Libri > Cronache del mondo emerso
Segui la storia  |       
Autore: but honestly    24/06/2012    1 recensioni
Tutto ciò che precede i primi cinque anni di vita di Adilicia sono sconosciuti persino a lei stessa. Fu ritrovata la prima volta presso il Promontorio Ultimo, a Nord, da un commerciante che la tenne con sé per circa un anno attraversando le numerose Terre del Mondo Emerso. Il loro viaggio si concluse ad Assa, dove il vecchio commerciante di nome Rovi si ammalò e non potè più prendersi cura della piccola. Qualche giorno dopo la loro giunta nella città, il viaggiatore morì. Adilicia non fu affatto segnata dall’evento, sebbene avesse passato ben un anno con lui. Ma la sua esperienza di viaggiatrice le fu utile per i giorni che seguirono. Vagò solitaria per altri venti giorni, fino a raggiungere e varcare i confini della Terra della Notte.
La sua nuova vita parte da quando, una mattina di luna piena, un bambino di nove anni dai capelli biondi e sbarazzini l’aveva scorta con gli occhi celesti tra gli alberi della Grande Foresta di Mool mentre si era allontanato dalla città per diletto. Si presentò come Sahan e prese Adilicia con sé senza che quella potesse controbattere.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Quando la bambina inizia a riprendere conoscenza è ormai sera. Il sole non le brucia più la pelle diafana: l'immenso calore si è ridotto ad un flebile tepore, piacevole, quasi confortevole. Tiene gli occhi ostinatamente chiusi, ha paura di ciò che potrebbe scorgere con lo sguardo. La fame è del tutto svanita, ora prova solo un forte senso di nausea e un dolore atroce alla nuca, dove ha probabilmente subito un forte colpo dopo la caduta. Lentamente riaffiorano i ricordi di poco prima, come bolle d'aria che salgono verso la superficie di un immenso lago. Il cerbiatto, il sangue, la sete, il desiderio irrefrenabile di dilaniare la carne della sua vittima. Il suo atto non somiglia affatto alla caccia per fame: la bambina sa perfettamente di aver compiuto un assassinio. E' terrorizzata e si lascia sfuggire un gemito, che attira l'attenzione di qualcuno. Una presenza di cui lei non si è accorta. Sente dei rumori soffocati, ovattati; solo a quel punto si accorge di non essere a terra, ma su una piattaforma in movimento, che viene scossa dalla presenza di piccoli ciottoli sulla via che percorre. Le sembra che il cuore sia rimasto immobile con lei, ad ascoltare ciò che la circonda, all'erta, pronto ad accelerare improvvisamente con una scarica di adrenalina. Si aspetta una voce gelida e sibilante ad assalirla, di qualcuno di potente che forse ha deciso di punirla per il suo peccato; hai dilaniato le spoglie di un cerbiatto che hai assassinato con le tue mani, hai bevuto il suo sangue! Le sembra di vivere la scena nella sua testa, come in un sogno, ma in cuor suo sente di essere sul ciglio di uno strapiombo senza fine. Quale creatura immonda potrebbe mai compiere un atto del genere!? Ma, al contrario delle sue aspettative, il tono di voce dell'uomo che la chiama è stanco, soffocato dagli anni, appesantito dalla fatica. «Sei sveglia?» ma la bambina resta in silenzio, immobile: non ha la certezza che lo sconosciuto stia parlando con lei. Però la domanda si ripete ancora una volta, le viene rivolta con un tono un po' più alto, intento a farsi sentire, e lo sconosciuto le sfiora un braccio. La reazione della piccola è immediata: sobbalza, poi socchiude gli occhi e lo vede. Anche stavolta la luce del sole mena fendenti ai suoi occhi, ma la bambina si impone di non farvi alcun caso e continua ad esplorare il volto dello sconosciuto. E' un individuo anziano, dalle guance scavate e il corpo curvo, vestito di abiti semplici, di colore scuro, con una giacca di pelle affatto pregiata e rammendata sul fianco in modo piuttosto approssimativo. Ha i capelli radi, bianchi e candidi, mentre le iridi degli occhi sono ormai chiarissime, quasi bianche, sembra che quello sguardo rasenti la cecità, eppure mantiene uno stato di tranquillità che diffonde come con un'aura, intorno a sé. La piccola è incuriosita dal suo aspetto, che le pare per qualche ragione insolito. Ancora una volta le viene posta una domanda: «Ti senti bene? Ti fa male qualcosa?». Lei esita appena a rispondere, ma lo sguardo del vecchio la scruta, le si posa addosso con delicatezza, ed è così gentile, quella premura, che per finire non può fare a meno di rispondergli: «Non mi fa male nulla.» mormora, con un filo di voce appena sufficiente a farsi intendere dall'anziano conducente di ciò che sembra essere un rozzo mezzo di trasporto: un carro. Mente, certo, la testa le fa ancora male, ma non ha voglia di pensarci. Vuole dimenticare quel che l'ha coinvolta poco prima e in alcun modo desidera che il suo soccorritore venga a conoscenza della sua colpa. Il vecchio si volta di nuovo e, con un'espressione quasi sollevata, si scusa per non aver potuto trovare un abito migliore da offrirle. «...quello che indossavi era da buttare.» precisò, gesticolando con la mano destra. Allora la bambina posa finalmente lo sguardo su di sé. Deve dargli ragione: non indossa più il vestito logoro e insudiciato che aveva macchiato col sangue del cerbiatto. Ora è avvolta in una coperta asciutta, bucata malamente per permettere il passaggio della testa e delle braccia, e legata alla vita con una fune. Sopra ancora, le è stata infilata una piccola giacchetta di pelle, molto simile a quella dell'uomo con cui sta instaurando una sorta di dialogo. Durante un breve periodo di silenzio, si guarda intorno, e nota che all'interno del carretto sono custodite molte pelli e giacche del medesimo materiale, così si chiede cosa mai possa farsi un uomo così anziano di tanti abiti tutti uguali fra loro, e soprattutto di misure così varie. Non le sovviene nulla, quindi porta lo sguardo su una delle nobili bestia che traina il loro veicolo. E' un cavallo, ma questo lei non lo sa. Per lei è un animale alto e orgoglioso, che tiene la testa in alto nonostante dimostri di avere un'età avanzata. Prova ad accarezzarlo, sporgendosi appena, e non appena ne tocca il manto soffice il destriero nitrisce e rallenta appena. E' ancora il vecchio a intervenire: «Vedo che ti piace il mio vecchio Hvases.» riferisce, a quanto pare, divertito dalla situazione «Ma non viziarlo troppo, è una bestia presuntuosa anche se ormai si approssima alla fine della sua lunga carriera. Non molto diverso dal suo collega, Thoon.». La piccola annuisce. Scruta Hvases con sguardo curioso, lo esplora, rimane incantata dal suo colore scuro, nero come l'inchiostro, e dai suoi occhi celesti che un tempo avrebbero dovuto essere grandi e brillanti, ora stanchi e spenti, ma pur sempre affascinanti. I due viaggiano per molto tempo, la piccola non sa dire quanto, ha perso la cognizione del tempo da quando si è addormentata dopo il misfatto. Il vecchio non osa domandarle alcunchè riguardo ciò che ha sospettato nel soccorrerla, piuttosto si mantiene in religioso silenzio finchè non raggiungono, verso sera, una cittadina piccola, arroccata sul pendi di quella che sembra una montagna. La piccola è stupita: non si era accorta di aver viaggiato così in alto e questo l'affascina. Vorrebbe chiedere perchè esistono di questi promontori, ma non sa con che nome rivolgersi all'anziano che l'accompagna, non ne conosce il nome. Allora si limita a puntargli contro lo sguardo, aspettando di attirare la sua attenzione, e l'evento non si fa attendere troppo. Il mercante si accorge subito degli occhi incuriositi della bambina e subito apre un discorso: «Perchè non mi chiedi semplicemente cosa vuoi sapere?». La risposta arriva immediata: «Non so che nome devo usare.». Il vecchio ferma il carro presso le porte della città, discute qualche secondo con le guardie, che lo lasciano entrare rendendolo libero di fornire responsi alla sua piccola ospite. «Il mio nome è Rovi. Sono un mercante di pelli.» così anche il dubbio sul mestiere dell'uomo è immediatamente messo a tacere. Un mercante di pelli, così anziano, è un'immagine che induce la bambina a provare un profondo rispetto per la sua figura. «Il mercante di pelli Rovi.» ripete, per aiutarsi a memorizzare il nome. Una volta entrati nella città, le viene riferito che si tratta di un piccolo villaggio chiamato Rasburg, dove pernotteranno per quella notte, prima di intraprendere un piccolo viaggio verso il porto di Giafta, da cui poi sarebbero ripartiti per raggiungere Barahar. Nessuno di questi nomi le è noto. Si limita ad annuire. Dopo aver sciolto la briglia di Hvases dal carro, Rovi fa lo stesso con Thoon e chiede alla sua soccorsa di attenderla mentre lo porta a rifocillarsi nella stalla. «Tornerò tra poco.» assicura, mentre si allontana lentamente. Si sono fermati nei pressi di una piccola locanda, una donna aspetta presso l'entrata che il mercante abbia finito di occuparsi del cavallo, poi scambia poche fugaci parole con lui e, con un lieve sorriso, rientra nel locale. Rovi pare tornare al carro con aria vagamente perplessa, poi con un piccolo sforzo aiuta la bambina a scendere. Per qualche istante restano immobili davanti al carretto, che viene poi portato via da quattro uomini, probabilmente lavoranti anch'essi alla locanda, mentre il vecchio si massaggia la schiena, esausto. Alla sua età basta poco per affaticarlo, soprattutto dopo un lungo viaggio, nonostante si sia mantenuto piuttosto robusto. In effetti, la piccola non si era accorta di quanto potesse essere alto, nonostante la schiena ricurva. Era un uomo possente nonostante gli anni l'avessero rovinato. Poi si china verso di lei, fino a poterla guardare negli occhi. Solo allora il vecchio si accorge del colore innaturale dei suoi occhi: uno vermiglio, l'altro zaffiro. Sembravano due pietre preziose, due gemme, incastonate nel suo volto diafano. Ne resta ammaliato per qualche secondo, incapace di aprir bocca. Le pone finalmente una domanda, che la lascia senza parole: «Allora, qual è il tuo nome, invece?». La bambina non risponde, non perchè non voglia, ma perchè nella sua mente non c'è nessuna informazione che corrisponda alla richiesta. Non si era accorta, fino a quel momento, di non ricordare il suo nome. Si concentra, cerca una risposta, non la trova. Un senso di inquietudine la assale e balbetta con voce fioca: «N-Non lo so...». Rovi sembra sorpreso dalla risposta che gli viene fornita. Allora gli pone altre domande, sulla sua famiglia, sulle sue origini, sulla terra da cui proviene, ma ogni risposta segue l'altra sempre identica alla precedente. «Non lo so... non me lo ricordo.». Tutto si ferma a quella mattina soleggiata, sulla spiaggia, dove ha scoperto di essere cieca da un occhio, dove ha scoperto l'orrendo piacere dell'uccidere e ne ha sperimentato lo sporco potere. La bambina non ha un nome. Non ha un passato. Senza ciò, Rovi sa di non poterle donare neanche un futuro. Deve darle un nome, a questo punto, e ciò non si presenta come un problema. Il pensiero ricorre subito alla sua defunta moglie, la sua amata compagna di vita, Desia, che per molto tempo aveva desiderato una figlia senza poterne mai concepire. Se arrivasse un dono del cielo, senz'altro il suo nome sarebbe Lilith. E subito gli fu chiaro come avrebbe potuto rivolgersi alla piccola sconvolta dalla sua amara scoperta. «Il tuo nome è Lilith.» proferisce, forse arrogandosi un diritto che non possiede, ma la bambina sembra alquanto soddisfatta di avere un nome. «Finchè sarai con me, sarà questa la tua identità. Tu sei Lilith, e d'ora in poi, questo sarà il tuo prezioso nome. Ti prego di averne cura.». Si avviano, poi, verso la locanda. Il pensiero di Rovi corre subito a Desia, e ad un miracolo che non si sarebbe mai compiuto, senza il suo prodigioso intervento.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Cronache del mondo emerso / Vai alla pagina dell'autore: but honestly