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Autore: Balla sulle nuvole    21/06/2012    7 recensioni
Undici ragazze con una grande passione per il calcio.
Una squadra ma anche un gruppo d'amiche.
Una lettera.
Un viaggio per un raduno.
Un' Isola.
Uno sbaglio.
Fra amore, amicizia, risate, equivoci e cospirazioni.
Ecco le Amazzoni.
E la loro storia.
Dal capitolo 13:
.....“Sia chiaro rosso fissami ancora con quello sguardo da maniaco e ti sotterro nella sabbia” lo minacciò Miele lanciandogli un occhiata penetrante, abbastanza simile a quella che Teddy aveva ricevuto al mattino.
Hiroto deglutì “farò del mio meglio” convenne, prima d’affiancarle nelle ricerche......
....Quel pomeriggio Kiyama imparò due cose molto importanti su Miele, la prima era che la ragazza manteneva sempre le proprie intimidazioni, la sabbia nei suoi vestiti quando era tornato al suo dormitorio ne era la prova lampante.
La seconda fu che lei resisteva ai suoi splendidi occhi acquamarina e a tutto l’amplesso, forse non era poi così irresistibile......
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Spazio Me:
Non so da quant’è che non aggiorno questa long, troppo e di questo mi rammarico da sola.
Ma ultimamente non ho il tempo nemmeno per mangiarmi un gelato in santa pace, colpa degli esami che mi opprimono, non fare niente durante gli anni scolastici ha delle conseguenze ed ora lo so.
Comunque ci terrei a dedicare questo capito ad Annalisa, Maki, Miam, Aury, Ever e Meli che sto trascurando in una maniera vergognosa ultimamente. Mi dispiace ragazze, prometto che appena mi libero recensisco i vostri nuovi lavori e torno ad assillarvi.
Un grazie speciale va anche a Pix27 che mi ha spronata  a finire il cap. ed ovviamente a R&by, perché per ringraziare alcune persone c’è sempre un motivo.
Buona lettura ci vediamo in fondo
 


 
STALKER  INCONSCIO, UN GRUPPO SCONCLUSIONATO,
TROPPE ENERGIE, TUTTI INSIEME, SABBIA E SCUSE, RIPICCHE,
TRIANGOLO, NESSUNA RISPOSTA

 


Vittoria non era un’amante del caldo opprimente e sicuramente non lo era mai stata.
Cresciuta sulle cime innevate, tra il freddo dei monti, dove l’estate era quasi sempre mite ed il picco massimo in agosto raggiungeva i 20 gradi, la ragazza pativa notevolmente l’afa sotto i raggi roventi di quel sole indiano.
Ecco perché, in quel momento, cercava disperatamente un po’ d’ombra sulla  piccola spiaggia in riva al lago, completamente vestita di bianco.
I capelli scuri come il petrolio erano  legati in una coda alta, che scuoteva avanti e indietro per farsi aria come un cavallo, mentre le gote  si tingevano  di una particolare tonalità di rosso, molto simile ad un peperone.
Alle sue spalle Miele la seguiva sorridente, per nulla turbata dal caldo opprimente, ne dalla presa ferrea dell’amica sul suo polso destro.
Si, la Mentasti era l’unica che poteva trascinala, di qua e di là, come un sacco di patate, senza subirne l’ira funesta.
 
“Ho caldo” si lamentò per la decima volta la mora, passandosi una mano sul volto sconvolto.
 
La Maggi annuì comprensiva, dopotutto quel pomeriggio era veramente torrido, probabilmente il più caldo che avessero mai patito.
Inoltre ricordava perfettamente come Vittoria si riduceva durante i loro allenamenti estivi, uno spettacolo straziante.
 
“Vuoi un po’ d’acqua V ?” chiese  protettiva, sfiorandole la fronte madida con la mano fresca. Per quanto si sforzasse di darsi una regolata, Miele era sempre stata ultra protettiva nei confronti della compagna, una sorella maggiore dall’aria truce e  imperativa, con le mani sempre ghiacciate.
 
Vittoria sorrise gentile, la calura non era sufficiente per allontanare il suo buon umore “grazie” pigolò, prima di lasciarsi andare a peso morto  su un masso, che con suo disappunto non era per niente fresco come pensava, anzi.
 
Purtroppo però, nel frattempo, le sopracciglia si inarcarono pericolosamente sul viso della violetta che con decisione frugava in  ogni piccola tasca della sua borsa da mare.
C’erano l’ mp3 per ascoltare la musica, il telo da spiaggia, la crema solare, i fazzoletti, un panino al tonno e persino una pila elettrica  all’interno della sacca, ma della borraccia nessuna traccia.
 
“Non la trovo” ringhiò continuando la ricerca, determinata a non arrendersi,  maledicendo mentalmente  Bianca  che, con la sua parlantina, l’aveva distratta durante i preparativi dell’occorrente.
Certo, Miele non era ossessiva come Siena ma una ferrea disciplina l’aveva resa molto ordinata, suo nonno era un uomo di polso, tanto rigido quanto dolce e sensibile, un uomo tutto d’un pezzo.
 
“Quella del lago si potrà bere?” le chiese  con la massima calma V, aiutandola a riporre nuovamente il tutto nella borsa, completamente vuota.
 
Miele arricciò il naso schifata “ no” disse con convinzione, come se la sola idea fosse del tutto impossibile, non avrebbe mai permesso alla compagna di prendersi qualche malattia sorseggiando acqua probabilmente non potabile.
 
“Allora non ci resta che sederci ed aspettare pazientemente, dopotutto dobbiamo solo resistere finché non arrivano anche le altre” cercò d’incoraggiarla la mora con la solita pacatezza, perché nonostante fosse lei quella più provata, nel vocabolario di Miele non esisteva la parola pazienza e lei lo sapeva bene.
 
Infatti, la ragazza  si stava già mordendo il labbro inferiore, tamburellando con le dita sulla coscia, lo sguardo irritato perso verso l’orizzonte.
“Arriva qualcuno e non credo siano visite piacevoli” esclamò all’improvviso, sedendosi velocemente al fianco dell’amica con aria lievemente risentita.
Gli imprevisti non le piacevano , così come quella sensazione d’irrequietezza che provava sempre in presenza di estranei. Si irrigidiva, scacciando in pochi secondi chiunque cercasse di avvicinarsi, e sebbene a lei la cosa non importasse poi molto, sapeva che per Vittoria invece era un dispiace. Lei così solare e disponibile con tutti si trovava costantemente coinvolta nella sua diffidenza e per questo isolata.
 
“Tranquilla Meme, se non ci facciamo notare passeranno oltre” esclamò con spontaneità quest’ultima, allontanando i brutti pensieri dalla mente dell’amica che le sorrise grata, dandole un leggero pugnetto, prima di scuotere il capo rassegnata e confessare  in un lieve rantolo “ c’è il rosso”.
 
“Come non detto allora”.
 
Da quando avevano trascorso il pomeriggio insieme, vicino alla cascata, Hiroto  per la Maggi era diventato un’ombra,  una presenza costante.
 La salutava allegramente durante i pasti, fermandosi addirittura a chiacchierare con Vittoria, mentre gli unici scambi di battute, che riusciva ad avere  con la violetta, altro non erano che  monosillabi e minacce da parte della ragazza.
Inoltre lo vedeva comparire all’improvviso ovunque, sui sentieri, nei prati, sotto gli alberi o  in qualunque altro luogo lei si trovasse, con una frequenza davvero sorprendente.
Il tutto però mantenendo sempre un certo distacco di copertura da lei, concedendole solo un vago sorriso, quasi come se i loro incontri fossero veramente delle casualità, semplicemente dettati dal destino.
In realtà, lei non lo poteva sapere, ma era proprio così: Hiroto era uno stalker  guidato dal fato.
 

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“Muovetevi voi due” esclamò Dì sprezzante, minacciando con lo sguardo le due ragazza che, avvolte nei loro parei color lampone, salterellavano senza alcuna preoccupazione per i campi verdi, appartenenti alla squadra coreana.
 
“Andiamo Dì, non mi sono mai sentita così piena d’energia in vita mia”  trillò Penny euforica, trascinando per terra la compare che rideva senza controllo.
 
“Non romperci le uova nel paniere” continuò, una volta  raggiunto  il terreno soffice , Melinda,  prima di rotolare come un animale  nell’erba .
 
“Per colpa vostra, rischio un esaurimento” esclamò tra i denti la piccola Pavesi, dando loro le spalle sconfitta. Si sentiva traboccante d’energia come le compagne, coi muscoli che non  chiedevano altro che correre avanti e in dietro senza sosta, eppure non si metteva mica a dare di matto in un prato senza un minimo di controllo. Ecco perché, per quanto si sforzasse certi comportamenti proprio non li capiva e ne era sicura non ci sarebbe mai riuscita.  Il rancore che provava, verso i genitori sempre assenti, lo liberava sulla sua chitarra elettrica, non dando di matto come una psicopatica, lei non era Debora.
No, Diana non riusciva a farsi scivolare tutto addosso come la gemella,  nemmeno  continuare a sorridere fiduciosa e amorevole come Daniela,  era un nervo scoperto, una vita passata ad urlare per non esplodere in mille pezzi.
 
Dani le sorrise comprensiva, sapeva fin troppo  bene quanto,  in realtà,  la sorella tenesse a quelle tre teste calde che tanto rimproverava.
Il loro era sempre stato un rapporto diverso, unico,  fatto di dispetti e sarcasmo, di urli e risate, un legame autentico di cui non potevano più  fare a meno.
In tutto questo, la piccola Daniela non poteva far altro che osservarle  in silenzio, guardava  il gruppo rincorrersi ogni due minuti, sentendosene ugualmente parte nel momento in cui i loro sorrisi erano indirizzati a lei, senza esitazione.
Perché anche se lei era troppo timida e posata per seguire le idee folli di Mel, per lasciarsi andare come Debby e Penny o semplicemente per sbraitare come Dì, il suo ruolo era indiscusso.
 Era la voce dolce della ragione, la loro coscienza, una sorta di mamma  sempre presente a cui a volte toccavano anche le ramanzine.
 
“Dai Dani andiamo anche noi”  Canticchiò, all’improvviso,  Debby spettinandole i capelli con dolcezza, prima di trascinarla via, senza lasciarle il tempo di risponde,  in mezzo al prato  appena tagliato, sotto lo sguardo gelido di Diana.
 
 
“Si dai vieni Dani”.
 
“Vedrai sarà divertente” Urlarono all’unisono le due attaccanti, coi capelli completamente pieni di foglie ed il sorriso raggiante di chi non vede ostacoli davanti a sé.
 
Daniela annuì lentamente, dopotutto lasciarsi andare, evadere gli schemi una volta al mese non era un reato e certi momenti andavano vissuti, anche lei aveva bisogno di libertà.
Ciò nonostante, non fece in tempo a stendersi per rotolare che Diana le raggiunse di nuovo, sempre più alterata e con gli occhi fiammeggianti.
 
“Mi avete già rincretinito una sorella voi due, Daniela non si tocca” ringhiò autoritaria, puntando i piedi con decisione nel terreno “ uscite subito da qui, ORA!! Le altre ci aspettano e io non ho voglia di ripetermi all’infinito”.
 
“Ehi” commentò offesa Debby, fronteggiandola con disinvoltura ed un sorriso rilassato sul volto “ lei è anche mia sorella e io non sono rincretinita Dì, sei tu che sei acida dentro, cara”.
 
Mel si grattò il mento con aria d’importanza, intervenire nelle discussioni di famiglia era da sempre compito suo, peccato che le parole  che usava non miglioravano mai la situazione “ la ragazza coi pantaloni viola a pois arancioni  ha ragione, tu mangi troppi  yogurt al limone per colazione, Dì”.
 
Diana sbuffò all’istante indurendo la mascella, le labbra ridotte a fessura, era pronta ad esplodere. Dopotutto Melinda tra tutte era quella con cui andava meno d’accordo all’apparenza, era quella che le permetteva quotidianamente di liberare la propria rabbia senza mai farglielo pesare sul serio.
Per fortuna o sfortuna, prima che potesse risponderle per le rime una voce decisamente più melodiosa si intromise nella conversazione, catturando l’attenzione generale .
 
“ State andando anche voi al lago ragazze?”  domandò tranquillamente  Terumi con la solita aria di superiorità che lo contraddistingueva dai comuni mortali, comparendo  sul sentiero ciottoloso insieme agl’altri due inseparabili coreani.
 
Le amazzoni sgranarono gli occhi contemporaneamente, mostrando ancora una volta quell’unità di squadra che le distingueva platealmente. Tanti caratteri completamente divergenti che in campo diventavano un corpo solo. Non aveva bisogno di parole superflue tra di loro, ognuna sapeva perfettamente la mossa successiva dell’altra, con la certezza di avere sempre le spalle coperte.
 
“Fiocco di neve” ruppe il silenzio, che si era creato,  Debby, sbracciandosi convulsivamente in direzione dell’albino, che per contro non mosse nemmeno un muscolo, irritato dalle risate divertite di Haruya.
Nessuno poteva permettersi di ridere di lui, nemmeno quando una pazza lo chiamava con nomignoli imbarazzanti.
 
“Oh guarda tulipano c’è la tua ragazza ” si vendicò all’istante Suzuno, soddisfatto alla vista di un particolare  bagliore omicida  negli occhi da gatto del compagno.
 
Il rosso serrò i pugni indignato, arrossendo fino alla punta dei capelli  “ numero uno  lei non è la mia ragazza e mai lo diventerà, secondo qui non sono io ad essere chiamato fiocco di neve da una nanetta” esplose scaldandosi come suo solito e gesticolando senza controllo.
 
“Ben detto ” concordò all’istante Dì, sentitasi presa in causa “ e comunque io non sono nana”.
Giravano troppe voci infondate su di lei e quel ragazzo dai capelli rossi, la maggior parte messe in giro da Melinda, e la cosa non le piaceva per niente, soprattutto perché  lei  fondamentalmente odiava essere il soggetto dei vari gossip da spogliatoi.
 
“Comunque si, anche noi siamo dirette al lago” si intromise Mel,  contrariata del fatto che i presenti la stessero ignorando bellamente, cosa che nessuno poteva permettersi di fare per più di due minuti. Poi con un sorriso malizioso, accostandosi a Diana le bisbigliò “ vedrai il tuo bello in costume, Dì, sei emozionata?”.
 
Cinque minuti dopo le due stavano correndo verso il lago e questa volta Melinda non aveva scampo, le ciabatte della Pavesi planarono ostili proprio in direzione della sua testa.
 

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Fidio si tappò le orecchie con entrambe le mani,  come sempre le liti tra Marco e Gianluca raggiungevano una tonalità acustica troppo elevata per i suoi timpani sensibili.
Inoltre, come se non bastasse,  le imprecazioni del giovane Zanardi erano del tutto ingestibili quel giorno, nettamente in contrasto col sorriso soddisfatto del rosso, sempre allegro e borioso. Due caratteri agli antipodi che per forza di cose maggiori si erano trovati.
Ecco perché l’attaccante  non si era stupito più di tanto dell’evoluzione del loro assurdo rapporto, i sorriso di Marco e le occhiate nascoste di Giangi  erano segni, più che evidenti per lui,di quello che sarebbe successo nel tempo, dei loro veri sentimenti.
Fidio sorrise dolcemente, l’amore era uno dei sentimenti più strani che l’uomo era in grado di provare, poteva nascere all’istante oppure maturare nel tempo, in qualsiasi caso però rendeva gli innamorati decisamente privi di razionalità.
Distogliendo lo sguardo da quel rumoroso quadretto romantico, Fidio  riprese la marcia col resto dei compagni, quella era una giornata perfetta per sguazzare liberamente nel lago limpido.
Si sentiva strano quel pomeriggio, bisognoso di sfogarsi, un concentrato di energie pronto ad esplodere. Gli allenamenti del mattino non l’avevano minimamente sfinito, mentre  i giri di campo e gli esercizi  sembravano solamente un ricordo lontano.
Una situazione che non gli era mai successa e che non gli piaceva granché, soprattutto perché coinvolgeva tutta la squadra,  sembrava che la Orpheus fosse instancabile, insaziabile.
 
“Che caldo” si lamentò all’improvviso Raffaele,  distogliendolo dai suoi pensieri.
“Corsetta?” propose il castano abbandonando i suoi turbamenti sotto i raggi del sole, prima di lanciarsi nell’ennesima prova atletica coi compagni grondanti di sudore.
 

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Erano finiti tutti lì quel pomeriggio, sulla riva del lago cristallino.
Ragazzi e ragazze di nazionalità diverse con una passione in comune ed un bisogno immane di refrigerio.  E nonostante la competitività e le etnie diverse, sembravano un gruppo di comuni adolescenti intenti a fare amicizia e divertirsi.
 
Tra le onde del lago,  Melinda rideva sguaiatamente come suo solito, schizzando con energia chiunque le passasse vicino, persino un serafico Kido che, al contrario di quello che i compagni si aspettavano da lui, diede il via ad una vera e propria battaglia di spruzzi, coinvolgendo così anche Sakuma, Dylan e Vittoria. In lontananza, stranamente tranquilla, Penny  nuotava placidamente,  gli occhi fissi sul lupo dei ghiacci comodamente seduto sotto ad un ombrellone portato da Terumi, l’ex capitano della Zeus viveva col terrore costante di bruciarsi, rovinando così la sua pelle di porcellana Nel frattempo Debora stava costruendo un castello con paletta e secchiello e nonostante i suoi diciotto anni quell’attività continuava a piacerle, soprattutto se ad aiutarla passivamente c’era il suo fiocco di neve, che assaporando un ghiacciolo al limone si era rifiutato persino di toccare il piccolo rastrello in tinta  coi suoi occhi.
Hiroto e Midorikawa  tenevano egregiamente testa a Miele e Bianca in una partita di Beach-volley, sotto lo sguardo attento di Daniela, nominata arbitro per l’occasione.
Marco e Gianluca litigavano per una salvietta viola, che il loro capitano aveva occupato senza tanti convenevoli.
Le squadre si erano mischiate senza problemi tra risate e passatempi.
 

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 Siena  raggomitolata nel centro esatto del suo asciugamano, cercava di farsi piccola-piccola  per non entrare in alcun modo in contatto con la sabbia. Quella melma granulare entrava dappertutto, le si appiccicava addosso senza che lei se ne accorgesse e si spargeva sui vestiti, sul pavimento della sua camera da letto una volta tornata al bungalow  e cosa ancor più disgustosa sul suo corpo.
La sabbia agli occhi della Granata era un nemico mortale, una fonte di sporco troppo insidiosa per poterla amare come stava facendo in quel momento Debby, poco lontano da lei. Era assurdo come l’amica,   inginocchiata sulla spiaggia,  non  fosse minimamente infastidita dai granuli nei suoi capelli o da quelli sopra il costume e nelle gambe. Anzi, continuava a sorridere raggiante cercando di coinvolgere un inespressivo e serafico Fuusuke nelle sue imprese.
L’entusiasmo di Debora però era così travolgente da rubare all’attaccante un sorriso microscopico di tanto in tanto e questo agli occhi sempre attenti di Siena non era sfuggito.
Dopotutto nulla le sfuggiva, mai. Tutto quello che le accadeva  intorno veniva recepito ed immagazzinato nella sua memoria di ferro.
Sbuffò spazientita, perché diavolo aveva seguito di nuovo le compagne in spiaggia non riusciva a spiegarselo. La prima volta era stata Gin a convincerla con minacce fin troppo efficienti, utilizzando quell’ascendente malsano che da sempre avevano una sull’altra, anche se poi ognuna faceva quasi sempre di testa sua.
Quel pomeriggio però l’amica non c’era, nessuno l’avrebbe costretta ad andare e forse era stato proprio quel senso di momentanea solitudine a farla uscire dalla camera da letto, certo le compagne avevano insistito e Bianca si era persa in uno sproloquio degno di nota, ma nessuno poteva forzarla a parte la  Villa e questo tutte quante lo sapevano.
Era completamente immersa in quelle riflessioni senza capo ne coda, quando una volata di vento  indirizzò un grumolo di sabbia dritto verso la sua pancia scoperta,  evidentemente qualcuno l’aveva calciata  camminando.
Siena serrò le labbra determinata a non urlare lì davanti a tutti, mentre immediatamente si spazzolava l’addome con un gesto stizzito della mano.
 
“Mi dispiace, non ti è entra negli occhi vero?” le chiese una voce alla sua destra, che il suo cervello  collegò immediatamente ad un attaccante della squadra italiana, Fidio Ardena.
 
Infatti alzando il capo la ragazza si trovò di fronte agli occhi blu cielo dell’italiano che esibiva un’espressione sinceramente dispiaciuta, così dolce da farla sentire a sua volta colpevole.
Si, osservando quel sorriso da cane bastonato Siena per un attimo credette di aver appena commesso una serie di atti orribili contro l’umanità.
 
“No, no, tranquillo è solo che io odio la sabbia” disse cercando di mostrare quella sicurezza caratteriale che più volte aveva visto sul volto di Gin e che a lei apparteneva in maniera del tutto differente. Un piccolo genio come lei sapeva il fatto suo, e per questo la ragazza era certamente sicura delle sue capacità e di sé stessa, tuttavia si innervosiva parecchio nel confronto con gli altri, una colpa  che senz’ombra di dubbio andava attribuita alla sua maniacale compostezza, una rigidità che tendeva a farla sembrare snob, al di sopra di tutto e tutti, questo ovviamente succedeva quando l’inseparabile amica non era nei paraggi.
 
“Mi dispiace” ripeté Fidio sorridendole, sedendosi al suo fianco  sopra quella sabbia che tanto lei detestava “ ora visto la tua memoria mi etichetterai come quell’imbranato che te l’ha lanciata addosso” disse ridendo, il giova Ardena era il numero uno quando si trattava di mettere a proprio agio le persone, i suoi occhi  sembravano non giudicare mai nessuno ed il suo sorriso era talmente spontaneo ed amichevole da contagiare chiunque.
 
Siena scosse il capo con enfasi “ no, credo che nella mia mente immagazzinerò  il fatto che tu poi mi abbia chiesto scusa” confessò senza riflettere, arrossendo subito dopo. Stare con Ginevra le dava alla testa e questa ne era la prova.
 
Fidio rise di nuovo “ per fortuna” commentò tirando un teatrale sospiro di sollievo.
 

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Genda  si sollevò frastornato dallo  sdraio pieghevole, non sapeva ne come ne quando ma mentre  aspettava Kido, che continuava a sguazzare imperterrito in compagnia della rossa dalla risata fastidiosa, si era bellamente addormentato.
Il che visto il tirare continuo dei suo avambracci gli pareva quasi impossibile, non si sentiva per nulla stanco perciò a condurlo tra le braccia di Morfeo doveva essere stata la noia o forse l’ afa opprimente.
Scocciato dal tempo perso lanciò una rapida occhiata al lago, I suoi amici erano ancora lì.
E sebbene osservare il rasta ridere di cuore fosse uno spettacolo raro, vedere Sakuma chiacchierare impacciato tra una bracciata e l’altra con Vittoria lo era ancora di più.
Poiché  Jirou  sapeva essere riservato ed enigmatico quasi quanto lui, nel carattere loro portavano i segni  distinti dell’educazione di Kageyama.
Scosse il capo infastidito dal pensiero del loro vecchio allenatore, concentrando la sua attenzione su quella chioma turchina che tanto l’aveva  colpito durante il pasto.
Al limite della spiaggia, Bianca sedeva  con gli occhi  puntati sul suo capitano che da ore nuotava avanti e indietro, senza sosta.
Le sue labbra si muovevano  con grazia, stava  cantando senza preoccuparsi del giudizio degli altri, i piedi immersi nell’acqua.
Genda deglutì e prima che potesse decide cosa fare i suoi piedi l’avevano già  condotto da lei.
 
“Ciao” brontolò senza guardarla e con un tono per nulla amichevole, purtroppo  la maschera che portava era dura da togliere, dopo tanti anni era diventata parte di lui e gli rimaneva addosso come una seconda pelle.
 
Infatti, come  chiunque al suo posto, Bianca lo guardò in cagnesco, riconoscendolo all’istante.  E sebbene la Macchi solitamente fosse amichevole anche con i sassi, il torto subito era difficile da digerire, nessuno poteva ignorarla, senza il minimo tatto, quando disperata cercava qualcuno con cui parlare. Nemmeno un ragazzo con degl’occhi così penetranti.
 
“Addio” rispose infatti alzandosi, scavalcandolo con facilità.  Sicuramente il gruppetto di Americani che rideva in continuazione  vicino agli scogli era meglio del portiere. Una compagnia più accattivante e ciarliera.
 
Genda la guardò allontanarsi con un groviglio d’emozioni  in gola, finché Kido non lo schizzò  all’improvviso, convincendolo ad entrare in acqua per vendicarsi.
Bianca tuttavia continuava a rapire il suo sguardo da lontano.
 

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“ Mi sento meglio” esclamò Vittoria, soddisfatta, uscendo dall’acqua.  Le gocce, che scivolavano rapide sul suo corpo,  continuavano a rinfrescarla nonostante il terreno bollente sotto i suoi piedi.
Il caldo sembrava non volerne sapere di sparire ed il sole li troneggiava beffardo nonostante il tramonto fosse vicino.
Dietro di lei Sakuma si frizionava con forza i candidi capelli, “  e nemmeno un po’ affaticato” disse, continuando la sua frase con un sorriso gentile.
Arrivare costantemente secondi da bambino l’aveva reso un uomo riservato  ma anche attento ai sentimenti altrui, sensibile e pacato.
 
Vittoria annuì, erano stati in balia delle onde per ore, tra  schizzi, tentativi di affogarsi a vicenda e gare di nuoto, eppure il suo corpo era ancora completamente carico di energie, pronto per un allenamento in stile amazzonico.
I muscoli  del giapponese effettivamente sembravano dire lo stesso, pulsavano sotto la sua pelle color del cappuccino, dando bella mostra di sé e di quel corpo d’atleta che un calciatore era obbligato ad avere.
 
“Ti va una passeggiata?” chiese il ragazzo, passandosi speranzoso una mano sul braccio ancora bagnato.  Perché Vittoria era così, conquistava chiunque  aveva  il piacere di scambiare una parola con lei, la sua bontà la rende  una ragazza impossibile da odiare e i suoi occhi da cerbiatta incantavano più delle forme generose. Per questo Sakuma  aveva la strana impressione che il pomeriggio trascorso al suo fianco non fosse stato per nulla inutile e superfluo.
 
Vittoria stava per rispondergli  entusiasta della proposta appena ricevuta, quando Terumi comparve al suo fianco con un sorriso smagliante, tra le mani un asciugamano che posò protettivo sulle spalle della mora.
Si, Afuro Terumi quel giorno sembrava essere fatto apposta per interrompere le conversazioni sul più bello, nel bene o nel male.
 
“Dovresti avere più cura dei tuoi capelli visto che sono così lucenti” l’ammoni con voce seducente, ignorando Sakuma di proposito.
 
Vittoria arrossì all’istante, i complimenti le facevano sempre quest’effetto. Inoltre gli occhi rossi dell’attaccante era tremendamente suggestivi e magnetici, sembravano in grado di catturare i suoi quando e come voleva il loro proprietario.
“Grazie” mormorò senza riuscire ad interrompere quel gioco di sguardi e stringendosi l’asciugamano intorno alla spalle.
 
“Come mai sei uscito da sotto l’ombrellone Afuro?” chiese Sakuma sprezzante, cercando di mantenere un tono di voce impassibile.
Vedere Vittoria così stordita in presenza del biondo l’aveva decisamente turbato, cancellando la felicità di poco prima.
 
“Finalmente ho visto qualcosa o meglio qualcuno per cui valesse la pena espormi” rispose senza guardarlo Terumi che decisamente mostrava da sempre un carattere più deciso e vanesio del povero Jirou.
 
 
Per fortuna un urlò disperato  mise la parola fine a quella discussione decisamente imbarazzante per la mora, “V, se non ce ne andiamo tra tre minuti ci sarà un rosso in meno su questa terra” strillò Miele raggiungendoli, Hiroto la seguiva sorridente come aveva fatto per tutto il pomeriggio, perché la Maggi era diventata una sfida che Kiyama non voleva perdere, ne andava del suo onore.
 
Vittoria sospirò, scacciando la tensione che si era creta con la comparsa di Afuro, “ scusate” mormorò in fretta e furia, prima di seguire  l’amica verso il loro bungalow camminando a grandi falcate.
 
“Mi distraggo un attimo per colpa di quel cretino e tu ti cacci in un triangolo amoroso” commentò Miele quando furono abbastanza lontane, “ quei due ti mangiano con gli occhi, dammi l’ok e ci penso io a rimetterli in riga”.
 

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Come mai, nonostante l’allenamento, il caldo torrido e le ore passate a nuotare, non sentiva nemmeno un briciolo di stanchezza gravarle sul corpo?
Da dove veniva tutta quell’energia inesauribile che sembrava animare tutti i giocatori presenti su quell’isola?
Ed i muscoli perché pulsavano irrequieti?
Troppe domande continuava a tormentarla quel giorno, quesiti importanti a cui lei non sapeva rispondere.
No, per la prima volta in vita sua
Gioia non sapeva cosa stesse succedendo alla sua squadra e questo la turbava più dei piani loschi che Mister Smoking tramava nell’ombra.
 

Spazio Me finale:
Un capitolo bello lungo per farmi perdonare, peccato che sia orribile ma andiamo avanti con alcune precisazioni.
Allora, una piccola citazione ad una delle poche coppie yaoi che supporto ci stava, dopotutto Marco e Gianluca sono una coppia indissolubile e perfetta.
Detto questo, ho cercato di dar spazio ad alcune coppie piuttosto che ad altre seguendo l’ispirazione e spero di non aver combinato un gran casino.
Il prossimo cap. partirà dai pensieri di Gioia, cosa sta succedendo ai nostri ragazzi?
Poi qui si vede l’inizio del triangolo che avevo promesso mesi e mesi fa a Cip, mi dispiace che Mark e Gin qui non ci siano ma stanno limonando felicemente.
Chi preferite tra Sakuma e Terumi? Io li amo entrambi.
Come sempre fatemi sapere cosa ne pensate, se i personaggi sono Ic e quell’è la vostra amazzone preferita.
Un bacio
Spero di aggiornare con più frequenza appena mi libero dai test
Mary
  
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