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Autore: delilaah    25/06/2012    25 recensioni
Prima vera e autentica storia scritta da me che pubblico su EFP. E coincide anche con la mia prima ff sugli One Direction.
Ognuno di loro sarà protagonista all'interno della storia anche se in maniera molto diversa l'uno dall'altro. Non ci saranno favoritismi per un personaggio in particolare, o almeno è quello che cercherò di evitare, e spero che possiate immedesimarvi il più possibile nella storia, nei dialoghi e soprattutto nei sentimenti descritti.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter twentythree:
Because every hello ends with a goodbye. 

(Part I)


«E questo? Questo fa schifo?» Domandò Harry, alzando alla parete un quadro mentre Alisha, comodamente seduta sul letto, ne giudicava l’aspetto.
«Si, in effetti fa un po’ schifo. Senza offesa amore, eh.»
Harry sospirò pesantemente, abbattuto. Come gli era venuta questa idea di cambiare l’arredamento della sua camera? Ah già, glielo aveva suggerito Alisha. E lui aveva accettato perché? Ah già, perché ultimamente lei aveva dormito quasi tutte le sere a casa sua.
«Vorrei farti presente che non posso attaccare un poster a grandezza naturale dei Maroon 5 come mi hai suggerito tu. Sai com’è, io sono un maschio!»
«Che centra, Logan? Adam Levine è universalmente figo per quanto mi riguarda! Piace a tutti, e non dire di no!» Borbottò la ragazza in risposta, incrociando le braccia e roteando gli occhi.
«Sei bellissima quando fai la bambina spocchiosa. Ti amo, lo sai vero?»
Alisha sciolse le braccia e si avvicinò al ragazzo, cingendogli la vita in un abbraccio da dietro.
Era così buono il suo profumo. Le ricordava la prima volta che si erano incontrati, quando Harry aveva inondato con quel profumo la sua camera nella clinica e poi l’aveva lasciata li da sola, a inebriarsi di quella fragranza e a sognare di quel sorriso.
Ripensandoci bene, da quando si erano conosciuti non si erano più staccati. Le visite di Harry erano aumentate di settimana in settimana, fino a diventare quasi diurne. Poi c’era stato quel pomeriggio passato insieme all’insaputa dei medici, gli abbracci sommessi scambiati nella metro, quel bacio improvviso in mezzo alla strada e infine il blackout, dove lei si era donata anima e corpo senza più paura.
Erano passati parecchi mesi... mesi meravigliosi passati insieme a lui, per costruire nuovi ricordi e per costruire la nuova Alisha.
Quando la ragazza sciolse l’abbracciò, Harry si voltò e la guardò storto, quasi percependo una specie di aura negativa.
«Ho detto qualcosa di male?» Le chiese di nuovo, alzando un poco le spalle, «Ormai te l’ho ripetuto allo sfinimento che ti amo, Alisha. Non pensavo ci rimanessi ancora così.»
«Non ci sono rimasta così.. come dici tu. E’ solo che sei il primo anche in questo. Il tuo “ti amo” me lo porterò avanti per il resto della vita, e sono sicura che quando me l’hai detto la prima volta non ci avevi pensato. Non è vero?»
Harry scosse la testa, quasi a voler confermare la sua ipotesi. In effetti era vero, non ci aveva pensato, ma ora che gliel’aveva fatto notare ne andava ancora più fiero.
«La cosa non mi dispiace, Ali. Te l’ho detto perché lo penso veramente, non sono parole a caso. Lo sai che piuttosto che parlare a vanvera me ne sto zitto. Non sono come Louis!»
Alisha si lasciò scappare una risata, ripensando alle buffe espressioni che Louis era solito fare quando la trovava in casa senza essere prima stato avvisato. Era un tipo in gamba però, e sapeva un sacco di cose imbarazzanti perfette per ricattare Harry.
«A proposito, ti dispiace se vado a parlare un secondo con lui?»
«No, figurati. Che gli devi dire?»
«Non te lo posso dire!» Esclamò la ragazza sorridendo, «Prima voglio sentire la sua risposta, e poi semmai ti riferisco! Tu però stai tranquillo!»
Harry alzò le spalle di nuovo e stese tutti i quadri che aveva noleggiato sopra il suo letto, nella speranza di arrivare ad una decisione entro sera.
Nel frattempo Alisha uscì dalla camera e si diresse in salotto, dove vide Louis tranquillamente spaparanzato nel divano, con i piedi scalzi appoggiati sul puff di pelle e il telecomando sopra le cosce.
Prima di distrarlo dal suo telefilm preferito, però, percorse velocemente il corridoio a ritroso per prendere il suo telefono da sopra il mobile. Una volta infilato in tasca, si soffermò un secondo sulla nuova foto che aveva attirato la sua attenzione, arricchendo così il pezzo d’antiquariato insieme agli altri soprammobili.
Prese in mano la cornice e incominciò a fissare la foto, osservandola nei minimi particolari. Non si stupì del fatto che nella foto Louis fosse con quella ragazza di cui non ricordava il nome, e non con Julie. Presumibilmente si trovavano a Disneyland o in qualche parco divertimenti di cui non conosceva l’allocazione, e sorridevano, felici. Continuò a fissare le loro mani intrecciate e quei sorrisi spontanei, e mentre tornava verso il salotto si chiese come fosse possibile che Louis stesse fingendo. Perché stare con un’altra ragazza all’insaputa dell’altra significa non essere più felici con la propria ragazza, ma se lui non era felice allora perché il suo sorriso sembrava così limpido e sereno?
«Sono scesa a prendere il mio telefono e ho visto la nuova foto. E’ molto bella, Louis.»
Il ragazzo abbassò istintivamente il volume della tivù e si voltò per un secondo, per sorridere alla ragazza.
«Già, è uscita bene. Me l’ha regalata la mia ragazza l’altro giorno, dopo cena.»
«Dove eravate?»
« Ce l’hanno scattata a Disneyland, a Los Angeles. In realtà è parecchio vecchia, non so perché l’abbia tirata fuori solo ora. E’ di quando eravamo in America, l’anno scorso, quando siamo dovuti partire per qualche giorno e lei mi ha raggiunto senza dirmi nulla.»
«Le piace sorprenderti, quindi.»
«Suppongo di si.» Rispose Louis, alzando le spalle e voltandosi di nuovo verso la tivù, «Ha- ehm, Logan per quanto ne ha ancora?»
«Che stavi per dire?» Continuò Alisha, incuriosita da quel repentino cambio di tono nella sua voce.
«Niente, ho riformulato la frase. Logan ha deciso qualcosa, allora?»
La ragazza sbuffò e gli fece cenno di spostarsi un poco per lasciare dello spazio anche a lei. Poi si lasciò cadere sul divano, sospirando.
«No! E’ assurdo, sembra una prima donna. Come fai a conviverci?»
«Forse perché io sono peggio di lui!» Ammise Louis in tutta franchezza, sghignazzando un poco.
«Che guardi?» Incalzò Alisha, lasciando cadere il precedente discorso in una risata nervosa. 
«E’ una replica di One Tree Hill, il mio telefilm preferito. So tutte le battute a memoria ma amen, è troppo bello per guardare dell’altro!»
«E cosa sta succedendo?»
«Ehm.. allora: Brooke, quella mora, ha appena sgamato Lucas, il biondino nonché suo fidanzato, con Peyton, l’altra bionda. E dato che lei è insieme a questo Lucas e Peyton è la sua migliore amica, di base è appena stata fregata dalle due persone che ama di più al mondo. C’è un sacco di tragedia in questo episodio!»
Alisha corrugò la fronte, perplessa. Ma solo lei aveva notato che il telefilm stava ricalcando in maniera imbarazzante la vita di Louis degli ultimi mesi? Evidentemente si, visto e considerando quanto se la stava godendo lui a seguire quelle scene strappalacrime.
«Ok, domanda a bruciapelo! E se in questo preciso momento arrivasse Julie e vedesse la foto nuova, cosa faresti?»
Louis si voltò di scatto e spalancò la bocca, ammettendo di essere palesemente spiazzato dalla sfacciataggine di quella ragazzina.
«Non lo so! E ad ogni modo Julie non verrà, non mi pongo il problema.»
«Ma se venisse?»
«Non verrà!»
«Ma se lo facesse?»
«Ti ho detto che non verrà!» Esclamò lui, alzando imprudentemente la voce.
«Ma fai finta che varcasse quella porta in questo preciso momento. Quando saresti nella merda da uno a dieci?»
«Suppongo quindici.»
«Bene, è quello che volevo sapere. Grazie mille.» Gli rispose poi Alisha, alzandosi dal divano e incamminandosi verso la camera di Harry.
«Ehi ehi, aspetta un secondo signorina! Perché mi fai questa domanda? Ti ha chiesto Logan di farmi l’interrogatorio?»
«No, affatto, tutto merito mio.» Incominciò di nuovo, mentre si dondolava sulle punte dei piedi, «Era una mia considerazione, Louis. Sai perché? Perché in quella foto mi sembri felice e sereno, e se con quella ragazza sei felice, perché stai illudendo Julie? Voglio dire, la trovo una cosa poco carina! Anzi, molto poco carina. Ma in fin dei conti io non vi conosco e non ne so niente, giusto? Quindi farò finta di non averti detto nulla. Grazie della chiacchierata, Louis.»
Il ragazzo rimase immobile a cavalcioni sul divano, completamente paralizzato da quelle parole. L’unica cosa che gli era rimasta da fare era sbattere insistentemente le palpebre, nella speranza di svegliarsi dall’abbiocco che sperava di aver preso sul divano.
Ma più chiudeva gli occhi e più realizzava che non era un sogno o un incubo. Era veramente stato messo spalle al muro da una sconosciuta, e la verità faceva male. Male quanto uno schiaffo preso in pieno viso.
 
 
Candice bussò alla porta dell’ambulatorio di Rebecca in maniera pacata, quasi impercettibile. Non era del tutto certa che l’amica fosse al momento senza un paziente in visita, così aveva optato per un’entrata non ad effetto e fin troppo ponderata. 
«Avanti!» Gridò la ragazza dall’altro lato della porta, alzando di un tono la voce.
Candice socchiuse la porta e sbirciò dentro, come una bambina che in modo furtivo e calcolato si avvicina alla scatola dei biscotti.
«Bene, vedo che sei sola. Non avevi qualcuno in questa mezz’ora?»
«No, hanno disdetto. Contrattempi ingiustificati, come al solito.»
La ragazza si avvicinò alla scrivania di Rebecca e si sedette su una delle sedie, mentre la fissava scrivere in maniera sistematica su delle cartelle mediche. Quella mattina era piuttosto strana e taciturna e, per inciso, Rebecca non era mai strana e taciturna.
«Tutto bene?» Le chiese Candice tentando di aprire una conversazione.
«Si, certo. Tutto a meraviglia.»
«Ok, bene..»
«Tu?»
«Si, molto bene, grazie.»
A quel punto Candice sorrise e Rebecca le sorrise di rimando, prima di far calare un silenzio piuttosto invadente. Candice si limitava a guardare i muri color pesca mentre Rebecca continuava a scrivere in maniera decisa e impassibile.
Era così strano, però. In tutti quegli anni di convivenza forzata non avevano mai provato imbarazzo nel parlare dei loro problemi, soprattutto considerando l’incredibile insistenza di Rebecca nel voler estrapolare ad ogni costo le cose dalla bocca degli altri.
«Quindi... sono venuta a dirti una cosa.» Riprese Candice giocherellando un poco con le dita.
«Sputa il rospo.»
Un’altra risposta a bruciapelo, doveva essere davvero una brutta giornata. Anzi no, una di quelle catastrofiche proprio.
«Ho conosciuto Alice Winchester, la sorella di Adam.»
Rebecca posò la penna sul tavolo nel momento esatto in cui quelle parole uscirono dalla bocca di Candice. Si lasciò cadere indietro e appoggiò la schiena sulla poltrona su cui era seduta, in maniera sofferente.
«Ma dai, com’è piccolo il mondo. Come l’hai vista? Stava bene, non è vero?»
«Benissimo, direi. E’ di una simpatia e di una bellezza disarmanti. E’ piuttosto allegra, spavalda, sorridente, ed è anche maliziosa al punto giusto. Davvero una brava ragazza.» Le rispose Candice, gesticolando un poco mentre raccontava.
«Mi fa piacere, le ho sempre voluto un gran bene. E com’è che la conosci?»
«Liam, il migliore amico di Zayn, ha questa specie di tresca con lei. Sai com’è, no? Cose da adolescenti. Però li vedo bene insieme, si completano.»
«E questo Liam è un tipo a posto?»
«A postissimo, Becks. Non ti devi neanche preoccupare!»
Rebecca annuì con una leggera espressione sollevata in viso.
Riusciva ancora a ricordare tutte le volte che aveva truccato Alice di nascosto prima di un appuntamento, o quando l’aveva coperta per le serate in discoteca. Erano dei ricordi così vividi dentro di lei che quasi non sembrava essere passato nemmeno un giorno da quando li aveva vissuti.
«Sembra ieri, Candice.» Incominciò la ragazza un po’ intristita, «Io e Adam stavamo così bene insieme che mi sembrava impossibile, sai cosa intendo no? Pensavo di aver trovato il mio futuro marito, e diciamolo, per una come me che non vuole legami di nessun genere, il pensiero di sposarsi è una follia. Ma per lui l’avrei fatta. Ero a tanto così, Candice. Un soffio quasi.»
«E non l’hai più sentito?»
«No, figurati, sua madre mi odiava. Ha accolto la notizia della nostra rottura a braccia aperte e con una bottiglia di champagne già aperta, se capisci quello che intendo.»
«E suo padre?»
«Suo padre stava già organizzando il ricevimento di nozze prima che si lasciassimo.» Le rispose Rebecca, ridendo un poco tra se e se, «E’ sempre stato un gentiluomo nei miei confronti, soprattutto nel periodo prima e dopo la rottura. Si sentiva che c’era qualcosa di diverso nell’aria e lui non ha mai dubitato di me, neanche una volta. Continuava a ripetermi che era certo che non dipendesse da me e che, in un giorno non troppo lontano, se mai avesse avuto problemi di sciatica sarebbe venuto da me per farsi curare. Mi ha sempre trattata con i guanti, davvero. Ma in fin dei conti penso che sapesse che il problema era suo figlio e non io.»
La conversazione stava prendendo una strana piega: qualcosa a metà tra il sentimentale e il nostalgico, ma senza il fiume di lacrime che contraddistingue i film di quei generi.
Candice non sapeva granchè della loro storia, Rebecca era sempre stata restia nel parlarne, però sapeva di per certo che si erano amati per quattro lunghi e difficili anni. E rispetto alle avventure di una notte che Rebecca aveva avuto negli ultimi tempi, quattro anni sembravano un’eternità ai suoi occhi.
«Forse se tu lo chiamassi..» Propose Candice, ben capendo quanto azzardata fosse la sua affermazione.
«Sarebbe peggio, fidati. Cosa potrei mai dirgli? “Ciao Adam, da quando mi hai lasciata non ho smesso di pensare a quanto fossi felice con te, ti prego ritorna da me”? Sarebbe patetico.. e tu lo sai che io non voglio essere patetica per nessuno.»
«Non posso darti torto su questo.» Commentò Candice, smorzando l’argomento quasi del tutto.
«Comunque scusami se oggi sono.. un po’ così. E’ che ierisera ha chiamato mia madre e ha incominciato a incasinarmi l’esistenza senza arte ne parte. Mi ripeto sempre di cambiare il numero di casa ma non lo faccio mai solo perché mi toccherebbe dare a tutti quello nuovo. Tranne a lei, ovviamente. Sono una persona pigra, è uno strazio Candice.»
Candice si lasciò scappare una risata, realizzando che la solita Rebecca stava a poco a poco tornando a galla. In effetti si era sentita fin troppo spaesata vedendo l’amica così giù di tono.
«Quando ti deciderai a farlo, io potrei darti una mano, se vuoi. Però mi dispiacerebbe per tua madre, se devo essere sincera!»
«Ma va, non pensarla proprio! Tanto sicuro che ingaggerà qualche poveraccio per stanare il nuovo numero! Lo fa sempre, è tipico di lei.»
«Se lo dici tu!» Le rispose la ragazza, sorridendo un poco.
Rebecca stava per riprendere il discorso quando entrambe sentirono un cercapersone suonare insistentemente. Controllarono a turno il proprio, fino a che non realizzarono che era Candice la persona che stavano cercando di rintracciare.
«Scusami! Mi stanno chiamando dalla sala d’attesa anche se non capisco cosa possano volere da me.»
«Sarà la solita infermiera sfasata che non sa cosa fare e chiama gli specializzandi giusto perché non sa chi altro chiamare! Vai pure, io avrei anche da fare qua.»
«Ok, io vado eh. Se hai bisogno chiamami, appena posso ti raggiungo! Divertiti con le tue cartelle!»
«Guarda, uno spasso proprio!» Concluse Rebecca, mentre seguiva con lo sguardo l’amica che usciva dalla porta.
Candice percorse tutto il corridoio a ritroso fino alla sala d’attesa del suo reparto, dove una centralista le spiegò che il primario aveva espressamente chiesto un colloquio privato con lei.
Per un secondo si chiese cosa avrebbe mai potuto volere da lei che era ancora una semplice studentessa, ma poi qualcosa le balenò nella mente, chiaro come la luce del sole.
Di nuovo percorse il corridoio nell’altra direzione, mentre si sistemava un poco il camice leggermente spiegazzato. Quando bussò alla porta in vetro opaco sentì un chiaro e nitido “avanti” provenire dall’interno della stanza.
«Buongiorno, professore. Aveva chiesto di me?»
«Oh, buongiorno dottoressa Ainsworth. Si, prego si accomodi. Avrei bisogno di porle alcune domande, se non le dispiace.»
Candice si accomodò su una sedia e non rispose, pronta ad ascoltare ciò che il primario aveva da dirle, anche se in realtà poteva immaginare già tutto.
«Dunque.. signorina Ainsworth, lei è decisamente un ottimo elemento per questo ospedale, forse uno dei migliori negli ultimi anni. Sono convinto che lei sia una attenta osservatrice e un futuro medico più che affidabile, soprattutto per la sua integrità che ho potuto apprezzare nel corso della sua permanenza all’interno di questa struttura. Se per qualche motivo la sua carriera dovesse subire una battuta d’arresto, non nascondo che ne sarei molto rammaricato e voglio essere certo che lei lo sappia. Ed è per questo motivo che voglio porle una domanda precisa, signorina Ainsworth. Lei sa che intrattenere una relazione sentimentale con uno o più pazienti è qualcosa di non contemplato dall’Ordine dei Medici, non è vero?»
«Si, ne sono a conoscenza.»
«Ed è a conoscenza anche del fatto che, in caso dovessero emergere delle prove concrete, il soggetto in questione potrebbe rischiare di compromettere definitivamente il lavoro e gli studi di una vita?»
«Si, certo. So anche questo.»
«C’è qualcosa che vorrebbe dire a riguardo, quindi?»
«No, signore, non ho niente da dire a proposito. La cosa non riguarda me o nessuno dei miei colleghi, se è questo che intende. O almeno non che io sappia.»
Candice sembrava imperscrutabile: rispondeva a tutte le domande in maniera sistematica e preparata, con estrema facilità. Dalle sue parole non traspariva nessun genere di emozione o esitazione.
«Mi prendo la libertà di dissentire su questo punto, se non le dispiace.» Continuò il primario rivolgendosi verso di lei, «Non è ciò che mi hanno riferito, signorina Ainsworth. E la sua mancanza di responsabilità nell’ammetterlo mi fa molto riflettere su di lei.»
«Con tutto il rispetto, signore, non credo che abbia sufficienti prove concrete per affermare ciò.»
L’uomo si voltò verso di lei bruscamente, cambiando radicalmente l’espressione del suo volto. Si sentiva oltraggiato da quella sua franchezza e insistenza nel voler far credere di non essere in nessun modo implicata con quelle accuse.
«Come dice, scusi?»
«Con tutto il rispetto, signore, credo di sapere chi l’ha informata su queste cose e, ad essere sincera, il fatto che lei abbia mosso queste accuse contro di me senza prima aver verificato in prima persona mi rammarica in maniera non indifferente.»
Per l’ennesima volta la risposta di Candice era sistematica e impassibile nonostante continuasse a mantenere un livello di educazione e rispetto non trascurabile.
«Capisco che lei riponga molta fiducia in Seth, ed è ammirevole, ma non credo che le parole di un adolescente alticcio riguardo cosa ha visto, non ha visto o crede di aver visto possano essere determinanti per fare delle simili insinuazioni. Ad ogni modo mi dispiace dover usare questo tono per la mia difesa, ma non ho altra scelta. Se mai dovesse muovere di nuovo accuse di questo genere nei miei confronti la prego gentilmente di non basarsi solo sulle parole di suo figlio, per quanto queste possano o non possano essere veritiere. E se non le dispiace, vorrei concludere qui questo colloquio.»
L’uomo spalancò leggermente gli occhi, ben sapendo di essere stato preso in contropiede. Non era al corrente del fatto che Seth fosse ubriaco quando aveva visto e sentito ciò che gli era stato riferito e questo cambiava decisamente le carte in tavola.
«Allora, a questo punto, mi sento in dovere di scusarmi. E se desidera è libera di tornare al suo lavoro. Ad ogni modo mi sento in dovere anche di avvisarla che, se e solo se entreremo in contatto con delle prove schiaccianti, non esiteremo a prendere provvedimenti a discapito della persona interessata, chiunque essa sia. Detto ciò, buon proseguimento di giornata, signorina Ainsworth.»
«La ringrazio. Buona giornata anche a lei, signore.» Rispose Candice, abbassando il capo e uscendo dallo studio del primario.
Quando poi chiuse la porta dietro di se, tirò un sospiro di sollievo, sentendosi una sottospecie di miracolata. Lei era sempre stata una persona di polso, soprattutto quando le veniva fatto un torto, ma se anche questa volta era riuscita a scamparla non significava che quelle accuse non fossero la verità.
Il fatto che lei avesse iniziato a frequentare Zayn solo dopo la fine delle sedute non giocava e non avrebbe mai giocato a suo favore: chiunque avrebbe potuto smentire la cosa accusandola di essere una bugiarda. E non poteva di certo permettere che ciò accadesse, non a questo punto della sua vita.
Candice sapeva bene che dietro ad ogni pettegolezzo c’era sempre un fondo di verità ed era per questo motivo che aveva bisogno di prendere la sua decisione.
Sentiva un impellente bisogno di riprendere il controllo della sua vita e rimettere ordine nella sua testa, testa che era stata scombussolata da qualcuno chiamato Zayn.
 
 
«Ho scelto questo quadro.» Incominciò Harry, vedendo Alisha rientrare nella sua stanza, «Quello che ti piaceva di più, sei contenta?»
«Se piace anche a te, si. Altrimenti non dovresti prenderlo solo perché piace a me.»
«E perché scusa? Neanche se volessi farti un regalo?»
«Non ha senso regalare una a cosa a me per arredare camera tua! E poi, onestamente, non so quanto tempo passerò qui da oggi in poi.»
Harry posò il quadro a terra e si voltò, piuttosto confuso da quell’affermazione. Ma che diamine voleva dire?
«Come scusa? Non sto seguendo il tuo discorso, Ali.»
Alisha si sedette sul letto e incrociò le gambe, tenendo lo sguardo fisso sul ragazzo. Stava per cambiare le regole del gioco in maniera definitiva perché era stanca di aspettare qualcosa che, chiaramente, non sarebbe mai successo.
«Ho detto che non so se ne vale la pena, considerando che non so quanto tempo passerò in camera tua. Insomma, credo che ci vedremo molto meno spesso d’ora in poi, Harry.»
Il ragazzo rabbrividì.
Sentirla pronunciare il suo vero nome era una pugnalata alle spalle, l’ultima cosa che avrebbe mai voluto al mondo.
In quel preciso istante un trilione di domande iniziarono ad abitare la sua testa, senza sosta, come se fossero piccoli pezzi di stella che viaggiavano nello spazio dopo l’esplosione. Si chiedeva cosa avrebbe potuto dire, cosa avrebbe potuto chiedere, ma nel frattempo rimaneva in silenzio, a fissarla dritta negli occhi.
«Se te lo stai chiedendo, non sono arrabbiata, Harry. Ho sempre saputo che quegli occhi verdi e limpidi che ti ritrovi erano sinceri con me. Quando mi guardavi o mi parlavi eri sincero, lo so, e davvero io non ce la faccio ad arrabbiarmi con te. Vorrei davvero esserlo perché mi hai presa in giro fin dall’inizio, raccontandomi balle su balle e fingendo di essere chi non sei, ma ora che so la verità un po’ ti capisco.»
Harry continuava a rimanere in silenzio, con i pugni chiusi e le braccia distese lungo i fianchi. Non sapeva reagire, non sapeva giustificarsi, non sapeva più mentire.
«Da quanto lo sai?»
Alisha si stupì, chiedendosi come fosse possibile che l’unica cosa che lo interessasse fra tutto il resto fosse proprio quella.
«Non lo so... un po’ comunque.» Riprese la ragazza, stranamente tranquilla e distesa, «Ho incominciato a sospettare qualcosa quando tutti continuavano a scambiarti per qualcun altro e si ostinavano a chiamarti con un nome che iniziava per “Ha”, anche se non ero mai riuscita a capirne il seguito. Ho fatto delle ricerche, ho scoperto che non esisteva nessun Logan Anderson nella mia scuola che frequentasse i miei stessi corsi prima dell’incidente. Poi ho notato quanto fossi preoccupato quando uscivamo insieme, sempre con la paura che qualcuno potesse vederci. Solo più tardi ho capito il perché.»
Il silenzio di Harry stava diventando pesante, ingombrante, deludente in un certo senso.
Avrebbe tanto voluto stringerla forte e piangere in ginocchio da lei, ma non aveva la forza nemmeno di fare quello. Tutto ciò che sapeva fare era starsene li impalato, imprecando ogni volta che lei pronunciava il suo vero nome e percependo quanto in realtà gli bruciasse dentro.
«Perché me lo dici solo ora? Cos’è cambiato?» Le chiese il ragazzo, abbassando lo sguardo verso il pavimento.
«Ho parlato con Louis.. non abbiamo parlato di questo, anche se sono convinta che lui sappia tutto, non è vero? Il fatto è che ho capito che sono stanca di aspettare la tua verità. Avevo bisogno di farti sapere che io so, e ho sempre saputo.»
«Mi-- mi dispiace. Io..»
«Lo so, Harry. E’ per questo che non riesco e non voglio andarmene da qui piangendo e sbattendoti la porta in faccia. Voglio che tu mi dica perché, e voglio che tu sia onesto. Non hai più niente da perdere ormai.»
“Non ho più niente da perdere?”, ripeté Harry nella sua testa. Voleva dire che l’aveva persa definitivamente? Non poteva davvero fare più niente per non rovinare quella magia che c’era tra di loro?
«Ero io a guidare il SUV la notte dell’incidente. La tua auto ha sbandato per colpa mia, perché ero ubriaco. In realtà il tuo ragazzo era fatto, o almeno questo è quello che ci hanno riferito, ma io mi sono comunque sentito uno schifo per quattro mesi. Ero convinto di averti ammazzata, pensavo che fossi finita in coma e non ti fossi più svegliata, e mi ripetevo che era tutta colpa mia.» Incominciò Harry, tirando un po’ su col naso, «Poi Louis e gli altri sono venuti a prendermi e mi hanno detto che stavi bene ma avevi perso la memoria, e li ho capito che volevo vederti. Volevo sapere di che colore erano i tuoi occhi, che suono aveva la tua risata, volevo sapere se portavi i capelli lunghi o corti. Avevo bisogno di sapere che la persona che aveva rischiato la vita per colpa mia stava bene. E poi.. mi sono innamorato di te. Eri così spigliata, solare, semplice e allegra che non sapevo come gestirti, e non mi era mai capitato prima. Ho pensato che se ti avessi detto il mio vero nome tu mi avresti respinto per via dell’incidente, e così è nato Logan. Ti prego, credimi quando ti dico che non volevo farti del male. Avevo solo bisogno di stare con te.»
Alisha prese un lungo respiro e poi lentamente lasciò fuoriuscire l’ossigeno.
I suoi occhi erano sempre stati sinceri, questo lo sapeva. Lui aveva quel modo di guardarla, di sentirla, di percepirla, che nessun’altro aveva. L’aveva fatta sentire speciale e aveva deciso di essere il suo primo ricordo per ogni cosa. Come poteva buttare all’aria tutto quanto?
«Immaginavo fosse per quello. Mi dispiace, ma avresti dovuto lasciare a me la decisione.»
«Lo so, ma ormai ti avevo già mentito. Cosa avrei potuto fare?»
«Non lo so, Harry, ma non avresti dovuto mentirmi! Hai lasciato che mi innamorassi di Logan, una persona che non esiste!»
«No!» La interrupe violentemente il ragazzo, «Non ti sei innamorata di Logan, tu ti sei innamorata di me, Harry Styles! Se c’è una cosa su cui non ho mai mentito è su i miei sentimenti per te, Alisha! Quando ti parlavo, tu stavi parlando con me. Quando ti toccavo, tu eri toccata da me. Quando abbiamo fatto l’amore, tu hai fatto l’amore con me! Non c’era nessun Logan, e questo tu lo sai bene!»
Alisha si alzò dal letto e gli andò incontro, appoggiando la testa sul suo petto e stringendolo in un abbraccio.
«Ma io non posso più stare con te, Harry. Non voglio che finisca così ma non posso continuare a stare con te dopo tutto quanto. Ho aspettato per mesi una tua confessione.. ti ho dato del tempo, ho cercato in tutti i modi di farti trovare la situazione adatta, ma sei sempre rimasto zitto. Mi dispiace ma non possiamo più stare insieme, non così.»
L’eco di quelle parole rimbombò nella testa di Harry in maniera nitida e spietata.
Seguì gli occhi lucidi della ragazza e la sentì baciargli dolcemente una guancia, prima di sciogliere l’abbraccio. Poi la vide prendere la felpa e uscire dalla sua stanza senza far cadere nemmeno una lacrima.
Era un vuoto dentro che non sapeva colmare, una sensazione chiara e decisa di essersi perso tra i ricordi di loro due. Di nuovo era rimasto immobile, con i pugni chiusi e le braccia distese lungo il corpo, senza dire o fare niente.
Ora era semplicemente Harry Styles: senza lavoro, solo e con il cuore spezzato.





 “Confess to me every secret moment,
every stolen promise you’ve believed.
Confess to me all that lies between us,
all that lies between you and me.
Pictures of you, pictures of me hung up
on your wall for the world to see.
Pictures of you, pictures of me
remind us all of what we used to be”
Pictures of You – The Last Goodnight

 
TO BE CONTINUED..

 



Buonasera! Data l'ora mi sembra anche il caso di dirlo, ma mi piace aggiornare di sera e spero piaccia anche a voi.

♦ Il titolo della canzone è già mezza verità. Cioè avrei potuto scrivervi solo il titolo e avreste capito da sole. Resta solo da vedere quali e quanti ship sono coinvolti, ma siccome è in due parti lo scoprirete un poco per volta! (Ps. canzone di Demi Lovato, 'Catch Me': l'ho detto perchè non era molto palese)

♦ Non insultatemi fino alla fine dei giorni per quello che sto per dire, e credetemi dispiace anche a me, ma siamo quasi alla fine. Sono già 23 capitoli, gli ultimi particolarmente lunghi e a volte intensi. 


♦ Siccome qualcuno me l'ha chiesto rispondo qua così sono sicura che leggete: non sto seguendo nessun tipo di trama predefinita. Ciò significa che sto creando dialoghi, situazioni e incomprensioni capitolo per capitolo, in base al mio umore, alle mie idee, e a tutto il resto. Ergo non chiedetemi come andrà a finire perchè non ne ho la più pallida idea ma posso dire che ho già qualche flash qua e la che voglio inserire. 

♦ Halisha shippers, non mi morite vi prego! So che questa coppia va forte, soprattutto per la storia di Ali, ma non scannatevi contro di me! Se il comportamento di Alisha dovesse sembrarvi strano riguardo Logan/Harry, corro a dirvi che è una cosa voluta e ponderata.

♦ Ultima cosa! Se leggete, vi prego, recensitemi perchè ho davvero bisogno di sapere cosa ne pensate. Vedo sempre le solite ragazze, ma se posate gli occhi sulle righe di questo capitolo fatemelo sapere!

A prestissimo con la seconda parte! 

Baci, 
Giuls. 
  
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