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Autore: Claudia Ponto    22/06/2012    2 recensioni
Elias adora il mondo della Disney, ma si vergogna di rivelarlo per non essere considerato un bambino... questo "segreto" lo fa star male, ma un inaspettata sorpreda da parte del destino lo aiuterà a crescere, a capire chi è veramente e grazie soprattutto all'aiuto dei personaggi della fantasia.
Elias infatti non è un ragazzo qualunque...
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2: Oltre la porta
 
Elias continuò a precipitare nel vuoto fino a quando non cozzò contro qualcosa.
Cominciò allora a rotolare su se stesso, riuscendo a fermarsi “frenando” con le mani.
Rimase sdraiato a pancia in giù fino a quando non si sentì sicuro di potersi nuovamente muovere, le orecchie gli fischiavano, respirava velocemente e il cuore aveva accelerato il battito, le gambe tremavano come gelatina.
Si rese conto che si trovava nel nascondiglio del drago, stranamente, il robot era ancora lì, addormentato come un gatto.
<< Come primo giorno di gita non poteva andare peggio… >> si disse tra sé e sé.
Si avvicinò al drago e lo ammirò, infastidito in parte dal suo russare.
<< Beato te che dormi tranquillamente. Io invece sono nei guai fino al collo. >>
Il drago in quel momento aprì gli occhi e si voltò verso di lui, come se avesse reagito a quel che aveva detto.
Era un grosso giocattolo, finto come tutto il resto… eppure il megarutto che esalò non sembrava affatto finto.
Si allontanò tossendo, squadrò il lucertolone che si sollevò sulle zampe anteriori e allungò il collo verso di lui, notando che gli mancava la catena che avrebbe dovuto tenerlo confinato. Entrambi si fissarono negli occhi in un silenzio rotto solo dal gocciolare dell’acqua.
<< Questo… è solo… un effetto… speciale… >> disse lentamente Elias, tentando di convincersi della cosa più logica.
Improvvisamente il drago ruggì, con le fauci spalancate mise in mostra gli affilati denti e la lingua biforcuta, a quel punto ignorò la logica e corse via, imboccando l’uscita, chiudendosi la porta alle spalle.
 
Era vero!
Non era un robot!
Ma i draghi non esistevano!
Erano roba da libri fantasy!
Sto sognando… non mi sono ancora svegliato…
Era stordito, non riusciva a inquadrare i pensieri correttamente, parole e immagini si accavallavano disordinatamente.
Si tirò i capelli, un modo doloroso che riuscì, nonostante ciò, a calmarlo un poco.
 
Proprio allora si rese conto di non trovarsi nello stesso animato corridoio da cui era venuto: un tappeto viola con decorazioni dorate ricopriva la parte centrale del pavimento, le vetrate non rappresentavano più le scene della favola bensì semplici figure di fiori o creature mitologiche, sulle pareti erano appesi arazzi ricamati con personaggi su fondali di alberi, stelle o oceani.
Un’eco lontana attirò la sua attenzione, rimase in ascolto e riuscì a distinguere le chiare note di una melodia, accompagnate da voci e risate.
Forse sono finito nelle quinte del castello. Magari da questa parte troverò qualche addetto della sicurezza.
Elias lentamente cominciò a percorrere il corridoio verso la fonte di rumore, il tappeto che attutiva i suoi passi.
Ad un certo punto finì un ampio salone circolare bianco candido che la calda luce del sole, entrante da un trittico di finestre a punta rosse e verdi, rendeva abbagliante; fiori di ogni tipo intrecciati tra loro adornavano la rampa di scale alla sua sinistra, enormi candelabri dorati pendevano dal soffitto, una volta a botte con dipinto un paesaggio incantato. Non mancavano statue e quadri… però non capì perché rappresentassero personaggi Disney sia buoni che cattivi…  toccandoli si rese conto che non erano realizzati in polistirolo o cartone.
<< Ehi tu! Che ci fai qui!? >>
Da una porta nascosta dall’altro capo della stanza due guardie in armatura d’argento e pennacchio viola sull’elmo, lance in mano e aria minacciosa, puntarono verso di lui.
Intimorito dal loro aspetto corse via, salendo la rampa di scale nella speranza di trovare una via di uscita, alle sue spalle udiva il fracasso metallico degli uomini in armatura che pareva farsi sempre più assordante, più della musica dapprima udita che ora suonava forte e chiara.
Era in un MARE di guai.
E come ci fosse finito dentro ancora non l’aveva capito.
 
Nella disperazione imboccò una strada senza uscita, un unico passaggio che portava dritto ad un balcone dalla quale entrava una fresca brezza, la ringhiera frenò la fuga, si aggrappò saldamente per non cadere oltre stringendo le mani sulla nuda roccia che lo formava,.
Rimase fermo, davanti a sé uno spettacolo incredibile.
La musica ora era un trionfo di percussioni, ottoni e altri strumenti a percussione, palloncini, stelle filanti e fuochi artificiali volavano nel cielo tingendolo di mille colori mentre sotto di sé grandi carri allegorici dalle forme più disparate procedevano lentamente uno dietro l’altro nella strada sottostante, circondati da ballerini dai costumi elegantissimi e una folla che entusiasta applaudiva e ballava senza sosta. La città in festa era meravigliosa, i tetti dorati e rossi delle villette brillavano senza fine decorati con festoni e bandiere appesi sopra, doveva trattarsi di una delle famose parate di Main Street… eppure tanta festività era eccessiva per un semplice evento giornaliero… inoltre quella non assomigliava a Main Street.
 
Udì delle voci, stavolta non riconducibili a quelle dei soldati che aveva distanziato, alzò lo sguardo notando così i balconi sulle torri circostanti a lui, affollati da persone che lo stavano fissando con sorpresa.
Un momento, quelle non sono persone. pensò Elias, rendendosi conto che gli spettatori sopra di sé non erano… come dire… “Normali”.
Nel tentativo di focalizzare meglio quel che stava vedendo Elias si sporse troppo dalla ringhiera e cadde giù.
Per fortuna il carro che stava passando sotto di lui, con un grande drago rosso al centro che ruotava la testa avanti e indietro, attutì la caduta: scivolò lungo il suo corpo a spirale fino alla punta della coda sollevata verso l’alto che finì per lanciarlo in aria, dritto contro l’unico ostacolo in parallelo al punto di atterraggio.
Il tonfo assordante della testa che sbatteva pareva quello di una pentola di ferro battuta con in cucchiaio, Elias rimase spiaccicato contro la dura superficie della strada, perdendo all’istante i sensi.
                                                                                  ****
Un brivido freddo lo destò dal profondo sonno.
In contrasto al gelo si sentì avvampare da un pungente calore sulla faccia, doloroso soprattutto.
Elias sussultò e si mise a sedere togliendosi l’impacco di ghiaccio dalla faccia, assicurandosi di non toccarsi il naso leggermente violaceo.
Era seduto su un divano blu sistemato di lato a un largo salotto circondato da scaffali colmi di libri sistemati in ogni angolo, soffitto compreso; vicino al mobile c’era un basso tavolino di legno abbellito con un mazzo di margherite, poco distante una scrivania di legno colma di lettere, quadri di bestie mitologiche appesi ai muri.
Dov’era finito?
Con la coda dell’occhio notò un movimento: c’era qualcosa lì dentro insieme a lui.
Aveva avuto fin troppe sorprese, non aveva intenzione di rischiare l’infarto un’altra volta.
Prese una statuetta e la alzò come un martello, indietreggiando verso la vicina porta nella speranza di poter uscire, afferrò la maniglia ma non riuscì a farla scattare, costringendolo così ad abbandonare “l’arma” e cominciare sia a spingere che a tirare per poter uscire.
<< Ciao! >> gridarono due voci stridule.
Elias si voltò agitato, ma non trovò nessuno alle sue spalle.
<< Qui in basso! >>
Fece come suggerito e notò, finalmente, due piccoli scoiattoli: uno dal pelo marrone scuro con il nasino nero, l’altro dal pelo di colore più chiaro tendente al dorato e con un grosso naso rosso. Insieme scodinzolavano e sorridevano, ridacchiando oltretutto.
<< Ben svegliato! >> dissero in sincronia.
Elias urlò, arrampicandosi come una scimmia sulla tenda della finestra fino alla cima.
I due scoiattoli risero senza sosta, lui invece continuava a strillare incredulo a ciò che stava vedendo: scoiattoli parlanti… e per giunta li conosceva!
Solo allora la porta si aprì, ne entrò una splendida ragazza dai capelli corti e neri, le labbra rosse come rubini e la pelle chiara come la neve, sul capo portava una tiara dorata con un diamante sulla punta centrale, il suo abito formato da un bustino blu dalle maniche a palloncino e una lunga gonna gialla.
<< Biancaneve! Biancaneve! Hai visto? Si è svegliato! >> urlarono Cip e Ciop correndo verso la fanciulla.
<< Bianca… neve? >> ripetè Elias incredulo, scivolando giù dal suo riparo.
La principessa gli corse incontro con un sorriso raggiante, abbracciandolo con una gioia fuori luogo; ma la cosa più assurda era che sentiva il calore del suo abbraccio e la morbidezza della sua pelle.
Era, insomma, in carne ed ossa.
<< Sono così felice che tu sia qui! Abbiamo atteso così tanto il tuo incontro! >> gli disse.
<< Per favore amici, chiamate gli altri e avvisateli del risveglio del nostro gradito ospite. Sono impazienti, ne sono sicura, di potergli parlare. >>
I due scoiattoli, scattando sull’attenti come dei soldatini, uscirono dalla piccola biblioteca.
Elias rimase con il fiato sospeso per un’ora intera, accudito da Biancaneve che gli sistemava i capelli e vestiti stropicciati, com’era solito fare sua madre, dopo un po’ di tempo entrarono correndo altri personaggi che ben conosceva del mondo Disney, tutti quanti si fermarono davanti a lui manifestando differenti emozioni, ci fu chi esultò… chi pianse di gioia… e chi invece non sapeva come comportarsi.
Lo devo considerare un brutto segno?
Tra tutti quei personaggi però, uno solo sovrastò per importanza gli altri: era basso, aveva un gran paio di orecchie grandi sulla testa, guanti bianchi a coprirgli le mani e un paio di pantaloncini rossi, con una coda sottile che usciva da dietro.
Come poteva non riconoscerlo?
<< Felice di rivederti Elias! Io mi chiamo Topolino! >>
  
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