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Autore: Midori_    22/06/2012    2 recensioni
Lei è una serpe che sa solo scavare un antro umido in cui rifugiarsi.
Lui è un grifone che ha perso parte del suo coraggio.
Intorno a loro c'è un mondo stanco e spezzato.
E forse insieme, riusciranno a scrivere qualcosa in quel quaderno bianco che è diventato il loro cuore.
[Dalla Storia: ]
-Fra due sere, ti va …Ti va di venire alla festa della squadra di mia sorella?-
Eccolo il contentino.
L’amaro boccone da ingoiare.
Una festa piena di coraggiosi Grifondoro.
Scosse la testa Pansy. –Non sono una tipa da festa.- rispose solamente.
-E allora che genere di persona sei?-
-Una di quelle che preferisce l’azione o il silenzio alle parole di cortesia.- spiegò mentre apriva la porta.
Ron si bloccò e la fissò stranito. –E’ una risposta strana.-
-E’ la risposta più sincera.-
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Pansy Parkinson, Ron Weasley
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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#Sconfitte Piacevoli


Aveva cercato di resistere alla sua presa.

Aveva cercato di scalciare e di divincolarsi.
Ci aveva provato, ma le sue braccia sembravano fatte di marmo.
La trascinò lungo il corridoio e l’avvicinò al muro dove la inchiodò.
-Parkinson … -disse prima di baciarla con ardore.
Pansy si lasciò toccare con quella riverenza e gentilezza tipica del giovane Weasley.
Sentì le sue mani scorrere leggere sulla sua schiena.
Sentì il suo respiro affannoso soffiarle e riscaldarla.
Sorrise mentre lui si avventava sul collo.
Aveva visto di sfuggita il suo viso concentrato, gli occhi pieni di desiderio e le guance arrossate.
E qualcosa di strano le colpì lo stomaco.
La sua sconfitta era diventata piacevole.


Ron arretrò appena, lasciandole il tempo di riprendersi e a lui di darsi una calmata.
Non voleva degenerare come al solito.
Sapeva che lei non si sarebbe tirata indietro, ma quel giorno lui voleva altro.
Voleva parlare.
Voleva discutere.
Voleva ridere.
Voleva dimenticare.
Pansy doveva aver capito qualche cosa perché lo trascinò per il gomito verso una grande porta aperta. Dietro ad essa vi giacevano una dozzina di scatoloni e cianfrusaglie.
-Cambi aria?- domandò stupito.
-Mi traferisco. Non ho trovato ancora niente di … Particolare. Ma entro la fine del mese, me ne vado.- disse Pansy chinandosi su uno scatolone ancora aperto.
Ron rimase sulla soglia a fissarla. –Ma non è la casa dei tuoi genitori?-
Pansy annuì. –Rimarrà casa loro.-
Ron aggrottò le sopracciglia e cercò di non domandare altro.
Era stato George a colpire a morte suo padre.
Mentre la signora Parkinson era stata arrestata successivamente e portata di peso ad Azkaban.
Inoltre c’era un fratello che veniva costantemente ricercato in tutta Europa.
Eppure Pansy sembrava lontana da tutto questo.
Come se la sconfitta della sua famiglia, non le riguardasse.
-Bene. Io ho fame, vuoi mangiare qualcosa?- domandò lei alzandosi mentre con la bacchetta rimpiccioliva lo scatolone e lo posava dentro un secondo.
Ron sbatté un paio di volte gli occhi prima di rispondere con un sorriso.


Quando aprì gli occhi, fece fatica, stava troppo bene fra quelle lenzuola, mentre il sole decideva di ritararsi e le tenebre avanzavano lentamente.
Un suo piede toccò bruscamente la coscia di Pansy che lo fissava seria.
-Tu russi, lo sai?- gli domandò coprendosi meglio il seno con le lenzuola.
Ron aggrottò la fronte. –Io non russo.-
-Oh, sì! Però devo ammettere che non è fastidioso, non sembri un treno che deraglia ma … -
Ron si alzò a sedere e la guardò indispettito.
-Io non … Io … Ah, lasciamo perdere!- disse indossando i pantaloni, arrabbiato ma senza un reale motivo. Pansy lo guardò confusa e cercò di capire cosa avesse detto di strano.
-Era solo una banale osservazione, Weasley.- rispose lei secca, fissandolo mentre si alzava goffamente e cercava la maglia.
Il silenzio che si creò sembro pesare entrambi, Pansy si era infilata la vestaglia ed era sgusciata via dall’altra parte del letto. Era diretta in bagno ma la presa sul suo braccio la bloccò.
-Non c’è bisogno di … Scusa.- balbettò Ron.
-Perché mai dovrei accettarle? Non hai niente di cui scusarti.- rispose lei, rimanendo ferma, bloccata in quella strana posizione.
-Io non so cosa voglio.- sibilò Ron. –E non voglio offenderti.-
Eccola, la resa dei conti.
Pansy si voltò lentamente. –Io non mi offendo. Ciò che non mi uccide, non mi ferisce.- disse guardandolo negli occhi. –Ma se preferisci andartene, conosci la strada per l’uscita.-
Ron inspirò profondamente e si avvicinò a lei e la travolse con un abbraccio goffo, impacciato e spontaneo.
Se c’era una cosa che aveva imparato è che il tempo distrugge i tesori più belli.
E in quel momento Pansy Parkinson era l’unica cosa bella della sua vita.



Si ritrovarono a combattere per l’aria.
Per rimanere lucidi abbastanza per slacciare gli abiti appena messi.
Per assaporare appieno quei momenti.

Certi che quella non sarebbe stata l’ultima volta.
Certi che quel pomeriggio era l’inizio di un nuovo capitolo.






[Fine]






Voglio ringraziare chiunque abbia letto, seguito, recensito questa storia.
Per me è stato strano scriverla quanto strano finirla e ancora più strano ritrovarmi a buttare giù una nuova long su questa adorabile coppia.
Per chi volesse seguirla, -non sentitevi obbligati!-, la posterò a breve con il titolo di “Muri da abbattere e Sentimenti da cementificare”.
Vi ringrazio ancora!
Midori_

   
 
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