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Autore: Querthe    09/01/2007    2 recensioni
Ho deciso di riunire vari racconti fantasy, tutti ambientati su un mondo che ho spesso utilizzato come sfondo dei miei giochi di ruolo. Spero vi piacciano.Ogni capitolo è una storia autoconclusiva, ma alcune hanno un seguito (Cap2+Cap4, Cap5+Cap6+Cap7)La ff non è volutamente finita visto che ogni volta che scriverò un'altro raccontino finirà come nuovo capitolo qui dentro.Cap 1: Due cacciatori di mostri, una maledizione e un vampiro.Cap 2: Un mago e un guerriero in una gita per aspiranti stregoni ad una cava di mostri.Cap 3: Quello che una madre può fare per suo figlio è incredibile. Se la madre è una negromante, poi...Cap 4: Dove la magia non può, può l'amore.Cap 5: Attenzione ai viaggi organizzati da vostro marito, si potrebbe appoggiare all'agenzia sbagliata...Cap 6: Un nano e un'elfa non potranno mai andare d'accordo. O no?Cap 7: Un tesoro, un drago, e un nano un po' fuori dalle righe (e anche dai quadretti..)Cap 8: Una persona speciale, sotto tanti punti di vista. E un contratto dove a volte i cavilli servono proprio per salvarsi la vita.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Io continuo a pensare che sia una cosa stupida!
- Non ti pago per pensare, ma per trasportarmi. - replicò la ragazza, che dimostrava non più di una trentina d'anni.
- Tu... - evidenziò l'unicorno spezzando per n secondo il lento trotto. - Non mi paghi.
- Fieno, strigliate, finimenti, birre. Devo continuare?
- La città è vicina. - cambiò argomento il possente animale dal mantello nero con ampie chiazze marrone cupo. - Dove ti devi trovare con tutta la tua mercanzia?
- Il manifesto parla di una grande casa all'estremità occidentale di Siad.
- Posto da ricconi... - nitrì l'animale. - Mercante di gemme, eh?
- Così diceva il manifesto.
- Ci saranno decine di pretendenti. Sono tanti i mercenari nella zona. La Guerra dell'Entavir è finita da troppo poco tempo.
- I mercenari nella zona non sono certo me...
- Grazie agli dei... - mormorò la cavalcatura.
- Non ho capito.
- Niente, niente. - si affrettò a dire Axel, rimanendo il silenzio fintanto che non giunsero alla villa del mercante.
Era una casa elegante, su due piani in muratura con il tipico tetto molto inclinato a spiovente singolo. Attorno ad essa un piccolo giardino con degli alberi, una stalla e una bassa e lunga costruzione erano cintati da un muro in mattoni rossi sormontati da punte di lancia artisticamente battute ma non per quello meno letali. L'unico accesso sembrava essere un ampio cancello in ferro nero.
- Ne ha di soldi il ragazzo.
- Magari ha ottant'anni...
- Rispetto a te chiunque è un ragazzo, Ihelena.
- Axel... - attaccò la donna in tono acido.
- Zitta! Uomo in avvicinamento. Comportati bene.
Lei non potè rispondere come avrebbe voluto, rimandando a più tardi la vendetta verso il suo fedele quanto sarcastico compagno di avventure.
- Cosa cerchi, bella? - le chiese un soldato. Indossava una leggera armatura in cuoio senza maniche, dei bracciali e degli schinieri torchiati in bronzo e una cervelliera ammaccata. Una spada gli ballonzolava sul fianco sinistro. - Qui si combatte. Non p luogo per te.
Ihelena inspirò, lo guardò con occhi dolci e scese da cavallo.
- Allora sono nel posto giusto. Mastro Morion cerca un mercenario. Beh, eccomi.
- Yu? Un mercenario? - ridacchiò il soldato.
- Problemi?
- No, no... - rispose tra degli scoppi di risa soffocati. - Segui il muro e vai nella tenda verde. Le prove sono già iniziate da un po'. Sei arrivata tardi, bocconcino.
- Prove?
- Con te ci saranno almeno una cinquantina di altri pretendenti per cinque posti disponibili. Auguri ragazzina.
Lei si allontanò seguendo la parete di mattoni, guidando Axel con le redini.
- Te lo avevo detto che era un'idea stupida.
- Zitto. Non mi spavento certo per qualche contendente...
- La pelle è tua. Ecco la tenda. Io aspetto là in fondo, assieme ai miei simili.
- Tu non hai simili, ringraziando Ral. Vedi di non perdermi le armi mentre familiarizzi con le tue simili.
- Non raccolgo l'offesa... - le rispose muovendosi verso il piccolo gruppo di cavalli e giumente, probabilmente le cavalcature di altri mercenari.
La donna entrò nella tenda. Un anziano vestito di marrone si sistemò dei piccoli occhialini tondi mentre richiudeva un pesante tomo e apriva una pergamena, preparando penna e calamaio. Non aveva nemmeno alzato lo sguardo sulla ragazza quando sospirò sconsolato e annoiato.
- Candidato cinquantasette. Nome, armi usate e capacità rimarchevoli.
- Ihelena Spaccapietre, lame gemelle, la migliore delle Terre Conosciute.
L'uomo trascrisse senza commentare e le diede un pezzo di legno su cui era inciso a fuoco un numero.
- Aspetterai poco. Siamo quasi sicuri del risultato, presentati all'uomo con lo spadone, a destra uscendo.
Senza attendere, il vecchio riprese il tomo e si rimise a leggere. La donna individuò immediatamente il soldato dal pesante spadone di traverso la schiena.
- Sono qui per il posto da mercenario. Ecco il mio numero. - gli disse allungando il pezzo di legno.
Lui si voltò e la scrutò attentamente. Ihelena era alta circa un metro e settanta, corti capelli alla paggetto marroni, profondi occhi scuri, un fisico minuto e aggraziato coperto da un'armatura a fini maglie che le aderiva alle braccia fino ai polsi e le accarezzava le ginocchia, con un piccolo spacco posteriormente, indossata sopra una camicia e dei pantaloni in pesante cotone verde cupo e marrone come gli stivaletti al polpaccio dal tacco leggermente superiore ai dieci centimetri e stranamente sottile, come affilato, verso l'esterno.
- Sei arrivata un po' tardi. I cinque sono già stati scelti.
- Chi sono?
- Là. I cinque che si stanno dirigendo alla villa.
- E se io sfidassi uno di loro e vincessi?
- Ti faresti solo male.
- Negarmi qualcosa farebbe molto più male a te. - sorrise lei.
Poco convinto e ridacchiando il soldato fece un cenno a un suo sottoposto, che corse a bloccare le cinque figure, che si mossero verso di loro.
- Il migliore è il barbaro. I due avventurieri non se la cavano male e anche l'arciere con i suoi pugnali è pericoloso.
- L'ultimo è un mago. Un elementalista di Reel. Non male il suo bastone. Strano che non abbia battuto il barbaro.
- Sembri intendertene.
- Ho visto qualche cosa e ho buona memoria.
- Ti consiglio il mago. E' il più stanco.
- Gentile da parte tua. Prendo il barbaro.
- Vuoi morire, nanerottola. - ringhiò l'uomo avvicinandosi. Superava i due metri di altezza, con lunghi capelli biondo cenere legati con un nastro di cuoio in una coda di cavallo. Indossava dei pantaloni di pelle scamosciata e pesanti bracciali metallici. Sulle sue spalle gravava il peso di uno scudo in bronzo lavorato e una spada simile a quella portata dal militare vicino a Ihelena, ma più grezza e rovinata per l'uso. - Scappa finché puoi.
- Mi stupisci...
- Cosa stai dicendo, nana?
- Sai parlare. Di solito i maiali sanno solo grugnire. Fatichi molto?
Il soldato sorrise e si frappose fra i due.
- D'accordo. Vi siete presentati. Sarò pazzo ma accetto di farti sfidare Undloss. Solite regole.
- Tutto permesso, quindi? - sorrise la ragazza.
L'uomo annuì.
- Vai prendere le armi. Tra due minuti, qui nel campo.
- Sei morta e non lo sai, nana. - le gridò il barbaro estraendo la spada e imbracciando lo scudo che era stato forgiato a rappresentare una testa di leone ruggente.
- Tipico complesso di inferiorità... - mormorò ad Axel mentre sfilava dai foderi le lunghe e sottili lame di metallo azzurrino. Le else, di bronzo cesellato con maestria nanica, erano ornate sul pomolo prismatico con un rubino e uno zaffiro rispettivamente.
- Unito a sangue orchesco. Me lo diceva il suo stallone. - le disse l'unicorno. - Stai attenta.
- Quello che deve stare attento è lui. Un mezz'orco barbaro contro di me. Vorrei ridere.
- Sarai mai seria nella tua lunga vita?
- Morire tristi non cambia l'essere morti, no?
L'animale scosse la testa pestando lo zoccolo sul terreno mentre lei si parava di fronte al mastodontico guerriero.
- Al mio tre. - disse il soldato, mentre molti dei pretendenti che già erano stati sconfitti si erano radunati attorno a loro delimitando una sorta di arena.
Alcuni iniziarono a raccogliere scommesse, pesantemente a favore dell'uomo.
- Iniziamo! - grugnì il barbaro lanciandosi sulla ragazza, che lo evitò facilmente mentre lo colpiva al polpaccio con un mezzo calcio rotante, facendolo volare a terra, il mento sporco di fango e terra.
- Grufola, maialino, grufola! - lo derise giocherellando con le due lame come durante un semplice riscaldamento.
Li si rialzò, ringhiò e tentò di colpirla con un fendente. Non potendolo schivare, lo deviò con entrambe le lame, incassando comunque buona parte della potenza e cadendo in ginocchio come genuflessa.
- Forte come un toro, maledizione. Se mi prende bene addio ossa. E come resistenza mi batte come e quando vuole... - pensò lei rialzandosi e saltando all'indietro per evitare un manverso deciso a tagliarla in due all'altezza del collo. - Maniere pesanti.
Aspettò che caricasse un altro fendente, quindi lo prese in contropiede lanciandosi su di lui a lame puntate al suo petto. Quelle si scontrarono sullo scudo, che le deviò annullando l'attacco. Solo la prontezza di Ihelena salvò il suo braccio dalla spada di Undloss.
- Bronzo nanesco. Nessuna lama lo penetra... - sorrise il barbaro.
Lei soffiò stizzita dal naso e iniziò a mormorare una ripetitiva e musicale nenia. L'arciere, un elfo silvano dalle lunghe orecchie la osservò prima stupito, quindi con sincero odio.
- Te ne sei accorto, eh? - pensò lei senza smettere di mormorare la lunga formula in elfico.
Le due gemme nelle spade brillarono un secondo, un semplice riflesso dovuto al sole sulle lucenti sfaccettature, per molti.
- Alla prossima vedremo di che colore hai il sangue, nanetta...
- Parla, parla, orso pelato. Tre mosse e sei spacciato.
Axel nitrì in lontananza come a ridere.
- Cosa stai dicendo?
- I gioielli della vedova. Forza maialino, colpiscimi se vuoi. - lo sfidò lei allargando le spade ai suoi lati, scoprendo l'intero corpo a un colpo di punta al cuore.
- E' pazza. - mormorò uno dei presenti.
- No. E' solo conscia del suo potere. - rispose il mago che era arrivato quinto. E' la prima volta che li vedo operare. Undloss sta per assaggiare l'amaro sapore della sconfitta.
Il barbaro si lanciò come un toro a testa bassa, la lama davanti a lui come una lancia, ma si bloccò vedendo la ragazza saltare esattamente sopra di lui, atterrando sul filo della lama, in perfetto equilibrio. Nello stesso istante la spada dalla gemma rossa tagliò come un coltello bollente fa con il burro lo scudo, che iniziò a cadere a terra mentre lei saltava descrivendo un semicerchio con centro la testa dell'uomo. Le lame si incrociarono colpendo lo spadone, alcuni centimetri dopo i baffi dritti sagomati ad ascia, spezzando l'acciaio damascato dell'arma. Un secondo dopo i piedi di Ihelena toccavano la terra alle spalle del barbaro, la spada dal pomolo con il rubino tra le gambe dell'uomo, l'altra alla gola.
- I gioielli... - disse gelida sollevando leggermente la lama che premette sul cavallo di Undloss. - ...della vedova. - il gelido e magico metallo alla gola bloccò l'uomo anche dal respirare. - Continuo?
Un boato si sollevò dagli astanti, molti entusiasti dell'esibizione nonostante avessero perso molte monete nelle scommesse.

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- Quel giochetto lo puoi fare spesso? - sorrise l'uomo con lo spadone.
- Quando serve. Ora che siamo stati scelti, si può sapere cosa dobbiamo fare?
- Ogni cosa a suo tempo. Avete il pomeriggio e la serata liberi, una stanza a tuo nome è stata prenotata al "Drago ubriaco". Vitto e alloggio sono a spese di Mastro Morion.
- Buono a sapersi... - sorrise la ragazza.
- Ci vediamo domani tre ore dopo l'alba, al cancello.
Lei annuì e recuperò la sua cavalcatura.
- Bell'uomo. - disse.
- Carino... - borbottò Axel come se commentasse un ciondolino di oro dei folli.
- Ha davvero dei bei pantaloni. Aderenti, gli fanno un...
- Dove andiamo ora, Ihelena? - la interruppe l'unicorno.
Lei sorrise e saltò in groppa all'animale.
- Oggi non c'è mercato a Siad?
- Credo di sì. E' mensile, e siamo a metà della prima settimia... Dovrebbe esserci il mercato alla piazza del castello.
- Ho voglia di spendere qualche moneta.
- Tipo?
- Se ti compro una birra nanesca posso evitare di risponderti?
- Vedremo... - nitrì Axel, partendo in direzione delle alte torri bianche del Sigillo, costruito vicino alla residenza del monarca.
L'unicorno si fermò all'inizio della lunga via principale che dalla porta Nord correva fino al centro della città per poi deviare verso il quartiere del porto, anche se il mare era lontano decine di chilometri, a causa del gigantesco terremoto avvenuto oltre cinque secoli prima.
- Credo che ti convenga scendere e continuare a piedi. C'è troppa gente, ti sarei solo di impiccio...
- Cosa farai?
- Ti aspetto alla locanda. Così scambio due nitriti con gli altri cavalli. Magari scopro qualche cosa di interessante.
- Come vuoi. - sorrise la ragazza incrociando i foderi contenenti le spade dietro la sua schiena e sistemandosi un sacchetto di monete alla cintura. - Ci ritroviamo tra un paio di ore.
Ihelena si fece lentamente strada tra la folla multicolore dell'enorme mercato, fermandosi casualmente ad osservare gli stretti banchetti ricolmi di vestiti, stoffe, ceramiche, cibo, gioielli di poco conto e giocattoli in legno o pezza. Quasi senza accorgersene prese in mano una bambola dai capelli gialli di lana un po' infeltrita, la faccia tonda e sorridente ripiena di semi ed erba seccata al sole.
- E' come la mia prima bambola. Mamma l'aveva cucita di sera, mentre papà contava le gemme grezze e i noduli d'oro della miniera. Mi piaceva guardare quei sassi colorati. Avevano un loro fascino. Ognuno di loro ha una sua storia da raccontare. Se non la ascolti, la gemma che taglierai sarà fredda e falsa, mi diceva sempre prima di prendermi sulle ginocchia e iniziare a lavorare sui rubini, gli smeraldi e le altre pietre.
- Solo cinque monete. Cinque e farà felice sua figlia. - le disse con fare da imbonitrice la mercante.
- Non ho figlie. Grazie, è comunque molto bella, ma... - rispose mettendola al suo posto e allontanandosi.
Continuò il suo girovagare senza una meta precisa, finendo di fronte ad una bancarella di un armaiolo. L'uomo, sulla quarantina, i muscoli temprati dalla fucina come il colore della sua pelle le sorrise cordialmente.
- Pugnali mia signora? Affilati e mortali. O una spadina, sottile e letale.
- Grazie, ma sono già fornita. - rispose mostrando le armi che possedeva.
L'uomo si bloccò stupito, gli occhi incollati alle lame che rilucevano azzurrine sotto il sole pomeridiano.
- Mia signora, scusate se vi ho offeso. Non posso competere con lame in murlio. Dallo sguscio della lama direi Monti del Mago meridionali. Nani di Dur-armain?
Fu Ihelena a sorprendersi mentre annuiva.
- Comunità nanica a nord della fortezza.
- Armi antiche, allora. La comunità fu sterminata dagli orchi quasi cento anni fa. Posso ardire di toccare...
Lei gli porse la spada ornata dal rubino, non prestando attenzione ai suoi commenti entusiasti sulla fattura. Gli occhi si fissarono sullo zaffiro del pomolo, la mente corse al giorno in cui suo padre tornò tardi a casa, uno strano e allungato involto in mano, ai giorni chiuso nel suo laboratorio fino all'alba, ai primi scontri della comunità con gli orchi, alla consegna delle spade, quella sera dell'equinozio di Murgo, una sorta di presagio del suo futuro e del loro. Se solo...
- Grazie mia signora. - interruppe i suoi cupi ricordi il fabbro, riconsegnandole la spada. - Vi sono debitore.
- Sciocchezze... Quanto vengono quei ferri da cavallo?
Lui li prese e glieli porse.
- Sono suoi.
- No. Mi dica quanto le devo.
- Niente. - L'uomo scosse la testa. - Quello che ho potuto imparare dalle sue spade mi ripagherà abbondantemente. Insisto.
Lei li accettò, sicura che Axel li avrebbe graditi. Riprese il cammino, diretta alla locanda.
- Se avesse saputo la verità, dubito ti avrebbe anche solo guardato. - disse acida una voce alle sue spalle dopo nemmeno un minuto.
- Invidioso del regalo di un umano ad un altro? - chiese lei senza voltarsi, sapendo benissimo a chi appartenesse la voce.
Il suo accento lo avrebbe tradito ovunque.
- Tu non sei umana, ennuanalih! - rispose arrabbiato l'elfo che già l'aveva osservata con odio alcune ore prima.
Ihelena si voltò e lo trafisse con occhi traboccanti di odio trattenuto a stento.
- Ripetilo, e sarà l'ultima cosa che la tua lingua dirà prima di cadere a terra.
L'umanoide la squadrò con aria di sfida. Era più alto di lei di quasi trenta centimetri, il corpo filiforme e nervoso, elegante in un completo di morbido camoscio chiaro fatto da pantaloni e gilet sopra una camicia verde marcio a maniche lunghe ricamata ai polsi e al colletto con motivi a fogli d'edera tono su tono. Un arco lungo era fissato di traverso il petto e la schiena, una faretra colma di frecce sul fianco destro e una coppia di pugnali ricurvi alla cintola erano le sue armi. Gli occhi, due fessure nella pelle olivastra, erano neri come i corti capelli che non nascondevano le orecchie a punta lunghe oltre dieci centimetri e ritte ai lati del capo, a indicare la sua sicurezza.
- Cosa? Ennuanalih? Ti da fastidio se ti chiamo "scherzo immondo"? Eppure è la verità, no? - la derise l'elfo, sporgendosi verso di lei mentre sorrideva.
La ragazza rispose al sorriso, e il suo ginocchio destro colpì pesantemente l'essere tra le gambe, facendolo piegare in due dal dolore, gli occhi spalancati come la bocca in un muto urlo.
- Posso rifarlo come e quando voglio. Ringraziami che oggi non voglio vedere lingue di elfi in giro. Usa ancora quella parola e scoprirai in quanti modi i nani hanno teorizzato la morte di uno della tua razza. Sulla tua pelle. - gli sussurrò Ihelena per poi voltarsi e andarsene.
Quando arrivò alla locanda trovò Axel sulla porta della scuderia, le orecchie basse mentre mordicchiava nervosamente un legnetto.
- Ciao. Scusa il ritardo...
- Nessun problema. Ti devo parlare.
- Dopo un bel...
- Ora. - La interruppe l'unicorno, lasciando cadere il legnetto a terra e avvicinandosi. - Facciamo due passi. C'è una fontana poco lontano. Mi è venuta sete.
- Cosa è successo?
- Ho chiacchierato con alcuni cavalli, tra cui per alcuni minuti anche il ronzino del tuo nuovo datore di lavoro, venuto a fare un veloce controllo dei suoi sottoposto. Non era felice che due mancassero all'appello.
- Non mi paga per renderlo felice, ma per combattere. E allora?
- Beh, sembrerebbe che negli ultimi periodi Mastro Morion abbia fatto varie visite ad alcuni esponenti, alcuni pezzi grossi, della gilda delle Ombre Scarlatte.
- I ladri e assassini del Siar. Non sono in lotta con la Mano d'Ombra di Ramiad fin dai tempi di Liliana Mantonero?
- Esattamente. Sono feccia, uniti solo dall'odio verso ogni cosa che abbia una legge o un onore. - annuì l'unicorno abbeverandosi all'ampia fontana circolare in cui l'acqua, sputata da due ribal di marmo legati per le code squamate, si raccoglieva.
- La storia non è delle migliori, se le Ombre scarlatte sono coinvolte... Pensi sia per qualche protezione?
La bestia scosse il capo.
- Dubito. Non so cosa stia capitando, ma stai attenta.
Ihelena accarezzò la parte destra del muso dell'animale, regalandogli un sorriso. Uno dei tanti che avevano convinto l'unicorno a seguire la mezz'elfa oltre ottant'anni prima. Era stato scacciato dalla sua comunità, aveva rischiato di morire per mano di cacciatori avidi del suo corpo e vittima di sciocche vergini che credevano che potesse rendere ricche ed esaudire i desideri. Ma lei era diversa.
- Tanto so che mi proteggerai.
- Non ci sono sempre per salvarti dai guai, poppante...
- Ah, scusa, ha parlato l'esperto di mille avventure! - lo derise lei falsamente piccata. - Intanto se il tuo corno è ancora al suo posto è merito mio e dell'idea di spacciarlo per falso applicato ai finimenti. E se sei vivo lo devi anche...
- Va bene! - nitrì. - Va bene. Ho capito! Servo tuo, servo tuo.
- Ora va meglio.
- Ma comunque stai attenta. E' gente che non scherza.
- Farò la brava bambina. - ridacchiò la ragazza tornando sui suoi passi, diretta alla locanda.
- Che cosa hai intenzione di fare, ora?
- Un bel bagno e una dormita. Ma prima mi scolo un paio di birre.
- Ihelena!
- Vai a dormire. I vecchietti come te devono riposare. Hai quasi duecento ani. - lo prese in giro.
- Vorrei che anche tu arrivassi alla mia età. E fare certi mestieri e certe cose non giova...
Lei non lo stava ascoltando mentre apriva la porta della locanda, riassumendo l'aria in parte minacciosa, in parte provocatoria che riservava alle persone di cui non si fidava.
- E io anche a preoccuparmi di lei... - mormorò l'unicorno con un debole sorriso. - Vediamo almeno se il ramiadiano dell'elfo se la cava con il gioco del nove davvero come si vantava...

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Nello studio del tagliatore e mercante di gemme i cinque mercenari e il capo degli stessi, un ex sergente di Ramiad, stavano attendendo Mastro Morion.
- Quindi tu non solo scegli ma anche guidi le tue truppe? - chiese la ragazza al soldato dallo spadone di traverso la schiena.
- Esatto, ma mai mi è capitato di avere sottoposti tanto eterogenei.
- Lo siamo davvero? - chiese ironica.
Lui sorrise.
- Un elementalista claudicante, un elfo silvano, tu che sei la più strana, un cacciatore di evocati scomunicato dal suo culto e un guerriero proveniente dalle Terre Ghiacciate.
- Effettivamente...
- Tu non sei un po' giovane per fare la mercenaria?
- Potresti essere tuo nipote, umano.
- cosa stai dicendo, Yelly?
- Il mio nome è Hialenerueluin, non Yelly. E comunque lei avrà almeno ottant'anni.
- L'elfo dice il vero, donna? - chiese il guerriero del Nord sena alzare gli occhi dalla strana lama seghettata che usava come arma e che stava lucidando insistentemente. - Sei così vecchia?
- No. - disse lei. - Non ho ottant'anni.
- Non ne dimostri più di trenta. L'elfo misura tutti con il suo metro
- No. Ne ho circa centoventi.
Il cacciatore di evocati, intabarrato in un pesante mantello nero dal cappuccio ampio e calato sul viso ridacchiò, così come fece il mago voltando la pagina del grimorio che stava studiando.
- Le danzatrici di lame sono una prerogativa elica.. tu non sei un'elfa, quindi devi essere per forza un incrocio di due razze. - mormorò l'anziano elementalista.
- Se proprio devo avere una razza, sono una mezz'elfa delle profondità. A qualcuno la cosa da fastidio? - chiese cinica Ihelena, osservando soprattutto l'elfo.
- se al mio compenso farai ciò che ti chiedo, puoi anche essere la figlia di un gobelin di fossa. - disse una voce querula e meschina.
- Mastro Morion. - esclamò il soldato, accennando un inchino.
Il mercante era un uomo tarchiato, dalla pancia prominente per il troppo mangiare e bere, i pochi capelli brizzolati incollati alla testa come insudiciati. Portava costosi quanto ineleganti anelli d'oro alle dita di entrambe le mani, e la piccola testa che ospitava occhi porcini era incassata in un corpo coperto da una troppo decorata tunica in seta gialla e arancione fermata da una fascia verde.
- Tu sei la ragazza che ha sconfitto il barbaro, eh? Una mezz'elfa, eh? Bene. Bene. Avevo sentito parlare di bastardi nati da noi e dalla nobile razza degli elfi, ma mai ne avevo visto uno.
La giovane si trattenne dall'ucciderlo per come l'aveva definita, sedendosi e incrociando le braccia.
- Non siamo qui per discutere di chi sono io, ma di cosa si deve fare e per quanto.
- Ben detto. - annuì l'uomo. - Gli affari innanzitutto. Ho acquistato la miniera di Er-hattung, a dieci chilometri a nord della Torre spezzata.
- In piene Lande del Terrore. - commentò il cacciatore. - Non è un bel posto.
- Ma le gemme sono eccezionali. Ho tutti i documenti, manca solo la firma del caposquadra per fargli avere la sua quota di vendita.
- dei nani che mollano un filone ancora attivo? - rise la giovane. - Non ci credo!
- Non ho mai parlato di nani. Come...
- Ha detto caposquadra. E' il termine che i nani usano tra loro per definire una sorta di capo, di sindaco. O l'hanno fregata, o la miniera c'è ma è pericolosa. Anche per un nano.
- Niente di tutto ciò. Il vostro compito è difendere me, difendere il proprietario della miniera da ogni possibile pericolo, da ogni guaio. La paga è cinquanta monete al giorno. Draghe di prima qualità. Oro puro.
- Andare e tornare saranno due settimie... io ci sto. - disse il guerriero.
- Anche io. - fece eco l'altro combattente.
- Io sono fuori. Troppo pericoloso. Le Lande hanno già la mia gamba, il resto lo voglio lasciare ad altre terre.
L'elfo si alzò e fece un profondo quanto affettato inchino.
- Servo vostro, mio signore. Ordinate e obbedirò.
- Vale anche per me, ma prima vediamo almeno i soldi per i primi giorni. Non vorrei che...
- Non ti fidi di me, mezz'elfa? - chiese scettico il mercante.
- Diciamo che non mi infilo in una zona infestata di bestiacce per nulla...
L'uomo rimase come scioccato, poi scoppiò in una fragorosa risata, tenendosi la pancia con le mani grassocce.
- Sei divertente, donna! - le disse, per poi tornare serio. - Ma uno scherzo è bello se dura poco. Non tentare ancora il mio umorismo. - mormorò malvagio. Si alzò dalla poltrona dove si trovava e si avviò alla porta. - si parte tra due ore. Al cancello. Chi non ha cavalcature starà nel carro assieme alle vettovaglie. - concluse lasciando la stanza.
Un secondo dopo l'elfo si alzò, lanciò un'ultima occhiata carica di odio alla ragazza e abbandonò i compagni di viaggio.
- O hai fegato o sei matta... - disse con una punta di stima il guerriero che era in quel momento il suo superiore. - Mastro Morion sa essere estremamente pericoloso.
- Più di un barbaro mezz'orco?
- Non giocare con lui. E vai a preparare quel ronzino che ti ritrovi come cavallo.
- Anche se sei il mio capo ora, ricordati che...
L'uomo se ne andò.
- Se hai qualcosa da ridire, sono alle scuderie. - le disse dal corridoio.
Ihelena capì il suggerimento. Attese un minuto e lo raggiunse nei pressi delle stalle. Controllò con lo sguardo che Axel fosse a portata di orecchio, quindi si avvicinò all'uomo, che stava strigliando gentilmente il collo della sua cavalla, uno splendido esemplare bianco come la neve e dall'occhio sveglio.
- Stupenda bestia.
- Grazie. Icaria è quella che posso definire un'amica intima. L'unica di cui mi posso fidare.
- Capisco. Più o meno lo stesso che io provo con il mio ronzino.
Axel desiderò di poter ringhiare per dimostrare che non aveva gradito l'insulto, ma si trattenne.
L'uomo sorrise, smise di passare la spazzola e tese la mano alla giovane.
- Guglielmo d'Altopasso. Mentre tu sei Ihelena.
- Come mai mi hai fatto venire qui?
- Due passi?
- Come vuoi. Dimmi. - gli rispose iniziando ad uscire dalla stalla.
Si diressero al vicino gruppo di alberi che era stato piantato nel giardino della villa, accanto al piccolo laghetto artificiale.
- Stai attenta a Mastro Morion. E' pericoloso. E lasciami finire prima di tirare in ballo Undloss. Hai in parte ragione relativamente ai nani e alla loro miniera.
- Ne ero certa.
- Ha le mani in pasta con brutta gente. Gente che non dovrebbe nemmeno esistere...
- Davvero?
Lui annuì.
- La miniera è più che attiva, o lui non l'avrebbe mai comprata. Il problema è che non volevano venderla, ma strane cose sono successe dal loro rifiuto, e...
- Capito. O vendi o muori.
- Più o meno.
- Perché me lo dici?
- Non chiedermelo. - borbottò lui. - Gli altri sono solo mercenari, ma tu...
- Sai cosa ho di differente dagli altri? Io sono una donna, e anche carina, e tu sei un uomo che crede di avere di fronte un'umana un po' più giovane di lui. Ho il quadruplo dei tuoi anni, bimbo. - gli disse lei dura, quasi sprezzante.
- Non intendevo che tu...
- Io ti ringrazio per le informazioni che mi hai dato, ne farò buon uso per poter vedere il mio centoventunesimo compleanno, ma stai attento a chi dai fiducia, e per quale motivo la dai. - concluse lei, voltandosi e allontanandosi, diretta dal suo unicorno che la vide arrivare e fece finta di non aver sentito.
Sbuffò un paio di volte mentre lei controllava i finimenti con una rudezza non necessaria.
- Direi che ti sei presa una ramanzina. - mentì lui.
- Hai sentito esattamente quello che ha detto, è inutile che fai finta di niente. Mi da fastidio che lui si sia esposto per me. Perché gli umani ragionano in questo modo a volte?
- Si chiama tenerezza, Ihelena. Si chiama amore. Sai cosa vuol dire, no?
- L'ho dimenticato quando i miei genitori sono stati trucidati dagli orchi, centodue anni fa. Se sono viva lo devo alla forza, ai miei poteri e al non fidarmi di nessuno.
- Nessuno? - chiese lui sarcastico.
- Nessun umano o elfo o nano o altra razza normalmente considerata intelligente. Tu non fai testo.
- Lo prendo come un complimento...
Icaria sembrò nitrire divertita. Il mercenario entrò e la portò fuori.
- Tra un po' di più di un'ora. Al cancello, mezz'elfa. - le disse duro quando fu fuori.
Lei abbassò gli occhi senza fiatare.
- Ora tutto è come deve essere... - mormorò triste.

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I due carri si mossero lentamente, trainati da due cavalli ognuno, i quattro mercenari dotati di cavalcatura alla destra e alla sinistra del convoglio, il primo carro quello su cui sedeva su vari cuscini il mercante di gemme. Il guerriero del nord, Nawalli, sedeva su un baule pieno di cibo secco, la sua strana arma accanto a lui. Aveva già indossato la sua armatura, una esotica versione della armatura di cuoio bollito ramiadiana, realizzata con la pelle conciata di un esemplare di leone marino gigante, pronto a balzare all'attacco del nemico che si sarebbe presentato. Non aveva combattuto spesso con i mostri e gli umanoidi delle Terre, era abituato a sopravvivere nei ghiacci impervi cacciando animali e cacciato dai predatori che abitavano le Terre ghiacciate. Ma i soldi, la necessità e il desiderio degli stessi e le sue uniche qualità, la forza e la perseveranza, gli diedero un'unica possibilità al di fuori dei suoi territori, facendo di lui un mercenario spietato.
- Non mi fido dell'elfo, e anche l'altra ha sangue non umano in lei. Forse il prete, ma io credo solo nel ferro, non nella fede, anche se del Drago Nero, signore della Morte. La vedevo spesso, nera sul bianco dei ghiacci eterni, e ora qui, rossa come il sangue dei miei nemici. - meditò mentre il carro lo scuoteva ritmicamente seguendo le buche della strada che li stava conducendo a nord-est, verso il brullo territorio chiamato Lande del Terrore.
Alzò lo sguardo, sentendo qualcuno che lo osservava. Era la donna. Anche lei si accorse di essere osservata, e fece un timido quanto falso sorriso, girando la testa verso il paesaggio. Senza volerlo, il guerriero guardò chi era alla sua sinistra, vedendo l'altro guerriero, il cacciatore di evocati., la testa china, il pesante cavallo di razza rocciosa a scalpitare nel tenere il lento passo, sbuffando come se sentisse qualcosa vicino, qualcosa che non gli piaceva.
- Chissà cosa...
- Credo di essere io. Anche se solo per metà, il mio sangue non ha un buon odore per lui... Creato e allevato per secoli dai nani, ha preso un po' del loro pessimo carattere... - disse Ihelena, che si era avvicinata quel tanto che bastava per poter parlare senza urlare, ma sempre con l'idea di potersi staccare e tornare a proteggere il gruppo dagli eventuali attacchi, o almeno dagli attacchi di chi fosse sopravvissuto alle frecce di Yelly. Era un borioso, ma sapeva il fatto suo. - Scusa, ti ho spaventato?
- No. - mentì lui, rinfoderando quei due o tre centimetri di lama del pugnale in osso che aveva sul petto, dalla parte del cuore, in una fodera creata direttamente nell'armatura. - Come fai a sapere che io stavo pensando al cavallo? Sei una strega che legge i pensieri?
Lei scosse la testa.
- No, no... Era così ovvio.
- Cosa vuoi?
- Nulla. Mi piace conoscere almeno superficialmente i miei temporanei compagni di viaggio. Mi serve sapere come potrebbero reagire ai pericoli. Sai, la pelle alla fine è mia.
- Sensato. Lo stesso per me. Solo uso un altro sistema.
- Scruti la gente. Sei uno silenzioso. Ho già notato. Sai, mi ricordi tanto un nano.
- Non ho la barba.
- Non nell'aspetto fisico. No, quello no. Un po' nel carattere. Taciturno, ponderato. Spero che come loro poi tu possa dimostrare la fiamma della battaglia.
- Non ne dubitare. Ci tengo alla mia vita. È l'unica che ho.
- E che ti è stata data dal nostro signore Murgo. Il suo è solo un prestito, e prima o poi chiederà che il Diario gli venga ridato, per leggere ciò che ne hai fatto del suo dono.
- E allora che venga a riprenderselo il più tardi possibile, prete. Io la mia storia non l'ho ancora scritta. - rispose nervosa la mezz'elfa al cacciatore di evocati, Nebulun delle Mezze Terre. - E poi tu ancora credi in un dio che ti ha tolto tutto, che ti ha scomunicato privandoti dei suoi miracoli?
- Chi mi ha scomunicato non è certo lui, ma i suoi sciocchi servi, che credono di essere superiori a lui. Ma molti ora stanno parlando direttamente con il Signore della Morte. - sorrise malvagio, accarezzando l'impugnatura della pesante mazza di foggia oltreterriana. - Lei lo serve bene, e io con lui. Sangue e morte per il mio signore.
- Forse ho capito perché l'hanno scomunicato... - mormorò lei al guerriero, che sorrise per un istante annuendo, quindi Axel tornò in formazione, e il viaggio riprese lento e immobile come il paesaggio, se non per le montagne che si avvicinavano impercettibilmente, così come la loro meta.
Il viaggio si protrasse tranquillo, facendo avvicinare le montagne e anche la meta, che al tramonto dell'ultima sera divenne visibile come una piccola macchia lucente di rame nel nero della montagna. Il gruppo si era fermato per riposare, un grande fuoco già acceso per riscaldare il corpo e cucinare il cibo. La notte era arrivata veloce, e come ogni sera, i due turni interni erano toccati all'elfo e a Ihelena, avvantaggiati dalla loro capacità di vedere la buio, il cosiddetto Dono del Padre, come gli elfi e i nani lo chiamavano.
- Solo una rogna, visto che mi tocca il turno più schifoso... - pensò lei accoccolandosi vicino al fuoco, la coperta a riscaldarle un po' la schiena. Il suo cavallo era vicino a lei, guardando attento anche lui. - Guarda che se vuoi andare a dormire puoi. Mica sei obbligato...
- Non dire sciocchezze poppante. - le rispose sottovoce Axel. Siamo una squadra, e si divide tutto, gioie e dolori.
- Ricordamelo alla prossima birra che ti finisci prima che io riesca anche solo a vederla...
- Diciamo che si divide quasi tutto. - nitrì lui. - Cosa ne pensi di questa missione. Ogni giorno mi piace meno.
- Già. Nessun nemico, nessun attacco, tutto troppo liscio. L'ultima volta che siamo finiti in questa terra schifosa, come minimo dovevamo litigare due volte a notte con quei malefici uomini cane e con i loro degni fratellini, i goblin.
- Ti vorrei ricordare anche l'orco del ponte...
- Senti, tento di dimenticare le esperienze negative. E infatti non mi ricordo di come ci siamo conosciuti...
- Gentile come un calcio di un mulo. Certe volte mi domando come...
- Buono. Ho visto qualcosa. - abbassò la voce la donna, estraendo le lame da dietro la schiena. - Un ombra di calore...
- Almeno non sono non morti. Quanti?
- Ti ho detto che ne ho vista una. Renditi utile e vai a fare un giro. Io sveglio gli altri.
Velocemente Ihelena corse alla tenda dove i due umani dormivano rumorosamente, sapendo che l'elfo era appostato ad un paio di metri di altezza su un albero, il suo arco pronto all'uso immediatamente.
- Cosa succede?
- Nemico. Vivo. Non so quanti. - rispose a Nawalli.
Nebulun era già in piedi e si stava sistemando la mazza e imbracciando lo scudo. Come il suo compagno dormiva con l'armatura di pelle, sebbene la sua fosse torchiata e nera, rovinata in alcuni punti da segni simili ad artigli o morsi.
- Presto li conteremo. Morti.
I tre uscirono. Ihelena vide chiaramente cinque figure appostate negli arbusti vicini al campo. Erano piccoli, dal muso allungato e sembravano disarmati.
- Sembrerebbero coboldi. Normale. Ma sono pochi. Solo cinque.
- Gli altri sono nascosti poco lontano. Ne ho visti una trentina. - disse una voce dietro di loro.
- Yelly. Per gli dei, vuoi che ti infilzi con la mia lama per poi chiederti chi sei? - borbottò il guerriero, voltandosi di scatto.
- Non ce la faresti comunque, umano. Ho già avvertito il capogruppo. Io e lui con te ci occuperemo del gruppo lontano. Il cacciatore e lei dovrebbero bastare per far fuori quei cinque coboldi rubagalline.
- Troppo gentile, orecchielunghe. Per quelli basta il mio cavallo.
Un ululato alto e stridulo indicò che gli esseri avevano deciso di attaccare. Immediatamente i quattro di divisero, ognuno con chiaro in mente ciò che doveva fare. I cinque coboldi si erano avvicinati al carro delle provviste, molto probabilmente sperando di rubare del cibo e fuggire.
- Dove credete di andare, cagnacci?
- Uomini cattivi ci hanno scoperto... - ringhiò spaventato uno dei mostri, mentre altri due si voltavano verso la donna e il cacciatore. Gli ultimi due si arrampicarono nel carro. - Ma uomo più cattivo ci dice di continuare. Se noi non continuiamo moriamo. Noi uccisi comunque...
- Nessun problema. - urlò Nebulun correndo verso di lui roteando l'arma, che impattò violentemente sul terreno mancando il bersaglio, che si era spostato rapidamente su quattro zampe.
I tre saltarono addosso al cacciatore, tentando di morderlo con i lunghi denti gialli e bavosi dei loro musi. La mezz'elfa osservò per alcuni secondi come si comportava il suo compagno, e decise di non intervenire, trovando più pericolosi i suoi colpi a casaccio che gli artigli dei coboldi. Uno dei due spariti nel carro spuntò, un pezzo di carne in bocca, una pagnotta in mano.
- Tu! - gridò lei. - Molla la carne e il pane, ladruncolo.
Lui ringhiò e si lanciò giù dal carro, seguito a ruota dall'altro, anche lui con cibo tra i denti e nelle zampe anteriori. Sempre correndo si voltarono per controllare se lei li seguiva, sorridendo nel constatare che era rimasta immobile a vederli. Un colpo potentissimo al petto dei due li fece volare alcuni metri più indietro, le costole spezzate, penetrate nei polmoni. Un nitrito divertito riempì l'aria.
- Ca... cavvv... - biascicò il mostro mentre moriva.
- Grazie Axel. Non avevo voglia di correre. - sorrise lei, correndo verso il compagno equino e saltandogli in groppa. - Hai visto dove si trova l'altro gruppo?
- Poco lontano. Ma quello che mi preoccupa sono i tre imboscati tra gli alberi.
- Altri coboldi?
- Non credo. Sembrerebbero umani. Sono mascherati. Spie o assassini.
- Strano. Andiamo a vedere.
- E il tuo amico?
- Lascialo divertire con i tre cagnetti. Io voglio prede vere. Non spreco le lame per dei rognosi mostriciattoli.
Quanto sono distanti da noi i tre?
- Un minuto nemmeno. Meglio se vai a piedi, su di me e nella foresta avresti problemi.
- Capito. Stai al campo e dai una mano se ti sembra il caso.
- Una mano?
- Uno zoccolo o quello che ti pare. Renditi utile, insomma...
Lui annuì divertito e la vide allontanarsi di corsa verso la macchia di alberi che le aveva indicato. Tre figure rossastre, ad indicare che erano esseri viventi, erano appostate su tre differenti rami. Uno dei tre sembrava mormorare continuamente, una lingua simile a quella che lei utilizzava quando faceva magie. Altri due erano accanto a lui, armati di corte spade.
- Saranno spazzati in un istante... - mormorò uno di loro.
- Lo sapevamo. Non è il loro scopo sopravvivere. Voglio vedere che cosa ha trovato il nostro amico. Nel caso ce li rivoltasse contro.
- E lui?
- Sembra che se la cavi bene. Nessuno potrebbe sospettare che è dalla nostra parte.
- Già...
- Ma di cosa stanno parlando? - pensò la donna, avvicinandosi lentamente, tentando di evitare ogni rumore. Non aveva armi da lancio con sé, e affrontarli senza sapere che cosa fossero in grado di fare le sembrò azzardato anche per lei. - Però non mi va di guardare e basta. Forse forse... - sorrise afferrando un grosso sasso scuro, soppesandolo. Scelse il suo bersaglio con cura, e lanciò, mirando alla testa del mago, che cadde a terra svenuto, un filo di sangue ad uscire dalla ferita alla tempia.
- Cosa? - gridarono i due rimasti, calandosi a terra con grazia, in mano le corte spade e un pugnale ricurvo. - Hai deciso di morire giovane, donna?
- Ho il triplo della vostra età, bambini. Non giocate con le armi, potreste farvi male... - ironizzò lei correndo verso di loro, le spade sguainate.
I colpi andarono a vuoti sulle lame, e Ihelena dovette faticare non poco per evitare i coltelli, macchie di luce nella notte. La lotta continuò silenziosa e veloce, ma nessuno dei tre riuscì a colpire l'avversario. Un urlo soffocato dalla radura vicina sembrò porre fine alla lotta. Uno dei due umani si caricò il compagno ancora svenuto o morto, mentre l'altro teneva impegnata la ragazza.
- Sei stata brava, ma non abbastanza, ennanali. Ma forse potrai ritentarci un altro giorno. - sorrise l'uomo, balzando in aria e scomparendo tra i rami, come aveva già fatto il suo compagno.
- Se credete di liberarvi di me così... - mormorò pronta a seguirli, ma una freccia le sibilò accanto all'orecchio sinistro, piantandosi nel legno poco lontano da lei.
- Fermo dove sei! O la prossima ti arriverà nella schiena
- Sono io, elfo del cavolo! E grazie per avermi bloccato. Mi hai appena fatto scappare tre uomini che stavano controllando i coboldi.
- Cosa stai dicendo, ennuanalih?
Lei sospirò, rinfoderò le lame.
- Lascia perdere, elfo. - una delle frasi dei tre sconosciuti le ronzava in testa, gridandole prudenza. - Li avete uccisi tutti?
- Certo. Ho sentito dei rumori e sono venuto a controllare trovando te. Dovevi essere al campo. Perché non sei là?
- Ho lasciato il mio amichetto cacciatore a divertirsi con i tre coboldi rimasti. Almeno fa un po' di esercizio.
- Non era il tuo compito essere qui. - ribadì Giacomo, comparendo dietro l'arciere. - Ma non stiamo a discutere adesso. Tutti al campo, vediamo se hanno fatto danni.
- Sì. Due pagnotte in meno e un pezzo di carne. Mastro Morion ha rischiato davvero di morire... - ironizzò lei.
- Se ti paga per uccidere formiche, tu lo fai, è chiaro? Altrimenti puoi anche andartene.
- Calma, calma Giacomo. Sono ben contenta se gli unici nemici sono queste mezze calzette. - rispose sorridendo la ragazza, preferendo tacere sui tre uomini.
Tornata la campo accarezzò un paio di volte il suo cavallo, mormorandogli poche parole, quindi tornò vicino al fuoco.
Nei giorni seguenti gli scontri con coboldi, alcuni archetti e altri esseri mostruosi della zona si fecero più intensi, permettendo ad ognuno dei combattenti di mostrare le sue reali capacità, ad eccezione di Ihelena, che aveva abbastanza esperienza per evitare l'uso della magia legata alle armi. Tra lei e Giacomo si formò una sorta di patto segreto durante i combattimenti, la potenza e la ferocia di lui erano il perfetto completamento della sua grazie e della sua velocità con le due spade ricurve. Anche i rapporti al di fuori delle lotte si intensificarono tra i due, sebbene rimanessero sempre su toni relativamente e forzatamente formali. Lui volle sapere da lei le sue esperienze, dove era stata nella sua lunga vita, ma alle stesse domande della mezz'elfa lui rispose evasivo, stuzzicando la sua curiosità, unita a qualcosa d'altro, a un sentimento che le impediva di pensare male di lui, che di notte la faceva svegliare con il cuore pesante non sapendolo accanto a lei. Quando ne parlò con Axel, la sua unica risposta fu un nitrito di scherno e alcune parole cattive contro l'umano, che provocarono l'ira di Ihelena, sebbene non sapesse il motivo.

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Una lacrima scese senza volerlo dagli occhi della mezz'elfa di fronte allo spettacolo di distruzione che si parava davanti a lei. La miniera era un campo di battaglia che mostrava un'inaudita crudeltà. Come tutte le miniere naniche, ospitava non solo i lavoratori, ma anche le loro famiglie, con mogli e figli. E figlie.
- Non ci credo...
- Anche io fatico a crederci. E adesso dove lo trovo il capomastro? - si lamentò Mastro Morion.
- Non credo che la donna intendesse in quel senso.
- Lo immaginavo, uomo del Nord. Comunque spero bene che qualcuno qui sia rimasto vivo per dirmi chi è in carica in questo momento.
La ragazza non stava ascoltando, gli occhi pieni solo delle macerie delle case e dei laboratori in pietra dei nani e dei cadaveri dei proprietari e dei mostri che erano riversi tra le pietre. Alcuni sembravano solo dormire, il volto come sereno, senza segni apparenti, altri versavano in condizioni pietose. Si soffermò con lo sguardo su una coppia, stesi vicino alla porta di quella che doveva essere la loro casa, la donna sopra il marito, accanto a loro il bambino, un piccolo di pochi anni. Si avvicinò, recitando mentalmente una preghiera in nanesco, una di quelle che le aveva insegnato suo padre, una di quelle che negli ultimi tempi con la sua famiglia aveva dovuto recitare spesso, a causa dei morti per i mostri che li attaccavano. La scena che si era parata davanti agli occhi quel fatidico giorno era identica a quella che aveva negli occhi adesso, se non per il fatto che lei non era accanto ai suoi genitori, non lo era quel giorno.
- Ero andata al fiume. Ero andata a divertirmi un attimo, a distrarmi dal nervosismo che potevo respirare in casa. E quando sono tornata, quello che ho visto era identico a questo. Era identico allo spettacolo di morte che ho di fronte a me ora. Gli stessi odori, le stesse immagini. Manca solo l'orco che ancora si aggirava per le case, e che mi ha fatto capire che io non ero solo una strana nana molto alta, e che il mio aspetto umano non era che una facciata. Ma quel mostro lo ha capito benissimo, quando le mie lame fatate lo hanno ucciso con molto meno dolore di quello che lui ha provocato ai miei genitori. - pensò, spostando la donna, scoprendo un taglio netto, non largo ma profondo, all'altezza del cuore. Un colpo di una lama che era entrata orizzontale tra due costole. - Il colpo di un professionista, non di un mostriciattolo. E poi dei nani che possono mettere su una miniera di tali dimensioni in questo posto decisamente non si fanno sopraffare da due coboldi, e nemmeno da un orco o due. - Il nano presentava segni diversi, unghiate parallele che avevano squarciato la pelle e i muscoli, portando allo scoperto le ossa, scheggiandole. - Umani con mostri. Conosco solo un gruppo di pazzi che si mischia ai mostri. E la cosa non mi piace per niente, anche perché mi torna tutto. E il quadro di insieme è peggio dei miei incubi.
Un movimento, impercettibile, ma un movimento destò la sua curiosità. Il dito della piccola e paffuta manina del bambino si era mosso, e ora un piccolo lamento si levava da quello che credeva un cadavere come gli altri.
- E' vivo! - gridò, spostando meglio i suoi deceduti genitori e voltando il corpicino, massiccio ma delicato, in quanto ancora in tenera età. - Qualcuno mi aiuti! E' vivo!
Nawalli corse immediatamente da lei, abbandonando l'osservazione delle ferite sui vari cadaveri, esterrefatto quanto gli altri due umani combattenti della crudeltà mostrata.
- Chi è vivo?
- Il bimbo. I suoi genitori lo hanno protetto, e lo hanno risparmiato, forse perché lo credevano morto. Vedi? E' sporco di sangue dei suoi, non sono stati a controllare.
- E poi è inerme. Ha sì e no la forza di far del male a una formica... - borbottò l'uomo, toccando delicatamente le braccia e le gambe, poi la testa del nano, lasciando per ultimo il tronco. Quando sfiorò il fianco destro il bambino ebbe un sussulto e si mise a piangere disperato, risso in viso. - Direi due o tre costole fratturate, nulla di grave. Anche un umano potrebbe sopravvivere, se con il dovuto riposo.
- Sopravvivrà senz'altro. Sono brutte bestie, i nani. Non muoiono mai subito. Li devi sempre sballottare un po'...
- Yelly, sei un lurido...
- Lo sarà, ma non è salvare piccoli nani il nostro compito. - la bloccò Guglielmo. - Abbiamo trovato anche noi un superstite, ci ha detto che i pochi nani rimasti hanno inseguito i mostri nella miniera. Erano molti e ben organizzati, ma loro sono stati forti e hanno resistito, e ora hanno anche da vendicare amici e parenti. Il capomastro è con loro.
- Ed è questo che mi interessa. - intervenne il commerciante di gemme, stranamente nervoso. - Mollate quel botolo sanguinante alla sua razza e vedete di trovare questo capomastro, difendendomi dai vari pericoli. Voglio solo una cosa del capomastro, e una volta ottenuta la sua firma, che crepino pure. E che si portino con loro tutti i mostri che vogliono. Meno lavoro per me e per i miei soldati quando verrò a pulirla dai cadaveri e dal resto che non mi aggrada.
Ihelena strinse i pugni, e digrignò i denti. Il suo braccio stava per scattare sul volto dell'uomo, ma venne bloccata dalla mano sulla spalla del mercenario. Lei si voltò, lo sguardo furente, ma qualcosa negli occhi di Giacomo la fecero desistere dal parlare e dall'agire.
- Saprà cosa fare. Quando torneremo sarà ancora vivo. Te lo prometto.
- E se noi non tornassimo?
- Ora hai un motivo per tornare, figlia di nani. Vendichiamo i suoi genitori.
- A te cosa interessa, mercenario?
- Prima di esserlo, sono un uomo, un uomo che ha dei principi. E il rispetto è tra questi. Credo che per te sia lo stesso, no?
Lei annuì, e si voltò verso l'entrata della miniera.
- Scenderò a cercare il capomastro e ad uccidere quelli che hanno fatto questo, ma non per la tua miniera. Per lui.
- Non mi interessa il motivo, basta che lo fai. Mi serve vivo. Non mi interessa del resto.
- Allora non ti dirò che io seguirò le sue motivazioni, non le tue. - esclamò il guerriero del Nord.
- E tu, cacciatore? Anche tu romantico e altruista? - rise l'elfo.
L'uomo non rispose, ma sollevò il corpicino del nano e iniziò a camminare verso una delle poche costruzioni ancora in piedi, dove un anziano nano zoppo stava cucendosi una ferita sul braccio, aggiungendo una cicatrice alle altre che ornavano la sua pelle.
- Torneremo. Se non è vivo, prenderò il tuo Diario. - gli disse.
- Non temere. Il mio Diario lo lascio a qualcun altro... - sorrise triste il nano. Scosse la testa. - Aiutati da umani e da elfi. E per cosa poi?
- Gemme, oro e chissà cosa altro nasconde questa miniera stupenda. - ghignò il mercante.
- Aughnet huugnar thartuat.
- Aherght? Nahher?
Lei annuì, sussurrandogli altre frasi nell'orecchio, frasi che gli illuminarono gli stanchi occhi e lo fecero annuire vigorosamente.
- Anertug. Anertug, nahnwer.
Quando uscirono il mercenario dallo spadone la guardò e scosse il capo sorridendo.
- Cosa vuoi?
- Niente, niente. Non ti sapevo così gentile. Sotto quella scorza dura batte un cuore tenero.
- Vogliamo vedere il tuo come è?
- Prima uccidiamo i mostri che hanno fatto questo. Hai visto i segni anche sui muri?
- Già. Non sono di normali mostri che girano da queste parti.
- Concordo. I tre segni paralleli possono dire solo una cosa. Credi di potercela fare?
- Tu cosa ne dici? - rispose con un sorriso triste toccando le else delle sue spade.
- Va bene. Nawalli rimarrà qui a proteggere Mastro Morion, che gli piaccia o no. Noi quattro scenderemo nella miniera. Ho una mappa che mi ha dato il vecchio. Sembrano diretti ad un punto specifico. Un punto dove sembra avessero trovato una strana pietra, come una sorta di parete costruita artificialmente.
- Murlite?
- Non credo. Dalle descrizioni del vecchio direi più facilmente una costruzione degli Oscuri. Un tempio, o una sepoltura. Mi auguro nessuna dei due.
- Siamo in due a sperarlo... - mormorò lei entrando nella galleria illuminata da varie torce, seguita dal cacciatore di evocati. Un paio di passi dietro di loro l'elfo, l'arco teso, la freccia incoccata.

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- Che puzza schifosa... Puzza di nani.
- Io non sento nulla. Non è la tua paura, Yelly?
- Zitti. Sento anche io qualche cosa. Non è puzza vivente. Qui ci sono esseri che non dovrebbero esistere.
- Cosa intendi, Nebulun?
- Evocati, Ihelena, evocati. L'odore della morte che non riesce a prenderli permea questo luogo, e se lo sento fin dall'entrata, quando arriveremo a vederli mi divertirò. Mi divertirò molto...
- Perché mi immaginavo una cosa del genere? Quello che non capisco è cosa ci facciano dei mostri del genere qui? Cosa li può spingere in una miniera nanica che sta per essere venduta?
- Tu cosa pensi?
- Non di certo quella cosa Oscura, Giacomo. Né le gemme, o l'oro.
- Mostri del genere sono comandati. Sono esseri che vengono evocati da potenti sacerdoti che hanno giurato morte agli dei. Io ne ho conosciuti alcuni. Gente che merita cose peggio della morte, peggio di ciò che il mio signore Murgo può dar loro.
- Gente come le Ombre Scarlatte?
- Feccia del genere mi fa schifo solo nominarla. Comunque sì. Quella è gente che sarebbe disposta a richiamare Keral stesso qui per qualche pezzo d'oro. Ma cosa ti spinge a pensare che ci siano di mezzo loro?
- Già, poppante bastarda, che cosa ti salta in mente?
- Yelly, decisamente io mi domando se gli elfi sanno che tu fai parte della loro razza. Perché se lo sapessero ti avrebbero già eliminato. Durante l'attacco dei coboldi ho visto tre figure, e guarda caso erano vestite esattamente come le Ombre Scarlatte. E poi ho alcune notizie che le riguardano e che le legano al nostro caro capo, il dolce mercante di gemme. I pezzi di questo rompicapo stanno tornando al loro posto.
L'elfo sbuffò schifato, scuotendo la testa.
- E la state anche ad ascoltare?
- A me interessa uscire vivo.
- Lo stesso vale per me. - disse Giacomo a bassa voce, quasi rimuginando altro. - E comunque la sua idea, la sua teoria è buona quanto un'altra. Sentiamo la tua, sapientone orecchielunghe.
Il semiumano non rispose, ma borbottò qualche cosa di indefinito nella sua lingua, continuando a seguire il gruppo che si spinse sempre più in profondità, sempre più in basso verso le viscere della montagna, finché non si poterono udire dei rumori di battaglia, metallo contro altro metallo, artigli contro scudi e pietra. E urla agghiaccianti.
- Per Reel, che cosa diavolo sono?
- Le Urlatrici! - gridò quasi eccitato il cacciatore di evocati. - Le Urlatrici. Ne avevo sentito parlare solo nei libri alla scuola, ma qui, qui sono in carne e ossa...
- Vuoi dire che si possono uccidere normalmente?
- Certo, mia giovane mezz'elfa. Sono donne normali, diciamo streghe di basso livello che però sono riuscite a richiamare potenti entità che le hanno possedute. Dovete solo stare attenti a non farvi urlare addosso.
- Fiato pesante, eh?
- Non credo intendesse quello, Ihelena.
- Era solo uno scherzo... - brontolò lei estraendo le spade gemelle, subito imitata dal guerriero.
Il cacciatore era già corso oltre la curva, la mazza in mano, un sorriso folle sulle labbra.
- Yelly, tu... - Giacomo si bloccò, vedendo che l'elfo era sparito. Non si erano accorti in che modo e da quanto tempo l'elfo era scomparso. - Bastardo...
- Non era un mio appellativo? Comunque concordo. - sorrise debolmente, per poi tornare serial. - Sento varie voci, alcune in nanesco, altre in lingue che non conosco...
- Una è di sicuro Oscuro, l'altra tiro ad indovinare ma credo che sia demoniaco.
- Oscuro?
- Ho avuto i miei scontri con loro, e qualche parola e la loro cadenza schifosa l'ho imparata. - Spiegò lui frettolosamente. - Se come penso Nebulun si è gettato sui pesci grossi, io mi occupo dei piccoli e tu metti in salvo i nani.
- Direi che visto che la magia la so usare io, tu metti in salvo i nani e io uccido tutto quello che mi capita a tiro.
- Ihelena!
- Perfetto, allora siamo d'accordo. - sorrise lei gettandosi oltre la curva e mettendosi ad urlare strane parole.
L'uomo scosse la testa e si gettò anche lui nella mischia, che era furiosa, anche se composta solo da una decina di esseri. Solo tre nani resistevano, riparati da grosse rocce che facevano da scudo a molti dei colpi sia degli evocati, sia delle Urlatrici e degli orchi. Il cacciatore di evocati era alle prese con un demone inferiore, un grosso umanoide dalle sembianze da rettile armato di lunghi artigli affilati come rasoi, a giudicare dai segni che lasciava sulle pareti. Ihelena arrivò alle spalle di una delle streghe, tutte con lunghi capelli increspati e elettrizzati come se mossi da un potente vento di tempesta, il volto scavato e gli occhi verdi e luminescenti in maniera oscena. Senza che l'essere potesse capire cosa l'aveva colpita, la lama fredda come la morte le trapassò la gola, strozzandola con il suo stesso sangue nero, che si congelò e cadde come cristalli di giaietto sul terreno.
- Certo che quando ci si mette... - borbottò il guerriero avvicinandosi ai tre superstiti, di cui uno ferito gravemente, un braccio rosso di sangue e inerte alla sua destra. - Voi! - gridò ai nani. - Forza, venite via di lì. Ci pensiamo noi ai mostri. Mettetevi in salvo.
- Se ce ne andiamo con un solo mostro vivo qui non si salverà nessuno, umano! - gridò il ferito. - Andatevene voi, finchè siete in tempo.
- Ma se siamo venuti a... - si interruppe vedendo una lama grossolana ma molto pesante e pericolosa passargli vino, mossa dal braccio ipertrofico di un orco che aveva visto in lui un nemico facile da uccidere. - Non vedi... - ringhiò, colpendo con il suo spadone l'avambraccio del mostro con un perfetto manverso, facendogli perdere l'arma. - che sto parlando... - un affondo alla gola scoperta bloccò l'urlo di dolore mutandolo in un gorgoglio indistinto. - con loro? Non è educato interrompermi...
L'orco cadde ai suoi piedi, senza vita.
- Hai dimostrato molta forza e bravura, umano. Forse abbiamo delle speranze con voi. Vieni qui, e aiutaci a difendere l'unica entrata ad una tomba maledetta.
- Oscura?
- Delle peggiori. Il nostro cultista, prima di morire mentre combatteva, ci ha detto che qui è sepolto un cadavere che può riprendere vita con la sua volontà, se sottoposto agli incantesimi giusti.
- Un murgothl oscuro. Un mago che si è ucciso per poter tornare in vita come non morto senza limiti di potere e di cattiveria. Non può succedere! - urlò spaventato Giacomo. I due nani, armati di asce bipenni e di una fine cotta di maglia che li ricopriva interamente, scura e contrastante con le lunghe barbe bianche intrecciate, uscirono allo scoperto e si affiancarono a lui. - Non devono raggiungere la tomba.
- Moriremo con te, umano.
- Non ce n'è bisogno, nani. Il mio dio vedrà solo i diari dei mostri che vedete qui e qualche nuovo cucciolo per il suo serraglio. Uno dei demoni l'ho già spedito alle sue Porte eterne, l'altro lo seguirà velocemente, il tempo di riprendermi... - disse sottovoce il cacciatore di evocati. - Il tempo di scaldarmi un secondo...
- Mahnght! - esclamò uno dei due nani indicando la schiena dell'uomo, che sembrò appoggiarsi alla parete e sospirare a fatica.
- Cosa... - osservò il guerriero, vedendo Nebulun cadere, parte della spina dorsale scoperta, il sangue gelato come la carne livida nelle vicinanze. - Per gli dei, ti ha colpito gravemente! Nebulun! Nebulun!
- Lasciami qui... - borbottò lui voltandosi sulla schiena, un tenue sorriso sulla bocca. - Sono morto mentre facevo quello per cui ho vissuto. Combattere per il mio dio, anche se i sacerdoti non... - tossì un paio di volte. - Loro non hanno mai capito che io... io ero... - inspirò un'ultima volta, ma non continuò, gli occhi spenti a vedere la battaglia scemare, gli ultimi orchi rimasti in fuga vedendo la potenza e l'agilità sovrumane di Ihelena e i cadaveri delle Urlatrici e del demone sulla dura pietra.
- Eri un ottimo seguace del Dio della Morte. Questo lo posso giurare sul mio Diario. - mormorò l'uomo.
- Il Drago nero leggerà felice la storia vergata con il sangue e l'acciaio di questo combattente. - continuò uno dei due nani.
- E conserverà il suo Diario davanti ad altri, perché i suoi occhi gioiscano nel vederlo. - concluse l'altro.
Un cozzare di artigli sul murlio delle lame della mezz'elfa ruppe il momento, e Giacomo potè vedere che per quanto fosse riuscita a reggere l'urto di un colpo diretto dell'evocato, non avrebbe potuto resistere ad un altro, tentando di proteggere il nano ferito e la tomba.
- Giacomo! - gridò, genuflettendosi all'ennesima zampata.
- Ihelena!
- No, vai via! Non puoi fare nulla con la tua lama. Non gli farebbe nulla. Non è magica. Vai via!
- Non posso...
- Vai via! - urlò evitando il colpo, ma cadde a terra.
L'urto le fece perdere le spade, rendendola indifesa. Chiuse gli occhi aspettando il colpo finale.
- Athrmaher entraeth! - pronunciò con voce stentorea il mercenario.
Lei sentì un suono crepitante e l'odore di carne bruciata, oltre a tonfo sordo vicino a lei. Riaprì gli occhi, mentre i tre nani stavano osservando basiti l'essere che una volta era Giacomo e che si trovava davanti a loro. Sebbene simile a Ihelena, la sua pelle era nera e vagamente lucida come i capelli, mossi da una sottile brezza che sembrava nascere direttamente da lui. I suoi palmi erano ancora illuminati da una luce scura e palpitante come il suo cuore impazzito, mentre la spada si trovava piantata nel petto dell'evocato che giaceva morto, colpito dal letale incantesimo oscuro che era stato gettato usando la pesante lama come se fosse stata un'antenna parafulmine.
- Giacomo? - domandò mentre si rialzava.
I due nani stavano aiutando il loro capomastro.
- Già. Credevi di essere la sola mezz'elfa della storia delle Terre? - sorrise lui, la voce sottile e come proveniente dai recessi di una caverna.
- Ma...
- Il problema di essere in parte elfo oscuro. Se uso i miei poteri mi trasformo in uno di loro per un po', a seconda dell'incantesimo che uso. Visto quello che ho fatto, mi terrò questo aspetto per giorni... - borbottò recuperando l'arma e mettendola via. - Sapevo in parte cosa stava tramando il mio capo, ma fino ad un certo punto non mi interessava. Ma poi qualcosa è cambiato...
- Cosa?
- Il mondo non mi vuole, sono in parte la razza più schifosa delle Terre e in parte umano, comunque un essere che non dovrebbe esistere, e allora che il mondo andasse negli Inferi del Nulla. Ma poi ho visto qualcosa, qualcuno per cui valeva morire. - Ihelena sollevò un sopracciglio. - Già. Che stupido eh? La tua determinazione, il tuo aspetto, il tuo modo di gestire la tua vita come un cuore libero da tutto, senza nasconderti come ho fatto io per questi trecento anni. Fulminato al primo sguardo. Ma non ho avuto il coraggio di dirtelo. Ho tentato di avvertirti, ma poi come mi hai trattato, quello che mi hai detto, e insomma... E poi le lunghe chiacchierate prima di arrivare qui, e le tue domande, e il pensiero che forse anche tu... Ma sono solo follie. Questo non è folle, e ora te lo posso dire. Tanto non mi vorrai e mi metterò il cuore in pace...
Lei lo guardò e lo colpì con uno schiaffo in pieno volto. Giacomo urlò di dolore e la guardò cattivo.
- E adesso te ne prendi un altro se dici un'altra fesseria. Non mi interessa cosa sei, ma cosa hai fatto, e quello che ho visto basta e avanza. Non giudico le persone dall'aspetto, altrimenti sai che sbagli.
- Stai dicendo che...
- Non correre, pellenera. - sorrise lei sorniona. - Un passo alla volta, e si andrà lontano. Abbiamo molti, molti anni per conoscerci, no?
- Già. E poi dovevo salvare una mia sottoposta, no? - sorrise.
Lei gli rispose con un gentile pugno sul braccio sinistro e annuì. Insieme aiutarono i nani ad aprire un varco nella parete della tomba e arrivarono al cadavere mummificato del mostro.
- Un colpo secco alla testa. Uno solo e di lui non resteranno che le briciole. - spiegò Giacomo.
- La mazza di Nebulun. Mi sembra appropriata. - esclamò la ragazza tornando nella caverna.
Il suo ritardo nel tornare insospettì gli altri, che controllarono, sebbene i due nani rimasero di guardia. La giovane era immobile vicino alla mazza ancora a terra, uno dei coltelli dell'elfo puntato alla gola. Quasi accanto a lui il mercante di gemme, che si stava stropicciando le mani per il nervoso.
- E tu chi sei? - chiese l'uomo, sgranando gli occhi. - Non dirmi che le Ombre Scarlatte non si fidano di me e hanno mandato uno dei loro scagnozzi a controllarmi. E soprattutto a uccidere le mie guardie.
- Uccidere? - decise di stare al gioco il mezz'elfo.
- Già. Credi che non abbia riconosciuto la spada di Giacomo? Che fine hai fatto fare a lui?
- Evitiamo di perdere tempo, Morion. I miei... i nostri capi vogliono fatti, e i fatti ce vogliono sono che quell'essere si risvegli. I nani non hanno ceduto la miniera con le lusinghe e i soldi, e a quanto sembra utilizzando il metodo preferito dalla mia gilda i risultati sono stati fin troppo positivi, decimando i possibili schiavi che avrebbero potuto estrarre gemme e oro da questa miniera.
- Elfo, non ripetermi quello che già so. Sono già abbastanza infastidito dalla mancanza di fiducia in me, dovendoti aggiungere al gruppo di mercenari, non ho bisogno anche un segretario. Sono ansioso quanto voi di chiudere questo contratto, e sperare di non vedervi mai più. - disse stizzito il mercante, estraendo una pergamena arrotolata. - Nano, vieni qui.
- Se credi che un pezzo di carta ti farà diventare il nuovo proprietario, sei più folle di una comunità elfica. Lo sai benissimo che non cederò mai. Questa è la mia vita, e dentro ci sono anche le vite di tutti quelli che l'hanno costruita rischiando, o a volte perdendo, la loro vita. Non la darò via solo per vedere altro dolore spargersi sulle Terre.
- Belle frasi, ma tanto dovrai firmare. Elfo oscuro, renditi utile e portalo qui.
Giacomo prese il braccio sinistro del nano e lo strinse leggermente. Questi si voltò e lo vide strizzare l'occhio impercettibilmente. Grugnì e si lasciò muovere. La pergamena fu srotolata, mostrando un contratto scritto in comune e in manesco.
- Schifo, devi firmare qui. - gli intimò Yelly puntando il pugnale libero quasi in fondo al documento, abbassando la guardia per un istante, più che sufficiente a Ihelena e a Giacomo per agire.
La mezz'elfa colpì con una potente gomitata lo stomaco del suo avversario, facendogli perdere uno dei due pugnali, mentre il compagno colpì con un gancio il volto dell'uomo, facendolo cadere a terra dolorante.
- Tutto tuo. - sorrise al nano, che allargò le labbra in un sorriso soddisfatto e cattivo, lanciandosi sul mercante di gemme come una fiera sulla sua preda.
- Traditore! - gridò l'elfo sfuggendo ad un calcio della giovane, rotolando a terra e rialzandosi. Durante la schivata aveva recuperato l'altra sua arma. - Chi sei?
- Il tuo capo, direi. Hai accettato un contratto con Mastro Morion come mercenario, agli ordini miei.
- Tu? Tu un... Per Keral, due ennuanalih nello stesso posto. La sfortuna mi perseguita. Ma vedremo di sistemare la cosa al più presto. Due ibridi non potranno mai arrivare a battere un essere puro come me.
Ihelena rise.
- Per uno come te non uso nemmeno la magia elfica. Sarebbe sprecata. Mi basta la rabbia che ho dentro, e che covo dal giorno dell'attacco dei coboldi. Sapevo che eri la spia, volevo solo capire quando ti saresti tradito. I tuoi cari amici nel boschetto me lo hanno fatto capire, chiamandomi con la storpiatura in comune del termine che tanto ami per definirmi. Non dovresti usarlo troppo spesso, tende a far cadere la lingua agli elfi.
- Ancora mi minacci, scherzetto della natura? - I due iniziarono a studiarsi, girando lentamente intorno, entrambi completamente disinteressati a quanto succedeva loro attorno, permettendo a Giacomo di recuperare dopo poco tempo la mazza, iniziando a correre verso la tomba. - Dove credi di andare tu? - gridò Yelly, lanciando uno dei coltelli, colpendo in pieno la zona della scapola sinistra del mezz'elfo, la sua armatura trapassata come se fosse stato burro a causa della potente magia che l'elfo vi aveva infuso precedentemente e che provocò una sorta di piccolo scoppio nella zona di impatto, gettando a terra l'essere, la carne e la protezione bruciacchiate e fumanti.
- Giacomo! - gridò Ihelena, correndo verso di lui.
- Stessa fine del tuo amico... - pensò l'elfo lanciando il coltello che gli rimaneva.
La lama si conficcò in uno dei foderi, fermata dal metallo magico delle lame, rilasciando il colpo quasi interamente nell'aria, comunque abbastanza potente da farla cadere a terra e perdere le armi.
- Ora mi sono davvero arrabbiata... - borbottò rialzandosi e iniziando a cantilenare qualcosa.
Corse verso il suo nemico, negli occhi un odio che l'elfo aveva visto solo combattendo contro dei nani o nello sguardo di Nawalli mentre la sua vita lo lasciava, il cuore trafitto da un delle sue frecce lanciate a tradimento. Si lanciò verso di lui, non dandogli il tempo di reagire, e gettandolo a terra, per poi saltare via con l'agilità sovrannaturale che aveva ottenuto con l'incantesimo che continuava a ripetere come una sorta di canto di guerra. Yelly si rialzò, cercandola alle sue spalle, ma un calcio ben piazzato tra i reni lo fece cadere di nuovo, urlante di dolore.
- Maledetta...
- Forza rialzati. Nono sono ancora soddisfatta, ho ancora tanto dolore da infliggerti. - gli disse la sua voce vino all'orecchio destro.
Lui si voltò, ma non vide nessuno, sentendo invece un dolore acuto e lancinante nel ginocchio sinistro. Il tacco aguzzo degli stivali della mezz'elfa era penetrato nella tenera carne dell'articolazione spaccandogliela. Iniziò a rigirarsi per terra, urlando come impazzito per alcuni secondi, riuscendo finalmente a controllarsi e a rialzarsi zoppicando, un rivolo di sangue quasi rosato a bagnare il tessuto dei pantaloni, rendendolo solo leggermente più scuro. Tentò di lanciare un incantesimo, ma il dolore pulsante della gamba era tale da impedirgli di completare la magia. Lei lo stava guardando poco lontano.
- Mi hai vinto... - mormorò. - Fai quello che vuoi con l'essere nella tomba e con tutti gli atri, ma lasciami in vita. Ti prego, risparmiami... - sussurrò, sperando di potersi riprendere abbastanza da colpirla a tradimento.
- Le preghiere riservale al tuo dio.
Si lanciò contro di lui. A un paio di metri saltò, atterrando con le mani e afferrando con le caviglie il collo. Incrociò i piedi e diede un violento colpo di reni mentre ruotava con le braccia su se stessa. Il risultato dell'azione fu che il collo dell'elfo si spezzò di netto e l'intero suo corpo fu fatto volare in semicerchio per poi cadere pesantemente su una roccia poco lontano da lei. Ihelena completò la rotazione sulle braccia e si rimise in piedi con un gesto aggraziato.
- Mai mettersi contro una danzatrice di lame che conosce la lotta a mani libere manesca... - sorrise.
Corse immediatamente da Giacomo. Respirava ancora, ma la ferita era molto grave.
- Ihelena... - rantolò.
- Non parlare...
- Tranquilla. So già che non vedrò il prossimo giorno. Quell'elfo ha avuto un'ottima mira...
- Sono certa che riuscirai a cavartela. Ho delle pozioni nello zaino che...
Lui scosse la testa, deglutendo a fatica.
- Su di me non funzionano. Sono un oscuro. Solo magia oscura funziona su di me... Ti chiedo solo una cosa.
- Giacomo, non puoi...
- Non lo voglio certo io, piccola. Così gira il mondo, sembrerebbe. Solo prenditi cura di Icaria. E'... E' speciale...
- E non sai quanto.
- Axel!
- E Icaria...- nitrì l'unicorno, spostandosi dall'entrata per permettere alla cavalla di avvicinarsi al suo padrone.
- Vedi cosa succedere a farsi abbindolare dagli occhi dolci delle mezze'elfe come lei? - chiese Icaria. Voltò il muso verso Ihelena. - Prendi due boccette dalla sacca sulla sinistra e fagliele bere. Alla svelta.
- Ma...
- A dopo le spiegazioni, poppante.
La giovane fece come le era stato detto, e con stupore e gioia vide la ferita sfrigolare e ricomporsi, finché solo un piccolo taglio rossastro fu visibile nel buco dell'armatura.
- Pozioni speciali. Costano una fortuna. Quasi un corno di leofante l'una.
- Evita di dire certe cose, o potrebbe venirmi in mente qualcosa sui pegaso.
- Calmi, calmi... - li fermò Giacomo rialzandosi. - Le scaramucce a dopo. Ora vediamo di finire la questione tomba e Oscuri. Vedo con piacere che il capomastro non ha avuto problemi ad avere la meglio su Mastro Morion... - ridacchiò.
- Giacomo, qualunque cosa tu sia, e tu Ihelena, dovete aiutarmi. Sono il vostro capo, dovete farlo. Fate firmare il contratto a questo nano e io dimenticherò tutto. Loro dimenticheranno tutto.
- Io ho un contratto che prevede che io protegga il proprietario della miniera. Che mi pare sia il nano, al momento... E non credo che lui abbia bisogno di aiuto al momento.
- E per quanto mi riguarda, io mi licenzio. Tieniti pure quello che mi devi. Ora ho una testa da spaccare. - concluse prendendo la mazza e sparendo nella tomba.
- E io ho alcune spiegazioni da ottenere...

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- E così abbiamo molte cose in comune io e te, e non solo il fatto che siamo mezzi umani e mezzi qualcosa d'altro.
- Già... - sorrise Giacomo, picchiettando il collo di Icaria due o tre volte.
- Effettivamente credevo di essere l'unico escluso dalla sua comunità.
- Beh, Axel, non darei loro tutti i torti, dopo averti conosciuto. - Lo prese in giro falsamente gelida il pegaso. - Il mio è un discorso diverso.
- Certo che quelli che hanno tagliato le tue ali sono stati delle carogne. Chissà cosa potresti fargli se tu li potessi rincontrare...
- Dubito. Il mio cavaliere li ha già uccisi come solo un mezz'elfo oscuro può saper fare.
- Non voglio saperlo.
- Anche la lotta nanesca comunque non è per educande, eh... - Lei sorrise. - Cosa ho detto?
- No, non per quello che hai detto. Mi stavo ricordando la faccia di Mastro Morion. Non era felicissimo. Mi piace ricordare i momenti divertenti di un'avventura.
- Vedrai come lo sarà quando le Ombre Scarlatte lo troveranno e decideranno di chiedere il conto per quanto è successo. Credo che cercherà la prima nave per le Oltreterre e sparirà per sempre.
- E tu, invece, che cosa pensi di fare?
- Non lo so. Ora sono disoccupato. Era una decina di anni che non lo ero. Girerò in cerca di un lavoro.
- Perché non diventi mercenario come me?
- Potrebbe essere un'idea... Ci penserò strada facendo.
- E che strada fai?
Lui sorrise e colpì ancora il collo di Icaria.
- Ho capito. - nitrì lei. - Direi che io e te, caro il mio unicorno, dovremo decidere che strada prendere. E che sia lunga, tortuosa e piena di letti matrimoniali.
- A me non spiace per nulla. Anzi... - sorrise il cavallo sfiorando con la sua coda quella dell'altra cavalcatura.
Le due code si attorcigliarono come un abbraccio.
   
 
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