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Autore: TheOnlyWay    22/06/2012    5 recensioni
Che situazione assurda. Non ci posso credere che io, Morgan Anderson, vent’anni, sia costretta a fare da baby-sitter a un’accozzaglia di cinque ragazzine di tredici anni, tra le quali ho il dispiacere di annoverare anche mia sorella Ellie. Io, quando avevo tredici anni, non mi sarei mai invaghita di qualcuno che ai miei occhi sembrava tanto vecchio.
Ellie invece sì, e come lei tutte le duecento persone assiepate nello studio. L’attore in questione, se ve lo state chiedendo, è proprio lui. Sì, lui: Ben Barnes. Non lo nego, è bello, però mi sembra davvero assurdo che qui dentro non ci sia nessuno in grado di mantenere un po’ di contegno.
Vi stupirà saperlo, ma Ben Barnes risulta nella categoria degli esseri umani, non delle divinità.
Spero davvero che vi piaccia! Con affetto, TheOnlyWay.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao!
Avete visto? Ce l'ho fatta ad aggiornare di nuovo :) Lo so, lo so, è passato un sacco di tempo dall'ultima pubblicazione, ma proprio ero a corto di ispirazione per questa storia. L'illuminazione mi è venuta stanotte, perciò... ta-daaan!

Non fatevi nessun problema a dirmi che il capitolo è una schifezzina, perchè non è che mi convinca un granché, se devo dire la verità. Però boh. Spero comunque che non vi deluda, perchè mi dispiacerebbe davvero tanto. 

Well, vi auguro buona lettura! 

P.s. Grazie mille alle ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo! Questo capitolo è dedicato a voi, che mi incoraggiate sempre <3

V.

 

L’Italia è esattamente come l’ho sempre sognata: calda, soleggiata e accogliente. A differenza di Londra, in cui piove di continuo, qui il sole splende, gli uccellini cinguettano e gli scoiattoli stanno sugli alberi e non ti camminano in mezzo ai piedi. Il che è assolutamente fantastico, visto che l’idea di schiacciare un povero animaletto con il mio peso piuma mi riempie di tristezza.

Alla fine, Ben ha dovuto rassegnarsi all’idea che – volente o nolente – sarei partita per Roma, sia che lui fosse d’accordo, sia che non lo fosse. C’è rimasto un po’ male e probabilmente si aspettava che rifiutassi l’invito, da brava fidanzata rispettosa.

Ma andiamo! È assurdo! Perché mai dovrei privarmi dell’opportunità di trascorrere un’intera settima a Roma con la mia migliore amica, solo perché il signor super star decide di fare il paranoico?

Perciò l’ho salutato con un lungo bacio e con la promessa che ci saremmo sentiti non appena avessi toccato il suolo italiano. Ed è ciò che ho provato a fare, ma Ben non ha risposto.

La cosa, se proprio volete sapere tutta la verità, mi infastidisce parecchio. Cioè, prima fa storie e mi fa promettere – a un certo punto credevo che mi avrebbe fatto firmare un contratto con il sangue – di chiamarlo il prima possibile, poi io lo chiamo e lui cosa fa? Non risponde.

Oh, be’. Problemi suoi. Io ora ho ben altro a cui pensare. Come Alessandro, per esempio. È il migliore amico di Giacomo e non è assolutamente gay. Ma proprio neanche da lontano. Lui e Giacomo sono venuti a prenderci in aeroporto, alla guida di una monovolume verde menta a dir poco orripilante. Strano, eppure io adoro il verde. È il mio colore preferito. E adoro anche Jack Sparrow. E amo Ben. Oh, cielo, e questa da dove mi è uscita?

Credo sia colpa del fuso orario. Non si direbbe, ma un’ora in più è un sacco di tempo. Ed ho anche sonno. Perciò ignoro le domande di Alessandro, anche perché non capisco niente di ciò che dice, e appoggio la testa sulla spalla di Grace, che mi circonda con un braccio e mi lascia un bacio sui capelli.

«Già ti manca?» domanda, tranquilla.

Scuoto la testa in segno di diniego, poi le rispondo. «No. già mi sta facendo incazzare. Non mi risponde.» brontolo, facendola ridere. Si, certo, ridi pure Grace. Tanto chi se ne importa se io adesso mi sento in colpa per essere partita, pur sapendo che Ben non era d’accordo. E se mi lasciasse? Oh, merda.

«Chi è Ben?» si intromette Giacomo, in un inglese pressoché perfetto, ma un po’ viziato dall’accento romano. Anche Alessandro, che per il momento aveva abbondato i tentativi di fare conversazione, appare parecchio interessato.

«Il fidanzato di Morgan.»

Alessandro borbotta qualcosa di cui sinceramente non afferro nemmeno il senso e si volta dall’altra parte, stizzito. Giacomo ridacchia e attraverso lo specchietto retrovisore colgo la sua occhiata divertita. Gli sorrido debolmente, poi guardo ancora il display del telefono. Chi lo sa, magari nel frattempo Ben si è deciso a chiamarmi. Ma niente. È desolatamente vuoto.

«Vi ho visti, su internet.» commenta Giacomo, con incredibile non-chalance. Oh, wow, e così i cavoli miei vengono sbattuti in prima pagina senza il minimo riguardo. Che simpatici, questi fotografi della domenica.

«Lui è un attore famoso, no?» incalza, con evidente curiosità. Ma si può sapere cosa vuole? Un’intervista, per caso?

«Si. Ma non mi và di parlarne, scusa.» lo liquido velocemente, perché gli affari miei restano sempre affari miei, a prescindere che Ben sia famoso o meno. Santo cielo, ma perché la gente deve essere a tutti i costi così pettegola?

La casa degli zii di Grace si trova in un quartiere elegante e residenziale di Roma. È una grande villa, circondata da un giardino verde e ben curato e recintata da un lungo cancello nero. Spalanco gli occhi, mio malgrado colpita, poi seguo Grace lungo il vialetto d’ingresso. George, il fratello del padre di Grace è un uomo attraente, con gli occhi azzurri e i capelli corvini e saluta sia la nipote che me con un abbraccio caloroso. Anche Elena, la moglie, ci abbraccia e ci dà il benvenuto, prendendo entrambe sottobraccio e conducendoci verso il salotto. È elegante, arredato con semplicità e con gusto e mi piace, se devo essere sincera.

Ma c’è qualcosa che non va: Alessandro. Continua a tenermi gli occhi addosso, seguendo ogni mio movimento e la cosa mi infastidisce oltre ogni dire. Sarei quasi tentata di dirlo a Giacomo e di pregarlo di farlo sloggiare, ma proprio non voglio essere fonte di problemi. E comunque, Alessandro non mi piace affatto.

Io voglio Ben. Cavolo, se mi manca. Proprio in quel momento, il mio telefono inizia a squillare. Con un sospiro di sollievo, leggo il nome di Ben e non posso fare a meno di sorridere.

«Ciao!» cinguetto, felice. Sentire la sua voce calda mi riempie di nostalgia, ma quando capto il suo tono forzatamente tranquillo, capisco che mi sta nascondendo qualcosa.

«Ehi, piccola. Com’è andato il viaggio?» domanda. Decido di lasciar perdere quella strana sensazione che mi stringe lo stomaco e gli racconto per filo e per segno tutto quello che ho fatto durante la giornata.

«… e poi non ci crederai, ma in volo ci hanno servito dei panini già pronti troppo buoni! Te lo giuro. Certo, poi mi è venuto da vomitare, però non erano affatto male. A proposito, quando torno dobbiamo andare di nuovo al Mc. Eh? Ci andiamo?» farfuglio a tutto spiano, facendolo ridere. È così bella la sua risata…

«Certo che ci andiamo. Tutte le volte che vuoi, amore.»

Amore. È la prima volta che mi chiama così. Ed è così fantasticamente bello, sentirglielo dire, che devo sedermi sul divano perché mi tremano le gambe per l’emozione. Si, certo, prendetemi pure in giro, ma è la prima volta che qualcuno mi chiama così. Qualcuno di veramente importante, intendo.

 «Dillo di nuovo.» lo supplico.

Ben ride, poi lo ripete. «Certo che ci andiamo. Tutte le volte che vuoi.»

«Ma non quello, stupido! L’altra cosa che hai detto!» rido, perché so che ha capito perfettamente dove voglio andare a parare. «Amore, dici? Ma i pirati in genere non sono poco romantici?» chiede.

Alzo gli occhi al cielo, perché questa boiata del pirata mi si sta ritorcendo contro. «Be’, potresti accompagnarlo con un: “corpo di mille balene!”» suggerisco, prima di cominciare a ridere come una deficiente, catturando l’attenzione di tutti gli altri presenti nella stanza. Mi sono persino dimenticata di non essere sola: è questo l’effetto che mi fa Ben. Quando c’è lui, non considero il resto del mondo.

«Ottima idea, amore. Grazie per il consiglio.»

«Figurati, quando vuoi.» rimaniamo in silenzio per qualche secondo, poi sospiro.

«Sai, non l’avrei mai detto, ma mi manchi.» gli confesso. Ed è la pura e semplice verità: mi manca stare con lui, anche se è da soli tre giorni che non lo vedo. E mi manca baciarlo, fare l’amore, prenderlo in giro davanti alle sue foto con i capelli lunghi dove mi sembra un po’ pirla. Mi manca davvero.

«Io invece lo sapevo che mi saresti mancata da fare schifo.» risponde, tranquillo. Ma come fa a dire queste cose come se niente fosse? Non si rende conto che le mie coronarie potrebbero subire un grave danno?

«Quanto schifo?»

«Tanto schifo. Così tanto che stavo pensando di fare un biglietto e raggiungerti.» magari potesse farlo davvero. Magari.

«Così schifo» continua «che ho davvero fatto il biglietto.» il mio cuore salta qualche battito, fa una capriola e torna al suo posto. «Talmente schifo che potrei essere proprio qui fuori.» conclude. Un minuto di silenzio.

Ho davvero bisogno di un minuto per ricollegare tutte le mie sinapsi e iniziare a dare un senso logico a ciò che ho appena sentito. “Potrei essere proprio qui fuori”, ha detto. Non può essere vero. No, assolutamente no. Perché se lo fosse, significherebbe che l’idea di stare senza di me lo rattrista per davvero. Se lo fosse, significherebbe che anche lui prova quello che provo io. Se lo fosse, significherebbe che per la prima volta qualcuno ha davvero voglia di stare al mio fianco.

Sto per rispondere, poi Grace mi strappa il telefono di mano, si allontana e si dirige verso l’ingresso. «Credo che tu l’abbia traumatizzata.» dice, divertita. Poi qualche altro secondo di completo silenzio; riesco persino a sentire le cicale frinire nel giardino qui fuori.

E Grace ritorna, seguita dalle ultime tre persone che mi sarei mai aspettata di vedere: Ellie, Brian e… Ben.

«Corpo di mille balene. Sei qui.» farfuglio. Mi alzo e gli corro incontro, poi gli getto le braccia al collo. È qui davvero. Sul serio. Veramente. Ben ride e mi bacia brevemente sulle labbra. Non ci posso credere.

«Ciao, eh! Si, il viaggio è andato bene, grazie per avercelo chiesto. Le valigie le abbiamo ritrovate. Ellie si è rotta la gamba e io sono stato tirato sotto da un camion. Ma fai pure come se non esistessimo.» brontola Brian, guardandomi in tralice. Come uscendo da uno stato di trance, mi rendo conto che Brian e Ellie sono qui. Con Ben. E che Brian non ha ucciso Ben.

«Brian!» urlo, staccandomi da Ben per saltare in braccio a mio fratello. Lui sorride, mi lascia un bacio sulla fronte e mi scompiglia i capelli.

«Ciao, pulce.» saluto anche Ellie, che mette il broncio quando la chiamo in quel modo che odia, salvo poi sciogliersi in un sorriso quando si accorge che Ben sta sorridendo. Che storia è questa? Ben sorride e lei sorride? Non và affatto bene.

Poi ricordo: è merito di Ellie se ora io e Ben stiamo insieme. E poi la capisco, è così difficile non prendersi una cotta per lui. Pensare che fino a qualche tempo fa credevo che fosse il solito pallone gonfiato.

Poco dopo, ci ritroviamo tutti quanti seduti a tavola. Ben, ovviamente, è seduto accanto a me. Mangia con la sua solita eleganza e risponde a tutte le domande di Giacomo sulla sua carriera. Poi, però, il suo sguardo slitta su Alessandro, che lo sta fissando con un astio assolutamente ingiustificato. E non guarda male solo lui, ma anche Brian. Si può sapere qual è il problema di questo ragazzo?

«Tu hai trent’anni.» afferma Alessandro, prima di portare alla bocca una forchettata di insalata. Ben inarca un sopracciglio, perplesso.

«Si.» risponde, monosillabico. Ah, quanto mi piace quando fa così. Sembra che niente e nessuno possa turbarlo. In realtà, so che la questione dell’età lo preoccupa un po’. Non ne abbiamo mai parlato apertamente, ma credo che l’idea che io abbia dieci anni di meno lo blocchi un po’. Ed è un po’ restio a parlarne, soprattutto con chi non gli piace. E non ho alcun dubbio: Alessandro non gli piace affatto.

«Morgan ne ha venti.» continua quest’ultimo. A tavola cala il silenzio. È evidente che nessuno di noi si aspettava che la conversazione potesse prendere una piega del genere. Grace si mordicchia le unghie – lo fa sempre quando è nervosa, Ellie muove il piede avanti e indietro, facendo ballare il tavolo, Giacomo e i genitori, invece, osservano con incredibile attenzione, come se questo fosse il loro spettacolo televisivo preferito.

Brian, dite? Oh, Brian sta letteralmente fulminando Alessandro con lo sguardo. Ed è una cosa che mi stupisce parecchio, perché non è che sia un fan accanito di Ben. Anzi, settimana scorsa ha persino minacciato di denunciarlo, quando Ben si è piazzato davanti casa nostra. Io invece non so cosa dire. Ed è la prima volta che mi succede, visto che di solito ho la risposta abbastanza pronta.

«Non sei un po’ vecchio, per lei?»

Ben contrae un po’ la mascella, poi respira con calma, appoggia le posate alla destra del piatto e incrocia le braccia. Posso quasi sentire la tensione che lo avvolge e l’unica cosa che vorrei fare sarebbe prendere Alessandro e infilargli la testa in quella stupida insalatiera gialla.

«Non vedo come questo possa interessarti.» commenta Ben, con invidiabile aplomb. Alessandro arrossisce lievemente, poi parte all’attacco. Avrei dovuto capire da subito quanto fosse idiota, ma davvero non pensavo che si potessero raggiungere livelli simili.

«Io potrei darle più soddisfazione.» insinua, volgare.

Dio, qualcuno lo ammazzi, prima che provveda io stessa. Brian, che di fatto è sempre stato piuttosto possessivo, protettivo e un po’ geloso della sorellina minore – alias moi – mette la mano sulla spalla di Alessandro, in un gesto che apparentemente sembra amichevole, ma che in realtà vuole essere minatorio. E, a giudicare dalla faccia di Alessandro, direi che la presa di Brian non è quel che si dice delicata.

«Te lo dico una volta sola: se ti risento fare un insinuazione del genere su mia sorella…» sussurra qualcosa all’orecchio di Alessandro, che sbianca e annuisce freneticamente.

«Vedo che ci siamo capiti.» l’ho già detto che adoro mio fratello alla follia? Oh, si. Lo amo follemente. Giuro. E non credo di essere la sola, visto che Grace sta leggermente sbavando. Glielo faccio notare picchiettandomi l’angolo della bocca con il dito indice e, in tutta risposta, lei solleva il dito medio nella mia direzione e scoppia a ridere.

Poi Ben si scusa, dice che non sta troppo bene e senza dire nient’altro si alza e si allontana. Lo seguo con lo sguardo e mi ci vuole solo un secondo scegliere cosa fare: perciò mi alzo e lo raggiungo.

Dalla sua faccia, è chiaro che la conversazione che seguirà non sarà per niente piacevole per nessuno dei due.

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