Ooooh… l’epilogo…
che pirla che sono, mi commuovo da sola…
Che dire… Tonks qui imparerà ad apprezzare il tempismo
perfetto della sua piccola peste...
Buon
divertimento!
Epilogo
A tutti voi che avete letto e commentato.
Grazie alle mie beta!
Perfect timing.
La
prima cosa che vide quando aprì gli occhi due ore
dopo, fu Remus, steso su un fianco, la testa appoggiata sul braccio ripiegato
sotto il cuscino ed un’espressione sognante in viso mentre osservava la bimba
ancora profondamente addormentata in mezzo a loro due.
“Cosa stai facendo?” domandò curiosa Tonks, mettendosi a
sedere, attenta a non svegliare Selene.
“Vi
guardo dormire” rispose semplicemente Remus. “Siete così belle...”
La
ragazza arrossì lievemente e si voltò verso il comodino, tentando di nascondere
il rossore.
Cercò
con lo sguardo la sveglia. Le otto. Erano passate due ore da
quando Selene si era arrampicata sul lettone, come faceva tutte le
mattine, ed aveva ripreso a dormire, apparentemente senza accorgersi della
presenza di qualcun altro accanto a sua madre, cosa che invece a Tonks non era
sfuggita, quando aveva aperto gli occhi.
Era bello svegliarsi accanto a Remus, e sorrise
pensando che addormentarsi accanto a lui e trovarlo lì al suo risveglio,
sarebbe stato in futuro un evento
molto frequente.
Scostò
le coperte ed andò ad aprire un cassetto, rovistando alla ricerca di un paio di
calze. Ne scelse un paio di azzurre e se le mise ai
piedi.
Si
alzò ed aprì l’anta dell’armadio estraendone un enorme maglione giallo,
infilandolo sopra la maglia del pigiama color verde chiaro.
Dopodiché
si piazzò di fronte all’enorme specchio appeso alla parete, contemplando la sua
immagine.
Sentì
Remus scoppiare a ridere dietro di lei e subito dopo lo
vide apparire nello specchio alle sue spalle.
Le
passò le braccia intorno alla vita, abbracciandola da dietro e tirandola a sé.
Tonks
appoggiò la testa sulla sua spalla, e chiuse gli occhi.
Tutto
quello che desiderava era lì, in quella stanza ed era talmente felice che
avrebbe voluto urlarlo al mondo intero.
I
suoi pensieri furono interrotti da Remus che le solleticava il collo col naso
per poi posare delicati baci sulla sua pelle candida.
Piegò
la testa di lato, per fare in modo che lui avesse più libertà di movimento ed
assaporò ogni istante di quella bellissima sensazione che le labbra
di lui sulla sua pelle provocavano.
Le
ci volle qualche secondo per rendersi conto che si era fermato.
Aprì
gli occhi.
Remus
aveva appoggiato il mento sulla spalla di lei, ed ammirava
sorridendo il loro riflesso nello specchio.
“Credo
dovremmo lavorare un po’ sugli abbinamenti.” Le
sussurrò all’orecchio.
“Ed
io credo che tu debba imparare ad indossare qualcosa di colorato , ogni tanto.”
I
loro sguardi si incontrarono nello specchio.
“Sono
sicuro che troveremo un compromesso.” Mormorò lui con
un sorriso, posandole un bacio sulla guancia.
“Ne
sono sicura anch’io. Al momento c’è un’altra cosa di cui sono sicura,” disse, “Ed è che ho un bisogno disperato di una doccia.”
Aggiunse, passandosi una mano fra i capelli.
La
lasciò andare senza fretta.
Lei
gli sfiorò il viso con la punta delle dita e si diresse verso il bagno,
sfilando il maglione che aveva appena indossato e lasciandolo cadere sul
pavimento.
Si
chiuse la porta alle spalle, e lui rimase da solo davanti allo specchio.
Remus
tentò di stirare con le mani la camicia stropicciata e di darsi una sistemata
ai capelli.
Lanciò
uno ultimo sguardo al suo riflesso, e dopo aver
raccolto il maglione abbandonato da lei ed averlo riposto ordinatamente su una
sedia, si spostò in cucina per preparare la colazione.
Selene
intanto, continuava a dormire beata in mezzo al lettone.
***
Venti
minuti dopo suonarono alla porta.
La
testa di Tonks spuntò dalla porta del bagno.
“Dev’essere Mark che viene a farci
gli auguri. Aprigli e digli che arrivo subito.” Disse,
“E’ fortunato a trovarci già in piedi, altrimenti una bella ramanzina non
gliela levava nessuno!”
Remus
fece come gli era stato detto, ed andò ad aprire.
Solo
che non era stato Mark a suonare.
Si
trovò davanti una coppia di mezza età, che aveva l’impressione di avere già
visto da qualche parte.
“Salve,” li salutò esitante, e dai loro sguardi capì che i due
erano ancora più disorientati di lui.
La
donna sembrò riprendersi per prima.
“Ehm...
ci scusi... dobbiamo esserci sbagliati...” borbottò estraendo un foglietto dalla tasca e rileggendo
quello che vi era scritto, “Ci era stato dato questo indirizzo, avrà sbagliato
a scriverlo, sbadata com’è... credevamo fosse l’appartamento di Ninfadora Tonks,
ci scusi...”
“Quante
volte ti ho detto di non chiamarmi Ninfadora, mamma?”
Un
urlo dal corridoio fece voltare i due, che avevano già iniziato ad
allontanarsi, prima che Remus riuscisse a spiegare.
I
due visitatori fissarono la ragazza che li stava raggiungendo, i capelli rosa
bagnati ed un asciugamano buttato sulle spalle.
“Ninfadora?”
esclamò la donna, guardando alternativamente lei e Remus, cercando di afferrare
quello che evidentemente le sfuggiva.
“Mamma?”
boccheggiò a sua volta Remus. Ecco dove li aveva già visti.
La foto che Tonks teneva sulla mensola in soggiorno.
Ooops.
Tonks continuò la sua
sfuriata, ignorando Remus che continuava a fissare i suoi genitori con la bocca
spalancata ed interrompendo sua madre che stava per riprendere a parlare.
“Mamma!” protestò. “Si può
sapere che ci fate qui?”
“Che
c’è, non posso neanche venire a trovare la mia nipotina, adesso?”
“Ma
sono le otto del mattino!”
“Sono le otto del mattino
anche per lui,” argomentò Andromeda, indicando Remus
con un cenno della testa, “Ma non mi pare che la sua presenza qui ti dia fastidio...”
La ragazza tacque, spiazzata.
“E’ colpa mia,” intervenne un imbarazzatissimo Remus, “Avevo sentito che
avrebbe passato il capodanno da sola, così sono venuto a farle compagnia
purtroppo eravamo entrambi sfiniti e ci siamo addormentati sul divano. Mi ero
giusto offerto di preparare la colazione per farmi perdonare, prima che
arrivaste.”
Tonks gli lanciò uno sguardo
colmo di gratitudine prima di correre in suo aiuto.
“Sì, infatti. Perché non vi unite a noi? Così aspettiamo insieme che
Selene si svegli. A proposito, lui è Remus. Lo avete già conosciuto,era un carissimo amico di Sirius.”
***
Dieci
minuti dopo erano tutti e quattro seduti sul divano davanti a
una tazza di tè fumante ed un piatto di biscotti.
Andromeda,
superato lo shock iniziale di trovare un uomo in casa della figlia, gli aveva
stretto la mano ed ora conversava amabilmente con lui.
Suo
padre invece, che, memore della conversazione avuta con la figlia pochi giorni
prima e fatti all’istante i debiti collegamenti al sentire il nome di Remus,
aveva spalancato gli occhi colpito dall’improvvisa
realizzazione di chi aveva davanti.Dopo uno sguardo
supplichevole lanciatogli da Tonks, si era messo ad ascoltare quieto le chiacchiere della moglie con un sorriso
consapevole che gli increspava le labbra.
“Ricordo
quando venivate a trovarci con Sirius! Quanto mi facevate
ridere! Ninfadora era alta così...” raccontò Andromeda
accompagnando le sue parole con un gesto della mano.
“Non
mi chiamare Ninfadora, mamma!” la corresse la ragazza.
Remus
decise di intervenire, prima che Dora le saltasse addosso.
“Erano
più Sirius e James i combinaguai... e io li seguivo a ruota! Quanto tempo è
passato...”
“Non
tanto...” disse Andromeda. “Quanti anni hai adesso,
Remus?”
“Trentanove.”
“Ecco,
visto! Non sei poi così vecchio! Hai solo tredici anni più di Ninfadora.”
Continuò la donna, ignorando lo sguardo infuocato della figlia.
Lo so cosa stai cercando di fare, mamma!
Pensò la ragazza. Beh, almeno sarà più semplice
quando scoprirai la verità. E sorridendo
divertita tra sé continuò ad ascoltare.
“Che
lavoro fai, Remus?”
Tonks
voltò la testa di scatto verso di lui. Questa sì che era una
bella domanda.
Con
tutto quello che avevano da recuperare negli ultimi
giorni, non aveva mai avuto occasione di chiedergli se le cose erano cambiate
dall’ultima volta che si erano visti.
Attese
curiosa la risposta di lui.
“Lavoro
in una piccola libreria appena fuori Londra,” rispose
cortesemente il mago. “Il mondo magico non mi offriva molte possibilità
lavorative, vista la mia condizione, così devo lavorare fra i Babbani, ma in
fondo non è poi così male.”
Remus
continuò ad elencare i pregi del lavorare fra gente che non apparteneva alla
comunità magica, mentre Tonks scrutava il volto della madre in
attesa di una reazione alle parole da lui pronunciate poco prima.
Lei
stessa aveva parlato alla madre del ‘piccolo problema
peloso’ di Remus in passato, ed ora attendeva solo che recuperasse
l’informazione ricevuta tempo addietro e la collegasse a lui.
Ma,
o sua madre non ricordava, o se aveva ricordato la cosa non le importava più di
tanto, dal momento che continuava imperterrita nel suo
interrogatorio.
Una
domanda, in particolare, risvegliò la ragazza dalle sue fantasticherie.
“Sei
sposato, Remus?”
A
Tonks non sfuggì il lieve rossore nelle guance di lui,
mentre soppesava la risposta.
“Non
ancora, in effetti...” mormorò, e poi, spostando lo
sguardo verso la ragazza aggiunse, “Ma spero di poterlo essere a breve.”
Fu
il turno di Tonks di arrossire, consapevole che quelle parole erano rivolte a
lei, più che a sua madre.
“Allora
sei innamorato!” esclamò Andromeda.
“Fino
alla punta dei capelli,” ammise lui.
“Beh,
Ninfadora,” disse la donna rivolta alla figlia,
“Visto? Lui almeno si è trovato qualcuno con cui passare il resto della sua
vita! Spero ti sia d’esempio.”
“Oh,
lo è già stato... Non puoi immaginare quanto...”
La
ragazza dovette trattenersi dallo scoppiare a ridere per l’assurdità della
situazione che le si presentava davanti.
Sua
madre che nell’ultima mezzora aveva tentato di combinarla con Remus, cercando
di farglielo piacere, senza sapere che lei di lui era già innamorata persa, e
che avevano già fatto tutto da soli.
Suo
padre che sapeva che Remus era il padre di Selene e l’uomo che lei amava, e,
anche se non aveva avuto occasione di dirglielo, probabilmente anche che le
cose tra loro si erano sistemate nel migliore dei modi.
Ed
infine Remus, che cercava di rispondere educatamente alle domande che gli venivano poste, cercando di sviare soprattutto Ted, che
aveva l’espressione di chi la sa lunga, perché non intuisse quello che era
effettivamente successo tra lui e sua figlia, ma non poteva sapere che il suo
futuro suocero era già a conoscenza di tutto, per cui i suoi sforzi erano
assolutamente vani.
Forse
però non era una buona idea scoppiare a ridere
istericamente nel bel mezzo di una serissima discussione sugli attuali
orientamenti politici del Ministero della Magia.
No.
Assolutamente no. L’avrebbero fatta rinchiudere al San Mungo
con Allock.
Resisti! Ma
come si fa a restare seri! Guarda che faccia ha Remus!
Proprio
quando stava per cedere, sua figlia nell’altra stanza iniziò a lamentarsi, pretendendo
la sua dose mattutina di attenzioni.
Grazie tesoro... un tempismo perfetto!
“Sembra
che qualcuno si sia svegliato!” disse Tonks alzandosi. “Restate qui, torno
subito.”
Felice
di avere una scusa per allontanarsi, lasciò la stanza in un istante, la vaga
traccia di un sorriso che le indugiava sul volto.
Quando
ricomparve, dieci minuti dopo con Selene ancora mezza addormentata in braccio,
gli altri tre si zittirono immediatamente, voltandosi per poter vedere la
piccola.
“Buon
giorno, cucciola,” la salutò Ted, andando ad
accarezzarle i riccioli castani.
Andromeda
si avvicinò a sua volta, allungando le braccia per prendere in braccio la nipote.
“Ciao piccolina, vieni dalla nonna!”
Tonks
fece per allungargliela, ma la bimba non ne voleva sapere e si aggrappava al
maglione della ragazza.
“Ehi...
che succede?” le chiese. “Non vuoi andare dalla nonna?”
Selene
scuoteva la testa e non mollava la presa.
Andromeda
tentò di nuovo, e ancora la piccola si rifiutava di lasciare le braccia della
madre.
Poi
all’improvviso tese le manine in direzione di Remus.
“No
nonna! ...papà!” gridò.
Sembrò
che il tempo si fosse fermato.
“Cos’hai
detto?” mormorò Tonks incredula.
“Papà!”
ripeté la bambina decisa.
La
ragazza spalancò la bocca e si voltò a fissare Remus, la cui espressione
rispecchiava la sua, ed il suo viso era diventato
improvvisamente rossissimo.
“Hai
sentito?” boccheggiò, ormai totalmente dimentica della
presenza dei suoi genitori nella stanza. “Ti ha chiamato papà!”
Remus
era troppo sconvolto per dire qualsiasi cosa, così si
limitò ad annuire, ricacciando indietro una lacrima dispettosa che minacciava
di scendere.
Sorrise.
Sorrise
anche lei.
“Qualcuno
mi vuole spiegare che cosa sta succedendo?” esclamò Andromeda disorientata,
riportando i due alla realtà.
La
ragazza guardò la madre battendo più volte le palpebre, come se si fosse appena
svegliata da un sogno.
“C’è
qualcosa che mi sono persa?” incalzò la donna.
La
ragazza arrossì e si posò lo sguardo su suo padre che stava sorridendo, e poi
su Remus, che annuì.
“Mamma...
ti devo dire una cosa...”.
Qui la
nostra storia si conclude, grazie per aver seguito fin
qui, siete sempre dolcissimi!!
Ci
vediamo venerdì prossimo ( se vi va ) con il primo dei missing
moments, così ripercorreremo alcuni istanti degli
ultimi due anni di Remus e Dora, e più avanti daremo anche una sbirciatina alla
loro vita dopo queste vacanze di Natale che loro non dimenticheranno mai.
A
presto!
NONNA
MINERVA