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Autore: RossaPrimavera    26/06/2012    3 recensioni
“Non avvicinarti, non toccarmi… Questa è una cosa che devo fare da solo"
“Ti sbagli, sai che puoi ordinami tutto ciò che ritieni opportuno, Mio Signore. Io sono il tuo Pugno di Ferro in un Guanto di Velluto”
Dal 1942. Il fiorire della giovinezza, dove un adolescente prende coscienza di chi è, e soprattutto, di ciò che è capace di fare.
Gli anni in cui la rabbia e l’ambizione di Tom Orvoloson Riddle divampano come fiamme, delineando un futuro di distruzione. Quegli anni di cui nessuno ha mai voluto parlare.
Eppure qualcuno c’era: qualcuno che conosceva, qualcuno che partecipava, qualcuno che lo accompagnava in ogni sua impresa. Qualcuno che ha eseguito più dei suoi ordini, occupando un ruolo che Lord Voldemort non ha mai più lasciato libero. Qualcuno che era più di una serva, e più di un' amante.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom O. Riddle
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Più contesti
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Un Pugno di Ferro in un Guanto di Velluto
di Elle H.





CAPITOLO TERZO
La Fiera delle Vanità
 

Era sicura di stare per impazzire.
Mancava poco, ne era più che certa. D’altronde non poteva che essere inevitabile.
Sentiva le sue mani percorrerle incessantemente il corpo...
Avide, bramose, dimostravano la chiara intenzione di voler saggiare ogni singolo centimetro della sua pelle.
Indugiavano sull’incavo del suo seno, lamentando la presenza dell’elaborato corpetto dell’abito in cui era stato stretto poco prima.
Le avvertiva poi scendere sui propri esili fianchi, carpendoli con fare possessivo.
Le loro labbra non osavano separarsi neppure per ricercare ossigeno, quasi avessero accettato di loro spontanea volontà di affogare in quell’oceano di desiderio.
Ogni riserva ed ogni contegno erano stati accantonati, l’istinto aveva ormai preso il sopravvento.
Fu con un sincero bisogno  che si ritrovò a protendere il collo all’indietro, arrendevolmente consapevole e non senza ragione, che le labbra del giovane vi sarebbero presto piovute sopra.
Avvertì infatti i suoi denti inciderle la pelle e strapparle un flebile gemito di dolore, prima che quella bocca tornasse prontamente a rubarle la parola.
Si distaccò da lei solo per un istante, sfiorandole appena il volto e valutando attentamente il suo sguardo.
“Silenzio Pearl, non vorremo certo farci scoprire, vero? La serata è ancora molto lunga…” sussurrò Tom lascivamente, prima di tornare a baciarla con passione.
Era riuscito ancora una volta a toglierle ogni possibilità di replica.
Come se avesse potuto averne, e volerne, una.

 
 
 

“Il corpo pecca, ma una volta che ha peccato ha superato la sua colpa.
E’ certo che l’azione è una forma di purificazione:
nulla più rimane se non il ricordo di un piacere o la voluttà di un rimpianto.
Perché la Bellezza è l'unica cosa contro cui la forza del tempo sia vana”
[Oscar Wilde]

 

7 giorni prima
 
 
Il libro era fermo ed immobile tra le sue mani, le pagine rimaste intaccate sin quando era stato aperto.
Riparati da occhi indiscreti e curiosi, fogli fitti di nomi e date, riportati in eleganti ed antichi caratteri, riposavano tra il volume e il suo petto aggiudicandosi tutta l’attenzione.
Li scorreva velocemente con gli occhi, seguendo con il dito le linee che li collegavano gli uni agli altri a simboleggiare indissolubili legami di sangue e unione, e ritrovandosi a muovere le labbra nel ripetere nomi arcaici e dal suono aggraziato e musicale.
Ma c’era un qualcosa che interrompeva il fluire del suo lavoro, qualcosa che disturbava la sua concentrazione, qualcuno che richiedeva incessantemente il suo interesse …
“Pearl, ma mi stai ascoltando?” domandò Schneizel seccato, facendole finalmente scattare il capo all’insù e cogliendola di sorpresa.
“Certo! Mi sono solo persa via un attimo…  Ma tanto stavamo parlando di Quidditch, sai che non ci capisco praticamente niente” si giustificò, mentre il fratello le lanciava un’occhiata dubbiosa.
“In realtà abbiamo smesso di parlare di Quidditch secoli fa”
“Oh, scusatemi allora…” si limitò a dire, senza mostrarsi troppo addolorata.
La necessità di scoprire e delineare l’ascendenza di Tom era diventata il suo principale chiodo fisso.
Ormai era più di un mese che vi si dedicava senza sosta, consultando quotidianamente la biblioteca e sottraendo tempo prezioso al sonno e alle lezioni.
Oltre ad una fondamentale questione di interesse personale, non avrebbe saputo dire con esattezza cosa la spingesse a dedicarvisi con così tanto impegno e costanza; sapeva solo che vi era un piccolo riconoscimento che desiderava ardentemente, qualcosa che faticava persino ad ammettere a se stessa: vedere i begli occhi scuri di Tom illuminarsi di gratitudine nei suoi confronti.
Nonostante ciò, la ricerca procedeva a rilento e i loro rapporti erano rimasti pressoché invariati, salvo per aver deciso di seppellire lievemente l’ascia della competizione nel corso delle lezioni.
“Cosa staresti studiando di così importante?”
Pearl chiuse di scatto il libro, anticipando la curiosità del fratello.
“Antiche Rune”
“Che palle” commentò lui, alzando gli occhi al cielo.
“Fa bene invece, è una materia molto interessante” lo rimbeccò l’amica, sorridendo cordialmente a Pearl.
Si trovavano nella Sala Grande, che durante i pomeriggi diveniva  luogo dedicato ad uno studio meno opprimente di quello in biblioteca, sepolto in religioso silenzio.
Schneizel e la sua compagna di squadra l’avevano appena raggiunta, infreddoliti e sporchi di fango, appena reduci da un allenamento di Quidditch particolarmente impegnativo.
“Allora, qualcuno si è già azzardato ad invitarti alla festa di Lumacorno?” le chiese ancora, torcendosi le mani nel tentativo di scaldarle, i guanti da portiere ancora zuppi di pioggia.
“Non proprio…”
“Non proprio vuol dire che hai rifiutato tutti quelli che hanno provato a chiedertelo, vero?”
“Esattamente”
Schneizel scoppiò in una risata compiaciuta.
“Sei sempre la solita stronza, Pearl. Se non altro però mi risparmi il dovere di fare il culo a qualcuno, metaforicamente parlando si intende... Sai, casomai provassero ad allungare le mani” ragionò il ragazzo, scrocchiando le dita e fingendosi estremamente turbato.
“E guarda il lato positivo, Minerva: non sei l’unica che non ha ancora trovato un compagno per la festa!”
L’amica gli tirò una gomitata, colpendolo con successo al fianco.
“Stupido. Io non ho ancora rifiutato nessuno, li ho solo lasciati in forse…” ribatté lei, mostrandogli un sorriso pieno di sfida.
Pearl nutriva una gran simpatia per Minerva McGranitt, nonostante ella fosse grifondoro sino al midollo; la giovane aveva la stessa età di Schneizel, e più volte Pearl l’aveva ammirata volare divinamente durante le partite di Quidditch, nel ruolo di cacciatrice.
La ragazza era però soprattutto famosa per essere una delle migliori alunne del sesto anno, con voti assolutamente al di sopra della media; e per possedere in fin dei conti una certa, severa bellezza, classica e d’altri tempi.
“Piuttosto, tu chi hai intenzione di invitare?” replicò la grifondoro con tono pungente.
“Oh non saprei! Manca ancora una settimana, potrei cambiare la mia decisione ancora un altro milione di volte…” rispose il ragazzo con totale nonchalance.
Quasi per assicurarsi della veridicità della sua affermazione si voltò brevemente verso il tavolo alle sue spalle, al quale sedevano alcune ragazze di Tassorosso, che esplosero in risatine imbarazzate quando furono sorprese a guardarlo.
Soddisfatto torno a rivolgersi alle sue compagne: “Dicevamo?”
Le ragazze si limitarono a scambiarsi uno sguardo pieno di complice scetticismo.
“Piuttosto Pearl, è un periodo che ti vedo gironzolare con un ragazzo, come si chiama… Ah sì, Tom Riddle.
Non avrai forse intenzione di andarci con lui?” la interruppe Schneizel, ridiventando serio di un colpo.

Pearl gli rivolse uno sguardo diffidente, nascondendo con perfetta abilità il sentirsi punta sul vivo.
“Te l’ho già detto Schneizel, io e Tom siamo solo amici” mentì utilizzando un termine che, lo sapeva bene, il serpeverde non avrebbe affatto condiviso.
“E ci mancherebbe altro, meriti molto di meglio! Mi sembra un poco di buono”
“A te tutti i serpeverde sembrano poco di buono, eccetto me ” ribatté la sorella contrariata.
“E a ben ragione! Basta guardare i tuoi amici e quelli del mio corso… un branco di vanitosi ignoranti, imbevuti da secoli e secoli di ideologia anti babbani” giudicò sprezzante.
“Schneizel, cerca di non esagerare. Però Pearl, tuo fratello non ha tutti i torti.
Magari ancora non ne sei venuta a conoscenza, ma Riddle potrà anche essere uno studente eccezionale, eppure la sua fama e quella dei suoi amici non è esattamente delle migliori..." spiegò Minerva, procedendo con irritante cautela.

“Perché, che genere di fama ha?!”
Ma Pearl li interruppe, alzandosi così d’improvviso che alcuni ragazzini seduti alle sue spalle si voltarono sorpresi.
Se c’era una cosa che aveva sempre mal sopportato era l’invadente senso protettivo di suo fratello, presente sin dall'infanzia e che con la crescita non aveva fatto altro che acuirsi, diventando sempre più inopportuno ed ingombrante.
“Sai Schneizel, a volte sembri dimenticare che non sono più una bambina.
Credi che non sappia sufficientemente giudicare da sola con chi trascorrere il mio tempo?”

Il fratello tacque spiazzato, guardando Minerva incerto, aspettandosi un qualche sostegno.
“Mah, veramente non intendeva dire questo…”
“Ma certo che intendeva dire questo.  Se non ti fosse chiaro, io sono diventata Serpeverde per un motivo, non per uno sbaglio. Ragion per cui non devi azzardarti mai più a criticare le mie amicizie” ribadì con freddezza, voltando le spalle ad entrambi.
“Aspetta Pearl, dove stai andando?” si sentì gridare dietro, ma con caparbia ostinazione decise di ignorarli, relegando entrambi in un silenzio attonito e pervaso da un vago senso di colpa.
Pearl detestava quel genere di conversazioni, dovute a quella ridicola e millenaria competizione tra Grifondoro e Serpeverde,  che raggiungeva spesso dimensioni tragicomiche, finendo per rendere la mentalità di ognuno degli studenti infinitamente limitata.
E lei odiava visceralmente le mentalità chiuse.
In ogni caso, anche quel pomeriggio aveva avuto il tempo di appurare la mancanza di un qualsiasi dato che potesse riguardare Tom e il nome di suo nonno, “Orvoloson”.

Indubbiamente avrebbe continuato a cercare nei rimanenti alberi genealogici, ma con un improvviso colpo di testa decise che forse non sarebbe stato poi così male chiedere un piccolo, discreto aiuto.
Sapeva che sarebbe stato meglio consultarsi con il compagno di casa prima, ma dopotutto conosceva chi era molto più esperta di lei in quel campo, qualcuno che era anche piuttosto facile da interrogare…
E dopotutto era per una giusta causa.
Finalmente trovare la famiglia di Tom, solo ed esclusivamente
per desiderio di Tom.

 

*******

 

Il giorno prima
 

Il trascorrere dei giorni rendeva l’attesa per la serata di Halloween sempre più fremente d’eccitazione.
Per i fortunati ragazzi facenti parte della stretta cerchia di Lumacorno, buffamente denominata “Luma Club”, oltre all’annuale banchetto vi era ben altro: si vociferava che quell’anno la festa organizzata dal professore di Pozioni avrebbe superato tutte le aspettative.
Per gli eletti, quei giorni erano un continuo scambiarsi di pareri, idee, consigli, ognuno deciso a rompere la solita routine per portare una gradevole aria di leggerezza e divertimento.
Tutte le discussioni tra i partecipanti parevano in gran parte vertere su cosa avrebbero indossato, ma soprattutto, a chi avrebbero offerto, da tradizione, il braccio; e per una volta, l’ultimo argomento non era il prediletto solo dal punto di vista femminile.
“Allora cugino, hai già deciso con chi andrai alla festa?” domandò Cygnus Black, intento a svolgere una partita a scacchi con Orion.
Ragazze a parte, il loro consueto gruppo usava raccogliersi nell’angolo prediletto della Sala Comune, quello che dava maggiormente sulle profondità del lago e da cui, in quel momento, si intravedeva l’acqua vorticare inquieta per via delle continue piogge ottobrine.
“Credo che in via ufficiale dovrei andarci con tua sorella, però non so ancora…
Non che non abbia voglia, sia chiaro, ma sai ieri ho visto una Corvonero veramente niente male…” spiegò con cautela e aggiungendovi frettolosamente una scusa, sperando di scansare l’ira fraterna del cugino, l’esatta versione maschile e più grande di Walburga.
“Ma lascia perdere le altre case, idiota! Se aprissi un po’ gli occhi noteresti come la nostra trabocchi di bellezze” lo redarguì Rosier con entusiasmo, lanciandogli un’occhiata divertita da dietro un libro; la copertina dimostrava essere un tributo alla sua squadra di Quidditch preferita, gli scozzesi Montrose Magpies.
“Tu con chi ci vai?” chiese immediatamente l’amico, piuttosto scettico.
“Nulla di certo ancora, ma ho una mezza idea di invitare la Crouch, se è ancora libera”
Un silenzio perplesso seguì la sua affermazione, e quasi tutti i presenti si voltarono a guardarlo dubbiosi.
“Beh, che ho detto di male? E’ molto carina” ribatté il ragazzo, abbassando il libro.
“Sì, ma magari è quel tantino… stupida?” gli fece notare Ivan Mulciber, suo compagno di corso nonché migliore amico.
“Beh, vedetela un po’ come volete, io la trovo divertente. Andrò a chiederglielo dopo” concluse con un’alzata di spalle, per nulla toccato dai commenti degli amici.
Per quanto una buona metà di Hogwarts ritenesse Serpeverde una casa di aspiranti maghi oscuri dalla dubbia integrità morale, presosoché incapace di buoni sentimenti, l’amicizia tra quei ragazzi era più che sincera, e vigorosa come edera.
Era certamente fondata su una precedente conoscenza, essendo la maggior parte delle loro famiglie purosangue e legate da generazioni, ma ciò non impediva a nuovi membri di unirvisi.
Semplicemente erano soliti applicare una rigida valutazione delle capacità di ognuno.
“Il suo gruppetto merita però. Sono un po’ delle stronze,  ma quelle del quinto anno sono veramente le ragazze più belle della casa” aggiunse allegramente Baltàzar Yaxley , intento ad ultimare la copiatura di un lungo tema per Pozioni, che gli avrebbe senz’altro aggiudicato il rientro nelle grazie di Lumacorno.
“Puoi dirlo forte, su questo non ci piove. Qualcuno sa con chi va la Gamp?” chiese Dolohov, improvvisamente interessato.
“Con un tale Belby di Corvonero, li ho sentiti parlare oggi pomeriggio” rispose qualcuno, deludendo le sue aspettative.
“E ti pareva… L’avevo già chiesto anche alla Ballantyne, ma ha rifiutato” continuò, fingendosi estremamente sconsolato.
“Pearl ti ha rifiutato?” chiese improvvisamente una voce, che finora aveva preferito evitare di unirsi al discorso.
Perché raramente Tom Riddle partecipava a quel genere di scambi di vedute: considerava futili le feste, ritenendole piuttosto un obbligo o solo un’altra opportunità per meglio ammanicarsi i professori.
Ma soprattutto, a Tom Riddle non interessavano le donne, e questo era fatto risaputo dagli amici: apparentemente non le calcolava, anzi non le vedeva proprio.
In gran segreto, ovviamente, aveva già avuto occasione di relazionarvisi: completamente irretite da lui e dal suo aspetto, spesso era capitato che diverse ragazze lo avvicinassero con una scusa qualsiasi, dal chiedere un aiuto in una qualche materia a qualcosa di ben più esplicito.
Ed era capitato che, in quei casi, lui avesse accetato; così, per il semplice gusto di vedere fin dove il desiderio le avrebbe spinte. Salvo poi privarle magicamente di ogni loro ricordo, cancellando la traccia dell’attenzione che aveva  loro magnanimamente elargito.
Ragion per cui Aidan si spaventò quasi, nel sentire la voce del compagno che ammirava di più in assoluto concentrarsi su quel punto della conversazione, e incredulo si limitò ad annuire.
“Per quale motivo? Cosa ti ha detto con esattezza?” lo interpellò Tom nuovamente, alzandosi dal divano su cui era  rimasto comodamente sdraiato.
La sua voce era fredda e tagliente, denotava una curiosità che richiedeva di essere subito  saziata, prima che la rabbia  ne prendesse il sopravvento.
“E’ stata gentile… Mi ha detto che le dispiaceva, ma che pensava di andarci già con qualcun altro”
“Chi, chi altro?” chiese allora Tom, le mani che istintivamente artigliavano un bracciolo in pelle.
Gli amici si lanciarono uno sguardo allibito, cogliendo il tono del ragazzo cambiare radicalmente.
“Non lo so, non me l’ha detto”
“E tu non gliel’hai domandato?”
“Beh… no”
Tom tacque pensieroso, accorgendosi di star tradendo un’eccessiva irritazione di fronte ai suoi compagni.
Intimamente, non era neppure fin troppo sorpreso di essere interessato a tal punto all'accaduto: lui e Pearl avevano un patto, e dopotutto sapeva di nutrire una certa gelosia nei confronti della ragazza...
Certo, non quel genere di sciocca, amorosa gelosia.
Ma dal momento che Pearl era a conoscenza di alcuni dei suoi più intimi segreti, e aveva deciso di collaborare con lui nella sua particolare ricerca, sentiva di provare per lei quel tipo di esclusiva possessività che aveva nutrito, sin da piccolo, per ognuno dei propri averi.
D’altronde, il suo interesse era sempre stato di stampo monopolistico: ciò che balzava alla sua attenzione, era suo e suo soltanto. E così era stato anche con Pearl, né più né meno di un inestimabile e prezioso oggetto.
Improvvisamente scattò a sedere, chiudendo con un gesto secco il libro di incantesimi; accantonò la lettura e, senza proferire ulteriore parola, si diresse a grandi passi meditativi verso le scale che conducevano ai dormitori.
Il suo carattere si rivelava ancora una volta per quello che era, forte ed orgoglioso, intimandogli di rimanere saldo e presente a se stesso.
Non si sarebbe ridicolizzato ulteriormente, commettendo un qualche gesto impulsivo nei confronti della ragazza; non in quel momento, perlomeno. Avrebbe se non altro atteso l’indomani.
Agli amici però non sfuggì la mano del ragazzo infilarsi in tasca, avvolgendosi istintivamente attorno alla bacchetta.
“Riddle  non va con nessuna alla festa, vero?” chiese Aidan preoccupato non appena l’amico fu scomparso.
“No, ha rifiutato anche le poche ragazze che hanno avuto il coraggio di chiederglielo”
“Beh, mi pare che non ci voglia un genio per capire che la Ballantyne sia appena diventata un dominio privato… cerca di ricordartelo bene, Dolohov” concluse con un ghigno Cygnus, decretando scacco matto al cugino.
Non ebbe bisogno di guardare il volto dell’amico per sapere quanto fosse improvvisamente impallidito.
 

 
*******

Poche ore prima
 

“Raso o velluto?”
“Lasciala perdere e guardami: meglio quello bianco o quello nero?”
“Pensi siano meglio le perle? O credi che forse dovrei osare i brillanti?”
Pearl si fermò impietrita sull’uscio del proprio dormitorio, osservando con stupore come la stanza fosse improvvisamente divenuta un unico, grande e caotico fermento, traboccante di agitazione e femminilità.
“Senz’altro i brillanti…” balbettò appena, riempiendo di soddisfazione Druella, già vestita di tutto punto.
Perché in vita sua Pearl non era mai stata ad una festa.
Certo, sin da piccola era stata abituata a lunghi pranzi, cene, balli e ad ogni sorta di estenuante evento mondano con l’alta società magica inglese ed irlandese, ma anche questi erano da anni ricordi accantonati e dimenticati.
Sua madre non si era mai mostrata come una donna eccessivamente dedita al pettegolezzo e agli svaghi, e nonostante fosse disperatamente innamorata del proprio aspetto, nell’ultimo periodo della sua vita aveva drasticamente preferito rifuggire la società.
Tuttavia Pearl ricordava perfettamente la sensazione di  sentirsi, pur essendo solo una bambina, al centro esatto del mondo, circondata dalla dorata attenzione altrui.
“Cosa aspetti ad andare a prendere il tuo abito? La festa è tra meno di due ore” disse Walburga impaziente.
La Black sedeva davanti alla specchiera con l’alterigia di una regina, intenta a rifinire il proprio trucco con attenzione maniacale; una ragazzina del secondo anno, che riconobbe subito come Clodia Lestrange, era intenta a crearle perfette onde tra i lunghi capelli scuri seguendo le sue precise istruzioni.
“Sono stata in biblioteca fino a poco fa…” disse a mo di scusa, aiutando Isobel ad allacciare il proprio abito, di un semplice blu scuro ma che pareva adattarsi alla sua figura longilinea come se le fosse stato dipinto addosso.
“Non capisco perché tu ci vada con quel Belby, un Corvonero… avresti potuto andarci con Yaxley” criticò nuovamente Walburga, rimbrottando Isobel e mostrando un inspiegabile cattivo umore.
“Senti, te l’ho già detto che io e Damocles siamo amici di infanzia. E poi perché sei così acida oggi?”
Tutte le ragazze si voltarono a guardarla, ma Walburga evitò accuratamente di incrociare il loro sguardo.
“Non ho voglia di andarci con Orion, tutto qua” disse con una nota contrariata nella voce, ma riscuotendosi poco  dopo, tornando a rivolgersi a Pearl.
“In ogni caso, potrai anche aver deciso di venire senza cavaliere, ma a meno che tu non voglia dare spettacolo, e credimi sono certa che i ragazzi gradirebbero, farai bene ad andare a metterti qualcosa addosso!” la rimproverò nuovamente, strappandole un verso annoiato.
Fu con estrema svogliatezza che un attimo dopo si decise ad avviarsi dalle uniche persone che avrebbero potuto, secondo la concezione di necessità delle amiche, “salvarla” dalla mancanza di buon senso per non essersi portata un capo d’abbigliamento adatto.
Mentre attraversava i lunghi corridoi verso i dormitori femminili del settimo anno, zona dei sotterranei pressoché vuota a causa del banchetto ancora in corso, Pearl considerò che tra tutte le ragazze più grandi che aveva conosciuto, le gemelle erano certamente le uniche ad essere riuscite a catturare la sua simpatia.
Audovera e Diodata Selwyn erano identiche come gocce d’acqua: irriverenti e spesso sfacciate,  con una grande passione per i divertimenti, dimostravano con il loro portamento altero ed elegante di sembrare perennemente sicure di quale fosse il loro posto al mondo, un luogo decisamente lussuoso e pieno di sfarzo.
Anche perché, non per nulla, rappresentavano il futuro di due delle più rinomate famiglie purosangue inglesi: se Audovera era fidanzata con Abraxas Malfoy, Diodata lo era con Byron Lestrange.
Due ragazzi infinitamente ammirati, che Pearl trovava  sorprendentemente somiglianti a Tom: irritanti e sottilmente sfuggenti.
Quando la giovane bussò nervosamente alla porta, ad aprirgli non fu nessuna delle due amiche, ma bensì Malfoy in persona, che la guardò dall’alto in basso con apparente stupore.
“Ah ehm, cercavo Audovera… ma se siete occupati passo dopo, non è un problema!” borbottò imbarazzata da quegli occhi grigi e predatori, in abbacinante contrasto coi lisci, lunghi capelli così biondi da parere bianchi.
Ma il ragazzo sorrise divertito, facendosi da parte per farla entrare.
Vera, tesoro, un’altra ragazza è venuta ad elemosinare il tuo aiuto” disse ad alta voce, tornando poi a stravaccarsi sul letto della fidanzata, sfogliando distrattamente la “Gazzetta del Profeta” di quel giorno.
“Oh, sei tu Pearl, Walburga mi aveva accennato che ti serviva un abito…” le disse gentilmente quando l’ebbe riconosciuta, invitandola con un cenno ad avvicinarsi al grande armadio ad angolo.
“Forse potresti inventarti un mestiere Vera, con la smodata passione per la moda tua e di tua sorella, questo dormitorio potrebbe diventare un atelier” commentò Abraxas sardonico, guadagnandosi un’occhiata ammonitrice dalla fidanzata, intenta a pettinarsi i lunghi capelli castani.
“Allora? Con chi hai deciso di andare alla festa?” chiese allegramente Audovera, cercando di mettere Pearl a suo agio e al contempo osservandola con puntigliosa attenzione, come se volesse accertarsi delle sue misure.
“So che sembra assurdo, ma ho preferito andarci da sola” rispose la ragazza con un sorriso incerto, lisciandosi distrattamente un lembo della divisa.
Era sorprendentemente la verità: oltre ad aver gentilmente rifiutato tutti gli inviti che le erano pervenuti, con caparbio orgoglio si era categoricamente rifiutata di scegliere autonomamente il proprio cavaliere.
A nulla erano valse le premure e i consigli delle amiche: seguendo le proprie voglie, o piuttosto, la loro mancanza, aveva deciso di aggrapparsi ad un comportamento volutamente antisociale.
Audovera parve intuire chiaramente le confuse idee dell’amica, perché gli rivolse un sorriso confortante.
“Non è poi così assurdo! Fai bene a non farti influenzare dalle tradizioni, alla fine sono molti quelli che scelgono di andare alla festa senza accompagnatore. Vedrai che ti divertirai di più” la rassicurò, strizzandole l’occhio.
Ma alle sue spalle, senza alzare gli occhi dalla rivista, Abraxas espresse un dubbio di tutt’altro genere.
“Non è che stavi aspettando un invito che non è mai arrivato?”
Pearl si sentì gelare, avvertendo in contrasto le guance imporporarsi livemente.
“E da chi per esempio, di grazia?” gli rispose, quasi con sfida.
Gli occhi di Abraxas scintillarono di furbizia.
“Oh, magari qualcuno dei tanti che sono rimasti a loro volta senza accompagnatrice. Guarda caso c’è anche il tuo degno rivale, Tom Riddle… non so se hai presente” continuò imperterrito, fermandosi solo all’ennesimo sguardo ammonitore della fidanzata.
“Abraxas, per favore ora esci, dovrei far provare questo a Pearl” gli disse impaziente, sfidando il ghigno divertito che ancora portava sul volto e sospingendolo fuori dalla stanza.
“Lascialo perdere, gli piace divertirsi a spese degli altri...” si limitò a dire, sorridendo conciliante.
Pareva tuttavia aver dato molta attenzione alle ultime parole che il fidanzato aveva pronunciato.
“Tu e Tom andate più d’accordo ora, vero?”
Pearl le lanciò uno sguardo allarmato.
“Cosa te lo fa credere?”
“Oh beh, i primi tempi passavate tutto il tempo a battibeccare. Ora sembrate più tranquilli, a volte vi ho anche visto in biblioteca assieme” ragionò con un’alzata di spalle.
Pearl tacque, ma all’amica, intenta a osservare di sottecchi la sottile ruga d’espressione comparsale sulla fronte, non sfuggì l’improvviso nervosismo che pareva averla colta.
“E così a quanto pare anche Tom Riddle è senza accompagnatrice…” sussurrò con strana serietà, attraversata da un cenno malizioso quando dall’armadio estrasse con estrema cautela una scatola.
Quando le mostrò il contenuto, un ammasso di stoffe nere come la pece, Pearl sgranò gli occhi.
“No aspetta, questo non posso…”
“Perché, cos’ha che non va?”
“E’ veramente… troppo
Troppo, esattamente. Non vorrai certo rappresentare una seconda scelta?”
Pearl guardò il sorriso dell’amica, all’improvviso straordinariamente simile a quello del fidanzato, e con uno scatto repentino decise di accettare.
Indossandolo, per un attimo sentì nuovamente la sensazione che provava da bambina quando tutti gli occhi degli amici dei genitori si concentravano su di lei.
Il sentirsi al centro esatto del mondo.
“Io non sono mai una seconda scelta” affermò sovrappensiero poco dopo.
Solo quando fu più che pronta, un lieve bussare di nocche alla porta la distolse dagli ultimi ritocchi;  il viso paffuto di Clodia Lestrange fece capolino da dietro lo stipite, porgendole esitante una lettera.
“Pearl, il tuo gufo ha appena lasciato questa per te”
Solo quando la giovane l’aprì e la lesse con trepidazone, il suo volto si illuminò di incredula felicità.
A completare il suo trucco elaborato fu l’imporporarsi delle guance, dovuto all’improvvisa corsa che intraprese verso la biblioteca.
 

 
 

“Only so many times, I can say I long for you
The lily among the thorns, the prey among the wolves

Barely cold in her grave, barely warm in my bed
Settling for a draw tonight…
Puppet girl, your strings are mine!

 
Solo così tante volte, posso dire che ardentemente ti desidero
Il giglio tra le spine, la preda tra i lupi

Poveramente fredda nella sua tomba, poveramente calda nel mio letto
Anticipando questa notte…
Ragazza burattino, i tuoi fili sono miei!”

[Feel for You, Nightwish]

 

 

Le supposizioni dei precedenti giorni trovarono ampia conferma non appena la festa aprì le sue porte: nulla era come era stato immaginato, ma anzi superava ognuna delle loro aspettative.
La musica invadeva i corridoi, udendosi sin dall’atrio, dove una fiumana di studenti eccitati si era già raccolta in attesa dei propri amici ed accompagnatori.
Chi si era già recato alla festa riferiva che quell’anno l’ufficio di Lumacorno era stato ulteriormente ampliato con l’uso della magia, riempiendosi di un tripudio di luci soffuse, che provvedevano già di per se a scaldare l’atmosfera.
 “Ma quello è Roderick Plumpton dei Tutshill Tornados?” chiese un Rosier incredulo, intento ad osservare un uomo alto e dinoccolato con ispidi capelli biondi avviarsi verso le scale, salutato ed acclamato a gran voce da diversi ragazzi.
“Probabile, non è l’unico pezzo grosso che il vecchio Luma ha invitato” commentò Lestrange, divertito dallo sguardo estatico dell’amico.
“Non potremmo salire, senza aspettare le ragazze? Incomincio ad aver fame” si lamentò a gran voce Dolohov, occhieggiando ansioso la porta dei sotterranei.
“Ma tu non hai l’accompagnatrice Aidan, guarda che puoi già avviarti senza di noi” gli fece notare Diodata, con tono volutamente beffardo.
“E tu Riddle? Strano non vederti accompagnato da qualcuna, l’anno scorso mi sembrava elargissi facilmente la tua mano” commentò Audovera maliziosa.
Quella sera Tom Riddle pareva toccare l’apice della sua gelida bellezza: avvolto in un semplice completo scuro, dimostrava di possedere un’innata eleganza.
Sembrava persino più pallido del solito, un chiarore che contrastava come un pugno con i capelli neri come l’inchiostro. Ma tutto ciò gli donava, evidenziando il sorriso derisorio che rivolse alla compagna.
“Che vuoi che ti dica, Audovera? Quest’anno non ho avuto tempo da dedicare a nessun’altro all'infuori di me”
Poco distanti diverse ragazze sussurravano tra loro concitate, fissandolo imbambolate e cercando vanamente di attirare la sua attenzione; che invece rivolse da tutt’altra parte, quando le porte del sotterraneo finalmente si aprirono per lasciar uscire i restanti elementi della compagnia.
“E fortuna che avevate promesso di essere puntuali, eh?” disse Cygnus esasperato, accogliendo Druella tra le proprie braccia e stampandole un lieve bacio sulle labbra.
Diversi furono i complimenti e le battute, ma ai molti non sfuggì il curioso, strano sguardo che intercorse per un lungo attimo tra Tom e Pearl.
Il bel viso del Prefetto recava un'espressione insolita, sospesa tra il compiaciuto e il meravigliato.
Perché era dalla sera dello smistamento che Tom non si trovava a considerare Pearl in quel modo, unicamente definibile con una sola parola...
Fasciata com’era in un lungo abito nero, che le ricadeva sino ai piedi come una morbida cascata, ogni curva ed ogni ansa del suo giovane ed esile corpo erano state sapientemente evidenziate.
Era inevitabilmente ed innegabilmente attraente.
Tutto di lei, dallo sguardo vibrante d’eccitazione alle sottili labbra tese in un sorriso, gli apparve improvvisamente fragile e al contempo seducente.
E per un attimo fu a sua volta estremamente consapevole di poter esercitare uguale ascendente, se non addirittura maggiore, su di lei.
“Ti vedo stupito, Tom” lo canzonò la ragazza, chiaramente conscia delle lunghe occhiate che si erano rivolti, totalmente diverse dal solito genere, fermo sullo sprezzante.
“Al contrario Pearl, sono piacevolmente sorpreso” ribatté lui, concedendole un sorriso estremamente sincero; contrariamente a tutte le supposizioni, era priva di cavaliere e completamente sola, scoperta che non fece altro che stimolare ulteriormente il suo ego.
Le loro parole furono presto inghiottite dal clima della festa, che nonostante fosse appena iniziata, era già entrata nel vivo.
"Dippet è a conoscenza di questi?" domandò poco dopo una Isobel particolarmente dubbiosa, incerta se soffermarsi sul punch o selezionare qualcosa dalla vasta offerta di alcolici.
"Non lo so, ma Silente sembra non aver nulla da ridire" rispose Pearl indicando alle proprie spalle, dove un professor Silente molto più allegro del solito intratteneva un’allegra discussione con diversi maghi dall’aria veneranda, gesticolando con frenesia.
La stanza continuò a riempirsi ad una velocità impressionante, senza che nessuno facesse più una qualche differenza tra gli autentici invitati e chi era riuscito ad imbucarsi; i professori si mischiavano allegramente agli studenti, intrattenendo conversazioni che in una normale aula certamente non sarebbero mai avvenute.
Il sorriso di Pearl si fece ancor più evidente quando nella folla scorse il fratello maggiore, nientemeno che in compagnia di Minerva stessa.
"Non ci posso credere, alla fine avete deciso di venire insieme!"
"Cosí pare... È lei che ha insistito" ribatté Schneizel laconicamente, portandosi il bicchiere colmo alla bocca.
"Certo, insistito sul salvarlo dall’umiliazione perché nessuna pareva filarselo più” ribatté la ragazza, estremamente divertita.
Ben presto le loro parole concitate attirarono lo sguardo di Lumacorno, intento a veleggiare da un capo all’altro della stanza come fosse senza peso, chiaramente di ottimo umore.
"Allora ragazzi miei, cosa ne pensate? E’, o non è, forse la mia festa meglio riuscita?”
"Fantastica come tutti gli anni professore" convenne Minerva con un gran sorriso.
"Ah Minerva cara, sempre gentile. Sono veramente contento di esser riuscito ad avervi tutti qua, compresi voi due ragazzi... A tempo debito vedrete che anche vostro fratello Barron avrà la sua parte” suggerì il professore, quasi stesse già pregustando quel momento.
Si guardò attorno a lungo, cercando di attirare l’attenzione di qualcuno nella folla.
“Ma guardiamo piuttosto il vero obiettivo di questo incontro… perché non vi dedicate ad ampliare le vostre conoscenze?”
Un bicchiere in mano ed un’espressione tutt’altro che cordiale, all’esortazione di Lumacorno Tom Riddle si avvicinò lentamente al gruppo.
“Eccoti qua Tom, ragazzo mio!  Certamente conoscerai già la signorina McGranitt, ma permettimi di presentarti anche Schneizel Ballantyne, il fratello della nostra qui presente Pearl” disse il professore gentilmente, aspettandosi un qualche cenno tra i ragazzi.
Ma Schneizel non tese la mano né dimostrò di prendere neanche lontamente in considerazione l’invito del professore: si limitò a guardare Tom con straordinaria durezza, tanto che Minerva dovette premergli la mano sul braccio quasi a volerlo calmare.
Un gesto che, come ogni qualsiasi particolare, non sfuggì all’attenzione del bel serpeverde.
“Veramente incantato” si limitò a commentare lui sarcastico.
Pearl lanciò un occhiata al fratello e al compagno, chiedendosi come Lumacorno riuscisse a non accorgersi di trovarsi di fronte ad un imminente duello; istantaneamente decise di intervenire e raccogliere la palla al balzo, cogliendo l’occasione che attendeva da inizio serata.
“Tom, ti dispiace se parliamo un attimo?” li interruppe Pearl, mostrandosi forse fin troppo garbata, ma rivolgendo uno sguardo più che eloquente al ragazzo.
“Potresti evitare di provocarlo?” lo riprese quando si furono allontanati dallo sguardo adirato di Schneizel, riuscendo per miracolo a farsi strada nella folla senza incontrare particolari intoppi.
“Provocarlo io? Credo che la ramanzina dovresti farla a tuo fratello, sembrava piuttosto nervosetto” ribatté Tom, seguendo la ragazza  verso l’uscita.
“Schneizel crede che tu sia un tipo un tantino come dire… losco” rispose distrattamente, sottraendogli il bicchiere mezzo pieno dalle mani e posandolo assieme al proprio sulla tavola.
Al suo sguardo interrogativo rispose con un gran sorriso.
“Credimi, dovrai essere ben sobrio per ascoltare ciò che sto per dirti”
Cercando di non dare nell’occhio si allontanarono dalla festa, divenuta sempre più soffocante.
Percorsero velocemente diversi corridoi, dapprima traboccanti di invitati e infine solo di sporadiche coppie, appostate nell’intimità concessa dagli angoli più bui; eccezionalmente per una sera, l’onnipresente controllo dei professori pareva essersi allentato.
Si soffermarono solo di fronte ad un'alta finestra ogivale incassata nel muro, che li riparava dalla vista altrui e forniva loro una chiara vista del Lago Nero animato dalla tempesta.
Quando finalmente si trovarono faccia a faccia, entrambi appoggiati ai lati opposti, Tom incrociò le braccia con fare impaziente e Pearl si accinse a prendere un gran respiro, prima di decidersi a parlare.
La voce le vibrò leggermente, tradendo un’emozione che a malapena riusciva a celare.
“Devo avvertirti: questa settimana ho preso in considerazione l’idea di chiedere l’aiuto a qualcuno.
Sai, per l’affare della tua famiglia… No aspetta!” si precipitò a precederlo, dato che Tom aveva appena aperto la bocca con  l’aria di voler dire qualcosa di piuttosto feroce.
“Ho cercato, davvero… ma è un’autentica impresa, lo sai bene. Perché sprecare del tempo prezioso?
La mia nonna paterna è un’esperta di genealogia magica: è così legata al suo stato di sangue da  conoscere a memoria metà degli alberi genealogici della società magica inglese.
Così le ho solo accennato la mia curiosità per quel nome, dopo averlo letto in un qualche libro… e lei ha prontamente esaudito la mia curiosità” spiegò attentamente, procedendo con cautela ed osservando le contrastanti espressioni sul volto del giovane.
Tom pareva estremamente alterato, eppure il suo sguardo rivelava un’impaziente curiosità.
"Continua: dimmi dove vuoi andare a parare, prima che cominci ad arrabbiarmi sul serio”
Fu allora che Pearl, con un gesto teatrale, aprì la pochette che finora si era portata dietro, estraendone un unico foglio di pergamena piegato in quattro parti.
I suoi grandi occhi scuri, finemente truccati, splendevano di esultanza.
"Poco prima che mi avviassi alla festa ho ricevuto la sua risposta.
Ho letto quel poco che bastava per individuare un certo cognome… Un cognome che probabilmente non saremmo mai riusciti a trovare, perché appartiene ad una linea quasi del tutto estinta”
Gli porse infine la pergamena, sorridendo trionfalmente.
“In ogni caso, eccotelo qui… L’ho trovato
"Che cosa?!" urlò quasi Tom non appena recepì quelle parole, arrivando a strapparle il foglio di mano con fulminea necessità.
Per un attimo parve quasi che vi fosse un qualcosa che lo scuotesse da dentro, un’emozione che traboccò gradualmente sul suo viso: era animato da una gioia incredula, quasi bestiale, che deformava i suoi bei tratti in una maschera selvatica e ferina.
Di certo non giovava al suo aspetto, ma Pearl si ritrovò ad osservarlo tremendamente affascinata.
“Ovvio, ho solo copiato gli ultimi elementi, l’albero genealogico completo è di sopra…” continuò con premura, ma lui neppure le prestò attenzione, gli occhi incollati sulla pergamena.
Vi era riportato davvero ben poco, ma conteneva in sostanza tutto ciò che il mondo gli aveva finora taciuto.
Eccolo, posto in cima al foglio e delineato con l’ondeggiante calligrafia di Pearl: Orvoloson Gaunt.
Il nome di suo nonno.
Da lì partiva un’unica riga sottile, collegate a due ultime parole: "Orfin" e poi “Merope”.
Poggiò istintivamente il dito sull’ultimo nome, sfiorando lievemente i caratteri che lo componevano.
"Lei è..."
"Sí, credo di si. Merope... Tua madre"
Tom rimase imbambolato per lunghi attimi ad osservare il foglio, quello strano aggettivo che continuava ad aleggiargli nella mente, prima che si decidesse a ripiegarlo e riporlo con gran cura nella propria tasca.
Contrariamente a quanto Pearl si aspettava il giovane non disse nulla, limitandosi a rivolgerle lo sguardo smorzando lievemente il suo entusiasmo.
"Sappi che puoi anche non dirmi grazie, ma in ogni caso mi devi un favore, Riddle" disse vagamente contrariata, appoggiandosi al muro e tentando di sfoderare un sorriso che stemperò presto in un accenno di broncio.
Ma il ragazzo fu colpito dall'ironia che nascondeva quell’ultima affermazione.
Gli dispiaceva quasi doverlo fare: era stata così utile dopotutto, aveva svolto il lavoro con una tempistica ed una precisione impeccabili, un vero gioiellino.
E a rendere meno facile il compito, quella sera gli risultava straordinariamente affascinante.
Fu quest'ultimo particolare a spingere Tom a chiedersi perché, dopotutto, non concederle un fugace attimo di gioia, soddisfacendo a sua volta un proprio desiderio.
"Hai ragione Pearl... Ti devo proprio un favore" acconsentì in un bisbiglio, prima di sporgersi verso di lei e schiacciarla tra il muro e il proprio corpo.
Per un istante si limitò a godersi la sorpresa nel suo sguardo, le labbra sottili lievemente aperte dalla meraviglia.
E infine si protese a baciarla.
Per un attimo rimasero fermi, immobili di fronte a quel primo, estatico contatto: gli occhi di Pearl erano ancora spalancati, le mani tese in avanti come se fossero tentate di allontanarlo.
Ma non appena quel lieve sfiorarsi di labbra si accentuò, optò per lasciar rovinare tutte le sue difese: le braccia le ricaddero lungo i fianchi con la pesantezza di massi, gli occhi le si chiusero come ante di persiane.
Il desiderio sbocciò tra loro con incredibile naturalezza, trasformando in breve un gesto calcolato in una mossa dettata dall’istinto: era quanto entrambi desideravano da giorni, forse settimane, forse sin da quando si erano intravisti per la prima volta… non aveva importanza.
Le loro bocche si cercavano, si rincorrevano, divise tra il concedersi e il respingersi, sospese in un gioco in cui finivano per colpirsi e ferirsi a vicenda.
Eppure, stranamente, a riuscire ad aggiudicarsi nuovamente il controllo di se stessa fu prima Pearl: la giovane aprì gli occhi improvvisamente, sorprendendo quelli del ragazzo aperti e vigili contro i propri; la loro espressione era indecifrabile, ma intuì che erano intenti ad analizzare la sua con scrupolosa attenzione.
Si ritrasse spontaneamente, quasi si fosse scottata, e come intuendo cosa l’aspettasse notò subito la mano del giovane reggere la bacchetta.
“Non farlo”
L’espressione di Tom subì un repentino cambiamento, tornando a quella di sempre, maligna e glaciale.
Godeva della situazione di potere che si era nuovamente guadagnato: sarebbe bastato un sussurro, un’unica parola già ripetuta decine e decine di volte, e lei neppure si sarebbe ricordata di aver anche solo trascorso qualche minuto tra le sue braccia.
Ogni parola, ogni momento, ogni ricordo di quei due mesi in cui si erano conosciuti sarebbe stato cancellato.
Ma Pearl  tentò subito di opporsi, afferrandogli la mano per il polso e tentando di abbassarla.
"Non farlo Tom, per favore" gemette, gli occhi spalancati e improvvisamente spaventati.
“Lasciami la mano Pearl, sai bene che doveva succedere, non credo tu fossi così stupida da non averlo già intuito”
Ma la presa di quelle esili dita non si allentò.
“Pensavo avresti cambiato idea” suggerì in un sussurrò, lasciando traboccare una forte delusione.
Il ragazzo scoppiò in una  risata incolore, che risuonò cupamente in tutto il corridoio vuoto.
“Ti illudi così facilmente, Pearl? Pensi che io ti consideri come i nostri professori, un esserino speciale da tenere in gran considerazione?” suggerì, chinandosi all’altezza del suo volto.
“O forse pensi addirittura di essere come me… al mio livello, con le mie stesse capacità?” sussurrò al suo orecchio, premurandosi di sfiorarlo lievemente con le labbra.
Il tono tagliente, il sorriso impenetrabile, Tom sentì la propria egoistica soddisfazione raggiungere l’apice nel ferirla definitivamente.
“Non sei nemmeno abbastanza interessante sotto quel punto di vista, se capisci quello che intendo... ” concluse spietato.
Ma quale fu la sua sorpresa nel vedere come l’espressione turbata della giovane venisse presto animata da un sorriso freddo.
“Ti sbagli”
Lo disse a voce alta e con tono di sfida, una contradditoria ed irritante lama di rasoio.
“Io so benissimo da sola quanto valgo, non ho bisogno che qualcuno me lo ricordi.
Ma soprattutto,ne sei consapevole anche tu" esordì, strappandogli con uno scatto la bacchetta dalle mani.
La lasciò cadere a terra, allontanandola con il piede dalla sua portata.
"Io sono la dimostrazione che dopotutto tu non sei capace di bastare a te stesso. Senza il mio aiuto tu saresti ancora al punto di partenza, perso nei tuoi patetici ragionamenti e senza avere in mano neanche uno straccio di legame con la tua famiglia, anzi…”
Tom, i lineamenti induriti dalla rabbia, la guardò impietrito dalla spietata eleganza con cui la ragazza si difendeva, senza tradire il benché minimo cenno di timore nei suoi confronti.
“Anzi… Ti saresti arreso a restare lì in quel posto che tanto detesti, che tanto cerchi di nascondere agli occhi del mondo…
E cosa credi? Qualcuno prima o poi, così come ci sono arrivata io, l’avrebbe capito”
“Capito che cosa?” sibilò Tom, impietrito da come la ragazza, al pari di lui, fosse riuscita a capovolgere la situazione.
“Capito che sei un mezzosangue
La mano del ragazzo le si artigliò violentemente attorno al collo, sospingendole con durezza la testa contro al muro producendo un suono secco e severo; l’altra mano, fremente di rabbia, artiglio vanamente l'aria come in cerca della bacchetta.
“Ritira subito quello che hai appena detto”
Il sorriso pieno di malevolenza della giovane si ridimensionò, mutando in una semplice piega neutra.
“Non posso. E’ la verità, e tu lo sai meglio di me. Così come sai che è grazie a me se ora hai una possibilità di riscattarti e nascondere questa scomoda realtà. Puoi farlo, lo sai” continuò, imperterrita e sicura di se.
Tom per un attimo parve valutare le sue parole, senza tuttavia abbandonare la presa.
“Cosa ti spinge ad essere così sicura di te? Fino ad un attimo fa mi supplicavi di non stregarti.
Potrei ancora farlo, non credi?”
Pearl pose una mano su quella del giovane, riuscendo ad allentarne la stretta.
“No, non credo lo farai. Non sei stupido, non butteresti via l’occasione che ti sto offrendo”
Poi la sua espressione parve tornare sincera e buona.
“Lascia che io ti aiuti Tom, lascia che io ti dia una mano. Lasciami restare sempre qualche passo dietro di te”
Il ragazzo allontanò la mano, guardando distrattamente il temporale scatenarsi al di fuori; nel suo cuore regnava pari tempesta.
 “Così aspiri davvero ad essere la mia ombra?”
“Preferirei definirmi una tua complice”
“Io opterei per una serva”
Pearl sorrise.
“Punti di vista”
Ma anche Tom finalmente ricambiò il sorriso, chinandosi per raccogliere la bacchetta ma riponendola nella tasca.
“Ciò che mi chiedi ha delle condizioni però: manterrai i miei segreti ed eseguirai ogni mio ordine”
Pearl inarcò le sopracciglia.
“Certamente, basandomi però sul mio libero arbitrio”
“Non ti accontenti mai, giusto?”
“Onestamente, perché dovrei? Sappiamo entrambi che non tenterai ancora di stregarmi”
Tom inclinò la testa, sondando la sua espressione sicura, scaltra come non l'aveva mai vista.
“Cosa te lo fa credere?”
“Perché hai desiderato quel bacio quasi quanto me”
Quando Pearl si protese verso di lui, appoggiandosi tiepidamente al suo corpo, il suo primo desiderio era stupire se stessa.
Si alzò in punta di piedi, posando candidamente le mani sul petto del ragazzo.
Lui si limitò a circondarle la schiena,  attirandola a sé ulteriormente per baciarla, quasi stessero siglando una sorta di patto scellerato.
Non di dominio e non di sottomissione, ma di semplice accettazione, qualcosa che per una volta trovò estremamente piacevole.
Sarebbe stata una scena da manuale, un quadro addirittura romantico, se non fosse stato per un unico, quasi invisibile dettaglio.
Nell’angolo più estremo del corridoio una persona valutava la scena con estrema preoccupazione.
Il professor Silente si passò una mano ad accarezzarsi la lunga barba argentata, e con un sospiro silenzioso, si avviò verso il suo ufficio.
Aveva inevitabilmente ascoltato tutto.
 

 

*******

 

Quando i due ragazzi fecero ritorno verso la sala comune era ormai notte inoltrata, e persino anche gli ultimi invitati avevano fatto ritorno nei propri alloggi.
“Tra parentesi, hai intenzione di insegnarmi qualcosa?”
Tom la guardò sospettoso.
“Qualcosa di che genere?”
“Qualcosa come la legilimanzia” propose Pearl con fare innocente.
“Ma sentila, la legilimanzia addirittura… e pensi di esserne in grado?”
“Questo mi pare più che ovvio”
Quando raggiunsero il corridoio che conduceva ai dormitori del quinto anno si accorsero di non essere gli unici ragazzi svegli.
Le stanze erano ancora illuminate, e parecchi studenti in pigiama sbirciavano dalle camere, osservando incuriositi lo svolgersi di quella che pareva essere una litigata in piena regola.
Solo quando si furono avvicinati riuscirono ad accorgersi di quanto realmente ne conoscessero i protagonisti: era un Cygnus Black incredibilmente teso ed infuriato a scagliarsi niente poco di meno che contro il proprio cugino; il volto di Orion, più pallido che mai, pareva indeciso se esibire un’espressione di sfida o un cipiglio agguerrito.
Entrambi si puntavano addosso le bacchette, ed entrambi parevano fare a gara a chi urlava di più, con gli amici che inutilmente cercavano di calmarli come meglio potevano.
“E’ mia sorella, per Salazar, mia sorella! Ma che cazzo ti dice il cervello?”
“Si da anche il caso che siamo fidanzati ufficialmente!”
“Fidanzati ufficialmente?! Ma non farmi ridere, se entro stasera non hai mai provato neppure a prenderle la mano, e ora ti senti in diritto di cercare di portartela a letto?!”
La conversazione stava velocemente degenerando, rivelando quanto entrambi i ragazzi non dovessero essere nel pieno delle loro facoltà.
Pearl individuò Druella poco distante, addossata al muro ed intenta a guardare Cygnus apprensiva.
“Cosa è successo?” le chiese scuotendola leggermente.
“Eccoti! Ma dove eri finita?" chiese allarmata.
"Lascia stare, cosa sta succedendo qua?"
“Walburga ed Orion... Verso la fine della festa sono usciti e si sono fermati in un corridoio. Avevano bevuto entrambi, tanto, ma neanche troppo. E sì insomma, quando siamo passati per tornare ai dormitori e Cygnus li ha visti erano impegnati in un bacio… molto più di un bacio” concluse imbarazzata.
Pearl avrebbe voluto domandarle dove fosse Walburga in quel momento e in quale stato fosse, ma all’improvviso le voci accese della lite si quietarono sino a scomparire.
Quando le due ragazze si voltarono, Tom si era posto al centro esatto della scena: il suo tono di voce tranquillo ma sbrigativo ebbe il potere di sedare immediatamente gli animi.
“…E’ tardi, e sono certo che tutti preferiremmo andare a dormire, e risolvere la questione domani da gentiluomini.
Siete d’accordo?” chiese, risoluto ed autoritario.
La sua non era una domanda, bensì un'affermazione.
Al suo sguardo il capannello di persone parve diradarsi, ed entrambi i cugini Black chinarono la testa senza osare scambiarsi anche solo un altro sguardo.
“Hai ragione, Tom” fu l’unica cosa che disse Cygnus, allontanandosi senza nemmeno salutare Druella.
Orion invece rimase per un attimo titubante a guardare la figura del cugino scomparire, ma poi con un verso contrariato si ritirò nella propria camera.
“Pearl, andiamo…” mormorò Druella tirandola debolmente per un braccio verso la propria camera.
Tom e la giovane si scambiarono un ultimo cenno dubbioso.
Ma quella notte riservava per loro altre sorprese.

 

“Why when do our darkest deeds do we tell? 
They burn in our brains, become a living hell. 
Got a secret, can you keep it? 
Swear this one you'll save!
Better lock it in your pocket, taking this one to the grave. 
Because two can keep a secret if one of them is dead. 

Perchè quando facciamo le azioni più sinistre alla fine le sveliamo?
Perchè bruciano nei nostri cervelli, diventando un inferno vivente. 
Ho un segreto, riesci a mantenerlo? 
Giura che questa volta lo terrai per te!
Faresti meglio a sigillarlo nella tua tasca portandotelo dietro fino alla tomba.
Perchè due persone possono mantenere un segreto solo se una di loro è morta.”

[Secret, The Pierces]

 

I suoi non erano mai stati sonni particolarmente riposanti.
Le sue notti erano perennemente inquiete e nervose, spesso scosse dai sottili tentacoli dell’incubo.
Ma in quel momento sentiva che qualcos’altro disturbava il suo sonno, quasi ci fosse un’ammaliante voce determinata a richiamarla alla coscienza.
Quando aprì gli occhi si scoprì attorcigliata alle lenzuola, le gambe nude pressoché congelate e il viso riposto tra le mani in un gesto protettivo; impiegò una manciata di secondi per scoprire la causa di quel brusco risveglio.
Tom era appollaiato di fronte al suo capezzale, lo sguardo fermo ed immobile sul suo viso.
Rimasero solo per un istante a guardarsi, prima che la giovane con uno scatto si tirasse a sedere, coprendosi sbrigativamente con le coperte.
Per un attimo fu tentata di urlare rabbiosamente contro di lui, ma poi lo vide portarsi il dito alla bocca in un gesto di silenzio.
Nel buio lo sentì sporgersi verso di lei, chinarsi vicino al suo volto, facendole trattenere il respiro.
“Prendi il libro, e seguimi” lo sentì sussurrare debolmente, il fiato caldo che le inondò l’incavo del collo.
Nemmeno per un secondo la sfiorò il pensiero di ribellarsi a quell’ordine velato.
Sotto i suoi occhi vigili, scivolò dalle coperte e aprì nel più religioso silenzio il proprio baule ai piedi del letto, estraendone il libro e stringendolo tra le braccia come fosse un bene prezioso; si guardò attorno per un attimo, notando come il sonno delle compagne fosse terribilmente profondo.
“Le hai addormentate?” chiese in un bisbiglio non appena furono nel corridoio, diretti alla sala comune.
“Solo un piccolo incantesimo di sicurezza, non volevo rischiare”
Pearl gli rivolse uno sguardo denso di cautela: per quanto tempo l’aveva osservata?
Dove si era posato esattamente il suo sguardo? Dopo quella sera, si sentiva in diritto di volerlo sapere.
Si strinse nella vestaglia, coprendosi le gambe nude con un cenno di imbarazzo.
“Hai freddo?”
“Non troppo”
Solo quando si trovarono seduti l’uno di fronte all’altro, il grande libro posato su di un tavolino, riuscirono a scambiarsi il primo sguardo sincero dopo quanto era successo quella notte.
“Come sta Orion?”
“Era arrabbiato, comprensibile. E Walburga?”
“Ubriaca marcia, ma piuttosto scossa”
Rimasero per un attimo in silenzio, prima che Pearl si decidesse ad aprire il libro, sfogliando con cautela pagine incartapecorite che parevano friabili come fogli di riso.
“Ecco, è tutto qui, in queste pagine”
Le sue dita corsero ad indicare la fine di quell’immenso albero genealogico.
Tom sfiorò ancora quel nome oscuro, quel “Merope” vergato in elegante calligrafia.
“Quindi si è fermato qui perché…?”
“Perché tuo padre non era un purosangue, già. A quel che vedo, sembri essere l'unico discendente di questo ramo”
Nuovamente il silenzio si dilatò tra loro, mentre Pearl osservava il viso del compagno indurirsi dalla rabbia.
Piano,con dolcezza, gli prese la mano e la spostò delicatamente dalle pagine del libro.
“Non perdere troppo del tuo tempo sulla fine, pensa piuttosto all’inizio… Nelle tue vene scorre il sangue di una delle famiglie più antiche d'Inghilterra”  suggerì conciliante; la sua mano rimase ferma su quella del ragazzo solo per un attimo, prima di sfogliare con cautela il libro.
“Dovrai leggerlo con attenzione, potresti scoprire cose incredibile su di te semplicemente venendo a conoscenza dei tuoi antenati…” mormorò, leggendo le note sottili.
“Hai ragione”
Pearl alzò gli occhi, colta da un brivido nell’udire quel tono così secco ed autoritario.
“Cosa?”
“Vai all’inizio” si limitò a ripetere.
La giovane sfogliò sbrigativamente le pagine sino all’inizio del tomo, dove una mano di altri tempi aveva delineato le sommarie caratteristiche della famiglia Gaunt.
“Lo sapevo” mormorò Tom, gli occhi immobili su quelli che avevano tutta l’aria di essere i nomi capostipiti della famiglia.
“Che cosa…?”
“Guarda tu stessa!” le ordinò nuovamente, afferrandole la mano e trascinandola dal proprio lato; il suo viso era incredulo, animato da quella sua rara, fredda e selvaggia gioia.
Per un attimo Pearl non capì cosa potesse entusiasmarlo a tal punto.
I suoi occhi dardeggiarono su una serie di grandi ed antichi nomi, da “Burke”, a "Cavendish", persino a “Peverell”.
Ma poi lo vide, e si ritrovò a sbattere gli occhi dallo stupore.
“Non posso crederci...” sussurrò costernata.
Voltò il suo sguardo su di lui
“Salazar Serpeverde in persona…”
Il suo sguardo sbigottito si scontrò con quello vincitore del compagno.
“Lo sospettavi?”
“Lo ammetto, a volte mi sono ritrovato a fantasticarlo. Sin dal primo anno”
“Perché?”
Tom rimase per un attimo in silenzio ad osservarla, le dita che crosero ad attorcigliarle una ciocca di capelli, riavviandola dietro l'orecchio.
Poi le sfiorò il viso, attirandolo delicatamente verso di se. 
“Pearl, ricordi quanto ci siamo detti prima?”
“Sì, certo”
Capì subito quanto stava facendo, ma ugualmente lo lasciò fare, arrendendosi al suo tocco.
Lasciò che la leggesse, che le scavasse dentro sino a perforarle l'animo.
“Hai detto che mi avresti ubbidito”
“Sì”
“Bene, io ora ti chiedo, ti ordino, di mantenere questo segreto” disse, il sorriso che mutava in una piega di sadico piacere.
“Sì” si limitò a rispondere, anche quando Tom la sospinse lunga distesa sul divano, accoccolata in posizione fetale.
Si chinò su di lei, fingendo di desiderare ancora le sue labbra per poi soffermarsi al suo orecchio.
“Io posso parlare con i serpenti” le sussurrò, sfiorandole il lobo con la lingua.
Gli occhi di Pearl si spalancarono dallo stupore, rimanendo incollati su quel viso che non la degnò più di uno sguardo.
Tom dedicò tutta la sua attenzione alvolume, sussurrandone il contenuto a bassa voce; dal modo in cui posò arditamente la mano sulla sua coscia nuda, accarezzondola distrattamente, Pearl capì che in quel momento desiderava solo la sua compagnia, alla stregua di un animale domestico.
Come stregata, cullata dalla sua voce si lasciò ricadere lentamente nei suoi sonni agitati.
Capì che, in ogni caso, quello era il suo particolare modo di ringraziarla. 



COMMENTO DELL'AUTRICE (CON TANTO DI SCUSE!)
Innanzitutto, scusate. Scusate, scusate, scusate. Questo è l'ennesimo dei miei mostruosi e apocalittici ritardi, su cui purtroppo non riesco mai ad averla vinta... Vogliate per l'ispirazione che fa quello che vuole, per un motivo o per l'altro, per l'ultimo frenetico periodo di scuola... Sì insomma, ora ci sono. Ci sono e porto anche un capitolo bello lungo.
Non so se dirmi pienamente soddisfatta: non mi piace scrivere pezzi volutamente superficiali, come è appunto la prima parte, ma c'è anche da dire che questo  è solo un "capitolo di passaggio", il nesso per approfondire il rapporto tra i due protagonisti. E l'hanno fatto pure bene **

COMMENTO AL CAPITOLO
Ho voluto che fosse un capitolo che esprimesse la vita degli alunni come ragazzi, con l'attesa sincera di una festa.
La voglia di svagarsi, di divertirsi, di bere se vogliamo aggiungercelo, in ogni caso di trasgredire.
La zia Row non ha giustamente nominato certi particolari, ma li considero decisamente impliciti, in una scuola di ragazzi nel pieno della crescita.
In quanto a Tom Riddle... Si lascia intendere che, come non è mai stato interessato alle amicizie, non lo è mai stato neppure per le questioni di cuore. Ma ci tengo a precisare che qua il cuore non c'entra ancora nulla.
Se Tom bacia Pearl, è solo per un desiderio prettamente fisico, come lo è stato per qualsiasi altra ragazza.
Per Pearl invece le cose sono leggermente diverse... è sicura di sè quanto scostante, il suo umore e le sue aspettative variano di momento in momento; è un personaggio mutevole, al contrario di Tom.
Dal prossimo capitolo spero di riuscire a far calare la storia nel vivo, concludendo i tempi del "conoscersi".
Sto cercando di procedere spedita con i tempi della trama, perché alla fine è una vita intera quella da raccontare ;)

Sperando che non siate troppo inferociti per questo enorme ritardo, un saluto e un grazie a chi ha inserito la storia nelle seguite e nei preferiti.

A breve risponderò anche alla recensioni, intanto mi limito a ringraziare in anticipo N33ROD84 ed Ellyra.


Alla prossima
Elle H.

 

   
 
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