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Autore: Zoe43    26/06/2012    1 recensioni
-Ma perchè le mie opinioni, i miei desideri non contano mai?!?- mi ribellai. Cercai di mantenere un tono di voce moderato, non volevo infastidirlo troppo.
 
Paul si massaggiò le tempie con due dita e si strofinò il viso con una mano. Chissà a cosa pensava in quel momento: probabilmente si stava dando dell'idiota per aver deciso di fare da tutore ad uno come me. Non facevo altro che creare problemi. Come non biasimarlo.
 
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Louis Tomlinson, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella mattina mi svegliai completamente sudato, ma anche maledettamente di malumore. D'altronde era ormai da un sacco di tempo che non mi svegliavo felice. Non ricordavo più com'era stare bene, essere sereni così, senza un perchè.
 
Al piano di sotto udivo perfettamente le risa di Safaa mentre giocava con Doniya e Waliyha. Spesso, mi trovavo ad invidiarle: loro erano serene e in pace con loro stesse, erano riuscite a superare, almeno in parte, la morte dei nostri genitori, invece io no. Perchè? Forse ero davvero un ragazzo con seri problemi.
 
La porta della mia stanza si aprì lentamente e sulla soglia apparve un Paul tutto sorrisi con in mano un vassoio stracolmo di pietanze.
 
-Hey, bello!- mi salutò. -Come abbiamo dormito stanotte?- 
 
-MMh.- risposi solo. Paul non perse il sorriso. A volte mi chiedevo come facesse a sopportarmi, a riuscire a mantenere la calma davanti a una persona depressa e svogliata.
 
-Guarda che ti ho portato.- disse avvicinandosi al mio letto e poggiandomi il vassoio sulle ginocchia. -Queste ciambelle sono fantastiche!- spiegò indicando i dolci ricoperti di cioccolato.
 
-Grazie, Paul ma non ho fame.- risposi con la voce impastata dal sonno. In quel momento le sue labbra tornarono ad essere una linea dritta. Sospirò forte e si sedette sul bordo del mio letto.
 
-Zayn, per favore. Non hai più due anni. E da mesi che mangi poco e niente, stai dimagrendo ogni giorno di più, sei debole...Mangia, figliolo, fallo per me.- mi spronò. Disse quelle parole con una tale tristezza negli occhi che mi venne da piangere. Ma perchè ero così? Perchè esistevo?
 
-No.- borbottai e mi alzai dal materasso. Barcollai fino alla porta ma la voce di Paul mi fece fermare.
 
-Aspetta.- disse. Non mi voltai, ma tesi le orecchie. -Non è digiunando che loro torneranno da te, Zayn. Devi capire solo questo.- mormorò. 
 
Strinsi i pugni e chiusi gli occhi, il mio corpo si irrigidì, i miei muscoli si tesero pronti a scattare. Se fosse stato un'altra persona l'avrei già riempito di botte, ma dovevo troppo a Paul per prenderlo a calci.
 
Mi voltai di scatto e mi avvicinai a lui. Era più alto di me di vari centimetri e la sua mole invidiava quella di un body bilder.
 
-Non ti azzardare a ripeterlo, capito?!?- ringhiai. -Pensi che io sia uno sciocco, vero? Bè forse lo sono ma non così tanto da smettere di mangiare per farli tornare da me! Non ho fame, Paul! N-on-h-o-f-a-m-e!- sillabai l'ultima frase per far sì che gli entrasse nel cervello.
 
-Ma chi vuoi prendere in giro, eh?!?- rispose lui alterandosi. -Credi che io non riesca a capire quanto sia difficile? So che è una cosa terribile ma non per questo devi lasciarti andare in questo modo, Zayn!- Ormai la sua voce si era alzata di un ottava e rimbalzava tra le pareti della mia squallida stanza.
 
Mi lasciai andare ad una risata amara, priva di divertimento.
 
-Cosa vuoi che faccia? Vuoi che mi metta a saltellare e a fischiettare? I miei genitori sono morti, cazzo!- ribattei pestando un piede per terra.
 
Ben poche volrte sorgeva questa discussione tra me e Paul, ma quando accadeva erano guai per chi ci stava attorno.
 
-Se servisse a farti stare bene sì, vorrei che lo facessi!- rispose abbassando leggermente il tono di voce. -Zayn, senti io ti voglio bene come fossi mio figlio, sei un bravo ragazzo ma c'è qualcosa che non va. Non ci stai riuscendo, non stai riuscendo ad andare avanti. Penso che non ci tu non ci stia neanche provando.- Ora il tono della sua voce era tornato basso e roco.
 
Mi tappai il viso con le mani e feci vari respiri profondi per calmarmi. Il mio respiro caldo mi faceva sudare la faccia.
 
Non risposi e mi chiusi in me stesso, come facevo ormai da tempo.
 
-Sai ciò che dovrai fare se non riesci a superare questa..cosa. Lo sai meglio di me.- continuò Paul paterno. 
 
Certo che lo sapevo. Sarei andato dritto dritto sulla poltroncina di uno strizzacrevelli, da altri psicologi e poi in ospedale. La depressione è una malattia. E io sono affetto da questa malattia.
 
-No, non ci vado.- dissi.
 
-E allora sforzati di scavalcare il muro che ti sei costruito da solo e in cui sei rinchuiso. Esci, divertiti, vivi la tua vita..- continuò imperterrito.
 
-E con chi cazzo dovrei uscire?!?- sbottai esasperato. -Non ho un cazzo di amico in questa città! Tu mi hai voluto portare via da Bradford e adesso mi dici anche di essere felice?! Pff!-
 
Paul sgranò gli ochhi marroni e puntò le sue mani sui fianchi.
 
-Ma ti rendi conto di quel che dici?!?- domandò sbalordito. -A Bradford non uscivi più con nessuno, non avevi più una santa vita sociale! E hai anche il coraggio di darmi la colpa! Senti, fatti un esame di coscienza e poi ne riparliamo.- Dicendo ciò uscì a grandi passi dalla mia stanza e mi lasciò solo. 
 
Afferrai il comodino posto accanto al mio letto e lo scaraventai contro la parete opposta, mi strappai i capelli e urlai come un animale. Doniya, Waliyha, Safaa e Paul non vennero a vedere che succedeva perchè sapevano alla perfezione che in quei momenti non ero lucido ed ero accecato dalla rabbia e dal nervoso e avrei potuto ucciderli. 
 
Il mio braccio andò dapprima indietro e poi scattò in avanti: la mia mano si scontrò al muro, creando crepe tutte intorno al punto colpito. Le mie nocche si ruppero con un sonoro "tac" e un dolore lancinante si impossessò di tutto il mio braccio. 
 
Caddi in ginocchio e gridai di dolore con tutto il fiato che avevo. I miei denti andarono a mordere con ferocia il mio labbro inferiore per bloccare le urla e il sapore del sangue mi invase il palato. La vista mi si offuscò e, nel tentativo di alzarmi, andai a sbattere contro il letto e poi l'armadio.
 
Come una furia, Paul entrò nella mia stanza e mi prese con facilità tra le sue braccia estremamente muscolose.
 
-Cosa ti fa male? Il braccio?- chiese allarmato mentre si fiondava al piano di sotto a una velocità disumana.
 
-La mano.- gracchiai piagnucolando.
 
Chiusi gli occhi e mi lasciai andare tra le braccia del mio amato tutore, cullato dal suo respiro veloce e dal suo cuore che batteva forte nel mio orecchio sinistro, poggiato al suo petto possente e largo.
 
-Ma che ti viene in mente?!?- esclamò mentre guidava velocemenete verso il pronto soccorso o la guardia medica. -Un giorno mi farai impazzire.-
 
Scusa. Scusa di tutto, Paul.
 
 
 
 
 
 
 
-Ok, abbiamo finito.- annunciò il dottore lisciando con un dito il gesso che mi ricopriva l'avambraccio e la mano destra.
 
-Per quanto dovrò tenerlo?- chiesi. Quando parlavo alle persone che non conoscevo, riuscivo a cogliere la tristezza nella mia voce, così spenta e cupa. Chiunque avrebbe capito che ero disperatamente triste.
 
-Un mese, ragazzo.- rispose gentilmente.
 
-Ok, grazie mille Bob.- disse Paul dando una pacca amichevole al dottore. Erano amici d'infanzia e, prima che i miei morissero, Paul usciva spesso insieme a lui ma poi ero arrivato io a rovinargli l''esistenza. Scusa. Scusa, Paul.
 
-E di che? Figurati.- 
 
Si strinsero in un abbraccio visibilmente sincero e poi ci defilammo.
 
In macchina Paul non mi parlò e mise su la sua faccia da "genitore arrabbiato" che non gli riusciva per niente bene.
 
-Ma come ti è saltato in mente?- chiese poi. Mi strinsi nelle spalle e guardai fuori dal finestrino.
 
-Ero arrabbiato.- risposi.
 
-Non è una buona giustificazione, devi saper gestire le tue emozioni, Zayn.- rispose dolcemente.
 
-Mmh, mmh.-
 
Arrivammo a casa e ignorai tutte le domande delle mie sorelle, non risposi neanche a Doniya. Non mi andava. Non in quelmomento.
 
Salii pigramente le scale e mi rintanai nella mia stanza, coprendomi con il lenzuolo fino alla fronte.
 
Una pressione sul materasso mi fece sobbalzare. Scosatai la coperta ed incontrai gli occhi allungati di Paul. Mi rivolse un sorriso stanco e mi carezzò a lungo i capelli.
 
-Domani comincia la scuola.- disse di punto in bianco. 
 
-Non ci vado.- risposi.
 
-O sì invece. Ci andrai, Zayn. Non te lo stavo chiedendo.- mi rimproverò senza scomporsi.
 
Non risposi e calai le mie palpebre sulle mie iridi.
 
-Come hai già sonno? Sono le due del pomeriggio.- mi fece notare. -Dai vieni, è pronto il pranzo.-
 
-Non ho fame.- 
 
-Non m'interessa!- sbottò. -Tu mangi lo stesso.- Mi afferrò per un braccio e mi trascinò al piano di sotto come fossi una bambola di pezza. Mi fece sedere accanto a lui e riempì il mio piatto di spaghetti al sugo.
 
Fui costretto a mangiarli quasi tutti e con mia grande fatica, dovetti inghiottire anche una cotoletta. 
 
-Vado in camera mia.- annunciai e salii le scale velocemente. 
 
Dopo aver mangiato mi sentivo frizzante e pieno di energie ma, appena feci per entrare nella mia stanza, dovetti fare retromarcia e correre in bagno. Rigettai ogni singolo spaghetto e tutta la poltiglia della carne che avevo mangiato poco prima. Mi accasciai sul pavimento, colto da un ondata di disperazione e piansi a lungo e in silenzio. Il mio organismo ormai non era più abituato a digerire ciò che mangiavo. Avevo fatto un gran casino.
 
Mi misi poi al letto e mi addormentai subito. Feci un sonno tranquillo e senza sogni. Quando mi sveglia, il display del mio cellulare segnava le dieci di notte. Provai a riaddormentarmi ma non vi fu verso. Allora feci ciò che mi aveva insegnato mia madre prima che morisse in caso non riuscissi a dormire.
 
IL primo passo era chiudere gli occhi: fatto; rilassare tutti muscoli del corpo: fatto; respirare profondamente: fatto; pensare al testo di una canzone e cantarlo mentalmente in inglese e poi tradurlo in pakistano, la lingua di mio padre che conoscevo discretamente. 
 
Era un modo per riuscire ad addormentermi. Qualche minuto dopo, infatti, caddi tra le braccia di Morfeo che mi cullò per il resto della notte.
 
Sognai i miei genitori ancora vivi che stavano con me e mi abbaracciavano forte.
 
Le mie labbra si distesero nel sonno.
  
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