Crossover
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Autore: Registe    25/06/2012    3 recensioni
Seconda storia della serie "Il Ramingo e lo Stregone". Sono passati tre anni dagli avvenimenti narrati ne "Il Castello dell'Oblio", e i membri dell'Organizzazione hanno perduto gran parte dei loro poteri e sono ridotti a vagare per il loro mondo primitivo come vagabondi o ladruncoli qualunque. Auron e Mu invece si sono uniti alla Resistenza contro il Grande Satana, anche se Auron non e' ancora riuscito a dimenticare la breve storia d'amore vissuta con Zachar tre anni prima. Nella Galassia Mistobaan, ancora sotto l'influsso del condizionamento, e' diventato il fedele braccio destro dell'Imperatore. Ma il Grande Satana non intende rimanere a guardare, e tentera' con ogni mezzo in suo potere di riprendersi il suo servitore...
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anime/Manga, Film, Libri, Telefilm, Videogiochi
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Ramingo e lo Stregone'
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Capitolo 4 - La sinfonia della morte


Killvearn e Piroro

Killvearn e Piroro




Non pioveva spesso a Coruscant.
Zexion appoggiò la fronte al transparacciaio del suo alloggio e fissò le gocce d’acqua che scrosciavano davanti a lui e nascondevano, seppur per pochi minuti, la vista delle migliaia di grattacieli che costellavano la Città-che-non-dormiva. Le mille luci si trasformarono in un alone confuso, avvolte dal vapore, nascondendo la frenesia e la fretta di quel mondo che non conosceva limiti ed orari, placando le migliaia di velivoli che attraversavano l’aria come tanti insetti obbedienti.
Ma nemmeno la pioggia riusciva a cancellare gli odori. Poteva chiudere gli occhi, accendere l’oloradio al massimo del volume, ma non riusciva ad allontanarli dalla sua testa. I suoi vicini stavano ancora litigando, poteva sentire le loro sensazioni anche quando avevano installato degli isolanti acustici di platino-iridio. La signora al piano di sopra era preoccupata perché suo figlio non era rientrato dal collegio ed i due nuovi sposi … beh, non ci voleva il suo olfatto per quello.
Basta.
Al secondo rombo di tuono si allontanò dalla finestra e si preparò un infuso bollente, facendo scivolare quegli insipidi grani vitaminici che spacciavano per bevanda ricostituente su tutte le olovisioni della Galassia. La missione di quella mattina era stata un fiasco.
Affondò il naso nel vapore, cercando un po’ di requie da quel vortice incessante di odori nell’infuso, che aveva tanti difetti ma aveva un profumo agre ed intenso, quello che ci voleva per snebbiare almeno in parte la sua mente dai continui assalti di quella città.
La soffiata che avevano ricevuto dai colleghi in incognito sulla Terra II si era rivelata un imbroglio; avevano cercato il re Aragorn e lo stregone Gandalf per tutto il sedicesimo distretto, ed il governatore Tarkin aveva urlato nei comlink degli addetti dei servizi segreti per tutta la durata dell’operazione. Lo avevano obbligato a cercare le loro tracce come un animale da fiuto, e nonostante gli speciali isolanti che avevano realizzato per lui non era riuscito a distinguere il loro odore tra le migliaia di abitanti del quartiere pattugliato.
Quando l’ologiornale aveva inquadrato il ramingo e lo stregone in piedi sull’ex Senato di Coruscant, dall’altra parte della città, l’urlo del capo dei servizi segreti lo avevano sentito probabilmente fin su Tatooine.
Un discorso davvero convincente …per di più in universovisione! Se gli abitanti di questo pianeta non fossero così impregnati di propaganda imperiale avrebbero avuto un successo incredibile.
Si lasciò sfuggire un sorriso, il primo dall’inizio di quella giornata, al pensiero dei due leader dell’Alleanza. Avevano inneggiato alla libertà dei cittadini ed avevano denunciato persino le pratiche barbare di schiavitù che avvenivano nella periferia della galassia lontano dai cittadini perbene, e quando i velivoli di pattuglia della polizia imperiale li avevano circondati … beh, si erano lanciati dall’edificio gridando “Per l’Alleanza!”.
In realtà con il suo potere aveva percepito già da qualche minuto l’odore della Sith Mara Jade in arrivo su uno speeder ma … per fortuna il governatore Tarkin aveva tanti mezzi di persuasione, non la capacità di leggergli nella mente. Perché altrimenti vi avrebbe letto tutto il disgusto che Zexion provava per quel mondo, quelle leggi, quella gente tutta uguale che il suo olfatto era costretto a registrare giorno dopo giorno. Odiava soprattutto loro, i Signori Oscuri ed i loro infiniti battibecchi; detestava Mistobaan, da tempo nominato Braccio Destro dell’Imperatore, e l’Imperatore stesso.
Erano passati tre anni, ma non ci si era ancora abituato. Tutta la sua vita era avvenuta tra le mura del Castello dell’Oblio, con al massimo altri dodici odori di cui tenere conto e la costante presenza di magia nell’edificio; il primo giorno che aveva messo piede nella città eterna era stato investito con forza da quella tempesta di odori, e per circa due mesi non era stato operativo con grande scorno dei suoi nuovi colleghi. Nei servizi segreti esistevano molte cose, ma non la pazienza.
Sapeva che i suoi spostamenti erano controllati, ma con il tempo si era abituato anche a quello e l’Imperatore aveva perso interesse in lui, convocandolo in missione quando vi era bisogno delle sue capacità. Fiutava e trovava, trovava e fiutava.
Quelle erano le regole per sopravvivere.
Il droide delle pulizie si attivò non appena finì anche l’ultima goccia del suo infuso, e con la sua solerzia meccanica iniziò il ciclo di sterilizzazione della tazza e del cucchiaio. Accompagnato dal tamburellare della pioggia, il ragazzo fece scivolare la mano sullo sportello alla ricerca dei sonniferi, l’unica cosa che poteva isolare i suoi sensi abbastanza da permettergli di dormire. O forse di accasciarsi, quello era il verbo migliore.
Dietro la confezione bianca vide l’ampolla che non aveva mai gettato, anche se in alcuni momenti aveva resistito alla tentazione di infrangerla contro la parete e di gridare come un forsennato; la portò sotto la flebile luce al neon proprio come faceva ogni sera, lasciando che scivolasse lungo il suo guanto nero. Quelle gocce di veleno risvegliavano in lui una rabbia che non si era affievolita nel corso degli anni, che aveva solo coperto con missioni ed incarichi. La persona che gliela aveva consegnata era il primo artefice della sua rovina, era colui che non si era fatto scrupoli ad abbandonarlo, ferito, nel Castello dell’Oblio poco prima di farlo esplodere.
Non sapeva che fine avesse fatto il n. IV, ma qualcosa dentro di lui gli diceva che l’uomo era ancora vivo da qualche parte. Andare avanti calpestando i sentimenti del prossimo era la sua specialità, dopotutto.
Gli avrebbe restituito il contenuto di quell’ampolla, prima o poi.
La ripose con cura nello sportello, e dopo aver ingerito la doppia razione di sonniferi si accasciò sul letto, facendo svanire tutti quegli odori in un unico vortice nero.


“La cosa è assolutamente in-tol-le-ra-bi-le! Il sacro nome del Grande Imperatore Palpatine ne è uscito infangato e per colpa di chi? DI CHI? Di un branco di misere creature che osano fregiarsi del titolo di agenti segreti dell’Impero Galattico e che all’atto pratico si rivelano una massa di incompetenti pusillanimi?”.
“Sì, generale Mistobaan”.
“Mi sdegno di tutto ciò! Come hanno osato quei due insulsi ribelli diffondere in mezzo ai sudditi del radioso imperatore Palpatine delle parole inneggianti alla democrazia? Come se un branco di scimmie ammaestrate potesse governare la Galassia meglio di Lui! Ciò non è tollerabile, se io fossi a capo dei servizi segreti le cose andrebbero molto meglio, parola mia!”.
“Non ne dubito, generale Mistobaan”.
“Il problema è alla radice! Il governatore Tarkin non ha polso! Se lui fosse…”
L’attenzione di Zachar durante i discorsi del nuovo Braccio Destro era di per sé molto scarsa, ma quando il discorso verteva sugli altri Signori Oscuri lasciava vagare la mente, trasportata dalle parole di Mistobaan come un guscio di noce in un mare in tempesta. Negli ultimi tempi l’essere incappucciato aveva preso alla lettera la nuova fede nell’Imperatore ed era diventato ancora più insopportabile: certo, con tutti i suoi ricordi modificati le faceva anche un po’ pena, ma non era lui al centro dei pensieri della giovane maga. Erano passati oltre dieci mesi da quando le era stato concesso di partecipare ad una missione in compagnia di Kaspar.
Il lavaggio del cervello che praticavano all’Impero ero quasi simile ad una lobotomia, e l’uomo che amava non faceva altro che lanciare incantesimi ed obbedire agli ordini: se Mistobaan pensava e parlava (anche troppo) liberamente, a Kaspar ciò non era stato concesso. Lo trattavano come una bambola e veniva spedito a falciare orde di Ribelli una dietro l’altra, e la sua autonomia terminava con l’espletamento delle funzioni vitali.
Aveva provato ad implorare la grazia per lui, ma l’unico risultato era stata una scarica di fulmini del Lato Oscuro e la minaccia di finire come lui. E non poteva permetterselo, perché doveva liberarlo da quella condizione. Non sopportava vederlo in quello stato. Nonostante quello che le aveva detto al Castello dell’Oblio era più che convinta che si era trattato di un inganno dei loro nemici, un’illusione per farle perdere la fede e l’amore sconfinato che provava per lui.
E poi c’era stato Auron …
No. Non devo distrarmi. E’ Kaspar la persona che amo.
Quel bacio è stato un’illusione, niente altro.

Forse.
Anche se la cosa antipatica era che non riusciva a dimenticarlo come avrebbe dovuto.
“E comunque!” Mistobaan parlò con un tono di voce ancora più alto, svegliandola da quel torpore “Una semplice sconfitta non deve farci abbassare la guardia o ci mostreremo deboli davanti a quella marmaglia. Darò ordine di quadruplicare la vigilanza su Coruscant, anzi, no, su TUTTI i pianeti dell’Impero, e farò organizzare delle ronde notturne in ogni sito di grande interesse pubblico. Nessun essere che parli o respiri può dubitare della divina luce sprigionata dalla sua natura radiosa davanti alla quale tutti noi dovremmo prostrarci in eterna adorazione!”.
Prima che la ragazza potesse commentare, una serie di rumori secchi li fece voltare. Un battito di mani forte, deciso, seguito da un piccolo scrocchio.
“Complimenti, Mistobaan! Ti è sparita la memoria ma non certo la favella. E’ un vero peccato vederti sprecare la tua leggendaria arte oratoria per un nugolo di esseri umani”.
Qualcuno aveva aperto la grande finestra dell’ufficio di Mistobaan; il rumore della pioggia aveva coperto per qualche istante quel battito di mani, ma nonostante le gocce ed i vapori vide la figura vestita di nero scendere dal parapetto su cui era rimasta in osservazione. Un brivido le corse lungo la schiena.
La prima cosa che la colpì fu la maschera. Era enorme, nera, e tutto intorno al capo disegnava una raggiera ai cui lati pendevano degli strani ciondoli che ricordavano la forma di una stella e di una luna. La bocca e gli occhi erano delimitati da fessure bordate di rosso, e disegnavano sul nuovo arrivato un’espressione sorridente senza che lei riuscisse a vedere il reale colore delle sue pupille. Il mantello scuro scendeva in diversi punti, lasciando in evidenza l’abito dello stesso colore, che si piegò insieme al corpo in quello che le parve la parodia di un inchino “Ciao, Misto! E’ proprio vero che chi non muore si rivede”.
“COSA SEI, IMMONDO ESSERE? COSA CREDI DI …”
“Ohi ohi, Killvearn! É proprio vero! Si è proprio bruciato il cervello, Piro Piroro! E adesso cosa facciamo, Killvearn?”.
La voce insistente veniva da uno strano esserino che si agitava sulla spalla del nuovo venuto. Zachar lo esaminò con attenzione, perché persino nel Regno delle Tenebre non vi erano creature così strane; poteva sembrare una bambola di pezza con addosso un buffo capello ed una tunica tagliata male, ma la cosa inquietante era il suo unico occhio. Occupava quasi tutta la testa, e la pupilla passava con sguardo divertito tra lei e Mistobaan, e nella mano agitava un buffo scettro “Killvearn, non ci seguirà mai senza opporre resistenza!”.
“TI HO ORDINATO DI RISPONDERMI!”.
“Ohibò, Misto! Sei ancora più insopportabile di prima, il che è tutto dire. Al Grande Satana questa storia non piacerà nemmeno un po’!”.
Il Grande Satana … ma cosa …?
Già. Sapeva benissimo che Mistobaan era stato un fedele servitore di questo Grande Satana Baan prima che i Membri dell’Organizzazione giocassero con i suoi ricordi; a ben vedere lo sapevano tutti, tranne l’unico diretto interessato. E adesso il vecchio padrone aveva mandato qualcuno per riprendersi il suo luogotenente. Con un salto lo gnomo scese dalle spalle del suo signore ed iniziò a saltellare per tutta la stanza cinguettando una canzone, ma l’attenzione della ragazza rimase sull’essere vestito di nero e sulla sua enorme falce. Percepì l’aura magica del suo compagno esplodere e si lanciò a terra “In nome del Grande Imperatore Palpatine! Sparisci dalla mia vista, emissario del demonio!”.
“Occielo, Killvearn, fai qualcosa!”
“Rilassati, Piroro!”.
Mistobaan tese il braccio verso quel Killvearn ed una scarica di saette lo avvolse, facendolo tornare sul parapetto “NESSUNO INSULTA IL BRACCIO DESTRO DEL MIO SIGNORE E SOPRAVVIVE!”. Dalla mano partirono due artigli che si diressero verso l’avversario, e da sotto la lunga manica partì una scintilla; il metallo si infiammò, e divenne rovente mentre la lingua di fiamma corse per tutta la sua lunghezza, mirando al nemico vestito di nero. Quello saltò verso l’alto un secondo prima dell’impatto, aggrappandosi ad un terrazzo del piano superiore e lasciando nell’aria una risata agghiacciante. Gli artigli si abbatterono sul parapetto facendolo esplodere in migliaia di frammenti, e la creatura incappucciata corse fuori sotto la pioggia sollevando il braccio libero verso l’alto “FERMATI E COMBATTI!”.
L’incantesimo fece scattare tutti gli allarmi. La stanza ormai devastata si riempì di decine di luci rosse e viola e dal quarto livello sentì il familiare rumore di droidi distruttori che attraversavano gli ascensori e si dirigevano sul loro piano. Si spiegarono nel bel mezzo del loro clangore metallico e mostrarono i turbolaser in direzione della veranda, dove Mistobaan si voltava alla ricerca dell’avversario. Zachar gli andò vicino, ed espanse i suoi incantesimi di divinazione per trovare traccia dell’aggressore; da come il suo compagno muoveva scocciato le dita anche lui non riusciva ad individuarlo. Niente potenziale magico, dunque …
Quando notarono la sagoma nera scivolare tra due grattacieli alla loro destra, Mistobaan levitò e si mosse come una zanzara infastidita tra i palazzi del quartiere; niente riusciva a rallentarlo, né la pioggia né i vapori che si formavano dalla condensa lungo le cupole in duracciaio degli edifici amministrativi. La ragazza continuò a cercare, ma in mezzo a quella valanga d’acqua tutti i suoi sensi sembravano ciechi. Fece un cenno al capo droide di pattuglia, e quelli iniziarono a scandagliare l’area in base alle radioemissioni di calore, e quando si girò per cercare lo gnomo sembrava sparito anche quello.
Avrebbe dovuto fare rapporto all’Imperatore Palpatine, e sapeva che al signore della Galassia la notizia non sarebbe piaciuta; da quando glielo avevano consegnato in una bara di cristallo aveva tratto solo vantaggi dallo sfruttare l’essere incappucciato, e non lo avrebbe riconsegnato volentieri al suo originale signore. Zachar non conosceva bene tutti i dettagli, ma aveva visto più volte Mistobaan in compagnia dei migliori scienziati dell’Impero Galattico, e dal modo in cui discuteva si era resa conto che era stato costretto a partecipare ad un esperimento su grande scala; aveva persino provato a saperne qualcosa in più, ma si era trovata davanti al silenzio degli scienziati o al blaster della sgualdrina mutaforma. Le difese sul nuovo Braccio Destro sarebbero aumentate.
Si era fatta notte quando Mistobaan ritornò dal suo volo di perlustrazione, e quando abbatté la scrivania con un pugno non ebbe dubbi sul risultato “NON HO SERVITO A SUFFICIENZA IL MIO SIGNORE! HO DISGUSTO DI ME STESSO”.
Zachar sapeva bene che la migliore cosa da fare era rimanersene in silenzio e lasciarlo sfogare contro il primo mobile sotto mano “HO LANCIATO FANGO SUL SUO AUGUSTO NOME! MI TRAFIGGEREI CON I MIEI ARTIGLI SE NON DOVESSI PROTEGGERE IL SUO UNICO DONO!”
Lei digitò un comando ed i droidi se ne andarono. Il generale iniziò a camminare a passo svelto su e giù per la stanza, e non sarebbero bastate cinque ore per farlo di nuovo ragionare con lucidità. Poiché il suo attuale compito era quello di supportarlo durante ogni missione operativa, la maga decise di sedersi su uno dei pochi divani intatti ed aspettare che la foga oratoria del suo superiore si placasse. Chiuse gli occhi e si ritrovò a pensare alla maschera oscura del nemico misterioso.
Era fuggito al primo assalto di Mistobaan, quindi in fondo non doveva essere troppo pericoloso; certo, come lui avrebbero potuto venirne molti altri, e l’Imperatore avrebbe dovuto organizzare meglio le sue difese. Ci sarebbe stato del lavoro in più da fare, poco ma sicuro.
Nel vortice dei suoi pensieri sentì una lieve musica venire da un’oloradio, e nonostante il brontolare di Mistobaan appoggiò la schiena tra i morbidi cuscini del divano e si lasciò cullare dalla melodia. Era sciocco da parte sua, ma in quel momento il suo unico desiderio era danzare con Kaspar proprio lì, in quella stanza, alla faccia del Braccio Destro e dell’Imperatore Palpatine. Non era mai stata una grande ballerina, ma in tutti gli olomovies d’amore i due protagonisti volteggiavano nei grandi saloni da ballo di Naboo, e lei aveva sempre sognato di indossare un abito come quello della regina e di ballare con l’uomo della sua vita, avvolta nel suo fluttuante mantello bianco.
Notò con piacere che la musica aveva quasi sommerso il discorso di Mistobaan.
Era una tonalità dolce, priva di cantanti o cori, solo un lunghissimo valzer di note. Chiunque l’avesse composta doveva avere un animo dolce e gentile.
La melodia riprese, e tornò a danzare. Stavolta c’era un debole vento intorno a lei, e poteva sentire le ciocche di Kaspar avvolgerle il viso mentre i loro passi si incontravano su una stupenda veranda con il mare sullo sfondo. Saliva, scendeva, la musica dettava il battito del suo cuore. Tra le note si appuntò di farla sentire a Kaspar il giorno che lo avrebbe incontrato di nuovo.
Il discorso di Mistobaan era ormai lontano, e da sotto le ciglia vide che l’essere incappucciato era rimasto vinto alla fatica della battaglia, seduto su una poltrona e con la testa tra le mani.
Tsk … allora anche il Braccio Destro dell’Imperatore crolla dal sonno …
Stavolta fu la voce di Auron a parlarle.
La musica era ancora lì, persino più gentile, con la sua cascata di note che adesso si era fatta più lenta e sensuale.
La fantasia la portò in un luogo strano, con un verde rigoglioso spruzzato di fiori di tutti i colori che abbelliva un prato collinare; oltre i suoi confini, sfavillanti cascate si rivelavano in un lago, e da lì, al fianco del soldato, poteva vedere molti altri laghi intorno alle alture lontane, fino all’orizzonte. I soffioni fluttuavano nella brezza tiepida, con delle gonfie nuvole bianche che scorrevano nell’intenso cielo azzurro. Era un posto pieno di vita e amore, di calore e tenerezza. Era un luogo che rifletteva esattamente quello di cui aveva bisogno in quel momento.
Al suono della melodia degli insetti dorati si sollevarono in aria e ronzarono, troppo presi dai fiori per disturbare lei o Auron; si sedette sul prato, intenta a raccogliere con aria distratta i fiori per portarseli al naso ed ispirare la loro fragranza. Ora che le note si erano fatte vivaci non aveva più voglia di ballare, ma solo di rimanere ad osservare quel panorama in eterno e lanciare un’occhiata ad Auron prima che svanisse tra i meandri di quel bellissimo sogno.
Si chiese se anche Mistobaan stesse sognando qualcosa di bello, o se i sogni di una mente condizionata fossero condizionati anche essi.
Mistobaan che sogna …
Fu un attimo. Il pensiero le si parò davanti agli occhi come un fulmine.
Lui non può …non può …
Come aveva fatto a non pensarci?
Mistobaan non può dormire! Non lo ha mai fatto!
Scosse con violenza la testa. Nel sogno e nella realtà il mondo intorno a lei andò in frantumi, ed il prato incantato ed il suo alloggio si mescolarono l’uno nell’altro finché il grigio appartamento di Coruscant prese il sopravvento. Si sollevò dal divano, e tra la scrivania in frantumi ed il parapetto distrutto ciò che attirò la sua attenzione fu proprio l’essere incappucciato; poteva sentire il suo respiro profondo anche da un metro di distanza, e mosse un passo nella sua direzione.
Fu in quel momento che si accorse della musica. Guardò l’oloradio.
Era spenta.
Le note aumentarono di volume, con un ritmo quasi martellante che la portò a piegarsi sulle ginocchia ed a raggiungere il divano, incapace di coprirsi le orecchie con le mani; fissò oltre la scrivania, e vide che il pavimento era increspato.
L’aria tremò, e delle linee rosse illuminarono l’area in quello che si rivelò un Pentacolo di Alterazione; la stella era attraversata da linee color del sangue, ed al centro del disegno, quando la luce si diradò, comparve l’uomo con la maschera ed il suo sinistro burattino. Aveva la falce sollevata a livello della bocca e la faceva scorrere avanti e indietro, soffiando in dei piccoli buchi che la maga era certa di non aver notato prima. Non riusciva vederne l’espressione, ma la melodia era allegra, proprio come quella di un predatore che aveva afferrato la sua vittima; la ragazza puntò le mani contro il pavimento, lottando contro il sonno innaturale che tornò alla carica dentro di lei.
Non se ne erano mai andati da lì.
“Oh, che disgrazia, Killvearn! La ragazza umana non si è addormentata, no no!”
“Eh, che ci vuoi fare, Piroro? Di questi tempi non tutti apprezzano la buona musica” rispose l’altro, senza smettere il lugubre ritmo “Ma rimedio subito”.
Zachar cercò il telecomando, presa dal bisogno di chiamare di nuovo i droidi distruttori. Ma quando allungò il braccio per chiedere aiuto nella sua testa sentì un trillo. Poi un altro. Tutta la melodia si dissolse in quella semplice manciata di note, e la giovane maga sentì tutto intorno a lei farsi buio, e cadde in un nuovo sogno senza Auron o Kaspar, senza palazzi scintillanti o stupendi prati fioriti. Solo un lungo velo nero.
“Si gradiscono applausi”.
  
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