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Autore: Floramoss    21/06/2012    12 recensioni
Ancora attimi di vita quotidiana tra Severus e Harry. Ci sono momenti nella vita di un bambino ai quali un genitore è importante, se non fondamentale, che partecipi: la crescita, le esperienze, le relazioni. Severus è invitato ad un saggio di fine anno e sarà un pomeriggio per certi aspetti memorabile: ma prima di sera un'altra sorpresa lo attende... PS: le parti in corsivo sono flashback
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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Salagadula megicabula biddibi boddibi bu

Salagadula megicabula biddibi boddibi bu

fa la magia tutto quel che vuoi tu

biddibi boddibi bu.

 

 

 

 

 

 

Era seduto fra Arthur Weasley e una signora con i capelli raccolti a guisa di nido d’uccello, stretta in un abito a pois bianco e blu e con un naso peggiore del suo. Almeno lui era un uomo, pensava. Weasly portava il suo solito vestito delle feste in fresco di lana color tortora vecchio stile con una cravatta che faceva a pugni col mondo intero (i Weasley non brillavano certo in eleganza ed era noto che il loro guardaroba veniva tramandato di generazione in generazione fino all’usura definitiva). Molly, seduta un posto più in là, si era fatta più presentabile possibile, con un velo di trucco e un foulard colorato a nascondere la mancanza di gioielli. Poveri ma felici, questi erano i Weasley. Severus alzò le sopracciglia in un gesto di pacata tolleranza. Era rinchiuso in quel piccolo teatro in attesa della recita di fine anno: non aveva potuto sottrarsi all’invito , anzitutto perché era la prima recita a cui Harry prendeva parte e in qualità di tutore aveva ricevuto la richiesta ufficiale dell’insegnante, in secondo luogo perché Harry ci sarebbe rimasto davvero troppo male se avesse declinato l’offerta. E forse le due motivazioni andavano espresse nell’ordine inverso.

Terzo anno scolastico insieme al moccioso, figlio di quel James che gli aveva reso l’adolescenza un incubo peggiore di quella che sarebbe stata già di per sé; figlio di Lily, la sola persona per cui avrebbe dato la vita se solo fosse riuscito ad arrivare in tempo a Godric’s Hollow quella maledetta notte di sette anni prima. Sentì una mano posarsi sul suo braccio.

- Tutto bene Severus? – Molly si stava preoccupando per lui… di un ex Mangiamorte seduto su una poltrona imbottita di velluto in un teatrino di periferia e circondato da genitori babbani. Suonava tutto così assurdo a pensarci bene.

- Sto bene Molly grazie. –

- So che non sei abituato a queste cose ma vedrai che ti piacerà. Harry era tutto eccitato al pensiero che saresti stato fra il pubblico. – E gli fece l’occhiolino prima di rimettersi dritta al suo posto. Il professor Piton sollevò l’angolo della bocca in una specie di sorriso di compiacimento. In realtà credeva di essere seduto sui carboni ardenti. Quella uscita pubblica lo metteva in difficoltà: meno male che presto le luci si sarebbero spente e che i suoi immediati vicini non avevano l’aria delle persone loquaci. Astutamente si era tenuto distante da quelli che aveva individuato subito come possibili minacce. Aveva notato qualche sguardo curioso su di sé, inevitabile considerato il fatto che non partecipava alla vita della scuola. Il suo aspetto poi non poteva passare inosservato. Sebbene avesse lasciato il mantello per una giacca nera senza collo e avesse raccolto i capelli in un codino che gli dava un’aria, suo malgrado, un po’ dandy, non si poteva evitare di posare gli occhi su quell’uomo alto, ben fatto e di portamento elegante. Un non so ché di nobile sembrava provenire da quell’individuo che si diceva fosse il tutore di uno degli alunni, quel bambino sfortunato che aveva perso i genitori nel rogo della propria casa. Un tipo di poche parole, che si diceva facesse l’insegnante in una scuola privata in una non ben precisata località britannica e di cui il bambino parlava sempre con entusiasmo.

- Non bello ma ha quel non so che di fascino tenebroso non credi? – questo era uno dei commenti che aveva percepito al suo arrivo con i Weasley.

– Chissà se è sposato. –

- Mi pare di no, sembra che il bambino non parli mai di figure femminili in casa. Guarda, non porta alcun anello. –

- E’ un peccato non trovi? –

- Avrà un carattere tremendo. –

- In effetti non ispira molta simpatia, ma potrebbe essere un tipo riservato… - 

Molly sorrideva a quei pensieri espressi a voce alta, le mamme sanno essere terribili in fatto di uomini. Severus aveva fatto finta di non sentire ma le sarebbe piaciuto capire se tutto quel parlottare di lui in toni così inusuali gli facesse piacere. Conoscendolo probabilmente no. Lei era abituata ai pettegolezzi frivoli, con sette figli ne aveva avute di occasioni di mescolarsi alla gente comune. Non ci aveva mai più di tanto fatto caso ma questa volta lo trovava divertente. Ci provarono in due a presentarsi: Severus rispose educatamente ma senza incoraggiare alcun ulteriore approccio. Molly per un attimo si sentì perfino una privilegiata: era l’unica donna in fin dei conti che poteva accompagnarsi all’enigmatico signore in nero così da vicino. Era pronta a scommettere che tra quelle linguacciute donnette ce ne sarebbe stata qualcuna che avrebbe fatto carte false per essere al suo posto.

Severus cominciava ad avere caldo: le poltrone erano troppo appiccicate, il soffitto basso e la gente in soprannumero per i suoi gusti. Decisamente non erano luogo e clima  adatti a lui. Per fortuna che la donna col naso a becco se ne stava tranquilla e impettita al suo posto facendo da barriera ad eventuali importunatici: con la coda dell’occhio aveva notato che qualche testa ogni tanto si girava ad osservarlo. Perché quel benedetto spettacolo non iniziava? Per ingannare il tempo si concentrò su Harry:

- Severus, Severus, faccio il topo! –

- Il topo? Non ci troverei nulla di divertente a fare la parte di un topo. I topi non sono in cima alla mia classifica di gradimento… –

Il bimbetto lo aveva guardato deluso. Severus, non era questo quello che lui si aspettava. Avresti dovuto rispondere: “Fantastico Harry, un topo!”. Ma il professor Piton con Harry non era capace di mentire, con Harry e coi bambini in generale. Lui non era abituato ad avere a che fare coi bambini, ecco. Poppy lo avrebbe bacchettato all’istante. Si corresse.

- Beh ma tu sarai un topolino… con orecchie e coda… insomma un topolino è… un animaletto simpatico, spaventa le signore…e poi è ghiotto di formaggio proprio come te… – si stava scavando la fossa da solo e non sapeva come uscirne. - E’ una storia di animali? – ecco, meglio correggere la rotta.

- Ma no, è la storia di Cenerentola e io faccio il topo che viene catturato ma poi diventa suo amico..- Harry aveva sbuffato come a dire che lui non capiva niente di quelle cose lì. Le cose che lui chiamava babbane. Severus non aveva idea di chi potesse avere un nome così triste come Cenerentola.

- Tu vieni a vedermi vero? – ecco, questa era la cosa più importante. Ad Harry probabilmente non importava di fare il topo o  il giaguaro…. per lui era fondamentale che il suo tutore fosse presente. Non occorreva essere laureati in pedagogia per questo.

- Vero che vieni? – Doveva rispondere subito, Harry non ammetteva rinvii.

- Sì, ci sarò. – Il piccolo gli era piombato addosso facendogli quasi perdere l’equilibrio: non aveva più nessun pudore a manifestargli il suo affetto. Adesso gli arrivava alla pancia e riusciva a circondargli i fianchi con le braccia. Guardò in su: -Sei il mio tutore preferito!- Era una specie di sigillo: Severus non avrebbe potuto mancare di parola per niente al mondo.

Il chiacchiericcio in platea non accennava a diminuire, Arthur e Molly sembravano perfettamente a loro agio e la signora a pois non si era mossa di un centimetro. Ma respirava? Gli venne il dubbio che fosse un manichino. Non seppe mai nemmeno lui perché le rivolse la parola:

- Suo figlio recita? – Lei si girò lentamente, era decisamente una brutta donna, cioè era il suo aspetto che non gli piaceva, non i lineamenti che nell’insieme avevano una loro grazia severa:

- Non ho figli, sono la tutrice. E trovo queste recite una pagliacciata e una stupida perdita di tempo. Martin dovrebbe essere a casa a studiare violino. Lei ha qualcuno che recita? – Gli parve una specie di regina delle nevi, fredda e senza cuore. Anche lui era un tutore. Provò un sentimento di ripulsa e la risposta gli venne di getto, altrettanto glaciale: - Sì, mio figlio fa il topo. – Poi le luci si spensero e Severus ne fu eternamente grato.

Era un musical. Per Merlino, peggio di così non poteva andare. Canzoncine e balletti: un mix micidiale. Tra l’altro aveva saputo che nella storia c’erano anche una fata e degli incantesimi, con quella formula magica, quella saltalabula o giù di lì. Che baggianate. Quando i babbani si mettono a parlare di magia… Severus tremava già al pensiero delle  stupidaggini cui avrebbe dovuto assistere senza poter proferir parola. Però Harry se la stava cavando bene a suo parere.  L’uomo aveva sentito una specie di piacevole danza nello stomaco quando il bambino era apparso in scena la prima volta: che fosse orgoglio? In fin dei conti, quell’esserino vestito da topo, iniziava ad essere qualcosa di più di un semplice incarico. Quell’esserino ricoperto di pelliccia marrone che inciampava ogni tanto nella coda e parlava sbadigliando perché doveva dare l’impressione di essere sempre un po’ addormentato, era stato capace di rimettergli in moto il cuore. Sì, ne era orgoglioso e guardandosi attorno non si sentì tanto diverso dagli altri genitori in platea.  Riconobbe appena Ron Weasley: a lui era capitata una parte un po’ infelice: faceva il valletto del re, era impacciatissimo con quei pantaloncini a sbuffo e doveva parlare col fischio. Eppure Molly e Arthur lo incoraggiavano, e lo guardavano con la stessa soddisfazione con cui lo avrebbero guardato recitare la parte del principe Amleto (Eileen aveva letto a Severus tutte le opere di Shakespeare e lui, fra tutti, aveva però sempre preferito il Macbeth). La tutrice al suo fianco invece non si scomodò a battere le mani nemmeno una volta. Ma viste le premesse, la cosa non lo meravigliò. Harry adesso era di nuovo in scena: la gente rideva e applaudiva perché il topo evidentemente stava simpatico e gli si perdonavano anche le papere. Quel costume lo rendeva particolarmente comico.

-Severus mi devi fare il costume da topo!- era entrato come uno sbuffo di vento in casa, rosso e col fiatone per la corsa, blaterando di stoffe e maestre.

- Harry sono un pozionista non un sarto. Non saprei nemmeno da che parte cominciare a confezionarti un abito. –

- Ma tu sai fare le magie no? – I ragionamenti dei bambini sono semplici. Harry lo guardava con una faccia come per dire”Dove’è il problema?”

-Ci vuole abilità per ogni tipo di incantesimo e i vestiti non sono certamente il mio campo.-

- Ma se ti porto una zucca tu la puoi trasformare in qualsiasi cosa giusto?Come la fata madrina di Cenerentola. –

- Non so di cosa tu stia parlando Harry. –

- Cenerentola era senza vestito e carrozza per la festa così la sua fata madrina glieli ha fatti con la magia prendendo delle zucche e anche dei topi. Basta che dici biddibi boddibi bù. –

- Come scusa? E’ questo che vi insegnano sui maghi a scuola? –

-Ho capito, sei smemorato anche tu come lei… -.

- Io non … d’accordo, ti farò avere il vestito. Chiederò a Minerva. Lei di sicuro se la cava meglio di me con pizzi e crinoline… -

-Ma Severus! io sono un topo maschio!Non li voglio i pizzi e le cremine!-

-Era un modo di dire. E poi ho detto crinoline, le cremine sono quelle da spalmare non da indossare. - e mentre Harry usciva contento lanciando quello stupido incantesimo a destra e a sinistra, Severus si sedeva sconfitto sulla sedia chiedendosi se ne sarebbe mai uscito fuori qualcosa di buono da quella convivenza. E comunque i babbani avrebbero dovuto lasciar fare ai veri maghi il lavoro dei maghi…. biddibi boddibi bù, che idiozia.

Il costume alla fine glielo aveva confezionato la professoressa Sprite, che da buona capocasa Tassorosso le piaceva avere a che fare con l’economia domestica. Quando prese le misure ad Harry con il metro magico il bambino era in visibilio: in piedi su uno sgabello con le braccia aperte seguiva ogni movimento del nastro: ad ogni cenno della professoressa il serpente centimetrato si fermava e pronunciava a chiare parole: “15 cm.; 30 cm. e mezzo” fino a che non venne licenziato e tornò a raggomitolarsi dentro al cesto delle spagnolette insieme alle forbici e a tutto il resto.  Harry provò un paio di volte a farlo srotolare di nuovo ma senza successo. Appoggiato allo stipite della porta Severus aveva seguito la scena scoprendo di divertirsi: il modo in cui Harry stava sperimentando il mondo della magia era in certi momenti davvero da immortalare. Il piccolo non aveva ancora manifestato la sua natura: nessun segnale di magia spontanea. Severus a quell’età iniziava già a compiere piccolissimi incantesimi. Ma siccome non c’era una regola uguale per tutti aspettava che anche per il piccolo Potter arrivasse il momento: che fosse un mago nessuno nutriva dubbi, considerati i suoi natali. Per ora cresceva e si divertiva come un qualsiasi bambino babbano, fatta eccezione per il luogo in cui viveva e per certe frequentazioni che ai babbani sarebbero sicuramente apparse eccentriche se non addirittura sospette.

Sul palcoscenico i giovanissimi attori continuavano a raccontare la storia di Cenerentola. Harry era appena stato trasformato in un cavallo: Piton pensò che poteva proporre l’esercizio di trasfigurazione a Minerva. Di una cosa era certo: il mondo magico non ci faceva una gran bella figura, con una fata rimbambita e incantesimi che ti lasciano per strada a mezzanotte solo con una scarpetta di cristallo (ma come si cammina in una scarpa di cristallo?). Però si ritrovò a battere le mani con trasporto quando il gruppetto di attori uscì per l’inchino al termine dello spettacolo. Harry era il più piccolo, arrivava alla stessa altezza degli altri solo grazie alle enormi orecchie. Si era accorto che lo aveva cercato fra il pubblico e lui, per rassicurarlo che era lì, aveva alzato la mano in un gesto di saluto. Sentiva ancora quella danza nello stomaco.

Appena fu di nuovo luce in platea Severus si chiese cosa sarebbe successo: come ci si comportava ora? Lui se ne sarebbe andato subito dopo aver recuperato il topo maldestro ma era evidente che le cose non funzionavano così. I bambini cominciarono a sciamare verso i propri genitori in cerca del riconoscimento più importante. Il pozionista iniziò a sentirsi a disagio: di nuovo c’era chi lo guardava tentando di non darlo a vedere e chi invece addirittura lo indicava. I Weasley si erano fortunatamente preoccupati di non lasciarlo in balia degli sconosciuti e in attesa di Ron, pur rispondendo educatamente ai saluti e scambiando anche qualche parola con altri genitori, rimasero vicini al professore distraendolo con qualche commento sulla piccola recita e sulle qualità di Harry in veste di giovanissimo attore. Poi finalmente, “il paggio” e “il topo” si fecero largo tra i crocchi di persone.

Quando Harry raggiunse Severus non gli si gettò addosso ma tenne una rispettosa distanza fra sé e l’uomo. Prima doveva assolutamente sapere da lui una cosa:

-Sono stato bravo? –

Severus guardava il topolino con gli occhi verdi, se era possibile ancora più grandi sotto il cappuccio con le grandi orecchie rosa. Se non fosse stato lì, in mezzo a tutta quella gente, l’avrebbe preso in braccio. Si riservò quel momento per l’intimità della loro casa. Harry gli stava chiedendo se era stato bravo, e dall’espressione ansiosa si capiva che a quella risposta dava un valore enorme. Era così importante per il bambino avere la sua approvazione? Spostò velocemente lo sguardo lì a fianco per vedere Molly e Arthur complimentarsi con il figlio: era normale che fosse così. Tornò allora su Harry, ancora in attesa trepidante e lasciò uscire le parole.

- Il miglior topolino insonnolito che io abbia mai visto. – Ad Harry brillarono gli occhi. Si batté la mani da solo per la contentezza, poi prese per mano Severus e lo condusse verso una giovane donna che chiacchierava con alcuni genitori.  Prima che Piton potesse aprire bocca e interrompere la marcia sicura del bambino, Harry aveva già attirato l’attenzione di quella che, a buon vedere, era una delle insegnanti.

- Maestra Jane, lui, lui è il mio tutore! – Piton si guardò attorno imbarazzatissimo: tutti si erano voltati verso di loro e si sentiva nuovamente allo scoperto, bersaglio facile di sguardi indagatori e di prevedibili commenti di cui volontariamente ignorò il contenuto. Perché i Weasley non accorrevano in suo aiuto?

Jane aveva i capelli rossi, ondulati e lunghi, aveva le lentiggini e gli occhi azzurri. Poteva avere 25 anni. Snella ma non eccessivamente magra, portava i jeans con una t-shirt bianca stampata. Gli ricordava dolorosamente Lily. Divenne improvvisamente serio in viso. Lei invece gli si fece incontro sorridendo e con la mano tesa. Si scusò un attimo con le persone con cui stava conversando: - Perdonatemi, ma questo signore lo inseguo da un bel po’ e non voglio perdere l’occasione. –

Harry guardava Severus e non capiva perché si fosse irrigidito come un baccalà. Gli sussurrò:

-Lei è la maestra Jane, quella della recita, quella che ti ha invitato. –

- Signor… Piton vero? Non ha idea di quanto abbia desiderato incontrarla, Harry parla così tanto di lei che è impossibile non incuriosirsi. –

Severus cercava aria per rispondere. Cercava anche la maniera di farlo educatamente e correttamente perché la tentazione era quella di voltare le spalle e andarsene.

- Harry a volte parla troppo, cerco di educarlo alla moderazione ma non sembra essere nella sua natura. –

- Oh ma il fatto che parli non è un problema per me, Harry esterna molto con le parole… il teatro può essere d’aiuto a vivere correttamente le proprie emozioni, anche quelle negative. Scusi, non mi sono ancora presentata, Jane Cockburn sono insegnante di arte drammatica, una collaboratrice della scuola, così, per diletto… vede, ho sposato il teatro e non posso fare a meno di lui! – Sorrise strizzandogli l’occhio. La somiglianza con Lily lo stava mandando in kwon out.

- Forse un matrimonio più felice di tanti. Lo spettacolo è stato assai gradevole. –

- Lei avrebbe fisico e portamento ideale per il teatro sa? Anche il suo modo di esprimersi è decisamente “ricercato”. – Notò lo sguardo allarmato di Severus.

- Guardi che le sto facendo nessuna proposta, io tra l’altro lavoro solo con i bambini… Harry, il tuo tutore mi sa che è un po’ timido, che dici? –

- E’ timidissimo maestra Jane. Non ha neanche una fidanzata. – Severus si voltò di scatto a guardare il bambino, scioccato da quell’uscita inaspettata. Cosa stava cercando di fare il topastro? Ritrovò il controllo.

- Harry non credo che questo interessi la tua maestra. –

- Oh signor Piton io mi interesso di tutto quello che riguarda il comportamento umano. Sono laureata in psicologia. Ma non ho nessuna intenzione di farle un consulto mi creda! –

Bene, ci mancava anche la psicologa che somigliava a Lily. Si sentì improvvisamente indifeso e crebbe la voglia di girare i tacchi e andarsene al più presto. Anche se guardare Jane era una tentazione grande.

- Signor Piton, mi farebbe piacere fare due parole con lei, a proposito di…. – e con la testa, leggermente, indicò Harry senza farsi notare. Quasi che la giovane avesse intuito il pensiero dell’uomo aggiunse in fretta:

- Stia sereno, semplice lavoro di routine, nessun temporale in arrivo. – e sorrise. Piton non aveva voglia di rivederla, gli sembrava crudele e anche inappropriato. Ma non poteva sottrarsi alla richiesta di un’insegnante.

- Quando vorrà parlarmi lo comunichi pure ad Harry. – Non si era nemmeno accorto che per tutto il tempo il piccolo non gli aveva mai mollato la mano. Jane invece lo aveva notato perfettamente e aveva lo sguardo di chi la sa lunga sui bambini abusati desiderosi di attenzioni e affetto. E anche sugli adulti che sono stati bambini abusati e desiderosi di attenzioni e di affetto.

- I bambini saranno in vacanza fra pochi giorni. Quindi cominci a preparare il the!– e salutò Harry strizzandogli l’occhio.

 Lasciarono il teatro sfilando per l’ultima volta sotto sguardi avidi di pettegolezzi e lasciandosi alle spalle bisbigli sommessi a loro inequivocabilmente indirizzati.

Solo quando furono abbastanza lontani Severus si fermò e si voltò verso il bambino. Sorrideva, era felice. Aveva voluto tenere il costume. E con il naso pitturato di nero era proprio buffo. Se anche avesse pensato per un solo minuto di richiamarlo per quella stupida allusione alla sua condizione di uomo solo finì col far morire in gola ogni parola. Harry gli stringeva ancora la mano. Non ce la fece a trattenersi:

- Vieni qui topolino. – Lo abbracciò in mezzo al marciapiede, non gli importava ora della gente che poteva vederli ma che sembrava andar diritta per la propria strada.

- Ti piace la maestra Jane? – la domanda arrivò come un sussurro perché il piccolo aveva la faccia sprofondata nella sua giacca. Piton lo scostò leggermente da sé:

- A proposito, visto che citi l’argomento… cos’è questa novità? Ti ho mai fatto credere di essere in cerca di una fidanzata per caso? –

- La maestra Jane ci ha insegnato che a volte con la faccia e i gesti diciamo più cose che con le parole. – Severus alzò un sopracciglio.

- E quindi? –

- Beh, a volte si vede che sei triste. Forse una fidanzata ti fa essere più allegro. Il signor Weasley è quasi sempre allegro e lui ha la signora Weasley che gli vuole bene. – Severus non sapeva cosa rispondere. Sentiva una fitta al petto. Non era la prima volta che quel bambino gli metteva di fronte involontariamente la verità. Ma forse, a fargli ancor più male, non era la coscienza della sua solitudine perché in fin dei conti lui ora non era più solo. Aveva un bambino da accudire. Era un bambino speciale che dimostrava una sensibilità eccessiva in alcuni momenti. Si sentiva inadeguato. Harry lo amava, ma lui amava quel bambino?

- Harry non avrei tempo per una fidanzata. Ho un sacco di cose da fare. E tra queste un bambino vestito da topo che devo cercare di far diventare grande. –

- Ma perché non usi la magia per fare tutte le cose che devi fare? Fai mica più presto così? –

- Ti ho già spiegato che la magia non risolve tutti i problemi… non basta dire … com’era quella formula? –

- Biddibi boddibi bu?-

- Ecco sì… proprio quella. A proposito: la trovo una formula magica davvero stupida. Dai che dobbiamo raggiungere la passaporta. – e ripresero la direzione del parco dove un grande albero cavo fungeva per quel giorno da passaggio diretto per Hogwarts.

Di ritorno al castello fu d’obbligo la visita al Preside. Albus era stato invitato a teatro ma con sollievo di Severus aveva dovuto declinare la proposta: impegni inderogabili precedentemente presi gli impedivano di lasciare la scuola. Il pozionista non ne conosceva la natura, sperava non avessero a che fare col Signore Oscuro, ma era grato di questo impedimento: la compagnia di Albus allo spettacolo avrebbe reso sicuramente ancor più imbarazzante la loro presenza. Per quanto Albus potesse camuffarsi da “babbano qualunque” sarebbe rimasto in ogni caso troppo eccentrico  per non attirare l’attenzione più di quanto già il solo Severus non avrebbe fatto. Ancora galvanizzato da tutto quella animazione a cui aveva preso parte, Harry riempì l’ufficio del Preside di tutto il suo entusiasmo: recitò, mimò il suo personaggio, si pavoneggiò nel suo costume da ratto con una facilità che lasciò Severus impressionato: bastava dargli un po’ di coraggio e Potter non lo fermavi più. Albus divertito lo assecondava finché Severus non si sentì costretto ad intervenire:

- Harry ha già avuto la sua festa oggi Albus, me lo vizi. –

Per tutta risposta il vecchio mago, sfoderando il suo miglior sorriso non trovò di meglio che ribattere: - Classico discorso da papà.- E ci aggiunse anche una strizzatina d’occhio. Il professore gli lanciò uno sguardo al vetriolo: non le sopportava quelle insinuazioni e il vecchio lo sapeva, lo faceva apposta, lo provocava e come se non bastasse lo faceva anche con scherno. A denti stretti e sottovoce perché Harry non sentisse disse al Preside che mai e poi mai gli avrebbe dato la soddisfazione di aver ragione, perché lui non era il padre del bambino e che tutto quello che faceva era unicamente dettato dal senso del dovere. Dopodichè richiamò il piccolo per tornare nei sotterranei. Ma il luccichio negli occhi di Albus gli disse che non credeva ad una sola parola uscita dalla sua bocca. E come già accaduto, infatti, gli eventi avrebbero presto reso giustizia a Silente.

Rientrato a casa ancora indispettito mandò Harry a lavarsi e si preoccupò per la cena. La sera era arrivata puntuale con il suo crepuscolo e l’odore della foresta portato da un vento leggero. Più tardi aprì tutte le piccole finestre ma lasciò il fuoco crepitare nel camino per farsi un po’ di compagnia. Leggeva come tutte le sere in attesa che Harry andasse a letto. Il bambino giocava nella sua stanza: la scuola non era ancora finita ma non poteva obbligarlo a dormire quando fuori il cielo era ancora chiaro. Stranamente non riusciva a concentrarsi sul manuale di magia avanzata che aveva fra le mani. Non riusciva a togliersi dalla testa la maestra Jane e si sentiva quasi perseguitato: possibile che fra tutte le insegnanti proprio quella doveva capitare a Potter?  Era stata una giornata di dura prova: la passerella fra tutti quei babbani, anzi quelle babbane curiose, l’innegabile coinvolgimento emotivo, l’insegnante con i capelli rossi che era pure psicologa e che adesso attendeva un invito per un the. Maledizione, dove glielo avrebbe offerto il the? A Spinners’ End certo, e la cosa non gli piaceva, Spinners’ End era un posto sgradevole.  Poi non seppe mai se fu l’urlo di Harry, il pesante tonfo o il ruggito a strapparlo per primo dalle sue elucubrazioni. Precipitandosi in camera del bambino col cuore in gola rimase pietrificato sull’uscio: c’era un leone, un leone in carne e ossa nella stanza, sul letto. Ed era piuttosto agitato. Harry se ne stava appiattito contro il muro: era terrorizzato ma Severus gli ordinò di non muoversi da lì.

- Non è colpa mia Seveus, tu mi avevi detto che la formula magica era stupida e non funzionava. – Il piccolo piangeva, Severus faticò un poco a capire.

- Da dove diavolo salta fuori il leone Harry? –

- E’ diventato così... – Severus solo allora si accorse del particolare: il leone portava un collare verde. – Rufus?! – Guardò Harry: vide che in mano teneva un bastoncino, una bacchetta rudimentale che usava spesso quando giocava a fare il mago. Capì cos’era successo. Agitò la bacchetta – Solveo – e in un attimo Rufus tornò muto e inerte: un leone di peluche e nient’altro, il ricordo di una giornata trascorsa allo zoo con il Preside. Severus raggiunse il bambino: stava tremando ed era del colore di un fantasma. Lo prese in braccio e si sedette sul letto. Harry piangeva ancora per lo spavento e continuava a ripetere che non era colpa sua. Il cuore di Severus aveva ripreso il battito normale dopo la paura ma l’uomo continuava a sentirsi strano: aveva appena assistito alla prima magia spontanea del bambino, era come assistere alla prima parola, allo spuntare del primo dente o al primo passo. Nella vita di un mago era un momento importantissimo. Accarezzava la testa e la spalla di Harry e sentiva la stessa sensazione allo stomaco che aveva provato il pomeriggio a teatro ma amplificata. Era anche la sua prima volta in fondo, come adulto.

- Harry hai fatto la tua prima magia. Non è successo niente, guarda Rufus adesso è tornato come era prima.-

- Ma io giocavo…-

- Lo so, tu hai desiderato tanto una cosa ed è successa. –

- Ma mi hai detto che biddibiboddibibù non è una vera formula magica. –

- Non è stata la formula Harry, e nemmeno il rametto di legno… è magia spontanea, ce l’hanno solo i bambini maghi. Ti succederà ancora – Harry diede un leggero sussulto –Magari evoca un animale più piccolo e meno pericoloso la prossima volta… Voi Potter dovete sempre esagerare tutto per Merlino! - 

Harry si scostò dal petto di Severus:

- Davvero ho fatto una magia vera? – e tirò su col naso.

- Davvero. –

- Allora non mi metti in castigo… -

- No, anche se mi hai fatto perdere almeno 10 anni di vita per lo spavento . –

- Allora… sono come te. -   Severus lo guardò intensamente e si sentì così in comunione con piccolo che finalmente seppe di amarlo: non da qualche minuto, nemmeno dal pomeriggio, lo amava dal momento in cui aveva detto di sì e lo aveva accolto in casa sua.

- Certo Harry, come me, come Albus, come tua mamma e … tuo papà. - 

- E quando sarò grande farò le magie come le fai tu? –

- Certo, studierai per questo. –

- Sai, io voglio diventare bravo come te. – Poi si allungò verso il letto e prese Rufus:

- Però tu rimani così hai capito Rufus? -

Severus rise e poi si mise a ridere anche Harry. Se fosse entrato Albus in quel momento avrebbe riso anche lui, contento di avere avuto ragione di nuovo. Se fosse entrata Jane avrebbe riso anche lei, perché la formula magica finta chissà come aveva funzionato. E se fosse entrata Lily anche lei avrebbe riso, perché il suo bambino aveva alla fine trovato il proprio posto nel mondo. 

 

  
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