre e nelle prime nevicate dicembrine. 
Il lavoro andava piuttosto bene, avevano pubblicato una sua intervista in un settimanale ad alta tiratura ed una decina di recensioni tra riviste specializzate e quotidiani per anticipare l’uscita del libro e creare la giusta attesa rimarcando il successo ottenuto in Germania, azione che Stéphane reputava deprecabile. Passava le mattinate a vagare per casa, percorrendo più volte il corridoio, aprendo le porte scorrevoli del terrazzino per lasciar entrare l’aria gelata, in attesa dell’impulso a scrivere, della frase giusta con cui iniziare, qualcosa che non scombinasse, sconvolgesse o rovinasse il ritmo della narrazione. Nuovamente la voglia di fumare, di bruciare i minuti. A volte passeggiava o anticipava l’ora di piscina. Arrivavano frasi e si infrangevano contro scene mai scritte, contro luci e colori, per diminuire l’entropia si fermava ad annotarle sul giornale. 
Il telefono suonò nel bel mezzo della prima stesura di una scena ostica, Stéphane se ne rese conto solo al terzo squillo talmente era immerso nei personaggi. Raggiunse il telefono nel corridoio e si stupì a sentire Marc dall’altro capo. 
- Disturbo? - domandò Marc serio, erano le dieci di mattina ed era la prima volta che chiamava non azzeccando gli orari ed i turni di Ismaël. 
- Ismaël non c’è - gli comunicò impaziente di tornare al lavoro, si rimproverò mentalmente per aver sollevato la cornetta. Fermarsi era come fermare un fiume in piena, come puntellare il testo e rinunciare alla scorrevolezza. 
- Lo so, tu volevi parlare di qualcosa? - accennò Marc, dimostrando di sapere tutto e di averne già discusso con Ismaël. 
- Cosa puoi dirmi di Morgan? - borbottò Stéphane appoggiandosi con la schiena al muro e lasciandosi scivolare fino al pavimento. 
- È morto, si è impiccato - disse ruvido Marc, sovrastando lo sferragliare di un treno nei binari vicino all’ambulatorio. 
- Questo lo sapevo già, ma com’era? - provò ad insistere Stéphane, dubbioso sulla reale possibilità di capire qualcosa che non fossero delle date e dei luoghi, per concentrarsi sui sentimenti, sui segni dei piaceri sibariti lasciati sulla pelle, incisi in una fotografia. 
- Se non si fosse ucciso adesso Ismaël non sarebbe vivo. Puoi credermi sulla parola - Stéphane si accorse di aver trattenuto il respiro, in attesa della stoccata. 
Tutto era esistito, tutto era stato distrutto. E dopo ricostruito. 

Ismaël si dondolava sui talloni, avanti e indietro, di pochi millimetri; pochi millimetri che bastavano a scuotere la massa disordinata dei ricci, le mani infilate nelle tasche dei pantaloni, tra gli spacchi della giacca di velluto verde. Stéphane gli si era avvicinato proprio per poter poggiare le labbra sulle sue, in quel dondolio. 
- Ti amo - aveva leggermente mormorato Ismaël, con lo stesso tono di quando lo diceva chiudendo l’anta della credenza o uscendo dalla vasca da bagno. Come una constatazione che non lasciava tempo allo stupore e si insinuava come certezza, nel profondo del cuore. Stéphane seguì con lo sguardo l’ultima cliente della mattinata, prima di bloccare la porta e ritornare a giocare sulle labbra di Ismaël e con la benda attorno al suo polso. La distrazione con la quale aveva lasciato scivolare la saracinesca e il colpo con il bordo tagliente aveva una nota buffa ed infantile; una leggera ansia per le medicazioni e i bendaggi e il taglio che dopo una settimana continuava a riaprirsi al minimo movimento, sulla via dell’infezione – ahia - 
Stéphane lasciò la presa e mugugnò delle scuse. Si sedette sullo sgabello dal bancone per giocherellare con il registratore di cassa. Si sentiva nervoso ed angosciato per qualcosa di indefinito, non pensava ci fosse un motivo specifico ma percepiva come inizio di quel disagio le parole di Marc al telefono. Poco importava della Positive Vibration di Bob Marley alla radio, di Ismaël che si era accomodato sul divanetto per aprire i cartoni con le lampadine di ricambio per i due faretti bruciati, della fame che gli attorcigliava lo stomaco. 
Aiutò Ismaël tenendogli ferma la scala, sfiorandogli le gambe attraverso la stoffa ruvida. Aveva percepito l’amore con il quale Ismaël aveva fissato la copertina in pelle di un libro nella sezione Letteratura Italiana, scendendo di due pioli, in una delle zone d’ombra causate dai faretti bruciati. 
Virgilio Brocchi, Le Aquile, Milano, Fratelli Treves Editori, 1906.
- Maël… - lo aveva chiamato, cercato. Stéphane aveva temuto per lo sguardo sperso. Giorno di malessere e di ripensamenti, quasi da depennare dal calendario. 
- Virgilio Brocchi si trova in questo scaffale dal 1983, nessuno lo ha mai voluto. E’ in lingua originale, sgualcito, anche se ho tentato di recuperarlo. Altri libri arrivano, non fai in tempo a leggerli che già li portano via. A volte devi scegliere tra più libri, portarne a casa solo uno e sperare che nessuno lo cerchi mentre lo stai leggendo, se capita potrebbe non uscire mai più da questa libreria - mormorò Ismaël sporgendosi e poggiando i palmi delle mani sopra le coste in tela, in pelle, in cartoncino ruvido; - tra i tanti ‘solo uno’ a volte capita di trovare quello giusto, quello che rimarrà nascosto in una zona d’ombra davanti al mondo e sarà solo tuo. Non sarà sempre necessario, ma finirà in tutte le valigie, in tutti gli scatoloni, in tutti i pomeriggi al parco. Lo dovrai rileggere, nel corso della vita, più volte. Per alcuni può essere il Tanàkh o il Vangelo, il Corano o i testi della Śruti ed amare meno intensamente altri libri. Io ho trovato il mio libro e con meno necessità ne posso amare anche altri - 
- Scendi, basta scale - esclamò Stéphane aggrappandosi ad un suo avambraccio. Malessere tiepido come il cotone imbevuto nell’acqua calda. Come le culle di caldo cotone nelle scatole da scarpe per i prematuri dell’Anteguerra; - torniamo a casa -
- Se i libri non fossero oggetti ma persone? - aggiunse Ismaël scendendo gli ultimi pioli, sistemandosi la giacca e levandosi un velo di polvere dalla punta del naso con il dorso della mano. Riaccese l’interruttore della luce, i nuovi faretti creavano dei coni di luce di qualche tonalità più fredda degli altri, un contrasto inelegante. 

La luce gelida del cielo grigio perla illuminava trasversalmente la sala del ristorante, tra le tovaglie e i tendaggi bianchi le uniche note di colore erano i vestiti e i cappellini estrosi delle invitate, le zie della sposa e le cugine dello sposo. Stéphane aveva apprezzato particolarmente quel ritorno ad una cerimonia semplice, lontano da modelle e registi. Quasi un rito di comunità invece che di rappresentanza. Cricri era stupenda nel vestito fluido e sottile che le fasciava le gambe, con i capelli ramati raccolti in delle trecce di fili di perle; Lionel dallo sguardo innamorato e fedele, il passo rigido e le spalle forti. Le bambine correvano tra i tavoli e distribuivano i fiori da appuntare alle giacche o ai capelli. 
Stéphane aveva raggiunto Ismaël nella terrazza, sfidando la leggera pioggia e lasciandosi accendere una sigaretta – riprendendo il dolce apprendistato alla morte, metri sotto l’acqua si infrangeva contro gli argini, scura e turbinosa. 
- Dalla noia non arriveremo a domani - sussurrò Ismaël spegnendo un mozzicone in un vaso dai rami secchi, si strinse nel cappotto e nella sciarpa di lana; - giornata nera - 
Stéphane guardò verso le vetrate: gli invitati impegnati con le seconde portate, le bambine vezzeggiate dalle zie della sposa e tenute d’occhio da Marc. Domandò; - l’ultimo matrimonio al quale hai partecipato? - 
- Quello di mio padre, mi sono volontariamente ubriacato - mormorò tra i denti Ismaël, gli occhi socchiusi per sfuggire al cielo di un chiarore abbacinante, le mani nelle tasche a giocare con l’accendino e gli scontrini. 
- Nel caso ti seguirei a ruota, dunque evitiamo - disse Stéphane trattenendo un sorriso. Ismaël rise e si lasciò stringere, intrappolare, tra la balaustra e le braccia dello scrittore, tra strati di varie stoffe. Nella passeggiata un violinista accennava la Danse Macabre di Saint-Saëns - forza, dammi un bacio - 
Ismaël gli soffiò sulle labbra prima di baciarlo lentamente, poggiandogli le mani sui fianchi e stringendo i passanti della giacca. Poco importava degli invitati al di là della vetrata, delle gocce di pioggia gelata che bagnavano i capelli, del violinista stridente che mescolava le sue vibrazioni alla musica delle casse dentro il ristorante. 
- Papà! C’è la torta! - esclamò Louise attirando la loro attenzione, con un piattino in mano con una fetta di pasta choux ripiena di chantilly e coperta da una glassa al caramello. 
- Rientra che prendi freddo. Arriviamo - le rimbrottò Stéphane facendole gesto di tornare all’interno per non bagnarsi o congelarsi senza giacca - e il caffè e l’ammazzacaffè. Andiamo? - 

- Monsieur Marchand, nel suo roman noir ricorre una figura femminile, Delia, che nonostante le vicende siano permeate di erotismo, droghe e periferie di grandi metropoli - Amburgo, appare completamente desessualizzata. Come mai questa scelta in contrapposizione alle tendenze cinematografiche? - chiese la giornalista scostandosi una ciocca di capelli da davanti agli occhi, ripassando e ricalcando più volte le curve di Hambourg nel blocco degli appunti. Il tramestio della vita cittadina oltre i vetri dai caratteri dipinti e graffiati, le panche di legno di una brasserie in rue de Sèvres. 
Lo scrittore dalla barba sfatta, i modi cortesi e la camicia stropicciata si scaldava le mani attorno ad una tazza di caffè. Lo sguardo lucente dietro le spesse lenti degli occhiali fissava l’angolo spiegazzato di una locandina attaccata alla parete. 
- Le mie figlie, principalmente per loro. Ricreare la solita eroina iperfemminile oppure il gingillo per uomini, quella che sfida le convinzioni sociali e mantiene una bellezza androgina, eccetera, mi sembrò farsesco e soprattutto ad uso e consumo degli stereotipi del lettore. Stereotipi maschilisti. Avendo due figlie è impossibile non sentirsi toccati quando i telegiornali riportano le statistiche sui delitti passionali, sugli uxoricidi, sugli stupri. Sono dati agghiaccianti - lo scrittore Stéphane Marchand, sui documenti Stéphane Alunir, rimescolò lo zucchero nel caffè prima di prenderne un sorso. Parlava con tono dimesso, tranquillo, a tratti sconsolato o arrabbiato. Collegava tra di loro gli argomenti, cercando di risalire alla matrice del problema; - l’educazione, la cultura, sono fondamentali per un futuro. Le istituzioni per un presente. Sai qual è la cosa che reputo peggiore? Le sperimentazioni farmaceutiche esclusivamente su campioni maschili. Questo non è maschilismo generalizzato? Bene, due numeri di segno opposto si annullano, okay, allora il maschilismo si combatte con il femminismo. La parità dei sessi sarà la fase successiva, ora bisogna sanare tutti gli abusi - 
   
 
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