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Autore: Just a Shapeshifter    26/06/2012    8 recensioni
Strategia. Ecco cosa hanno in comune.
Loro sono cosi, pronti a tutto per superare ogni ostacolo.
Imbrogliano e la gente tende a non fidarsi, ma cade sempre nelle loro trappole.
Che cosa pensano nella loro piccola mente?
Che cosa complottano nel loro cervello?
L'aria era piena di silenzio intorno a loro. E nessuno osava azzardare una risposta.
Pairing: Heather Alejandro Scott
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alejandro, Duncan, Heather, Scott | Coppie: Alejandro/Heather
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Nel locale regnava un gran rumore. I drink venivano preparati dalle manualità sorprendenti e dai gesti esperti del barista, il vapore che fuoriusciva dalla macchina del caffè, i cubetti di ghiaccio che scendevano nel loro contenitore provocando rumori tintinnanti.
Tutto era perfettamente normale mentre gli uccelli attraversavano il cielo a occidente e il grande disco solare scompariva lentamente dietro i grattaceli.

-Il signorino qui può perfettamente tornare a casa da solo, non ha bisogno di un Punk dalla cresta scolorita che lo aiuti a uscire da questo squallido posto- attaccò diretta la ragazza dai capelli corvini al suo interlocutore esausto dal viaggio.
-Calmati isterica, che vuoi da me? E' lui che mi ha chiamato- sbottò l'altro con un tono di voce ancora più forte indicando il ragazzo dagli occhi verdi seduto di fianco a lui.
-Mi dai sui nervi!- Heather non sopportava Duncan. Lo riteneva un insulto alla sua persona.
-Ragazzi! Cerchiamo di andare d'accordo. Scott sta male, dobbiamo aiutarlo- la calma voce del latino penetrò nella mente dei due intenti in una litigata, calmandoli.

Il rosso li guardava con uno sguardo assente, perso nel suo mondo. Come se tutto intorno a lui fosse stato inghiottito da una fitta nebbia, come se fosse rinchiuso in una bolla di sapone.
La sua stanchezza raggiungeva il picco. Non aveva la minima intenzione di sollevare neanche un dito, i muscoli indolenziti dall'alcol volevano restare li, fermi, immobili, non curanti del fatto che aveva mille cose da fare, progetti da creare, oggetti da rubare.
Che sensazione stranamente piacevole, pensava tra sé e sé. Era così immerso nella sua diabolica mente che si era quasi dimenticato il suono della sua voce.
Restò fermo nella sua decisione, mentre i suoi amici o meglio conoscenti, decidevano sul da farsi.

-Vi dico che dobbiamo fargli bere un bel caffè con del cioccolato se vogliamo che si riprenda!- ripeteva convinta Heather come se fosse una formula magica.
-E io ti dico che dobbiamo portarlo fuori all'aria, almeno se deve sboccare lo farà lì, non credi?- ribatteva il verde con un tono altamente fastidioso per le orecchie della ragazza.
-Ragazzi?... Ragazzi?!?- Urlò infine Alejandro scostando con la mano i suoi bellissimi capelli castani che cadevano magnificamente sulle spalle. -Ha ragione Duncan, portiamolo fuori- decise infine provocando sulla bocca verde un ghigno malizioso. Alzandosi dalla polverosa sedia tendeva la mano prostrata a Scott in segno di aiuto.
-Mmh? Dove andiamo adesso?- mormorò il rosso confuso con la testa che gli doleva terribilmente, sollevandosi a fatica dal suo posto, ormai fisso, in quel bar.
-Non fare domande e cerca almeno di mettere un piede davanti all'altro- sputò la Calcolatrice osservando con noncuranza prima le gambe dello sfortunato, che oscillavano senza riuscire a stare in completo equilibrio, poi la testa colma di capelli, di una strana gradazione di colore rosso.
Che patetico, pensava, mentre i quattro scomparivano lungo il corridoio immerso nella confusione degli uomini, che raggruppati nei tavolini a bere, si scambiavano opinioni della partita di turno appena trasmessa in tv, la quale diffondeva per il locale il rumore di un programma di varietà, il che rendeva, se possibile, ancora più triste.

Il cielo si sarebbe presto tinto di un blu intenso, e le prime stelle della sera, nitide e luminose come gemme sarebbero brillate con forza ed energia.
Ma per adesso, a ponente, un colore rosato dominava l'orizzonte, sovrastato dalle nuvole sottili di prima estate impregnate di quella delicata sfumatura.

Il vento si sollevava da terra, creando in Scott una sensazione avvolgente, come di una stoffa tessuta in un sogno.
Perché si era rifugiato in quello squallido posto per alcolizzati?
Perché i suoi ricordi si erano condensati in una miriade di immagini che oscuravano il suo spirito senza pietà?

Ricordava ancora quegli occhi tristi e stranamente trasparenti, i candidi capelli che le coprivano il viso.
Il colore di quello strano maglione verde riflesso nello specchietto retrovisore della macchina, per un tempo che sembrò eterno.
La sua figurina sottile dietro strati di sofferenza, sembrava sul punto di essere inghiottita dal grigio della città. Aveva solo fatto finta di non accorgersene.
Per Scott era una parte fissa del suo passato, della quale non sapeva bene cosa fare.
In quell'aria c'era qualcosa, una densa massa formata dall'accumularsi di pensieri terribilmente cupi.

Qualcosa di indefinibile trascinò via Scott da quel FlashBack che tanto odiava rimembrare.
-Fratello, se devi farlo, fallo ora- tenuto con la schiena chinata in avanti, il rosso dava l'impressione che poco tempo dopo avrebbe espulso tutto quello che aveva rigidamente ingoiato quel pomeriggio.
Duncan lo teneva stretto, deciso a non sporcarsi, levò il piede destro dalla zona X.

La notte aveva tirato giù il sipario. Heather era seduta immobile sul marciapiede, una mano sotto il mento le teneva sollevata la testa.
Annoiata, fissava il suo uomo. Ormai aveva imparato ad amarlo, anche se cercava sempre di mascherare ogni emozione.
Alejandro, in piedi vicino al malcapitato lo squadrava da capo a piedi, sperando che non avrebbe fatto ciò che pensava.
Per fortuna la Iena, dopo svariati tentativi, inghiottì quell'orripilante sensazione che saliva e scendeva dalla gola, senza liberarsene mai.
Gli sembrava che quella strada non portasse da nessuna parte, che il viaggio per chi sa dove non sarebbe mai giunto al termine, e che il mattino non sarebbe mai più arrivato.
-Per me avresti dovuto farlo- lo contrariò Duncan prostrandosi verso uno Scott quasi depresso e ubriaco.
-Ah! Zitto Duncan!- sputò con una nota di amarezza l'altro, girando la testa incastrata nelle mani, con i gomiti appoggiati in parallelo alle ginocchia.
-Si, si, come vuoi amico. Ma ti avviso, se stai qui non farai mai niente di buono. Credi a uno che c'è passato- disse quasi saggiamente il punk drizzando la schiena e camminando altrove, dove l'orgoglioso occhio di Scott non poteva arrivare.

La voce malsana e rauca ma dannatamente vera del verde rimbombava nella testa del rosso, come se non fosse già piena di problemi. Ormai era circondato solo da loro. Freddi e spezzettati, come la sua vita.

La parte più razionale di Alejandro voleva tornare nella sua casa con la ragazza senza emozioni, sperando di fare le cose che si fa normalmente da fidanzati. Mentre l'altra parte più nascosta, gli diceva di stare li, a curare il suo amico.
Il ragazzo contrariato mandò a fanculo tutte e due, pensando, o meglio, desiderando che più tardi il tempo avrebbe giocato una carta a suo favore.
Diamine, era lui l'artefice del suo destino, era lui che decideva le cose come fosse il capo assoluto della sua banda, il Leader.
-Andiamo, alzati, non puoi continuare a sederti ogni tre fottuti metri- lo rimproverava, sapendo perfettamente gli effetti che gli alcolici procuravano in Scott.
Lo sguardo penetrante dell'uomo fece alzare di malavoglia il rosso che barcollando cercava di aggrapparsi a qualunque cosa gli capitasse sotto il tatto delle mani.
Ma c'era un motivo se Scott ogni sera era seduto a quel tavolo, è come quando si ha la febbre, non si riesce a ricordare la vita normale, e per il momento non poteva vivere fuori da quella situazione.

Naturalmente in quella strada mal illuminata erano soli.
Tre ragazzi e una ragazza, la gente poteva pensare male, ma visto che la luce dei lampioni che punteggiavano lo sterminato paesaggio perdendosi a distanza, era la sola a infierire su di essi, nessuno osava parlare. Finché a Duncan non venne un'idea per risollevare un po' il morale del gruppo.

-Al, ti va di fare un piccolo scherzo al nostro amico ubriacone qui avanti?- sussurrò all'orecchio teso e attento del latino, che rabbrividì udendo quell'orribile soprannome che tutti dalla fine del reality gli affibbiavano come se niente fosse, ma provocando in lui rabbia e fastidio. Ma curioso, annuì come se niente fosse.

-Hey ubriacone! Guarda, c'è un parco li, vai a sciacquarti il viso in quella fontana!- l'urlo del punk rimbombava in quella strada deserta.
Scott, che in quel momento non era nel pieno controllo delle sue capacità mentali, scese dal marciapiede mettendo un piede davanti all'altro in modo disordinato, passando in mezzo a due macchine posteggiate e attraversò correndo in malo modo la strada che lo separava da quella distesa d'erba e qualche albero.

Dopo neanche un secondo si sentì un rumore sordo volatilizzarsi nell'aria affannata, susseguito da una sottospecie urlo strozzato, ammutolito da quel rompiscatole di orgoglio.
A quel così strano ed insolito verso i tre scoppiarono in una risata contagiosa, di quelle che sgorgano dal profondo del cuore, nel vedere uno sfortunato Scott con il mento piantato nel gradino del marciapiede di cemento con le mani che ricadevano lungo i fianchi e la faccia incartocciata in una sensazione di dolore con un piccolo accenno a un sorriso ebete.
-Tzè che sfigato- commentò Heather a braccia incrociate distogliendo lo sguardo nascondendo un ghigno sulle labbra.
-Hahaha amico sei messo male!- urlò nuovamente il punk allungando la mano destra estraendo il dito indice puntandoglielo contro, mentre la mano sinistra faceva da amplificatore di voce.
-Aih! Deve aver fatto male! Amigo? cómo estás?- domandò con un po' di riguardo Alejandro nascondendo alla perfezione la preoccupazione che certe volte gli capitava di provare in queste situazioni.

Il rosso molto confuso e disorientato, gli sembrava che il mondo girasse vertiginosamente intorno a lui, la realtà si stava deformando, preparandosi a essere inghiottita da un buco nero.
Era in una specie stato mentale alterato, è come se fosse stato rinchiuso in una busta di cellophane e sentire che ti viene pian piano a mancare l'ossigeno.
Si alzò penosamente cercando di non cadere e scuotendo la testa in modo teatrale, si rese conto, quasi subito, grazie anche a un potenziale dolore lancinante alla mandibola, che era caduto inciampando nelle sue stesse stringhe slacciate.
-Hey! Non è colpa mia! Questo stupido marciapiede si è spostato apposta quando mi ha visto correre in questa direzione!- decisamente troppo ubriaco, Scott inventò una delle sue scuse palesemente menaci, forse anche più surreali di quelle vere.



Angolo dell'autrice

*canticchiando con un libro in mano arriva al pc carica di ispirazione e con un sorriso stampato sul volto*
Che bel cielo che c'è stasera... le stelle sono sempre lì, con chiunque e in qualunque momento.
Incantata da quelle gemme luccicanti una stanza così tranquilla non aveva alcun senso.
-Momento no sense poetico-
Ho un dubbio, o meglio, tanti dubbi: la storia è IC? la trama come vi sembra? vi ho fatto ridere, o almeno stappato un sorriso? oppure fatto piangere nel piccolo flashback?
No, perché se ci sono riuscita ho raggiunto un grande scopo personale, quindi... fatemelo sapere con una piccola recensione la sopra, e non qua sotto... oddio... sto parlando come gli Youtuber...
-nota, nota per me: smetterla di vedere i video nei momenti di noia-

  
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