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Autore: Kuchiki Chan    19/06/2012    3 recensioni
Si dice in giro che il suicidio sia il gesto estremo di una persona eccessivamente attaccata alla vita. Ora, anche se sono un aspirante suicida, non saprei spiegare quanto sia vera questa affermazione.
Mi chiamo Naruto, Naruto Uzumaki, e sto per morire.
Bene, è inutile dilungarsi ulteriormente, qualsiasi cosa io aggiungessi sembrerebbe solo una scusa. Questa è la storia di un ordinario ragazzo giapponese, Naruto Uzumaki, e delle persone che gli hanno cambiato la vita.
Questa è la storia di Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha e Sakura Haruno.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Premessa;

Ok, questo capitolo è davvero corto. Forse è il più corto, dopo il prologo. E non ne sono per niente soddisfatta, considerato il tempo che ci ho messo ad aggiornare.
Eppure è uno dei più importanti: contiene l'inizio del rapporto tra i nostri tre personaggi. O almeno, una parte dell'inizio.
Spero di non essere caduta nell'OOC, anche se temo di averlo fatto in particolare col personaggio di Sakura. Ho molta difficoltà a caratterizzarla.
Anyway, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Fatemi sapere cosa ne pensate!

Ringrazio subito niki_, Selena95, Kerli e ryanforever per aver recensito lo scorso capitolo. Arigatou <3

Grazie anche a _FeDe_IcA__ per aver inserito la storia tra le preferite e a La_SoSo per averla inserita tra le ricordate.

Buona lettura!






4)   It’s not easy
 



Prendi tre persone completamente diverse e mettile nella stessa stanza a lavorare insieme.
 
Non è esatto dire che Sasuke, Sakura e io siamo completamente diversi, alcuni lati dei nostri caratteri si somigliano, ma direi che la situazione era più o meno quella. Quando il professor Kakashi Hatake pronunciò i nostri nomi in successione, presentando il gruppo formato da noi tre, mi sentii profondamente turbato. Fare squadra con la ragazza che mi interessava mi rendeva felice, ma da un altro punto di vista aumentava le mie possibilità di essere rifiutato o trattato bruscamente.  E tutto ciò di cui avevo bisogno in quel periodo era proprio qualche soddisfazione, per far aumentare almeno di un po’ la mia autostima.
 
La prospettiva di dover passare del tempo con il mio strano compagno di banco al di fuori delle ore scolastiche mi provocava sensazioni altrettanto ambigue. Mi voltai verso di lui cercando di studiare la sua reazione, ma incontrai subito due occhi nerissimi intenti ad osservarmi di sottecchi. Appena Sasuke si accorse che lo avevo scoperto spostò sdegnosamente lo sguardo dal mio volto, sbuffando e contorcendo i muscoli del viso in una smorfia di disagio. Io lo salutai ironicamente con la mano, cercando di gustarmi fino in fondo il suo imbarazzo e controllare il trambusto che si agitava dentro di me.
 
Ero spaventato dalle conseguenze che questa semplice scelta del destino avrebbe causato, ma anche pericolosamente ansioso. In quel periodo della mia vita ero affamato di rapporti umani e d’affetto, avrei fatto qualsiasi cosa pur di alleviare la mia straziante solitudine, per questo diedi persino troppa importanza a quello stupido gruppo di studio, lo idealizzai. Così come avevo idealizzato Sakura, Sasuke, i miei professori e il mio intero primo anno di scuola superiore. Ma in quel momento non mi ero ancora accorto della gravità di quella situazione, e mi limitai a vivere quegli attimi senza cercare di contenermi.
 
Mi voltai anche verso Sakura: era rivolta verso Ino e stavano parlando a voce bassa, gesticolando freneticamente e indicando il banco mio e di Sasuke. Anche se non potevo sentirla né osservare le espressioni del suo volto sapevo benissimo cosa stava dicendo: la prospettiva di dover fare gruppo con me la innervosiva o la lasciava completamente indifferente. Piuttosto, dalle esclamazioni entusiaste che arrivavano con difficoltà al mio orecchio dedussi che avere Sasuke come compagno la riempiva d’orgoglio e aspettativa. Cercai di non dare troppo peso a tutta quella situazione, ma non ero ancora per niente bravo a controllare i miei sentimenti  e non potei evitare di sentirmi ferito.

Tornai a seguire la spiegazione del professore e sbuffai, confuso e triste.
 
La lezione di giapponese trascorse con esasperante lentezza. Io riuscii si e no ad afferrare un paio di concetti, concentrato com’ero su me stesso. Eppure riuscivo a percepire con estrema precisione la presenza di Sasuke al mio fianco: i miei occhi si soffermarono sul suo avanbraccio, scivolando sui confini ben definiti dei suoi bicipiti muscolosi e sulla forma appena accennata delle vene bluastre che scorrevano sottopelle. Come in trance, sollevai piano lo sguardo fino ad arrivare al suo pomo d’Adamo, che oscillava in maniera quasi impercettibile, e su fino alle sue labbra semiaperte, piene, perfette. Resistetti alla tentazione di perdermi nei suoi occhi d’inchiostro solo perché non volevo che sapesse che lo stavo guardando.
 
Quando realizzai che stavo osservando Sasuke nello stesso modo in cui osservavo Sakura distolsi di scatto lo sguardo da lui e mi girai verso il muro, dandomi dello stupido. Quel ragazzo mi attraeva in maniera strana, contorta, mi faceva quasi paura. Provai l’impulso di scappare via da quella classe, da quella vita, l’impulso di fuggire il più possibile lontano da lui. Ma semplicemente non potevo: le nostre esistenze erano collegate. Hai presente, caro lettore, quando guardi un persona negli occhi e pensi che si, quell’individuo è per te un compagno di vita? Anche se li conoscevo da meno di un mese, era questo quello che provavo nei confronti di Sakura e Sasuke. Solo che, in un certo senso, avevo paura di confrontarmi con loro.
 
Il suono della campanella segnò bruscamente la fine della lezione. Tutti i miei compagni di classe si alzavano dai rispettivi banchi, sbadigliavano, si stiracchiavano, parlavano tra di loro probabilmente per organizzarsi per i lavori di gruppo. Io restavo coricato sul banco, in un stato di semi-incoscienza. Sapevo che avrei dovuto alzarmi e mettermi d’accordo con Sasuke e Sakura, ma semplicemente non avevo la forza di muovermi, né la volontà.

- Allora, Sasuke-kun, quando iniziamo il lavoro di gruppo? Io penso che sia meglio farlo in più presto possibile, così avremo a disposizione più tempo! -
 
La voce entusiasta di Sakura mi risvegliò bruscamente dai miei tormenti personali. Mi tirai su di scatto: l’oggetto di tutte le mie attenzioni stava in piedi di fronte al nostro banco e guardava colma di aspettativa un Sasuke al limite del suo menefreghismo, che la osservava come se si stesse chiedendo per quale assurdo motivo quella ragazza stesse rivolgendo la parola proprio a lui.
 
- Non so, per me è indifferente - le rispose, in tono scocciato - Ma non pensi che sia meglio chiedere anche l’opinione di Naruto, visto che fa parte del nostro gruppo?
 
Per la prima volta, Sasuke non aveva pronunciato il mio nome in modo sarcastico.
Per la prima volta, Sasuke si era voltato verso di me e non mi guardava né con disprezzo né con aria di superiorità.
E per la prima, primissima volta da quando avevo cominciato le superiori, qualcuno si era ricordato di me e della mia esistenza, qualcuno aveva chiesto il mio parere.
Il fatto che quella persona fosse proprio Sasuke e il fatto che mi stesse, in un certo senso, difendendo dall’indifferenza di Sakura mi commossero così tanto che dovetti trattenermi dal piangere come un bambino.
 
Per niente soddisfatta dalla sua risposta, Sakura distolse controvoglia lo sguardo dal ragazzo dei suoi sogni per puntarlo su di me.
 
- Per te quando va bene iniziare, Naruto-kun? - mi chiese, sottolineando con fastidio il mio nome e il suffisso.
 
- Per me possiamo iniziare anche domani - risposi io, cercando di ignorare il tono freddo con cui mi aveva parlato per godermi quella breve discussione.
 
La ragazza annuì brevemente, per tornare a voltarsi verso Sasuke: - Tu saresti libero domani, Sasuke-kun? -
 
Lui si limitò a fare un cenno col capo, incrociando le braccia dietro la testa e mettendo, senza farsi tanti problemi, i piedi sul banco.  Quella situazione era così strana da sembrarmi irreale: Sakura che si avvicinava e mi parlava e Sasuke che non solo abbandonava la sua normale compostezza, ma mi trattava persino con gentilezza!
 
- Allora direi che siamo d’accordo! - esclamò la ragazza dai capelli rosa, battendo le mani con soddisfazione - Dobbiamo solo scegliere l’argomento, ma direi che possiamo benissimo farlo domani stesso! Rimane solo un problema: dove ci vediamo? Casa mia è troppo piccola per poter lavorare in tre! -
 
- Casa mia è grande e nessuno verrà a darci fastidio - dissi io, d’impulso - Possiamo benissimo vederci lì! -
 
Sakura si voltò nuovamente verso di me, e per la prima volta dal nostro primo incontro i suoi enormi occhi verdi mi guardarono con una briciola di interesse. Abbozzò persino un sorriso sulle labbra perfette. Sentii con chiarezza qualcosa di caldo e liquido mescolarsi all’interno del mio stomaco.
 
- Perfetto! Allora ci vediamo domani pomeriggio dopo la scuola a casa di Naruto-kun. Hai qualcosa da dire, Sasuke-kun? -
 
- Nulla, va bene così - rispose il ragazzo dai capelli neri, come al solito senza degnarla nemmeno di un’occhiata.
 
 

* * * * *

 
Non avevo mai portato degli amici a casa prima di quel momento. Non che Sasuke e Sakura potessero già essere definiti “amici”, ma fu questa la prima cosa che pensai quando accettarono la proposta di vederci a casa mia per il lavoro di gruppo. Ero stato a casa di Shikamaru, avevo conosciuto i genitori di Kiba, Choji, Neji e Hinata, ma non avevo mai invitato qualcuno a vedere il posto in cui vivevo, né avevo mai presentato a mia zia qualcuno dei miei amici. Non volevo che la mia vita “familiare” potesse mischiarsi con i miei rapporti sociali, ecco tutto. A dire la verità, mi vergognavo un po’ della mia “non famiglia”. Tu cosa ti aspetti di trovare se qualcuno dei tuoi amici ti invita a casa propria, caro lettore? Un appartamento, magari non troppo grande, pieno di ricordi e parenti: genitori, fratelli, magari qualche nonno.
 
Mia madre non avrebbe mai potuto cucinare per qualcuno dei miei amici, mio padre non avrebbe mai potuto passarci a prendere con la macchina e chiederci come era andata a scuola. Non voglio creare situazioni imbarazzanti, mi ripetevo quando pensavo a questo fatto, ma la verità è che non ero mai entrato abbastanza in confidenza con qualcuno da mostrargli tutti gli aspetti della mia vita. La verità è che avevo paura di aprirmi, paura di confrontarmi con gli altri, eppure tutto quello che volevo era un po’ di affetto.
Gli esseri umani sono davvero creature bizzarre, non trovi?
 
Bene, credo che le mie pretese esistenziali non ti interessino più, a questo punto. Sono solo gli sproloqui senza senso di uno stupido ragazzino che crede di aver capito tutto della vita, perciò ti invito ad ignorarli e a considerarli un semplice sfogo.

Detto questo, andiamo avanti con la storia.
 
La mattina del giorno dopo, alla fine delle lezioni, io, Sakura e Sasuke ci avviammo a piedi verso casa mia, infagottati nella nostra uniforme scolastica. Ero abbastanza teso e cercavo in tutti i modi di attaccare bottone con Sakura, ma lei si limitava ad ignorarmi e tentava senza successo di iniziare una discussione con Sasuke, che però non sembrava aver voglia di aprire bocca.
 
- Allora, Sakura-chan, ti è piaciuta la lezione sulla seconda guerra mondiale del professor Hatake? Io l’ho trovata illuminante! -
 
- Mmh, anche io…E tu Sasuke-kun? C’è qualche materia in particolare che ti interessa? -
 
- Niente di tutto quello che accade a scuola mi interessa -
 
- Oh, davvero? Ma ci sarà pur qualcosa che ti piace fare - esclamava Sakura, protendendosi verso di lui.
 
- Anche se fosse, non sono affari tuoi - rispondeva lui, facendo un passo indietro per allontanarsi da lei.
 
- Non essere così scortese con Sakura-chan, ti ha solo fatto una domanda! - intervenivo io, innervosito non poco dal suo comportamento.
 
- Tu non impicciarti, novellino -
 
Se trovassi tutto questo divertente, non ti biasimerei. Persino in questo momento ripensare a quanto fosse strano il triangolo che formavamo riesce a strapparmi un sorriso a fior di labbra. Ma, in quei momenti, tutto ciò che potevo fare era cercare di contenere la mia frustrazione. Io e Sasuke, divisi da Sakura che camminava in mezzo a noi, ci lanciavamo continuamente occhiate di traverso. Ma, da parte mia, ormai era più un fatto di abitudine che altro: non potevo non dimenticare quando lui mi aveva “difeso” il giorno prima.

Chissà, magari Sasuke Uchiha poteva essere una persona piacevole.
Certo, quando non rispondeva in quel modo a Sakura.
Quando non mi prendeva in giro.
Quando non era migliore di me qualunque cosa facesse.

Ok basta, sto divagando.
 
- C’è qualcuno che ti aspetta a casa, Naruto? -
 
La domanda improvvisa di Sasuke mi soprese moltissimo, tanto che smisi istintivamente di camminare. Se quel ragazzo si metteva persino a farmi domande personali allora qualcosa doveva essere andato storto, in quei due giorni! Cercai di controllare il mio stupore e ripresi a camminare, mentre Sakura spostava lo sguardo da me a lui, confusa più di me.
E, credo, anche piuttosto invidiosa.
 
- Nessuno. Cioè, vivo con mia zia, ma lei è quasi sempre al lavoro e non la vedo quasi mai - risposi, evitando di guardarlo in volto.

Prima di quel momento non avevo mai parlato con nessuno della mia complessa situazione familiare. Ovviamente i miei compagni di scuola media sapevano che ero orfano, ma fino ad allora ero riuscito a nascondere quel fatto alle persone che non mi conoscevano da molto tempo. Di solito, mi dava fastidio che le persone venissero a conoscenza della mia diversità, ma in quel momento pensai che rivelare la verità non fosse una cattiva idea. Almeno, avrebbe modificato quella insostenibile staticità in cui ero precipitato da quando avevo iniziato la scuola.
 
- E i tuoi genitori? - intervenne Sakura, mentre nei suoi occhi si accendeva un barlume di interesse. Non sono ancora riuscito a capire se in quel momento mi fece quella domanda perché voleva stare al gioco di Sasuke o se era realmente interessata a conoscere qualcosa di me. Ma allora non ero per nulla abituato a diffidare o a pensare il peggio delle persone, quindi accolsi con genuina felicità quella domanda. Eppure, dare una risposta fu più difficile di quanto pensassi.
 
- Non li ho mai conosciuti, sono morti quando ero molto piccolo - risposi, cercando di apparire tranquillo.
 
Sakura ebbe esattamente la reazione che mi aspettavo. I suoi occhi verdi divennero grandi per lo stupore e distolse istintivamente lo sguardo dal mio volto, senza sapere cosa dire. Del resto, è naturale: nessuno durante tutti i miei sedici anni di vita aveva mai detto qualcosa di intelligente dopo quelle parole. Perlopiù, si erano limitati al solito “mi dispiace”. I più discreti, quelli che avevo apprezzato di più, erano rimasti in silenzio. Se c’era una cosa avevo imparato durante quelle situazioni, è che il silenzio vale più di mille parole vuote, e può esprimere più dispiacere e turbamento di un “mi dispiace”. Il turbamento di Sakura, lo sentivo nell’aria. Per un istante mi pentii: non volevo che lei cominciasse a trattarmi con i guanti solo dopo quelle parole. Se la sua doveva essere una cortesia forzata, allora preferivo non averla.
 
Spostai lo sguardo sul volto di Sasuke, studiando anche la sua reazione. Il ragazzo dai capelli neri non sembrava stupito, né turbato. L’unico accenno di cambiamento era il sorriso colmo di malinconia apparso sulle sue labbra, e il suo sguardo impenetrabile velato di tristezza. Il suo viso era l’immagine stessa della comprensione. Sentii che il battito del mio cuore era notevolmente accelerato e tornai a guardare la strada di fronte a me, preoccupato da quella reazione.
 
- Mi dispiace se sono stata indiscreta. Non deve essere facile per te - sussurrò Sakura, accelerando il passo per affiancarsi a me e mettendomi una mano sulla spalla. I suoi enormi e dispiaciuti occhi verdi erano piantati nei miei, la sua mano era terribilmente fresca e morbida. Arrossii vistosamente e spostai la cartella che portavo a tracolla sull’altra spalla, cercando di dissimulare l’imbarazzo. Anche se ero innamorato di lei non pensavo che quella ragazza potesse essere capace di tanto tatto, né potevo mai immaginare che mi avrebbe chiesto scusa. Nelle sue parole avevo percepito la sincerità del suo turbamento, ed era una cosa che avevo apprezzato tantissimo. Non avrebbe mai potuto comprendere a pieno l’oscurità da cui provenivo ma almeno stava facendo un tentativo.
 
- Figurati, non fa nulla. Sono abituato a vivere così - dissi, cercando di sorridere in modo convincente. Sakura mi sorrise di rimando, per la prima volta da quando ci conoscevamo: un semplice sorriso a fior di labbra, ma che mi strinse forte il cuore. Abbassai lo sguardo, incapace di sostenere l’intensità del suo e la sua mano lasciò la mia spalla. Sentivo sulla schiena lo sguardo di Sasuke che, rimasto qualche passo indietro, ci osservava con attenzione. Io e Sakura ci voltammo verso di lui nello stesso istante, e il momento magico finì. Lei si fermò per poter camminare affiancata a lui e gli fece una domanda stupida sul tempo, a cui Sasuke rispose in modo monosillabico.
 
Anche se tutto era tornato come prima, mi sentivo stranamente soddisfatto. Continuavo a sentire la morbidezza delle dita di Sakura attraverso la stoffa della maglietta e ripetevo tra me e me le sue parole.

“Non deve essere facile per te” aveva detto lei.

Hai ragione, Sakura, hai sempre avuto ragione. Non è per niente facile, non lo è mai stato. Eppure non penso che la mia esistenza sia stata più faticosa della tua, sai? Ho sempre odiato il vittimismo e ho sempre evitato di piangermi addosso: la mia vita non è stata molto diversa da quelle degli altri, ad iniziare dalla tua. Anche se eri diversa da me, una sorta di affinità ci ha sempre tenuti uniti. E tutto questo prescindeva dal fatto che fossi infatuato da te e che ti idealizzassi.

Ora tutto sta per finire, ma riesco ancora a sentire la forza di quel legame che ci teneva uniti.
Era più di un’amicizia, era più di un amore.
Semplicemente, era destino. 

Siamo sempre stati noi, solo noi.
Te, me e Sasuke.
 
  
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