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Autore: Il_Bardo    25/06/2012    2 recensioni
Li chiamavano I Reietti.
Non erano mostri, né assassini.
Soltanto la ripudiata e nera luce, che rischiarò le bianche tenebre.
Genere: Dark, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I suoi passi veloci cadevano pesanti sullo strato innevato che ricopriva la terra bruna, raggelata dall'inverno.
Le campanule rinsecchite si sfalciavano al suo passaggio, mentre le attraversava immergendo le sue gambe in quell'alta coltre di piante.
Saltò su qualche lastra di ghiaccio formatasi sulle rive dei laghetti stagnanti che circondavano il villaggio nel quale viveva.
Un uomo rivestito di una vestaglia nera lo stava inseguendo, tentando di prenderlo.
Il capo privo di capelli e la barba incolta dello stesso colore del tronco degli abeti presenti ovunque nei paraggi, risaltavano sulla sua pelle pallida e le sue orecchie a punta.
Il ragazzo, di circa una quindicina d'anni, era in preda al panico più totale, correva ovunque gli fosse possibile con la sua agilità, il corpo longilineo e smagrito, lasciando intravedere le ossa. Anche il viso era sciupato dalla fame e dal freddo e la pelle delle mani screpolata dal gelo di tutte le notti che aveva passato nella sua baracca immersa nella selva di conifere.
I Capelli erano biancastri con riflessi grigi che inducevano al cielo cupo e rannuvolato che perennemente attanagliava quel paesino del nord.
Evidentemente era lì in cerca di qualche bacca o se la fortuna era dalla sua, per rubare un boccone di una qualche pietanza sul davanzale della taverna cittadina.
Ed evidentemente, il proprietario della taverna lo aveva scoperto con le mani sul pasticcio fumante.
Aveva un coltellino in mano ed aveva la seria intenzione di ucciderlo una volta per tutte, non essendo quella la prima volta che tentava di approfittarsi della fragilità delle finestre usurate e spifferanti della sua taverna per riempirsi lo stomaco.
<< Fermati, ladruncolo da strapazzo! questa è la volta buona che ti mostro come sono fatte le tue budella! >>
Il ragazzo grondante di sudore già freddo, rispose con pacatezza sfruttando gli ultimi respiri d'aria nei polmoni : << Ho fame e non ho neanche una moneta con me, la prego signore abbia pietà, non accadrà più! >>
<< E' la stessa cosa che dissi quando ti sorpresi sgraffignare le verdure nei barili del magazzino! ora ti ammazzo! >>
I Tentativi di persuaderlo con le parole non fecero effetto e nella sua mente sapeva già di essere costretto a sfruttare il suo ultimo asso per non rimetterci la vita :
<< La prego, non mi costringa a farlo! >>
<< Fare cosa?! oh.. intenti farmi fuggire dalla paura perchè ti fingi un mago? sappi che non sono come gli altri stolti che girano nel villaggio, non credo alle assurdità sul tuo conto! questa volta ti uccido e lascerò il tuo cadavere a marcire fra i pezzi di legno putridi della segheria al fiume! >>
Al suono di quelle parole, a malincuore dovette voltarsi improvvisamente, estraendo una piccola boccetta di vetro soffiato dalle tasche rattoppate.
<< Fermo! >> esclamò balbettando per il timore di avere di fronte il suo inseguitore, immobile e fermamente intenzionato a puntargli la lama di quel coltello nel ventre.
<< Cosa vuoi fare con quell'intruglio? vuoi forse che io creda che quella brodaglia possa uccidermi e fuggirmene con la coda fra le gambe? hai sbagliato persona! >>
Strinse i denti, stappò il tappo e lanciò la bottiglia addosso all'elfo fermo e teso.
Il vetro di quella fiala risaltò sulla casacca logora che indossava il ragazzo dalla quale la aveva tirata fuori, il tappò schizzò via per il movimento del pollice, lasciando fuoriuscire il liquido che conteneva.
Era di colore verdognolo nel quale galleggiavano piccoli neri pezzetti di ingredienti amalgamati.
Alla vista di quella patetica scena, l'elfo iniziò a ridere sguaiatamente, ma la risata terminò soffocata.
Intanto che il locandiere diede prova della sua superficialità e spavalderia nei suoi confronti, il liquido assunse la forma di un serpente, uscendo dall'ampolla come fosse la sua tana e avvolgendo il collo dell'uomo tra le sue spire liquide.
Non ebbe tempo di aggrovigliarsi completamente, soffocandolo quindi sul colpo.
La pozione perse il suo incanto e il serpente che raffigurava il liquido si distrusse cadendo in una pozzanghera verde.
Il corpo dell'elfo esanime si accasciò lentamente, posandosi privo di vita al centro della chiazza, lasciando l'inquientante impressione che il verde fluido che l'aveva ucciso qualche istante prima, fosse il suo stesso sangue.
Il sangue a dire il vero c'era, ed era nero come la pece che gocciolava dalla corteccia dei pini. quella stessa pece che raccoglieva il ragazzo per farne i suoi intrugli mortali.
Aveva il veleno nel sangue, letteralmente.
Lo soprannominavano, Sangue di Serpe, per via della sua spiccata capacità alchemica in filtri e veleni maledetti dalla magia, poi in secondo luogo per il colore verde opaco dei suoi occhi avvolti dalle occhiaie.
tutti erano difatti superficiali, soffermandosi alla prima impressione che si erano prefissi in testa sentendo delle sue gesta.
"Ladro, assassino, avvelenatore e cospiratore" la gente pensava di lui, e nel vociferio si aggiungevano man mano sempre più aggettivi e false verità, come spesso accade nei pettegolezzi.
Bastava conoscerlo per sapere che creava pozioni curative di alto magnitudo in quanto efficacia, che surclassavano nettamente le banali tisane dell'alchimista della cittadina.
Abbassò le braccia, con il viso cupo si avvicinò diffidente al corpo, adagiando nel mentre la fiala vuota nella tasca da cui l'aveva presa.
Si appollaiò sul corpo, piegandosi sulle ginocchia, mise il polpastrelli secchi sulle labbra dell'elfo, il cui cadavere era già straordinariamente freddo.
Poi prese il sangue nero che usciva dalla bocca, sanguinante per via della stretta al collo e alla rete di vene ed arterie che lo fecero esplodere fuori da esse.
<< Un patetico vampiro praticante, contagiato da non molto tempo a giudicare dal colore nero sbiadito di questo sangue. >>
Si alzò pensando e facendo ul sospiro "beh, propietario dell'unica locanda della città e pure vampiro. due piccioni con una fava, in fondo."
La neve era sporca di impronte e macchiata di verde.
Se ne andò dal quel luogo macchiato dal sangue di un vampiro.
Nessuno aveva visto l'accaduto, era sera e la coltre di nubi aveva velato ancor più il paesaggio.
Si congedò dalla cittadina, raccogliendo quanti funghi, pece e libellule palustri gli capitassero per il sentiero che conduceva al suo bivacco in cima ad una collinetta immersa nella vegetazione che si affacciava sulla cittadella palustre. ; un banale sacco a pelo di pelle sotto una tettoia costruita con ciò che restava di una zattera di legno e qualche bastone per tenerla in piedi.
Il fuoco era l'unica fonte di luce e calore disponibile, in quella notte giovane che aveva già addentato tutto, lì intorno.
Prese qualche bacca putrescente e dei tozzi di pane ammuffito da una sacca, mangiandoli senza pensarci due volte.
Prese poi un tegamino mentre ancora masticava, ponendovi gli ingredienti e due mestoli d'acqua di palude, il massimo che poteva concedersi, sorseggiandone in parte per mettere a tacere la sete.
Prese un cucchiaio di legno intagliato grossolanamente e mescolò lentamente il composto.
Man mano che quella poltiglia si amalgamava, guardava avidamente ogni riflesso della luce del fuoco che appariva nelle increspature della superficie, pensando a come..
fosse patetica la sua esistenza.
  
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