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Autore: Bad A p p l e    21/06/2012    5 recensioni
Parlare non è il mio forte, ma questa volta farò un’eccezione e lo farò semplicemente perché tutti devono sapere, perché non devono esserci più dubbi di nessun genere sulla storia di come Hinata Hyuuga tradì il villaggio… o meglio, di come il villaggio tradì Hinata Hyuuga.
Genere: Azione, Generale, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akatsuki, Altri, Hidan, Hinata Hyuuga, Shino Aburame
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 9: Appartenenza.

 

Il Covo di Akatsuki è costruito sotto terra. Per ovvi motivi non dirò con esattezza dove, vi basti sapere che in origine era una base segreta creata dal primo Hokage in persona in territorio nemico durante la guerra contro il villaggio della Pioggia, serviva ai ninja di Konoha per spiare i nemici e, al tempo stesso, avere un luogo non rintracciabile dove poter curare i feriti.

Sono passati anni da quella guerra e ormai nessuno ha memoria di quella base, nemmeno gli stessi ninja di Konoha… fu un fortunatissimo avvistamento di Zetsu, e Pain decise di utilizzare quel luogo come Covo.

Spesso Deidara, per scherzare, dice che è come se avessimo un debito di riconoscenza nei confronti di Konoha, per averci inconsapevolmente fornito un Covo così straordinariamente comodo, al che Kakuzu solitamente si sente in dovere di rispondere che è disponibile a ricambiare in qualsiasi modo, purché non si parli di cominciare a pagare loro l’affitto.

Peccato che le prigioni di Konoha non siano comode allo stesso modo… ma forse il mio giudizio è influenzato dal fatto di aver appena subito un interrogatorio in piena regola da niente meno che Ibiki Morino in persona. Wow, che onore… ne avrei volentieri fatto a meno, sono ancora così intontito dalle droghe che ha usato per interrogarmi che la mano trema e la mente elabora a rilento, sto impiegando troppo tempo a scrivere, spero solo di finire in tempo.

Il punto, però, non è questo.

 

Essendo costruito sotto terra, nel covo non c’erano finestre che dessero all’esterno e l’aria era pesante, cosa che Hinata si ritrovò a maledire per la centesima volta quando si svegliò.

Sentiva la testa dolere da morire e pensò che un po’ d’aria fresca non avrebbe potuto che farle bene. Non aprì subito gli occhi, cercando di ricordare come diavolo era finita nel suo letto se fino a poco prima si stava allenando con Hidan, poi ricordò d’essere andata con il “sensei” a cercare Itachi e di essere svenuta poco dopo.

“Magnifico” imprecò mentalmente, per poi sbuffare e portarsi una mano a massaggiare le palpebre.

Socchiuse gli occhi e, dopo essersi accertata che la stanza fosse al buio, li spalancò senza troppe cerimonie. Non si aspettava di vedere Hidan o qualcun altro al suo “capezzale”, ma ciò non le impedì ugualmente di sentirsi in qualche modo sola e abbandonata.

Si stiracchiò pigramente e si tirò su, abbracciandosi le ginocchia; pensandoci bene, si disse che non era sensazione d’abbandono, la sua, più che altro aveva lei stessa la sensazione di aver abbandonato qualcuno, si sentiva confusa e qualcosa nei suoi ricordi non quadrava più, come se avesse dimenticato qualcosa di vitale. Dandosi della stupida scosse la testa, decidendo che si sentiva in quel modo solo a causa dello svenimento.

“Bene, sono caduta giù come un ramoscello e senza motivo” pensò, mentre il suo sguardo si posava su l’unica sedia usata come comodino accanto allo scomodo letto. Vi era un voluminoso pacchetto, con sopra un vecchio foglietto di carta, ingiallito dal tempo; ciò che c’era scritto, però, doveva essere recente come il brillante inchiostro blu che macchiava la carta con poche parole:

 

È ora che tu abbia delle vesti più consone, non ti pare?

Appena ti sarai cambiata, raggiungimi nel campo di allenamento,

abbiamo una missione.

Hidan.”

 

Dovette leggere un paio di volte il biglietto, prima di comprendere sul serio cosa doveva esserci all’interno del pacchetto. Subito lo scartò e ne tirò fuori una morbida cappa rossa all’interno e nera all’esterno, decorata a nuvole vermiglie circondate di bianco, la divisa dell’Akatsuki. Finalmente faceva parte di qualcosa.

Quasi inciampò nelle lenzuola nella fretta di alzarsi per indossare l’indumento, avrebbe tanto voluto avere uno specchio dove poter rimirare la sua immagine ammantata da quel simbolo di potere, per poi scacciar via quel pensiero frivolo da ragazzina vanitosa. Si strinse, sentendo il calore e il profumo della veste; sapeva di buono ma anche dell’odore che troppo spesso accompagnava i membri dell’Akatsuki, sangue.

Afferrò il coprifronte sfregiato e lo osservò attentamente, rigirandoselo tra le dita: fino a poco tempo prima era stato anche quello un simbolo di appartenenza, per poi diventare un simbolo di non-appartenenza. Era fiera del fatto di non avere più nulla a che fare con Konoha, quindi se lo infilò nella tasca interna della cappa, assieme ad alcuni kunai e pochi shuriken, uniche armi che aveva.

Corse a perdifiato fino al campo di allenamento, dove Hidan stava mollemente adagiato contro un albero e Kakuzu dormicchiava tranquillamente su un ramo dello stesso.

«Scusate, mi sono ripresa solo ora» mormorò la ragazza, chinando la testa in segno di scuse.

Hidan agitò una mano con noncuranza, poi alzò lo sguardo in direzione del compagno di squadra, che aveva aperto gli occhi all’arrivo della ragazza, tornando subito vigile, «Hey, nonna, hai finito il sonno di bellezza?» lo rimbeccò con una smorfia.

«Fottiti, Hidan» si limitò a grugnire il tesoriere, balzando giù dal ramo sul quale era appollaiato.

Fece finta di pensarci, l’albino, «magari più tardi, grazie».

Come sempre a quegli scambi di battute, Hinata arrossì e sbuffò, combattuta tra imbarazzo ed esasperazione; ciò che non capitava spesso, a differenza di quella volta, fu l’essere richiamati all’ordine dalla voce glaciale di Pain.

«E io che credevo di aver assoldato dei Nukenin di grado S» sospirò il Leader, avvicinandosi da dov’era venuta Hinata.

«Hey, il Leader viene a salutarci per la partenza… stiamo diventando sentimentali?» domandò Hidan, giocando distrattamente con un kunai e guardando con sufficienza Pain.

Questi non si scompose se non in una lieve smorfia contrariata, «immagino che sarebbe ridicolo se giustificassi a te ciò che faccio, dico bene?» disse, senza aspettare una risposta, per poi rivolgersi alla ragazza.

«Allora, non aspettarti le solite missioni che svolgevi a Konoha» esordì, duro, «sei stata abituata a tornare a casa dopo ogni missione, be’, non sarà più così. In questo momento siamo tutti o quasi al covo per pura combinazione, solitamente quando si parte per una missione per l’Akatsuki si rivede questo luogo dopo anni, abbiamo un sistema di comunicazione che mi permette di informarvi delle vostre prossime missioni senza che voi dobbiate tornare qua ogni volta. Ti sto dicendo questo perché Hidan è convinto che tu sia già pronta per una missione, io non ne sono pienamente sicuro e preferisco che tu sappia a cosa vai incontro se andrai con loro» il Leader si permise una pausa, durante la quale studiò attentamente il viso della ragazza, che riuscì a sostenere lo sguardo di Pain in modo quasi deciso; «la vostra destinazione è il Paese del Fuoco» concluse, cercando di decifrare il rapido lampo che passò negli occhi di Hyuuga.

La ragazza abbassò lo sguardo, pensando qualche secondo prima di decidere che una missione era una missione, in qualsiasi luogo l’avesse portata.

«Non è un problema, credo di essere pronta per una missione»

«Credi?»

Hinata alzò lo sguardo, affrontando una seconda volta quello gelido del Leader. «Sono pronta» decretò.

Un rapido sorriso incurvò le labbra di Pain, «in questo caso, mi duole dirti che la tua divisa è ancora incompleta» disse, lanciandole è piccolo oggetto che lei prese al volo, «questo anello è parte integrante della divisa di Akatsuki. Apparteneva ad Orochimaru, Zetsu è riuscito a recuperarlo ieri sera ed ora lo affido a te… per ora è solo un affidamento, sarà Hidan che deciderà quando sarai veramente pronta ad indossare quell’anello al mignolo sinistro. Solo allora sarà tuo e tu farai davvero parte di Akatsuki» spiegò, per poi voltarsi e tornare sui suoi passi.

 

[…]

 

 

Dopo la notte passato nella foresta, finalmente io ed Hanabi riuscimmo a rimetterci in viaggio concludendo qualcosa: riuscii a rintracciare la truppa d’insetti che si era persa e trovammo entro sera l’entrata del villaggio dei Pescatori, unica cosa che ci separava dal villaggio della Pioggia.

Hanabi, nonostante la fortuna sembrasse favorirci, era terribilmente tesa e, se le mie priorità fossero state altre, lo sarei stato pure io. Il modo in cui gli abitanti del villaggio guardavano i forestieri come noi andava persino oltre l’ostilità. Si vedeva dai nostri movimenti e dalla guardia mai del tutto assopita che eravamo Ninja e la cosa sembrava indisporli ancora di più nei nostri confronti.

«Quanto ci metteremo ad abbandonare questa fogna?» mi sussurrò Hanabi, con tutto l’autocontrollo di cui era capace… non molto a dire il vero.

«Dobbiamo procurarci il necessario per continuare a viaggiare, poi dovremo trovare un posto dove passare la notte. Ripartiremo all’alba» risposi, senza curarmi di tenere la voce bassa come aveva fatto lei.

Hanabi a quelle parole, si fermò in mezzo alla strada, senza accennare a fare anche solo un altro passo.

Sbuffai. «Che c’è adesso?»

«Perché non possiamo partire questa notte, piuttosto che perdere tempo e passare la nottata qui?»

Effettivamente il suo ragionamento non faceva una piega, avremmo risparmiato un sacco di tempo, se fossimo partiti di notte, ma avevo le mie ragioni, «è poco prudente affrontare un viaggio via mare di notte, specialmente in quel tratto di mare. Anche se dal villaggio della Pioggia non si aspettano attacchi da questo fronte, ci saranno delle difese, seppur minime, e in mare ci sarà difficile evitarle senza almeno un po’ di visibilità, ecco perché partiremo alle primissime luci dell’alba» spiegai, cercando di mantenere un tono ragionevole, poi sorrisi, coperto dal colletto della mia maglia, «se ti inquietano gli sguardi di questa gente, pensa a come ci guarderanno a Konoha se mai ci torneremo vivi» scherzai.

 

Sì, era uno scherzo, in quel momento sinceramente stavo già cominciando a pensare che dopotutto sarebbero state davvero scarse le possibilità di tornare realmente a Konoha.

Be’, a quanto pare mi sbagliavo, ora a Konoha ci sono tornato. Contro la mia volontà, imprigionato come il peggiore dei criminali, ma ci sono tornato, con la consapevolezza di non essere mai appartenuto meno ad un luogo… ed ho visto gli sguardi che hanno accolto il mio ritorno, in confronto al disprezzo ipocrita che vi ho letto, l’ostilità del villaggio dei Pescatori era caldo e accogliente.

E voi, siete davvero sicuri di appartenere al luogo in cui state leggendo queste righe?

uio, li spalancò senza troppe cerimonie.

   
 
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