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Autore: missZoeBrown    19/06/2012    0 recensioni
Mi piacerebbe riuscire a dar spazio alla vita di Madge Undersee, una delle protagoniste di Hunger Games che più mi affascinano. Nel libro non compare spesso e non ha moltissime battute, eppure credo che la sua presenza sia fondamentale per la storia. Spero con tutto il cuore di renderle omaggio e di non annoiarvi!
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Frequentare la scuola del distretto è una perdita di tempo. Non insegna niente di davvero interessante e gli studenti non hanno aspirazioni: la maggior parte di loro si preoccupa di non morire di fame e sa che, nel suo futuro, ci sono solo le miniere, mentre i figli dei commercianti dovranno continuare con l’attività di famiglia.
L’unico motivo per cui i ragazzi sono contenti di andare a scuola è che, per alcune ore, sono liberi di essere giovani. Si formano dei gruppetti, alcuni diventano davvero amici. I ragazzi parlano solo tra loro, ma non ho mai saputo di quali argomenti. Alle ragazze invece piace chiacchierare dei fatti degli altri oppure di ragazzi. Io non riesco proprio ad integrarmi. Non sono interessata all’ultimo spasimante della mia compagna di classe e non ho segreti da raccontare, che loro possano udire o sopportare.
Sembra assurdo, ma nonostante tutto ho trovato una persona a me affine. Ricordo ancora la prima volta in cui ho parlato con Katniss Everdeen. Eravamo delle bambine, lei portava ancora due trecce. Nonostante non avessimo mai parlato, avevo notato che non stava mai con nessuno.
Un giorno, la maestra di ginnastica ci disse che dovevamo scegliere un compagno per fare gli esercizi. Katniss ed io ci guardammo, lei si è avvicinò con fiero cipiglio e pugni serrati.
– Ti va di fare gli esercizi con me?
Dal tono della voce e dall’espressione, sembrava più un ordine che una domanda, ma accettai, perché era diversa da tutti quelli che conoscevo. Solo chi è nato nei distretti, sa quanto è difficile incontrare qualcuno che si distingua dalla massa informe e incolore.
Era sempre seria e scontrosa, ma quando la maestra di musica la faceva cantare, sembrava un’altra. Sembrava una bambina felice, che riusciva a volare via, oltre i confini del distretto 12, lontana dalla tristezza imposta da Capitol City.
Dopo la morte del padre, quando aveva quasi dodici anni, smise di cantare e capii che la felicità era sparita. Per un po’ temetti che la fame l’avrebbe schiacciata e annichilita. Parlai con la mia famiglia, perché volevo offrirle aiuto, poi però un giorno i suoi occhi ripresero vita e sul suo viso tornò a stabilirsi un’espressione decisa, non più abbattuta e angosciata. La mia Katniss era di nuovo se stessa, più forte di prima ed indipendente.
Non mi raccontò mai chi la spronò a reagire, so solo che fu decisivo.
A scuola continuavamo a frequentarci e, sapendo che di me poteva fidarsi ciecamente, mi raccontava della caccia e di quanto fossero belli i boschi. Adoravo sentirla parlare di quello splendido mondo al di là del recinto.
Una volta per merenda mangiò delle fragole e le chiesi se poteva portarmene anche a me, dato che mio padre ne andava pazzo. Fu così che Katniss cominciò a venire a casa mia per vendere i suoi bottini di caccia.
Era una domenica mattina, quando si presentò accompagnata da un ragazzo. Katniss si accorse immediatamente del mio stupore.
- Lui è Gale, caccia con me. Stai tranquilla, tutto bene.
- Non sono preoccupata, mi sembrava strano vederti in compagnia. - Poi rivolsi lo sguardo verso Gale e lo salutai – Ciao, mi chiamo Madge e sono un’amica di Katniss.
Lui mi guardò come se lo avessi appena schiaffeggiato e mi rispose semplicemente – So chi sei.
Katniss lo fulminò con gli occhi e lo bacchettò – Potresti essere un po’ più gentile – poi mi disse – Non farci caso, abbaia ma non morde.
Gale era visibilmente urtato dal paragone con un cane, ma un sorrisino involontario si fece strada sulle sue labbra.
Per dimostrare ad entrambi che non ci fossi rimasta male, mi affrettati ad aggiungere: – A scanso di equivoci, potresti mettergli un collare.
Gale posò i suoi occhi grigi nei miei, come per capire se si potesse fidare e poi chiese, con aria stizzosa, ma non più ostile – Possiamo fare quello per cui siamo venuti o dobbiamo continuare con queste battutine simpatiche?!
Concludemmo la nostra compravendita e ci salutammo.
Adesso che ho una visione più completa della mia vita, so che fu da quello scontro che, a mia totale insaputa, il pensiero di Gale cominciò ad aprire una breccia nel mio cuore.  

   
 
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