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Autore: Zoe43    25/06/2012    4 recensioni
-Ma perchè le mie opinioni, i miei desideri non contano mai?!?- mi ribellai. Cercai di mantenere un tono di voce moderato, non volevo infastidirlo troppo.
 
Paul si massaggiò le tempie con due dita e si strofinò il viso con una mano. Chissà a cosa pensava in quel momento: probabilmente si stava dando dell'idiota per aver deciso di fare da tutore ad uno come me. Non facevo altro che creare problemi. Come non biasimarlo.
 
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Louis Tomlinson, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'asfalto nero e bagnato dalla pioggia, le nuvole gonfie e grige nel cielo sempre pronte a piangere, la coda di macchine rumorosa e chilometrica. Bradford, la mia città, la mia vita. Adesso stava per diventare probabilmente solo un semplice, squallido ricordo.
 
Una mano grande e calda si posò leggiadra sulla mia spalla. Il suo odore di sigaro me l'avrebbe fatto riconoscere tra mille.
 
-Zayn, dobbiamo andare.- Paul, il mio pazientissimo tutore, parlò cautamente, con una dolcezza che non si addiceva alla sua voce roca e profonda.
 
-Non voglio andare via.- dissi in un sussurro senza voltarmi. Il mio sguardo fisso fuori dalla finestra della mia stanza. Alle mie spalle un sospiro. Il suo respiro incandescente sul mio collo.
 
-Ne abbiamo già parlato.- Stavolta parlò con un tono di voce più freddo e serioso, forse anche un pò esasperato. Mi voltai verso di lui perforando i suoi occhi con i miei.
 
-Paul, ti prego..- La mia ennesima supplica.
 
-No, basta. Ormai è deciso. Non fare storie.- Il suo ennesimo dolce rimrovero. Doveva averne abbastanza di me. Di sicuro, avrebbe voluto starsene da un'altra parte invece di gestire uno stupido "ragazzo prblematico". Ero stato definito così da tante e tante persone.
 
Sbuffai e nascosi le mie iridi, calando su esse le mie palpebre stanche e pesanti.
 
-Ma perchè le mie opinioni, i miei desideri non contano mai?!?- mi ribellai. Cercai di mantenere un tono di voce moderato, non volevo infastidirlo troppo.
 
Paul si massaggiò le tempie con due dita e si strofinò il viso con una mano. Chissà a cosa pensava in quel momento: probabilmente si stava dando dell'idiota per aver deciso di fare da tutore ad uno come me. Non facevo altro che creare problemi. Come non biasimarlo.
 
-Zayn, per favore smettila! E' la cosa giusta per te e per le tue sorelle e non voglio sentire altre storie. Ora prendi le tue valige e andiamo via.- mi intimò. La cosa giusta. Non ne ero poi così sicuro. Abbandonare Bradford, la mia città natale, posto in cui ero cresciuto, in cui avevo fatto amicizia, in cui avevo vissuto davvero. Perchè lasciarmi tutto questo alle spalle? Pearchè era la cosa giusta, diceva lui. 
 
Paul uscì a passo veloce dalla mia stanza ed io afferrai le mie due valige e mi diressi sulla soglia della porta. Guardai per l'ultima volta quella camera che era stata da sempre il mio rifugio, la mia salvezza. E adesso non ci sarebbe stata più.
 
Uscii di casa e, senza guardarmi alle spalle, salii sulla Jeep bianca di Paul ricacciando indietro le lacrime.
 
Doniya, la mia sorella maggiore mi guardò sorridendo tristemente. Forse, solo lei capiva il mio stato d'animo.
 
Paul mise in moto e per un pò l'abitacolo fu immerso nel silenzio, nel quale le mie sorelle si addormentarono pesanetemente.
 
-Allora..- cominciò Paul guardandomi dallo specchietto retrovisore. -Hai fame? Ci fermiamo per mangiare qualcosa, che ne dici?- domandò. Feci un respiro profondo. Odiavo quando cercava di distrarmi.
 
-No, non ho fame.- risposi e ripresi a guardare fuori dal finestrino. Gli alberi sfrecciavano veloci i lati della strada e la pioggia batteva forte sul tettuccio della macchina. Mi dava il mal di testa.
 
Paul respirò prfondamente prima di parlare.
 
-Zayn, dovrai pur mangiare prima o poi! Sei pelle e ossa, ragazzo mio!- esclamò sollevando le sopracciglia scure.
 
-Ti prego, Paul non cominciare! Vorrei essere lasciato in pace, se non ti dispiace.- mi lamentai. Dovevo essere davvero noioso 
 
Dopo la mia richiesta, l'auto cadde nuovamente nel silenzio, spezzato solamente dai respiri lenti e profondi di Doniya, Waliyha e Safaa. Poco dopo mi addormentai anch'io e il mio sonno fu tormentato come al solito da incubi e brutti pensieri. 
 
 
 
Non so dopo quanto tempo, quante ore o quanti minuti, le mani magre di Safaa, la mia sorella più piccola, mi scossero avanti e indietro per le spalle.
 
-Zayyyn! Svegliati!- continuava a urlare con la sua voce petulante. Aprii un occhio e fuori dal finestrino, notai, con mia grande sorpresa, che il sole splendeva e della pioggia non vi era neanche l'ombra. 
 
-Eccoci arrivati nella splendida città di Doncaster.- annunciò entusiasta Paul, aprendosi in un sorriso gioioso. Paul era nato lì e poi si era trasferito a Bradford in cerca di fortuna, ma diceva sempre quanto gli mancasse la sua città d'origine. 
 
Superammo pianure incantevoli e verdeggianti, per poi arrivare all'interno della città. Dovevo ammetterlo, era davvero accogliente: così luminosa e piena di vita, i 67.000 abitanti passeggiavano felicemente per le strade pulite e ben tenute di Doncaster, il sole splendeva nel cielo e ogni casa che superavamo sembrava una villa, talmente era bella ed elegante. La macchina sfrecciò accanto a quartierti favolosi e a centri commerciali enormi. La bellezza e la serenità di quella città mi sorpresero. Niente a che vedere con la buia e cupa Bradford. Ma avrei rinunciato a tutto quello splendore pur di star nella mia Bradford per sempre, per tutta la mia triste e ormai vuota vita. 
 
Paul parcheggiò la sua Jeep davanti a una catapecchia che non so come facesse a reggersi in piedi. Era una casa piccola e trasandata, contornata da un giardinetto per niente curato, pieno d'erbacce e foglie secche e abbandonato a se stesso.
 
Mi coprii il viso con una mano. -Vi prego ditemi che non è vero.- sussurrai afflitto.
 
-Questa sarebbe la nostra nuova casa?!?- esclamò schifata Waliyha, guardandola dall'alto del tetto a punta verso il basso della porta con la vernice verde scuro quasi del tutto scorticata. 
 
-Dai ragazzi, non è mica così male! Una mano di pittura di qua e una tosatura di là ed è a posto!- si giustificò Paul.
 
-Stai scherzando, vero?!?- sbottai. Mi ero trattenuto da quando mi avevano annunciato che ci saremmo trasferiti, ma questo era troppo. -E' uno schifo, Paul. Non è una casa, è una capanna con un tetto in legno.- urlai. Quattro paia di occhi mi fissarono sbalorditi e confusi: era raro che perdessi le staffe, ma da quando quella fatidica e lontana tragedia aveva inflitto le nostre vite, tutto era cambiato. Compreso me.
 
-Ma dai non fare il melodrammatico! Renederemo questa casa una reggia.- cercò di tranquillizzarmi Doniya. Lei era una persona molto creativa e piena di fantasia, adorava i colori e tutto ciò che esprimeva gioia. Era l'esatto contrario di me. Forse per questo motivo andavamo così d'accordo e la consideravo la mia migliore amica.
 
-Sì, certo.- borbottai e mi diressi verso la "casa".
 
L'interno, se è possibile, era ancora peggio dell'esterno: pezzi di intonaco sul pavimento, muri dipinti a tratti di un verde catarro che dava il volta stomaco, una puzza di muffa insopportabile, mobili rotti o inesistenti e polvere e ragnatele dapperttutto.
 
-Wow, davvero splendida.- commentai ironico. -Sono proprio curioso di vedere la mia stanza. Di sicuro sarà fantastica.- Alzai gli occhi al cielo e posai le mie valige al centro del "salotto" spoglio. 
 
-La tua è la seconda e destra.- mi spiegò Paul, ignorando i miei commenti. Salii lentamente le scale scricchiolanti ed entrai nella mia nuova stanza. Non mi sorpresi quando constatai che era un orrore: un letto attaccato alla parete sinistra, un piccolo comodino in legno lì affianco, una scrivania su cui vi era un computer vecchio del 1300 a.C. nella parete a destra e una libreria stracolma di libri e giornali. Tutto il resto era il regno della polvere e del vuoto.
 
 Mi avvicinai e presi a sfogliarne uno a caso, finchè non m'imbattei in un giornale in particolare. La foto in bianco e nero al centro della pagina ritraeva un uomo e una donna: lui sorrideva felice, scoprendo i denti bianchi ed estremamente dritti, nei suoi lineamenti dei tratti orientali, le labbra della donna accanto a lui invece erano increspate da un leggero sorriso e cingeva le spalle dell'uomo con un braccio esile. I miei occhi già offuscati dalle lacrime scesero lungo la didascalia, al di sotto della foto.
 
 
 
 
"Il rovinoso incidente stradale che ha tenuto l'intera città di Bradford incollata ai televisori che trasmettevano la morte atroce e lenta dei due, marito e moglie, genitori di quattro figli, ha commosso e rattristato tutta l'Inghilterra. La notte del tre dicembre dell'anno scorso, i coniugi, lei inglese e lui anglo-pakistano, tornavano alla loro abitazione a bordo della loro macchina dopo un'uscita in compagnia di qualche collega di lvoro. Quella notte pioveva a dirotto: la pioggia insistente e che sembrava infinita, i tergicristalli deboli e troppo lenti e una leggera distrazione hanno causato la tragedia: la macchina si impantana in una profonda pozzanghera di fango. Gli sportelli sono bloccati, i finestrini si abbassano di pochi centimetri, l'uomo e la donna sono intrappolati.
 
-Dal terrazzino di casa nostra abbiamo visto in lontananza una luce, una fiamma probabilmente di un accendino, muoversi da destra verso sinistra, ma non ci è assolutamente venuto in mente che potesse essere un modo per farsi notare, per chiedere aiuto.- Queste sono le parole dell'uomo che quella notte ha visto il tentato richiamo d'aiuto dei due malcapitati.
 
-Hanno provato a farci capire. Hanno utilizzato un accendino per farsi notare nell'oscurità, hanno anche acceso e spento più volte quella che sembrava una pila. Nessuno ha capito che stavano chedendo aiuto. Forse se fossi andato a controllare, avrei potuto salvarli.- dice un'altro uomo che quella fatidica notte ha assistito inconapevolmente alla morte straziante e lenta di marito e moglie. Ora i loro figli sono affidati ad un tutore, Paul Gibens, uno stretto amico di famiglia.
 
-Non hanno altro che me.- dice Gibens. Infatti, i coniugi non avevano parenti di alcun tipo, neanche lontani, perciò i loro quattro figli, Doniya, Zayn, Waliyha e Safaa sono ora affidati all'uomo.
 
-La cosa migliore per loro è cambiare città, devono respirare aria nuova, schiarirsi le idee.- afferma Paul. Infatti, i fratelli Malik si stanno trasferendo, accompagnati dal loro tutore, nella città di Doncaster.
 
-E' la città della mia infanzia, la conosco ed è un buon posto per viverci.- dice ancora Gibens. 
 
La tragedia della famiglia Malik, ha colpito e fatto sentire in colpa molti abitanti di Bradford. Ai funerali dei coniugi sarà presente quasi tutta la città per rendere onore ai due sfortunati e porgere in un certo senso le più sentite scuse per non aver compreso il loro bisogno d'aiuto."
 
 
 
 
La fine della mia vita era racchiusa in quelle poche righe, in quelle dolorose parole. Buttai il giornale per terra e le mie gambe cedettero, come esauste dopo una corsa sfrenata. Le mie guance si bagnarono in pochi secondi, il naso prese a punzecchiarmi, gli occhi non riuscirono a trattenere le lacrime che strabordarono dalla gabbia delle mie palpebre senza ritegno, senza pudore, senza il mio permesso. E pensare che qualche mese prima non mi sarei mai permesso una simile debolezza, eppure, in quel momento, dopo aver riletto per l'ennesima volta quello stupido articolo, sentivo nuovamente che la mia vita non aveva più un senso da quando loro non c'erano più, da quando Paul mi aveva costretto ad abbandonare Bradford, l'unico legame che avevo con i miei genitori, l'unica cosa che mi ricordava che erano esistiti davvero.
 
Quante sedute da psicologi di tutti i tipi ero stato costretto ad intraprendere e il loro esito era sempre lo stesso: "La morte dei suoi genitori è stato un duro colpo per Zayn, adesso si sente inutile, solo e depresso, ha bisogno di compagnia e distrazioni. Pensiamo che darà qualche problema, considerato anche il fatto che era contrario al trasferimento. La sua mente è un subbuglio di pensieri e preoccupazioni, faticherà a venir fuori da questa situazione, mentre le sue sorelle hanno in un certo senso superato la morte dei loro genitori. Zayn per adesso è irascibile, nervoso e triste. Molto, molto triste."
 
Per non parlare dei commenti dei miei insegnanti riguardo il mio comportamento in classe:
 
"Zayn Malik è un ragazzo problematico, ha seri problemi ad ascoltare e a partecipare. E' sempre nel suo mondo e non fa altro che rispondere male a noi professori."
 
Paul cercava sempre di spronarmi a cambiare, ad andare avanti ma le sue parole mi entravano da un orecchio e mi uscivano dall'altro. Non ci riuscivo, era più forte di me. La morte dei miei genitori era stato un tale shock...Non sarei mai riuscito a superarlo.
 
 
 
 
 
 
 
Arrivò l'ora di cena e tutti ci accomodammo attorno al tavolo instabile e sgangherato della piccola cucina. Paul aveva ordinato la pizza. Mangiai tre fette della mia e mi sentii subito pieno. Mi alzai dalla sedia e mi stiracchiai, desideroso di mettermi a letto e dormire. Dormire, dormire, dormire.
 
-Dove vai? Non hai mangiato niente.- mi fece notare Paul.
 
-Sono sazio, vado a letto. 'Notte.- Dicendo ciò mi defilai a passo svelto, non lasciando al povero Paul il tempo di ribattere o di provare a costringermi a mangiare, com'era solito fare da un pò ormai. 
 
Mi buttai sul mio letto e chiusi gli occhi. Mi girai  e rigirai nel materasso scomodo, le cui molle mi perforavano la schiena, con le immagini dell'incidente dei miei fisse nella mia mente. Cominciai a sudare e a piangere senza che me ne accorgessi, finchè non fui preso da un conato di vomito e corsi in bagno. Ributtai quel poco di pizza che avevo buttato giù e litri e litri di bile. Dopo la vomitata, mi lavai i denti e mi rimisi a letto. 
 
Cercai di concentrarmi su pensieri felici, ma poi mi ricordai di non averne nemmeno uno. 
 
Chiusi gli occhi e sperai, come facevo ogni notte, che i miei genitori tornassero da me e mi portassero via con loro, ovunque fossero, anche all'Inferno.
 
Sento che sto andando in frantumi.
  
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