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Autore: Gaea    26/06/2012    4 recensioni
Severus Piton è vivo. Sopravvissuto al morso del serpente Nagini (con sua immensa gioia), tenta di rifarsi una vita. O di farsene una, a voler ben guardare. Riuscirà a farlo, sfondando l'ovattato e rosato mondo di clichè costruitosi attorno a lui?
Genere: Comico, Parodia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Disclaimer: I personaggi non sono miei (peccato), non scrivo a scopo di lucro (peccato due volte) né tantomeno con intenti offensivi. In cerca di ispirazione vagavo per le Repayments e mi son resa conto che forse ci siamo davvero un tantino lasciate andare ai cliché. E perché non riderci su?
Credo sia ovvio, ma non si sa mai: il corsivo è, ovviamente, pensato.

 

Ancora una volta (maledizione!)

 

 

Una mente disciplinata domina qualsiasi cosa.

 

È quello che pensi mentre ti obblighi a parlare, facendo passare aria incandescente su per la gola martoriata. Reciti mentalmente un incantesimo – non senza perderti un attimo nell’ironia della sorte: sei sempre stato maledettamente bravo con gli incanti non verbali – e lasci che i ricordi, quei preziosi, vitali ricordi scivolino via da te. Guardi quegli occhi così verdi e perfetti… e, come i tuoi pensieri prima di te, scivoli verso il buio.

 

Luce.

Inizialmente è tutto quello che senti, che vedi, adagiato su qualcosa di confortevole che poso rassomiglia alle assi scheggiate della Stamberga Strillante.

Poi iniziano ad emergere profili di colonne ed archi, un’architettura di nuvola.

Nuvole?

Un brivido ti percorre la schiena, mentre allunghi le mani per toccarti il collo, dove la pelle liscia non reca alcun segno del fatale morso infertoti da Nagini.

Un’illusione? Tutta un’illusione? Possibile?

Ti metti a sedere. Nulla intorno a te sembra reale. Allunghi le mani, meravigliato e stordito, incredulo di…

Sono nudo? Per le mutande di Merlino, perché sono nudo?

 

“Sevvy?”.

Una voce. Una voce che non riconosci, anche se sembra vagamente famigliare.

“Sono qui”.

Ti volti e, per un momento, accantoni i pensieri sul dove tu sia, sul perché e sul come. Solo per un momento, però: la consapevolezza della nudità ti fa avvampare come una scolaretta – non che poi ci sia molto da mostrare,  ghigna il tuo personalissimo Grillo Parlante – e inizi a sperare che non si avvicini. Già, perché là, fra le nuvole – ma Morgana, sono davvero nuvole? – vedi dei capelli rossi che non puoi dimenticare. La voce è diversa – ma va? Sono passati più di vent’anni da quando l’hai sentita parlare per l’ultima volta, era solo una ragazzina e ora è… era… insomma: una donna – ma quella sfumatura di rosso tiziano non la scambieresti per tutte le pel-di-carota del mondo.

E, come richiamata dalla tua mente, appare una morbida vesta – bianca? Bianca?

Soprassiedi. Dopo oltre trent’anni di gloriosa militanza corvina – l’unico colore che sta all’unto, allo sporco, che resiste alla povertà e alle Pozioni Candeggianti – ti infili l’indumento – ammettendone in cuor tuo la comodità. Non fai in tempo a chiudere l’ultimo alamaro d’argento che lei è lì, di fronte a te.

Lily. Bella come un raggio di sole a primavera.

I lunghi capelli ondulati scivolano leggeri sulle spalle, gli abiti sono luminosi quasi quanto il suo sorriso. Ti tende una mano e tu la accetti, alzandoti in piedi. Lei continua a guardarti e noti delle lacrime brillare cristalline sulle sue ciglia, diamanti a contornare i più stupefacenti smeraldi che tu abbia mai visto, occhi di un verde tale da infondere pace e serenità alla sola vista.

Però qualcosa ti turba. Una parte del tuo cervello – probabilmente quella che ti ha permesso di sopravvivere (ma sono ancora vivo? Dubito…) tanti anni al servizio del Signore Oscuro ti dice che qualcosa non quadra. Se sei morto, dove sei? È il Paradiso? E perché Lily è qui?

“Sevvy, sono qui per – Sevvy? E quando mai ti ha chiamato così? Era l’unica ad amare il mio nome, che ha sempre usato per intero. Proprio proprio, era ‘Sev’ – ringraziarti. Sono stata una stupida! Tu eri buono, non volevi offendermi quella volta nel parco… e io non ti ho più parlato. E invece tu! Tu hai votato la tua vita a me e al mio bambino. Gli hai permesso di sopravvivere e di avere una vita lunga, prospera e felice. Ti ringrazio, Sevvy”.

 

La guardi attonito, mentre una parte di te urla indignata. Scherzare? No, non scherzavi: ma questo non significa che lei si sia comportata meglio di te. Anni di amicizia e confidenza buttati… per cosa? Un’offesa? Uno screzio? E cos’è questa sviolinata?

 

“Non l’ho fatto per il ragazzo – ribatti, suonando più seccato di quanto dovresti – l’ho fatto… per te. Per il senso di colpa… Silente …” trovi difficile esprimerti, ora che l’hai davanti. Hai sempre pensato che, rivedendola, avresti potuto sciogliere il nodo di dolore che porti dentro. Che l’avresti abbracciata, piangendo e lasciando fossero i suoi morbidi capelli profumati ad asciugare quelle lacrime, mentre lei ti avrebbe abbracciato forte, come facevate da piccoli. E invece quella che provi è rabbia. Rabbia per una vita sprecata, rabbia per un errore che lei non ha mai perdonato e che ti ha precluso ogni felicità. Vita prospera e felice? E la tua, di vita?

 

Respiri. “Lily, dove siamo?”.

Lei, l’espressione vagamente seccata di chi non si aspettava che la conversazione prendesse quella piega – a chi lo dici, tesoro – alza le spalle. “ A dire la verità non lo so. Ero con Felpato e James a ridere e scherzare… oh, avanti, non fare quelle smorfie! E poi mi sono trovata qui, ti ho visto da lontano. Ma questo non è il posto in cui io sto con gli altri. E non inarcare quel sopracciglio, signorino – proseguì, perdendo per un attimo il tono da Mary Sue e ritrovando il cipiglio della vera Evans – non è che la morte equivalga all’onniscienza, sai? Tutto il contrario, non vediamo un cazzo da qua. Abbiamo una vaga idea di cosa succede laggiù, ma non ci è dato conoscere né il futuro né tantomeno tutte le stanze di questo castello…”.

La frase, che ti ricorda Albus, ti strappa l’ombra di un sorriso – però, ammettiamolo: se non fosse per quel burattinaio farabutto, probabilmente ora sarei tranquillo in un salotto a bere vino elfico. Oppure le mie ossa sarebbero sparse per il Dorset, chi può dirlo, concludi indifferente.

“… però una cosa posso dirtela: non credo tu sia qui per restare. Vedo qualcosa muoversi, laggiù.

E forse è meglio così: James mi starà cercando. Hai sempre sbagliato a prendertela con lui, sai? – io? IO? – è una persona dolce e a modo. Sono felice di stare con lui”.

La osservi incredulo. Questa non è Lily Evans. Doveva essere stata una malattia degenerativa, oppure l’Avada Kedavra le aveva liquefatto i neuroni sul punto di morte. Non ti aspetti certo dichiarazioni di amore, promesse di fedeltà eterna. Non ci crederesti, non sei mica pirla. Ma… aspetta. Non sono qui per restare?

“Arrivederci, Sevvy. Spero non troppo tardi: mi piacerebbe parlare ancora con te…” e mentre la sua voce sfuma e tu provi una fitta di rimpianto per tutto quello che non le hai detto, senti come uno strattone all’altezza dell’ombelico, come l’effetto di una Passaporta. E la sensazione come di qualcosa che preme sulla tua bocca.

Ti svegli e la prima cosa che senti è il dolore lancinante che ti percorre il corpo.

“È vivo, è ancora vivo! Presto!” Neville, agitatissimo, saltella mentre i Medimaghi accorrono e ti fanno levitare su una barella. Nessuno si accorge della mano che ti schiaccia, quasi nemmeno tu ci fai caso. Hai ben altro a cui pensare.

“Paciock… ria…i…zione?” riesci a rantolare.

Vedi i suoi occhi illuminarsi.

“Sì, professore!Harry mi ha detto di cercarla, sono venuto qui e ho tentato di rianimarla. È stata Hermione a spiegarmi la faccenda della respirazione bocca a bocca” prosegue orgoglioso.

Uno dei barellieri alza la bacchetta, sai che ti farà perdere conoscenza per facilitare il trasporto al San Mugo.

Allunghi una mano, sperando che il ragazzo capisca e, stranamente, lo fa. Si avvicina, portando l’orecchio accanto alla tua bocca.

“…ento… hunti … ceto puti in meno. …ifodoro”. Riesci a sibilare. E la sua facci attonita e dispiaciuta è l’ultima cosa che vedi prima di ripiombare nell’oblio.

 

*

 

Isolato. Dopo la grave crisi iperglicemica dovuta ai fiori e ai cioccolatini inviati al San Mugo dai tuoi fanSanto Schioppodo – decidi di ritirati. Probabilmente per sempre. Sicuramente in un angolo remoto del mondo. Afferri un atlante e inizi a sfogliare. Dove posso comprare una casa che sia accogliente, oscura e, soprattutto, alla fine del mondo? *

Mediti il Nepal: dicono che lo Yeti abbia un raffinatissimo senso dell’umorismo. Ma l’idea di tutto quel bianco, dopo la visita al quasi-Paradiso… brrrrrrr.

La Patagonia? Clima sub-artico, notti lunghe, tiepide giornate estive, pochissimi anglofoni. Scarti anche quella.
Perché non l’Irlanda? Un angolino di Eden a due passi magici dalla City? O la Cornovaglia, giusto per non cambiare nemmeno Stato? Indeciso fra la necessità di avere quotidianamente il tuo tea delle cinque e la voglia di mollare tutto accarezzi l’idea dell’Italia. Perché no? Gli esponenti della comunità magica di quella terra sono talmente impegnati a begare fra di loro e le loro correnti politico/religiose, che poco hanno preso parte, o avuto sentore, delle Guerre Magiche inglesi. Saresti un signor nessuno, una sorta di turista a vita. Le montagne a nord, poi, hanno la particolarità di avere piccoli paesini baciati dal sole solo per pochi giorni l’anno… vero, però non sanno fare il tea.

Sospiri. Trovare un luogo adatto si sta rivelando più arduo di quanto tu ti aspettassi. E non aiuta il fatto che buona parte degli Stati europei sia già occupata da tuoi ex colleghi, gente da cui vuoi allontanarti il più possibile. E fare un deciso cambio di continente?

Rabbrividisci alla sola idea.

A Nord fa davvero troppo freddo, Spagna e Grecia troppo calde… beh, le possibilità di scelta di riducono parecchio…

 

E così ti ritrovi a passeggiare per i sobborghi di Londra, vestito da Babbano per non dare nell’occhio, i capelli lasciati cadere su quella metà viso sfigurata dal veleno. Non fosse stato per l’antidoto prodotto col sangue di Weasley adesso sanguineresti ancora come un maiale scotennato… non fosse stato per il salvataggio di Paciock ora saresti comodamente appollaiato sulle nuvole. Con Lily.

Non capisci il perché, ma questo pensiero non ti dà la stessa gioiosa aspettativa di una volta. Forse constatare quanto quella donna sia diversa dalla fanciulla che hai amato ti ha fatto più male di quanto tu abbia al tempo preso in considerazione…

Cammini svelto, sperando che nessuno additi la tua strana pettinatura. Speranza vana, a quanto pare.

“Ehi, amico, vai così!”. Ti urla un ragazzetto, seduto su una panchina con un altro paio di simili.

Vai così?

Poi noti il suo abbigliamento – jeans neri, maglietta e felpa corvina – e non puoi fare a meno di paragonarlo al tuo – pantaloni neri, maglione e giacca del medesimo colore.

Ma più di tutto di colpiscono i capelli… tinti di un nero violento, quasi blu, perfettamente lisci e modellati affinchè la frangia nasconda metà del viso. E lo stesso vale per i ragazzi – o sono tutte ragazze? – che lo circondano. Pelle albina e occhi bistrati.

Fai un vago cenno, giusto per non sembrare maleducato – e da quando ti interessa NON sembrare maleducato? – e continui sulla tua strada. Certo tutto ti aspettavi tranne di essere di moda…

 

Ti fermi. Grimmauld Place. Sai, dalle inutili lettere che Potter e il suo clan ti scrivono da mesi – soprattutto Miss-so-tutto-io, come se a te interessasse il suo essere tornata a Hogwarts – che nessuno è più entrato qui dalla fine della Guerra. Potter lo considera troppo doloroso, gli altri inutile. È una casa antica, impregnata di magia. Buia.

Un sogghigno affiora spontaneamente, facendoti dolere la pelle non ancora perfettamente guarita. Quale smacco sarebbe, per il principino viziato Black, vedere la propria casa abitata dall’untuoso Mocciosus? E quale posto più perfetto per nascondersi?

Avanzi nel vialetto coperto da erbacce. Apri la porta, ben sapendo che tutti gli incantesimi che ti impedivano di farlo hanno perso il loro potere alla caduta di Voldemort. La richiudi dietro di te, rimanendo nell’ombra.

“VOI FECCIA! LURIDI MEZZOSANGUE, OSATE ANCORA PROFANARE QUESTO POSTO!”.

Il ghigno si trasforma in una smorfia infastidita: la signora Black. Un’altra insopportabile riccona, tale e quale all’odioso figlio maggiore.

“La prego vivamente di moderare i toni, signora Black. Credo condurremo una lunga e proficua convivenza, se mi starà a sentire. Anche perché temo non abbia scelta: lei non può andarsene da quella cornice, io sì. O vuole provare l’Ardemonio? Dicono possa sciogliere un Incantesimo Adesivo Permanente” continui, non del tutto sarcastico.

La vedi impallidire. Quegli smidollati – pensi – non hanno mai nemmeno provato a minacciare un quadro. Che stupidi bestioni pelosi*…

 

“Lei è il professore Piton?” ti chiede una voce che pare più un gracidìo.

Kreacher ti osserva dalla cima delle scale.

“Lei è l’eroe del padroncino Potter?”.

“Credo si possa dire di sì. Ora svelto, elfo, fammi trovare un bagno pulito e la vasca piena di acqua calda: mi tratterrò per alcuni giorni”.

O forse per sempre.

 

 

 

 

 

* “alla fine del mondo” : casualissimo (!) riferimento alla meravigliosa long fiction di Dira Una casa alla fine del mondo : correte a leggerla, se non l'avete già fatto: ve ne innamorerete. E magari vi innamorerete anche della coppia fulcro della storia, chi lo sa?

 

 

* bestioni pelosi = Grifondoro. Mi piaceva l’idea di un insulto “di gruppo”, dato che la maggior parte degli occupanti della casa nel periodo della Guerra erano, per l’appunto, Grifondoro.

   
 
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