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Autore: Simuz    23/06/2012    4 recensioni
Naruto è riuscito a riportare a casa Sasuke, ma non riesce a sopportare la vista di Sakura e Sasuke insieme. Si allontana perciò dal villaggio. Quando tornerà tutto sarà diverso: il villaggio, lui, Sasuke, Sakura e il figlio di lei.
Genere: Avventura, Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Mi scuso in anticipo per gli errori di ortografia e vari. Buona lettura.

 

Capitolo 2

 

 

   

- Un anno fa circa Konoha è stata rasa al suolo da Sasuke. – disse malinconico Rock Lee.

Non era possibile, non ci volevo credere, come era stato possibile. Quando erano tornati indietro, lui gli aveva detto che amava
il villaggio, che mai nulla avrebbe fatto a Konoha, e allora perché era successo tutto quello.

- Co…Cos…Come è successo? – chiesi balbettando.
- Rock Lee mi guardò per un secondo poi si voltò di nuovo. Girò la testa verso una casa e dopo un po’ ricominciò a parlare.

- Sai, era una bella giornata, la primavera era iniziata e la gioventù era bella pimpante. Chi l’avrebbe mai detto che si sareb-
be trasformata in un inverno freddo e malinconico… –  spostò il suo sguardo su di me, aveva la pelle tutta tirata in una smor-
fia di odio, un odio che non gli avevo mai visto: totale oserei dire. - …e di rabbia, vendetta contro di lui. LUI. – alzò malinconi-
co lo sguardo al cielo e mi ricordò tanto quei fumetti dove il protagonista, alla fine di una eroica fatica, alza lo sguardo e sorri-
dendo ricorda tutta la sua vita, ma Rock Lee non stava sorridendo, osservava tristemente il soffitto blu sotto cui si trovava. 

- Eravamo amici, Sai. Se qualcuno me l’avesse detto quando eravamo genin non ci avrei creduto, mi sarei messo a ridere.
Ma il destino a volte è crudele. Lui era diventato amico di tutti. Era socievole con la comunità, non sembrava neppure il vecchio
Sasuke. Era diverso, gentile, premuroso: il pallido riflesso del ragazzino che si era allontanato per inseguire una vendetta. -

Mentre parlava io rimanevo zitto, rapito da quelle parole, dai quei ricordi così belli, ma che si stavano per concludere in una tra-
gedia. 

- Sasuke era diventato una persona ammirata da tutti e da tutte – disse sorridendo – Ma più di tutto era diventato amorevole
con Sakura e si diceva che un giorno l’avrebbe sposata. – le mani si contrassero in due pugni e il suo sguardo si fece rabbioso.
Gli misi una mano sulla spalla e gli sorrisi per calmarlo.

- Quel giorno ci fu uno scoppio tremendo e dalla polvere provocata si erse la testa di un serpente  viola. Sasuke stava ritto su di
esso e rideva. Rideva, capisci! Lui RIDEVA! Rideva di noi stupidi che ci eravamo fidati. -

Sospirò e riprese a parlare.

- I morti furono centinaia. Metà del villaggio era irrimediabilmente distrutto e noi eravamo concentrati a respingere Sasuke e l’Hebi.–
a quella parola mi risvegliai. Hebi?! Impossibile, ricordavo benissimo che fine avessero fatto: li avevo uccisi.

- Cosa hai detto? –

- In che senso? – mi chiese sopracciglione.

- Hai detto Hebi, giusto?! –

- Si. Ma perché me lo chiedi? –

In quel momento capii tutto, quei bastardi avevano solo finto di morire. Sasuke si era preso gioco di me, aveva sfruttato il penti-
mento per tornare come il redento e poi scatenare la sua apocalisse.

Quei pensieri si ammassarono violentemente in un cassetto dove si ergeva una targhetta: tradimento.

- Tradimento – ripetei a bassa voce, tanto che Rock Lee mi guardò come se fossi un pazzo.

- Hebi. Io l’avevo distrutto, o almeno così credevo. – dissi – Ma quel traditore di Sasuke deve avere organizzato tutto in maniera
che io ci credessi – Mi sentii spossato, depresso. Tutto il lavoro che avevo fatto per riportarlo indietro, per ridare il sorriso a Saku-
ra che era sempre più triste, era stata una perdita di tempo. 

In quel momento frenai i miei pensieri e ripensai a lei, a Sakura.

- Come sta Sakura chan? – chiesi sperando in una risposta positiva, ma Rock Lee si fece pensieroso e ci mise un po’ prima di
darmi una risposta.

- Sta bene…O almeno credo – 

Credo?! Che cosa significava quella parola: se uno sta bene, sta bene. No?! 

- In che senso credi. –

- Nel senso che… vedi è difficile da spiegare. Devi capire che Sakura quan… -

Lee non riuscì a concludere la frase perché venne distratto da una imprecazione e da dei rumori che provenivano da una via
che faceva angolo con la nostra. Immediatamente ci portammo all’altezza della via e li vidi una cosa che mi fece esplodere: cin-
que persone stavano circondando una ragazza dai capelli rosa che stringeva a se un neonato il quale per lo shock strillava co-
me un ossesso. La gente le sputava e le tirava addosso tutto quello che aveva in mano, ma soprattutto le urlavano frasi di rabbia,
di odio… di disprezzo.

- Sakura chan - sospirai, poi mi sentii avvampare di rabbia per quella scena e allora urlai.

- SAKURA CHAN!! - 

La gente sentendomi urlare si voltò verso di me.

- è tornato l’altro mostro. - disse una donna non molto alta con i capelli neri e gli occhi azzurri.

- Già! è venuto a proteggere quest’altro mostro. - disse un uomo irsuto e con la faccia che sembrava quella di un orso abbruttito.

- Infondo tra mostri ci si capisce e loro sono sempre stati amici. - proseguì ancora la donna mentre gli altri asserivano convinti.

A quelle parole la mia rabbia crebbe ancora di più: come osavano dare del mostro alla mia Sakura chan. 

Flettei le gambe pronto per scattare in avanti ed attaccare, ma Lee, che aveva capito le mie intenzioni, si posizionò davanti a me
dandomi le spalle.

- Katsumi. Kumachi, andatevene via insieme alla vostra marmaglia e lasciatela in pace. - disse Lee autoritario. 

Quelli iniziarono a ridere e, come se nulla fosse successo, se ne andarono.

- Naruto, devi controllare il tuo istinto. Il villaggio è cambiato. Gli equilibri di una volta non esistono più. - mi disse Lee sempre dan-
domi le spalle.

Io gli passai di fianco, gli feci un cenno con la testa e mi diressi celermente verso Sakura.

Era rannicchiata per terra proteggendo il bambino che teneva in braccio, per la paura tremava e per tutto quel tempo non aveva
voluto alzare lo sguardo temendo che non fosse ancora tutto finito; che quella momentanea pace fosse solo illusoria.

Mi chinai su di lei e le posai una mano sulla testa, la accarezzai dolcemente facendole capire che tutto era finito, che tutto
era passato.
A quel tocco lei alzò di scatto lo sguardo e mi fissò, i suoi occhi alla mia vista erano come quelli di una persona che non
riesce a mettere a fuoco, continuò per un secondo che duro un’eternità, poi iniziò a piangere copiosamente tutta la sua tri-
stezza, la sua contezza di rivedermi, o almeno era quello che pensai.

- Naruto. - disse singhiozzando e sempre singhiozzando ripeté il mio nome tante volte come se fosse un salmo o qualcosa
del genere. Io stavo li e la consolavo non dicevo nulla, semplicemente  come era sempre successo rimasi a sua disposizione.

- Naruto allora sei tornato. - mi disse ad un certo punto.

Lei mi guardò negli occhi e mi sorrise.

- Grazie di essere di nuovo qui… mi sei mancato - quelle parole, mi si conficcarono nella testa: erano quelle le parole che
volevo sentire due anni fa. 

La aiutai a rialzarsi e solo allora mi ricordai del bambino che teneva in braccio: era piccolo avrà avuto si e no un anno e
aveva i capelli neri come il buio e gli occhi ancora più neri. Lo sguardo era imperioso e suggeriva in chi lo guardava una
certa ammirazione.

Stetti per svariati minuti ad osservare quel bambino, tanto che non mi ero reso conto che nel frattempo Lee si era avvicinato
ed aveva iniziato a dirmi qualcosa, ma ero talmente rapito da quel suo sguardo che capii solo l’ultima parte del discorso.

- …Sasuke. Volevo dirtelo prima. - mi disse un po’ sconsolato. Io lo guardai non capendo cosa avesse detto.

- Scusa Lee, ma cosa volevi dirmi prima? - chiesi smarrito.

- Sei senza speranza – disse Sakura intromettendosi nel discorso. Io la guardai e abbozzai un sorriso.

- Stavo dicendo - disse tossendo per richiamare all’ordine - Che questo bambino è il figlio Sasuke e Sakura. - 

Avevo sentito bene? Realmente quello era il figlio di quel traditore e della mia dolce Sakura? Non ci potevo credere. No, non
poteva essere vero. Mi girai verso Sakura e guardai la sua reazione. Lei abbassò lo sguardo tristemente verso suo figlio e lo
guardò con una punta di malinconia. 

Era vero. Cazzo, era dannatamente vero. In quel momento avrei voluto dire mille cose, cattive per lo più ed ero seriamente in-
tenzionato a farlo. Feci per aprire bocca, ma Rock Lee mi precedette, probabilmente intuendo la mia intenzione.

- Ora hai capito perché quei tipi di prima la stavano insultando?! Loro vedono in quel bambino Sasuke e quindi odiano sia Sa-
kura sia lui, però loro non hanno colpe per quello che ha fatto lui al villaggio. Capito?! Naruto! - mi disse guardandomi con uno
sguardo che minacciava vendetta se non avessi risposto correttamente. Io presi quel poco di cervello che avevo in quel momen-
to e gli risposi con un cenno.

- Sakura chan, ehm come, come si chiama? – chiesi sorridendo, ormai convinto dalle parole di Lee. 

Sakura sorrise e mi guardò come se si stesse per togliere un peso dallo stomaco.

- Si chiama Naruto - disse orgogliosa. Io la guardai stupito: l’aveva chiamato come me, ma perché? Non aveva molto senso, ero
stato via per così tanto tempo e poi io non avevo nessun tipo di relazione con lei, a parte l’amicizia certo.

- L’hai chiamato come me?! - chiesi incredulo.

- Si - 

- Io, non so cosa dire. Io… cioè volevo sapere com…pe… - chiesi balbettando tanto ero scioccato.

- Vuoi sapere perché l’ho chiamato così? - chiese serena. Io avevo una faccia da beota e con tutta la buona volontà tentai di abboz-
zare un sì. Lei si mise a ridere attirando lo sguardo di Naruto che la fissò con i suoi occhioni neri.

- L’ho fatto perché tu sei il mio migliore amico e mi avevi riportato la persona che amavo… - a quelle parole si interruppe facendosi
triste, il ricordo di Sasuke era ancora forte in lei. Scosse la testa e riprese a parlare.

- Faccio ancora fatica a parlare di lui - mi disse malinconica - Scusa. - 

- Non preoccuparti Sakura chan. - le dissi.

- Volevo dargli il nome di una persona coraggiosa e generosa, di una persona che ammiravo. Ecco perché l’ho chiamato come te. -

A quelle parole, mi sentii piccolo e poco ci mancò che iniziassi a piangere come una ragazzina.

- Grazie… Sakura chan -

Lei mi guardò sorridendo poi improvvisamente fissò il figlio che aveva iniziato a ridere e tendeva le sue manine verso di me.

- Vuoi tenerlo in braccio? - mi chiese un po’ titubante.

- Si con piacere -

Mi avvicinai lentamente e con delicatezza lo presi in braccio. La sensazione che provai fu di smarrimento, non sapevo come compor-
tarmi, mi sembrava di tenere in mano qualcosa che poteva sgusciarmi via da un momento all’altro: avevo paura. Sentimento sciocco,
no?!

- Sii te stesso – mi disse Sakura.

Annuii e guardai il figlio di Sakura e di Sasuke. Lo guardai sorridermi e allora capii che cosa dovevo fare: l’avrei protetto. Decisi che
avrei fatto di tutto per evitare che questo bambino crescesse senza amore, con la consapevolezza che tutti lo odiassero perché era il
figlio di quel traditore. Decisi che questo Naruto non sarebbe cresciuto come me o come Gaara. Lui sarebbe stato viziato, coccolato ed
un giorno gli avrei insegnato tutto. Presi l’impegno di essere un padre con un figlio che non era mio, ma che era della donna che amavo
e di una persona che una volta era stata il mio migliore amico.

Alzai il pollice destro e feci la mia promessa a Naruto. 

- Io ti prometto che non ti farò mancare nulla. – dissi mentre Sakura mi guardava felice, mentre degli occhi indiscreti osservavano la scena
con rabbia, odio e delusione.   

  
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