Crack, fanon o
canon? Slash, het o threesome?
GOD SAVE THE SHIP!
I
♥ Shipping è un'idea del «
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Sfida semplice:
horror.
Sfidata da: Skull_mistress
Terrore
notturno
di
slice
La
sua testa esplode in un doloroso silenzio quando si sveglia di
soprassalto. Si guarda attorno sconvolto, tutto sudato, il cuore non
sembra voler decelerare e la gola è secca, per fortuna almeno
le orecchie si abituano pian piano alla quiete della notte.
C'era
il frastuono della pioggia, c'era il pianto di Ino, Chouji tirava su
con il naso e Asuma stava morendo. Il suo respiro lento e faticoso
era il dolore più grande, il rumore più
forte.
Shikamaru scuote la testa, si preme indice e pollice sugli
occhi e si abbandona sul braccio teso all'indietro. La sveglia segna
le quattro.
Il tatami è freddo, ma a metà percorso,
dalla camera alla cucina, Shikamaru già si pente di non essere
rimasto a letto, davanti alla sua grande finestra aperta. È
così caldo che i suoi genitori hanno lasciato spiragli aperti
anche nelle finestre in soggiorno e in cucina.
Apre l'acqua per
riempire il bicchiere, che ha preso con fastidio crescente dalla
credenza, e beve tutto in un sorso.
Nel riflesso del bicchiere un
viso conosciuto ghigna malignamente.
Il cuore gli schizza in gola
e si volta di scatto, con paura e confusione incastrata nel
cervello.
Ma non c'è nessuno a parte lui in quella stanza,
i suoi genitori dormono al piano di sopra e non è possibile
che quella persona sia lì. Respira affannosamente mentre si
volta di nuovo verso l'acquaio, gira il rubinetto e infila la testa
sotto. Gli sembra subito che il getto fresco gli schiarisca le idee:
era sicuramente il lampadario, quello che ha visto nel riflesso. È
solo stanco, pensa. È stanco di sognarsi Asuma che muore, è
stanco di vedere Ino che si presenta agli allenamenti sorridente e
con gli occhi rossi, è stanco di vedere pacchetti di patatine
avanzate che Chouji si riporta a casa.
Chiude l'acqua, i suoi
capelli sono completamente zuppi e lui aveva invece l'intenzione di
tornare a letto. Fa qualche passo nella cucina e scivola con il
sedere a terra. Sembra che sua madre abbia rovesciato qualcosa senza
accorgersene. A gattoni va verso l'interruttore della luce e lo
preme.
Sangue. Quello in terra e sulla stufa è sangue,
quello che cola dal soffitto è sangue, le sue mani sono
sporche di sangue e gocciola anche dai suoi capelli. Ingoia più
volte per tenere a bada la nausea, chiude gli occhi, seduto sotto
l'interruttore, e cerca di calmarsi.
“Non è reale...
probabilmente sto ancora sognando,” ridacchia, stranito da se
stesso e da incubi così particolareggiati.
Si alza in piedi
e riapre gli occhi quando una risata folle gli arriva alle orecchie
da molto vicino. Sulla tavola la testa di Hidan sembra molto
divertita.
“Non è reale! Sei seppellito sotto terra,
in mille pezzi... sai cosa sei?”
La testa ride, il sangue
sembra gocciolare più copiosamente.
“Sei soltanto il
mio senso di colpa!” lo indica per rendere più forte la
sua affermazione.
Tutto scompare.
La cucina linda illuminata da
un pallore familiare fa decelerare visibilmente il suo cuore. Chiude
gli occhi e gonfia il petto per poi espellere aria e ansia. Ancora
prima di riaprirli, quella risata torna nella stanza.
“Smettila!”
grida Shikamaru, tappandosi istintivamente le orecchie.
Il corpo
di Hidan lo immobilizza da dietro, facendo passare le braccia oltre
le sue spalle e poggiando le mani sul suo collo.
“Ma
cosa...? lasciami!”
“Te l'avevo detto che sarei
tornato, te l'avevo detto che avrei ucciso tutti quelli che ami!”
e ride, Hidan ride e il sangue si muove lungo le scale, dirigendosi
al piano di sopra.
Shikamaru si dimena in principio, poi cerca di
raggiungersi le dita per formare i sigilli, ma la spalla gli si lussa
e non risolve niente. Inizia a gridare per chiamare i propri
genitori, grida per svegliare i vicini, per attirare l'attenzione
degli ANBU di pattuglia.
“È inutile, non possono
sentirti, tu stai dormendo,” urla Hidan, sopra le richieste di
aiuto del ragazzino.
“Cosa?”
Shikamaru si volta
verso le scale, rimane in ascolto mentre osserva il sangue voltare in
corridoio verso la camera matrimoniale. Trattiene il
respiro.
Trambusto, passi, e urla si odono dal piano di sopra. Poi
il silenzio.
Il chuunin si volta verso il criminale.
“Non
è reale se sto sognando, smettila di giocare con la mia me...”
gli si blocca l'aria a metà e il panico si insinua in ogni sua
fibra.
Osserva minuziosamente la stanza e si accorge con orrore
che le ombre ci sono, ma l'orologio è fermo: è un
genjutsu.
“No, NO!”
In un gesto dettato dalla
disperazione riesce a liberarsi, corre su per le scale, inciampando
nei suoi piedi per colpa della vista annebbiata, chiama i genitori,
in stato confusionario, e tutto si fa silenzio quando varca la soglia
della camera. Un pezzo di sua madre è ai piedi del letto, la
testa di suo padre è sulla lampada da camera, il sangue sembra
vivo e si muove ancora.
Shikamaru urla, strizzando gli occhi
mentre cade in avanti, piange, i singhiozzi gli riempiono lo stomaco
di acido, vomita e solo allora si ricorda di quello che ha detto
Hidan.
“...te l'avevo detto che avrei ucciso tutti quelli
che ami!”
Scende le scale di corsa, deve avvertire gli
ANBU, deve trovare Ino e Chouji... Kurenai! Non si ricorda più
quante persone ama. La cucina è sempre piena di sangue, ma non
c'è nessuno: e se fosse troppo tardi? Si porta una mano al
petto, avvertendo un forte dolore, va in iperventilazione e sviene.
C'è
un rumore di passi, viene da lontano, oltre la porta. La porta di
camera sua.
Shikamaru scatta a sedere, il dolore al petto si è
molto affievolito, ma se non si calma pensa che sverrà di
nuovo. Scende dal letto, come ci sia arrivato non lo sa, non è
la cosa che gli preme sapere. Dov'è Ino? Dov'è Chouji?
E l'Hokage? Qualcuno avrà messo in salvo Kurenai? Il bambino
di Asuma...
Nel corridoio c'è sua madre.
Si guardano un
momento, lui sconvolto, lei che cerca di capirne il motivo.
“Tesoro,
tutto bene?”
Suo figlio la abbraccia, la stritola, immerge
il naso nei suoi capelli e inspira il suo profumo.
“Shikamaru?”
gracchia lei, mezza soffocata.
“Io vado, Yoshino...”
Suo
padre non fa a tempo ad aprire la porta che il figlio stritola anche
lui.
“Cosa... succede?” balbetta lui, allarmato.
“Non
lo so... Un incubo?”
Sulla spalla del padre il ragazzo
emette un singhiozzo strozzato.
“Shikamaru,” Shikaku
gli scompiglia i capelli, con una mano sulla testa, più
rilassato, adesso, “era solo un incubo, non sei grandino per
questo?”
Lui annuisce, si scosta lentamente, ma non riesce a
guardarlo in faccia.
“Mi sono alzato e c'era sangue ovunque,
Hidan era qui e...” sospira, a corto di fiato, “un
genjutsu... sono riuscito a liberarmi in tempo per vedere pezzi di
voi sparsi per tutta la camera...” quasi urla, gesticolando, e
si mette a sedere per non crollare sul tatami. “Era così
reale...” È arrabbiato e frustrato e con le mani si
tappa gli occhi bagnati dalle lacrime.
I suoi genitori si
guardano, la bocca aperta e la preoccupazione visibile
dall'espressione. Yoshino scende le scale con una mano sulle labbra,
turbata.
“Shikamaru,” inizia, “siamo qui,
guarda. Tutti interi!” ridacchia, facendo sciogliere un pezzo
di quel grumo d'angoscia dentro il petto del figlio, “se anche
era reale, forse il panico ti ha mangiato i ricordi, ma pare che tu
ci abbia salvati,” dice, con quel sorriso dolce, fiducioso,
accarezzandogli il viso per togliere le ultime gocce salate.
Lui
annuisce, sorridendo, poggia i gomiti sul tavolo e si tappa il viso
con le mani.
Yoshino fa un cenno con la testa al padre, che si
riscuote, si avvicina al figlio e gli circonda le spalle da dietro.
Shikamaru lascia andare la testa sul suo petto e Shikaku gli dà
un bacio sui capelli.
“Magari stasera mangiamo più
leggero, eh?”
Ridono, tutti e tre, per spingere i brutti
pensieri troppo lontani per nuocere.
Shikamaru
passeggia nel suo parco, la cosa più bella di quel posto sono
i cervi. Animali nobili e intelligenti. Tuttavia sembrano
irrequieti.
Sono animali abbastanza solitari, è difficile
che formino gruppi di dieci elementi. Un branco piuttosto sostanzioso
di queste creature si agita in lontananza e Shikamaru si affretta per
controllare che vada tutto bene e che siano solo ormoni e istinto ad
averli riuniti lì.
Il cuore accelera e il respiro si fa
nuovamente doloroso, un fischio gli occupa l'udito: conosce quella
zona del parco.
Accelera il passo fin quando non si trova davanti
ad un muro fatto di animali, che si separa quando si avvicina
ulteriormente. La folta vegetazione gli copre la visuale. Scansa
frasche e rami bassi senza spezzarli o rovinarli e, in fine, si
staglia sull'orlo di una grande fossa. Aperta e vuota.
Owari?
Fa
pena. Ne sono cosciente. Sapete cos'è un'altra cosa di cui
sono cosciente? L'horror non è roba mia. Quindi questa volta
me ne chiamo fuori: fa pena ma non è tutta colpa mia. Comodo,
eh? ù.ù Poi, vabbè, io penso che faccia pena
perché mi pare banale e credo non ci siano gli elementi del
genere, però magari è solo colpa del fatto che non lo
conosco. Non ne conosco i meccanismi, non so come instillare angoscia
derivante dalla paura. Conosco la depressione, ma è un altro
tipo d'angoscia, il terrore mi è difficile; e non posso
aiutarmi con i film, perché è un genere che non seguo
nemmeno sullo schermo. Ho visto un pezzettino di film, una volta, con
il sangue che si muoveva in modo autonomo, potevo prendere spunto?
Ditemi di sì... ç__ç
Spero sia venuta almeno
un po' inquietante, anche se sperare una cosa del genere mi procura
del prurito. u_ù
In ogni caso sono contenta di aver
accettato, sono queste le vere sfide! (Non le amo particolarmente,
però, eh, non fatemele tutte così! XD)
*Il terrore notturno è una patologia che si riscontra più che altro nei bambini sui due o tre anni, raramente colpisce gli adulti. È una vera e propria crisi di terrore, non un incubo, e si verifica nelle fasi tre e quattro del sonno non-REM.
I personaggi e i luoghi non mi appartengono e non c'è lucro.