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Autore: Beads and Flowers    21/06/2012    2 recensioni
Non andava in Chiesa. Alcuni dicevano che fosse atea, altri pagana, altri ancora che non sapesse cosa fosse la religione. Mallaidh sarebbe andata all’Inferno. Avrebbe camminato per sempre in un limbo di torture e dolore. Bambini, non vi avvicinate alla Folle Mallaidh. Vi tenterà con i suoi occhi verdi, vi strapperà via il cuore dal petto, vi condurrà all’Inferno.
Non vi avvicinate a Mallaidh.
E’ pericolosa.
E’ una strega.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Storico
Capitoli:
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5- Carey

And in that hall ther was a bed,
Hit was hangid with gold so red.

 




Ghirigori precisi, cerchi perfetti. Semplici decorazioni dipinte col sangue. Erano poste a cerchio, attorno ad un piccolo disegno. Una semplice scenetta, raffigurante la razzia di un villaggio. Alcune piccole capanne di pietra, protette da una fortificazione di legno. Fuori dal villaggio, uomini e donne tiravano sassi e frecce infuocate sulle capanne, e sulle persone inginocchiate al suo interno. Donne, uomini, vecchi e bambini che piangevano, urlavano, pregavano con gli occhi pieni di terrore. Una sola donna, in piedi, al centro de disegno, sorrideva. Un ghigno pazzo, folle. Tra le braccia stringeva un neonato.
 “Raffigura la purificazione di coloro che si ribellarono alla cristianizzazione, mio Signore. Non volevano abbandonare i loro modi primitivi e le loro religioni blasfeme, ignorando la parola di Dio. Ma vennero giustamente puniti per il loro incorreggibile egoismo. Furono tutti rinchiusi nelle mura del loro villaggio, ed i soldati appiccarono il fuoco. ”
 Newlin scosse la testa, incredulo.
 “Vennero uccisi tutti… anche le donne e i bambini?”
 “Be’… sì. Certamente, mio Signore.”
 “Questa non può essere la parola di Dio.”
 “Come avete detto?”
 “… No, nulla. Temo di non capire. Perché io non ho mai udito prima questa storia?”
 “Mi dispiace, mio Signore. Non lo so.”
 “Ma se tutti i pagani furono allora uccisi, e nessun cristiano si è mai addentrato all’interno di questa grotta, chi è stato a raffigurare questa strage sulla parete?”
 “Il giorno descritto in quest’immagine, i membri della famiglia Faucon ed i loro seguaci non riuscirono a trovare una delle figlie del capo villaggio. Lei e le sue discendenti, nate da rapporti peccaminosi con eventuali stranieri passanti per il nostro villaggio, da allora in poi vissero nelle foreste. Noi non siamo mai riusciti a catturarle, seppure recentemente Emma Blacksmith sia entrata in contatto con una di loro.”
 “Come dite? Vi è tutt’ora una pagana nelle foreste di Seabhag?”
 Caleb annuì.
 “Certamente. Si tratta della Folle Mallaidh.”
 “Mallaidh? E’ stata lei a fare tutto questo?”
 “No, certo che no. Vedete, mio Signore, la mia famiglia sorveglia questa grotta soltanto da dieci anni. Mallaidh, allora, non era che una bambina. E’ stata un’altra donna selvaggia a commettere quest’imperdonabile peccato. Nella speranza di catturare lei o le sue discendenti, da allora questa grotta è sempre stata sorvegliata, e nessun abitante del villaggio può accedervi.”
 “Un’altra donna selvaggia? Chi?”
 “La Pazza Carey.”
 “Carey? Questo nome… mi suona famigliare…”
 “Si tratta della madre di Mallaidh.”
 
 “Mama! Mama Carey!”
 “Mallaidh!”
 La bambina aveva solo quattro anni, ma sapeva già arrampicarsi velocemente, slanciandosi con agilità da un albero all’altro. Corse in lacrime verso la madre, la quale era appollaiata sul ramo più alto di un noce. La ragazza raggiunse la figlia e la strinse a sé, calmando con dolci carezze i singhiozzi della bambina.
 “Mama… catoues… catoues ci!”
 “Velo, Mallaidh, velo. Essi agikoua? Eimu. Eimu do hem.”
 La giovanissima madre (non poteva avere più di sedici anni) si alzò in piedi, barcollando per il peso della bambina che reggeva. Aveva tranquillizzato Mallaidh, promettendole che sarebbero subito tornate a casa, ma in realtà anche lei era spaventata. Alcuni soldati di Seabhag le avevano viste. Doveva assolutamente affrettarsi, e raggiungere la Grande Quercia. Lì sarebbero state al sicuro.
 Dopo molte ore di corsa, Carey incontrò finalmente i rami addobbati della sua casa. Si arrampicò agilmente sul tronco ed entrò nel foro dell’albero, baciando prima il drappo di tela azzurra che proteggeva la tana. Si calò nel tronco cavo, aiutandosi con la corda, cercando di non fare alcun rumore. Sua figlia si era addormentata tra le sue braccia. Carey l’adagiò dolcemente nel giaciglio di muschio, e si diresse verso il Vaso delle Ceneri. Voleva rivolgere una preghiera di ringraziamento alle sue antenate, le quali avevano protetto lei e la bimba da un possibile pericolo. Prese ad intonare una piccola litania, quando un forte dolore al petto le impedì di proseguire. S’interruppe, portandosi le mani al cuore. La malattia non faceva altro che peggiorare, e lei non sapeva a chi chiedere aiuto. Dopo tanto tempo, incominciava a temere qualcosa che non fosse gli abitanti di Seabhag. Carey scosse la testa, e riprese a pregare.
 “Mama” Mallaidh si era svegliata “Mama, immi agikoua.”
 “Naige, Mallaidh. Naige. Catoues, hinc hodie…’’
 Rimase in silenzio. Suo figlia era sempre stata terrorizzata dai soldati di Seabhag. Ma loro non erano mai riusciti a trovare la Grande Quercia. Quello era un luogo sacro, e solo i predestinati potevano accedervi. Sorrise, con tenerezza, e si sdraiò accanto alla bambina.  
 “Vuoi che ti racconti una storia?”
 “Naige, mama. Immi agikoua!”
 “Se velo. Neue… hinc de Liath?”
 Il viso della bimba s’illuminò, e la madre sorrise vittoriosa. Quello della principessa Liath era il racconto preferito di Mallaidh. Forse perché, almeno in parte, era una storia vera. La ragazza strinse a sé la figlia, e prese a raccontare:
 “Nei tempi antichi, Mallaidh, Liath era la figlia minore del nostro capo villaggio. Quando i Figli del Falco, i Seabhag Mab, razziarono Maretak ed i suoi abitanti, Liath e sua madre riuscirono a scappare nelle foreste. Ma erano inseguite dai soldati dei Faucon, i quali riuscirono a catturare la madre di Liath, ma non la bambina. Liath era molto coraggiosa, non piangeva mai, e non cessò di correre quando sua madre venne catturata… e così dovrai fare tu, bimba mia, se per caso gli abitanti di Seabhag dovessero catturarmi. Come Liath, dovrai scappare. Più velocemente che puoi, verso la Grande Quercia. Essa protegge il nostro popolo da migliaia di anni, ed è sempre stata a noi sacra. In essa scorre l’energia vitale degli spiriti, e dunque non muore mai, seppure il suo tronco sia completamente cavo. Quando Liath si rifugiò qui, giurò davanti ai suoi antenati che avrebbe vendicato la sua famiglia. Si ferì una mano e fece scorrere il suo stesso sangue. Con questo sacrificio, si mise in contatto con degli spiriti, i quali le rivelarono in che modo l’avrebbero aiutata. Avrebbero fatto sì che uno straniero, un viaggiatore di passaggio per le foreste di Seabhag, trovasse la Vecchia Quercia. Solo lui, il predestinato favorito dagli spiriti, avrebbe potuto dare un figlio a Liath degno di portare avanti la gente di Maretak. Il clan sarebbe risorto, una volta avuto un figlio maschio. Ma, stranamente, Liath mise al mondo una bambina. Essendosi già unita ad un uomo, il quale l’aveva abbandonata per continuare il suo viaggio, Liath seppe che il prossimo predestinato si sarebbe dovuto unire a sua figlia. Eppure, anche lei generò una femmina. E continuò ad esser così, per duecento anni. La prossima a dover sostenere la prova sarai tu, Mallaidh. Se l’uomo che ti sarà mandato dagli spiriti ti donerà un figlio maschio, saprai che il tuo bambino sarà colui che dovrà uccidere tutti i membri della famiglia Seabhag, e riportare il nostro popolo alla gloria che gli spetta.”
 La bambina annuì, seria.
 “Per questo hai dipinto col sangue la parete di Akaunon?”
 “Sì. Voglio ricordare agli uomini di Seabhag il loro destino. Non dubitarne mai, amore mio. Loro moriranno tutti, e noi avremo la nostra vendetta… ma ora dormi, Mallaidh. Vedo bene che sei stanca. Devi aver avuto così tanta paura, nella foresta. Ma ora è tutto finito, siamo al sicuro. Dormi, Mallaidh, sunos. Sunos.”
 “Naige, mama! Dimentichi la parte del Falco! E’ la parte più importante!”
 “Immi sunoua, Mallaidh! Sono stanca, e poi la Profezia del Falco è solo una leggenda, non è importante.”
 “Ti uediiumi, Mama!”
 “… D’accordo. Dunque, amore mio, ricordati sempre: se, per qualche disgrazia, l’uomo che entrerà nella Quercia sarà un discendente della famiglia Faucon, tu non dovrai per alcuna ragione darti a lui, ma dovrai difenderti. Poiché, se doveste accoppiarvi, la Profezia vuole che tutti gli sforzi delle nostre antenate saranno vani. Dalla vostra unione non nascerebbe un bambino degno di riportare alla gloria il nostro clan, e la benedizione degli antenati ci abbandonerebbe. Il nostro popolo non potrà mai più essere riportato in vita. Ora basta, sono davvero stanca. Mi fa male il petto.”
 La bimba annuì nuovamente, chiudendo gli occhi. Carey le poggiò una mano tra i capelli, sorridendo. Non sapeva se quella parte della leggenda fosse vera, e non le aveva mai dato troppo peso. I reali di Seabhag non si erano mai avvicinati a loro, presi com’erano dalla politica e dalla guerra. Il vero pericolo risiedeva nella superstizione degli abitanti del villaggio. L’unica cosa veramente importante era che Mallaidh allevasse da sé il proprio figlio, senza l’influenza di alcun uomo. Sapeva che sua figlia ci sarebbe riuscita, era una brava bambina.
 Le baciò la fronte, iniziando a cantare l’antichissima canzone del Maretak:
 
 Maretak, Maretak: magu, maion et bodach,
 Dith dagovassa, anation ambicatassa.
 Essi capta et caranta.  Andedia thir-
 
 La voce di Carey s’interruppe all’improvviso. Un forte dolore al petto la colse inaspettatamente.  Si portò una mano alla gola, e tossì un paio di volte. Quando ritrasse la mano, la ritrovò sporca di sangue. Cercò di alzarsi per raggiungere una scatola poco lontana, piena di erbe medicinali, ma ricadde ansante sul giaciglio. Urlò. Avvertì il corpo di Mallaidh che si agitava nel sonno, la sua vocina spaventata che la chiamava nelle tenebre. Il dolore era atroce, la ragazza non riuscì neanche a rassicurare la sua bambina.
 “Mallaidh...”
 “Mama Carey! Mama!”
 “Mallaidh… ti cara, moni na… ti cara… moni dial... dial...”
 “Mama! Naige… Mama!”
 Bianco.
 Rosso.
 Nulla.
 
 Mallaidh aprì gli occhi.
 La neve cadeva ovunque, attorno a lei. Il gelo dell’Inverno ricopriva ogni cosa: il ramo spoglio della Grande Quercia su cui era seduta, le pietre preziose che (sostenute da fili leggeri) proteggevano la tana, il suolo, le foglie morte, il corpo nudo della ragazza ed il suo corto mantello. Una brava bambina obbediente, che non si muoveva, non si agitava al contatto doloroso con i fiocchi di neve. Respirava appena, osservando il vapore dei suoi sospiri innalzarsi verso il Cielo invernale.
 Ogni cosa era morta. Faceva freddo.
 L’aria non era così gelida, quando sua madre aveva sputato sangue, quando aveva chiuso gli occhi per l’ultima volta. Il muschio era tiepido e morbido sotto i loro corpi nudi, e la corteccia dell’albero le proteggeva dal freddo della notte. Eppure, sua madre era morta comunque. E lei, una bambina di quattro anni appena, aveva dovuto bruciare il suo cadavere e vivere da sola, nei boschi. Le ceneri di sua madre erano state unite a quelle delle loro antenate, nel vaso distrutto dallo straniero.
 A quel pensiero, la ragazza non riuscì a trattenere le lacrime. Si portò le mani al viso, singhiozzando. No, non doveva piangere. Doveva essere forte, come Liath. Non piangere, Mallaidh…
 “Mama… ti uediiumi, ti prego, perdonami. Ho avuto paura, ero arrabbiata, e ho scacciato via il predestinato, l’inviato degli antenati. Colui che, forse, avrebbe potuto darmi un figlio degno di riportare il popolo dei Maretak alla loro gloria. Non ho avuto abbastanza coraggio, ero terrorizzata da ciò che non conoscevo. Ti prego, ti prego perdonami. Lui non tonerà più, mai più, e tutto sarà stato vano…”
 Forse era veramente pazza, come dicevano gli abitanti di Seabhag. Parlava da sola, rivolgendosi ad uno spirito morto. Chissà se le storie che sua madre le raccontava corrispondevano a verità? E se fossero state tutte leggende, favole da raccontare alle bambine spaventate? Che cosa avrebbe fatto Mallaidh? Come avrebbe riportato il suo popolo alla gloria, senza un uomo disposto a donarle un figlio? Chi si sarebbe unito a lei, una strega pazza e selvaggia?
 Nessuno.
 Lei aveva fallito. Il suo popolo sarebbe svanito per sempre, con la sua morte.
 Un rumore improvviso alle sue spalle la fece sussultare. Sgranò gli occhi, riconoscendo il tenue rumore degli zoccoli di un cavallo sulla neve. Era sorpresa, ma non si girò in direzione di colui che, lei ne era certa, era tornato per lei.
 “Mia Signora… Mallaidh. Sono desolato, non ho potuto fare a meno di tornare.”
 La sua voce… sì, era lui. Non c’era alcun dubbio. Doveva essere un qualche miracolo degli spiriti, l’avevano ricondotto a lei. Le avevano dato un’altra possibilità. Senza girarsi, e cercando di controllare l’emozione nella sua voce, la ragazza rispose con sufficienza:
 “Sei tornato, Seabhag mab. Posso solo immaginare che cosa desideri da me.”
 “Risposte, mia Signora. Nient’altro che risposte alle mie domande.”
 “… Desideri entrare nella mia casa?”
 “Nella quercia?”
 “Ho freddo. Sono rimasta immobile nella neve per molti minuti. Se volete, potete seguirmi.”
 La ragazza si alzò in piedi, appoggiandosi al tronco della quercia e girandosi in direzione di Newlin. Il corto mantello di Mallaidh era bagnato, ed il suo corpo nudo tremava vistosamente. Tuttavia, la strega sorrise timidamente al giovane visitatore, ed entrò nella sua tana.
 Newlin non seppe davvero come reagire alle parole della ragazza. Era venuto lì con la certezza di trovare una ragazza feroce e combattiva, pronta a tutto pur di difendere il suo onore. Era sicuro che, per convincerla a rivolgergli la parola, avrebbe dovuto pregare e chiedere perdono a Mallaidh numerosissime volte.  Invece, la ragazza l’aveva semplicemente invitato ad entrare nella sua tana, come se fosse un amico di vecchia data. Sembrava intimidita da qualche cosa, forse temeva la spada al fianco del cavaliere. Newlin legò il suo cavallo ad un vicino abete e lì la sua spada. Si arrampicò velocemente sulla quercia, ed entrò nella tana umana.
 Scese lentamente lungo il tronco cavo, aiutandosi con la corda. Quando toccò terra, fece molta attenzione a non urtare nulla, ricordandosi della reazione di Mallaidh quando il giovane aveva rotto il vaso. Il piccolo lume nella lanterna era stato acceso, ed illuminava ogni cosa nella quercia. Gli arazzi erano appesi alle pareti, come sempre. Il vaso che Newlin aveva urtato non c’era più, ma al suo posto vi era un nuovo contenitore di ferro battuto. Aveva l’aria di essere molto antico.
 Newlin si girò in direzione del giaciglio di muschio, dove Mallaidh aveva poggiato il suo mantello bagnato. Alla vista di quel corpo nudo ed immaturo, il ragazzo distolse immediatamente lo sguardo, troppo imbarazzato per proferir parola. Mai i suoi occhi si erano posati sul corpo nudo di una donna. Il disagio era grande. Avvertì una mano posarsi sulla sua spalla, ed alzò lo sguardo, convinto che Mallaidh si fosse avvolta in un qualche drappo o mantello. Invece, la ragazza era ancora nuda, seduta sul giaciglio di muschio. Tremava. Nei suoi grandi occhi verdi, Newlin lesse un evidente terrore. Non sembrava il comportamento di una esperta meretrice, eppure le sue intenzioni erano chiare. Colto da un’improvvisa delusione, Newlin scosse la testa.
 “Io non voglio questo, Mallaidh. Vi prego, ditemi che non è ciò che desiderate veramente.”
 La ragazza si alzò in piedi di scatto. Afferrò rudemente una mano del giovane, e la poggiò sul suo piccolo seno cadente. Nel suo sguardo si era accesa una forte determinazione, seppure la paura fosse ancora visibile nell’instabilità della sua presa.
 “Fallo in fretta, e poi vattene. Io non ho paura. Temi forse una donna, Seabhag mab? Il popolo che voi vi ostinate a chiamare ‘civilizzato’ ha forse guerrieri così pavidi? E’ per questo che vi siete alleati con la famiglia Faucon, nel tempo che fu? Non riuscivate neanche a prender possesso di una donna, e temevate la forza dei guerrieri degni di questo nome. Dunque, ci attaccaste nel sonno, distruggendo tutto ciò che eravamo. Traditori, non meritate il nome di Maretak.”
 “No, Mallaidh, voi non capite.”
 “E quindi, traditore figlio di traditori, dimostra che mi ritrovo in errore. Mostrami il tuo grande coraggio, ed unisciti a me nel Sacro Rito. Dopo che avrai dimostrato a questa pazza selvaggia il tuo valore, potrai tornare al tuo villaggio, ed io ti pregherò di non riavvicinarti mai più a me. Potrai lasciarmi per sempre, sola nella mia pazzia, ed ignorare quello che ti ostini a chiamare peccato.”
 Newlin non sapeva cosa dire. Mallaidh era convinta che lui fosse un semplice abitante di Seabhag? Improvvisamente animato da una forte indignazione, afferrò le spalle nude di Mallaidh, e la guardò dritto negli occhi.
 “Mia Signora, vi prego, voi non meritate questo! Discendete dal più valoroso dei guerrieri di Maretak, siete una donna di sangue reale! Eppure, vi ostinate a vivere nelle selve, impaurita da un conflitto centenario, che non dovrebbe più avere alcun valore. Venite con me, mia Signora. Vi porterò via da qui, in un mondo nuovo e stupendo. V’insegnerò gli usi ed i costumi della mia gente, e voi potreste insegnarmi i vostri. Non vi chiederò di rinunciare alle vostre usanze, ne’ alle vostre credenze. Insieme, possiamo rendere Seabhag uno dei luoghi più belli al mondo. Venite con me, mia Signora, e vi renderò la mia regina. Regina di Seabhag, di Maretak. Io voglio voi, Mallaidh, e nessun’altra. Dal primo istante che vi ho vista, ho capito di desiderarvi. Voglio conoscervi, amarvi e possedervi. Mia Signora, se verrete con, vi prometterò ogni felicità, ogni onore. Vi darò ogni cosa: corona, figli ed amore, se verrete con me. Venite con me. Non meritare tutto questo. Venite con me.”
 Mallaidh lo guardava negli occhi, visibilmente turbata dalle parole di Newlin. Tutto si sarebbe aspettata, ma non un’offerta di matrimonio da un Seabhag mab. E non un figlio di Seabhag qualsiasi, ma un discendente dei Faucon. Nella mente di Mallaidh risuonarono le parole di sua madre Carey: Dalla vostra unione non nascerebbe un bambino degno di riportare alla gloria il nostro clan, e la benedizione degli antenati ci abbandonerebbe. Eppure, sua madre non aveva mai dato troppo peso alla Profezia del Falco, e Newlin era l’unico uomo ad aver mai trovato la Grande Quercia. Aveva già rischiato di perderlo una volta, poteva correre nuovamente un simile rischio? Il giovane non sembrava avere cattive intenzioni. Se l’avesse seguito, non avrebbe dovuto rinunciare a praticare la sua religione, e sarebbe stata comunque al sicuro.
 Le avrebbe dato dei figli.
 Quanto sarebbe stato conveniente crescere suo figlio nella casa del proprio nemico? Certamente, se il bimbo fosse stato un maschio, lei avrebbe potuto vivere al suo fianco ed infondergli nel cuore l’odio e l’avversione nei confronti dei Seabhag mab. In più, lei avrebbe conosciuto meglio il suo nemico. Ma come avrebbe fatto ad allevare una femmina secondo i suoi costumi? Era a conoscenza di quello strano rituale a cui molte delle bambine cristiane si sottoponevano, anche in giovane età. Venivano recluse in un cubo di pietra, insieme a mille altre, e passavano la loro vita recitando infinite preghiere e vestendo di nero, non vedendo mai la luce del Sole o il verde delle selve. Certamente, questa non era la vita che lei desiderava per sua figlia.
 “Devi giurarmi che non mi sottrarrai i miei figli. Non voglio che mia figlia prenda i voti, o che il mio bambino uccida in nome di una croce. Voglio che vengano educati secondo le mie credenze, e tu sai bene che questo, per te, equivarrebbe a dannarli per sempre. Desideri l’Inferno, per i tuoi successori?”
 “Sono proto a rinnegare Dio, per voi.”
 “Stai mentendo. Che cos’è, un trucco per condurmi fuori dalla foresta e bruciarmi nella pubblica piazza, come la strega che sono? Dammi una prova della tua convinzione, Seabhag mab. Solo allora ti seguirò.”
 Newlin parve esitar un attimo, ma subito dopo chiese con risoluzione:
 “Se è possibile, sono anche disposto a sposarvi qui, in questo momento, sotto il rito pagano. Stando alle credenze del mio popolo, questo sarebbe sufficiente per dannare per sempre il mio spirito. Sono disposto a rinunciare al Paradiso, per voi. Mia Signora, io vi amo.”
 Le prese una mano e, portandosela alle labbra, la baciò delicatamente. Fu un gesto quasi timido, reverenziale. Alzò timidamente lo sguardo, e vide che Mallaidh rifletteva sulla sua richiesta.
 “E sia. Non vi sono Druidi, in queste terre, ma la mia gente praticava anche un rito che non ne richiedeva la presenza. Venite.”
 Si avvolse il corpo in un arazzo raffigurante un cervo dormiente sotto i rami di alcuni abeti. Si avvicinò alla pietra al centro della tana e, tolta ogni cosa che vi era sopra, vi lasciò solo la lanterna accesa, il nuovo Vaso delle Ceneri, un semplice sasso, un piccolo bastoncino posto verticalmente ed una ciotola d’acqua. Si rivolse in seguito a Newlin, e gli tese dei leggeri fili rossi e bianchi.
 “Dobbiamo intrecciarli. Insieme.”
 “… D’accordo.”
 Mentre intrecciavano insieme quei fili in una piccola corda, Mallaidh spiegò sottovoce:
 “I fili indicano i due sessi che si completano. Quando questa corda sarà terminata, la legheremo al bastoncino di fronte al lume. Il fuoco al suo interno farà muovere la corda, e così otterremo l’elemento dell’Aria. Il lume rappresenta il Fuoco, nella ciotola vi è l’Acqua. Il sasso è la Terra.”
 Quando ebbero completato la treccia, Mallaidh estrasse un piccolo pugnale e si inflisse un profondo taglio sulla mano. Velocemente, bagnò col sangue la pietra che simboleggiava la Terra, e disse a Newlin di fare lo stesso.
 “Ora giura sui tuoi antenati e sull’amore che ci lega, che mi proteggerai e che adempierai i tuoi doveri di marito. Giura sull’Acqua, sul Fuoco, sulla Terra e sull’Aria. Giura sul tuo spirito, che bagna col sangue quella pietra, che sarai il mio Uomo, e che non ti unirai ad altri se non me.”
 “Lo giuro, Mallaidh.”
 “Ed io giuro, sui miei antenati e sull’amore che ci lega, che sottostarò a te e che adempierò i miei doveri di sposa. Giuro sull’Acqua, sul Fuoco, sulla Terra e sull’Aria. Giuro sul mio spirito, che bagna con sangue questa pietra, che sarò la tua Donna, e che non mi unirò ad altri se non te.”
 La ragazza selvaggia prese le mani del nobile tra le sue, e lo guardò negli occhi.
 “Ora dobbiamo unirci nel Sacro Rito” sussurrò, e si stese sul giaciglio di muschio. Newlin la guardò, respirando a fondo. Quello era l’ultimo passo, poi non vi sarebbe più stato ritorno. Desiderava a tal punto quella donna da rinnegare il suo Dio?
  Sorrise, timidamente, e si sdraiò accanto alla sua sposa.
 
 
 Angolo dell’Autrice:
 
 Buon Solstizio d’Estate a tutti voi o, come direbbe Mallaidh, buon Litha.
 OK, d’accordo, non ho completamente mantenuto la mia promessa. Diciamo che l’amore è sbocciato solo a metà, ma non temete, presto anche Mallaidh si renderà conto che Newlin non è un suo nemico, e che non desidera solamente il suo corpo. Sì, sono rose e fioriranno (oserei dire molto presto, sicuramente nel prossimo capitolo, ma mi sembrava un po’ troppo brusco passare dal ‘nemico giurato’ all’ ‘eterno amore’). Comunque, nel prossimo capitolo Mallaidh uscirà finalmente dalla foresta e si recherà al palazzo di Seabhag. Come reagirà il padre di Newlin, ma soprattutto Iseut, alla notizia del matrimonio (immagino che i due sorvoleranno sul fatto che sia stato un matrimonio pagano ;D) ? Mallaidh, nel frattempo, è decisa a tutto pur di ottenere vendetta per il suo popolo. Questo matrimonio (che, come ho detto, porterà all’amore) sarà sufficiente per porre fine alla sua sete di sangue? I suoi voti, in fondo non riguardano Iseut e gli abitanti del villaggio, solo Newlin. La ragazza selvaggia riuscirà a riappacificarsi con i Seabhag mab? Ci sono uccelli che emettono feci a forma di cuore? Questo e molto altro nel prossimo capitolo!
 A presto,
 Beads.
 P.S. Grazie a tutti voi per i vostri commenti ed il vostro sostegno! Vi sembra che la storia prosegua bene? C’è qualcosa da migliorare o che non vi è chiaro? Fatemelo sapere, magari con un commento o un messaggio privato! :D

   
 
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