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Autore: carlie003    26/06/2012    0 recensioni
"....Da quanto tempo non le capitava più di sognarlo? E perché giusto quel giorno? Se era notte fonda o semplicemente l'alba, non seppe dirlo. Quelle ore che la separavano dalla luce del giorno, furono quasi interminabili,ma si sa, prima o poi il tempo passa per tutti. E lei lo sapeva bene."
Questa storia nasce da un fatto ben preciso, ispirato ad avvenimenti accaduti nella realtá, ripeto, l'ispirazione! non so ancora come si evolverà, ne tanto meno come andrà a finire. Che ne dite di scoprirlo insieme?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Colin Canon, Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo, Contesto generale/vago
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Ministero della MAgia: 06.45 AM

Draco Malfoy non era una persona apatica, anche se riusciva a tenere ancora in piedi la figura di ghiaccio che aveva sempre inscenato, non tutto gli scivolava addosso come avrebbe voluto. Stravaccato su una poltrona, in una saletta alquanto appartata al livello sette, nonché quartier generale degli Auror, aveva lo sguardo fisso davanti a sè e ripensava alla notte appena trascorsa: quell'idiota di un Canon gli doveva il suo fottutissimo fondoschiena, per non parlare di quel misero collo che si ritrovava attaccato al corpo. Ancora non riusciva a capire però, per quale motivo volessero proprio Canon, non capiva.
Quei vampiri, invece, l'avevano capito bene, sapevano che lui li avrebbe preceduti, sapevano che poteva leggere dentro le loro misere ed impure menti, per questo alla fine avevano deciso di fuggire. Dannati. Certo, ovviamente portandosi dietro le pergamene che tanto avevano cercato per mesi e mesi. Tutte quelle notti in bianco, tutte quelle perlustrazioni, tutto quel lavoro con Letticchia a Malfoy Manor. Era stata tutta fatica sprecata. Tutti avevano fatto di tutto pur di venirne a capo, anche se con Weasley si era divertito proprio al Manor, inorridiva il rosso, ogni volta che vedeva e capiva gli orrori che c'erano ancora in quei sotterranei, una vera goduria, quello si, lo ammetteva. Ma le pergamene perse.. Non riusciva a darsi pace.
-Dannazione!- disse ad alta voce, dando un calcio al tavolino che si trovava davanti a lui. 
E poi quell'incontro, quella donna.. Quella vampira non era normale, i suoi occhi erano strani, gialli. Perchè gialli e non rossi? 
Per poco non gli prendeva un colpo, non vedeva un colore simile in nessun paio di occhi da tre anni. 
Tre lunghi anni di propositi ben chiari, lotte contro se stesso per non prendere quel cazzo di aggeggio diabolico che senza bisogno di magia riusciva a far comunicare le persone che ne avevano uno simile tra loro. Lo Sfreggiato glielo aveva regalato proprio nel periodo in cui se non scagliava cruciatus agli ignari babbani che avevano avuto solo la colpa di incrociare la sua stessa strada era un miracolo vero e proprio. Tre cazzo di lunghi anni. Ma che poi, perchè ancora ci pensava a quella sporca mezzosangue ancora non riusciva a capirlo.
Lo aveva abbandonato di punto in bianco, proprio quando aveva avuto più bisogno di lei.
Perchè si era sorpreso da quel comportamento ancora non lo capiva, lui era abituato a quel tipo di cosa, a quel tipo di... Dolore. Si, lo ammetteva, aveva sofferto come un cane sentendo d'improvviso quel senso di vuoto che lei aveva lasciato così repentinamente: lei se n'era andata senza lasciare alcuna traccia, non un biglietto, non un gufo, non una stupida chiamata. Se n'era andata così, da un giorno all'altro, per motivi che ancora non capiva. Così come non capiva perchè, ogni maledetto giorno ci ripensava a lei. Appena gli rimaneva un attimo per stare da solo ecco che le domande e un miscuglio di sentimenti facevano capolino dal più profondo e nero degli abissi in cui lui cercava di sotterrare tutto quanto. Aveva imparato ben presto a capire che più stava da solo più ricordava, più ricordava e più stava male diventando inevitabilmente scontroso, e intrattabile; non riuscendo più a connettere bene i pensieri. 
Questo non lo aiutava nel suo lavoro, per nulla. Lui doveva esere pronto, scattante, doveva ragionare a mente lucida ed istintivamente. E doveva ammettere che di istintivo, quel dolore, non aveva assolutamente nulla. 
Faceva male l'abbandono. Oh, lui lo sapeva bene, prima suo padre, poi sua madre e per finire in bellezza la mezzosangue che spariva lasciandolo solo in un mondo che non consceva per niente; un mondo che gli era ostile, nel quale lui non ci sarebbe mai entrato per sua spontamena volontà, ma che ringraziava il fato per aver deciso proprio quel destino per lui.
Lei era la colpevole di tutto, era lei che lo aveva fatto rinsavire, lo aveva capito, ascoltato ed incoraggiato. 
Lui invece non aveva capito assolutamente nulla di lei.
Lei aveva puntato tutto quello che aveva per lui, pure la sua stessa vita, le amicizie, gli affetti. E l'amore. L'amore che provava all'inizio per Weasley. Quell'amore che aveva abbandonato pur di stargli accanto anche senza l'approvazione di niente e nessuno. Ancora si sorprendeva se ci pensava su, perchè aveva scelto di credere in lui e abbandonare alito di lumaca? Che fosse stata solo una semplice scusa per mollare uno di cui si era stancata? Bha, anche quello non riusciva a capirlo. Però, di una cosa ne era più che sicuro: lei aveva fatto tanto per lui, l'aveva tirato fuori da un incubo durato sedici anni.
Draco poteva anche essere una Serpe e tutto ciò che non stancandosi mai di ripetere i suoi compagni di squadra glielo facevano presente appena ne avevano l'occasione, ma sapeva apprezzare, sapeva essere giusto, e mai soggettivo, nel riconoscere agli altri i propri meriti. O torti.
E sapeva anche ripagare con la stessa moneta. 
La mezzosangue poteva anche essersene andata, non aver mai dato sue notizie, poteva anche aver dimenticato tutto, essersi lasciata il passato alle spalle; ma lui no, lui si ricordava bene di tutto e sapeva bene che mai avrebbe potuto ripagare veramente tutti i sacrifici e la dedizione a cui si era dedicata a lui.
Lei, andandosene, gli aveva dato un valido mitivo per odiarla, detestarla e dimenticare tutta la riconoscenza che ogni giorno le regalava anche solo guardandola con calore con quegli occhi che risultavano più freddi del ghiaccio per chiunque altro. 
Si, ma non per lei. A lei aveva riservato il calore, quello che non si era mai permesso di regalare a nessun altro. E lei se n'era andata.
-No Mezzosangue, questa proprio non me la dovevi fare. Ti odio.-, disse ad alta voce. "Ma non posso dimenticare"disse a se stesso.
Ci pensò su, ora parlava anche da solo? No, parlava con un ricordo, l'unica cosa nitida che ancora gli rimaneva di lei. 
Si alzò su, stirando un poco la piega che aveva preso il jeans che portava. Si guardò attorno, sperando di essere ancora solo nella stanza, Lo era. E appoggiandosi al muro, tirò fuori dalla tasca posteriore un pacchetto di sigarette mal ridotto, ne prese una e l'accese, assaporando il gusto del fumo, tutto ciò che aveva in quel momento per anestetizzare il dolore che sentiva.

-Herm, lo so che sarà dura, che a volte penserai che vada tutto storto, e se avrai bisogno di sfogarti e non troverai in nessuno di loro il confidente di cui hai bisogno, beh, hai il mio numero no? Fammi uno squillo quando vuoi.- Marcus la osservava un poco titubante, non sapeva come comportarsi quando si trattava di addii, anche se sapeva che quello era solo un arrivederci poco convinto. Peró quei gesti, quelle parole lo mettevano non poco in difficoltà.
Hermione lo guardó divertita -E chi ti fa presupporre che sia proprio tu la persona adatta a quelle situazioni?- disse. -Beh, tu mi adori! E sei completamente innamorata di me, anche se non lo ammetteresti mai!- disse scoppiando a ridere. -Herm, è ora, e mi mancherai. Tanto.- Marcus parlava facendo delle pause che a Hermione parevano interminabili. 
-Sono convinto che riuscirai a fare tutto quello che ti proponi e ti proporrai, abbi solo fiducia in te stessa.- Mentre l a guardava le prese la mano, l'avvicinò a se e l'abbracciò, stringendola gentilmente. -In fondo, devo dire che mancherai anche a me troglodita di un Giotticelli- dissi Hermione staccandosi gentilmente dalla presa dell'amico -Ricordati di andarla a trovare, e ricordati di scrivermi. Sii gentile con le persone e non fare cazzate, fra poco dovrai incontrare il tuo nuovo compagno, non ucciderlo il primo giorno. Scrivimi, e se non hai nessun altro da infastidire io risponderò ok? Ahahaha! Ricordati di scrivermi va bene?- Hermione disse tutto quanto ad una velocità tale da lasciarla senza fiato, ma si ritrovò a sorridere. -Herm, l'hai detto tre volte, hai detto: scrivimi tre volte- Sorrideva anche lui. -Scusami, sono nervosa, ora vado, ci vediamo Mark! Nel dirlo, prese in mano un piccolo budda che era appoggiato alla scrivania, il cubicolo oramai era semivuoto, dato che uno dei due Cercatori, abbandonava quella postazione ormai familiare. 
Si girò di nuovo a guardarlo e sparì con un sorriso tra le labbra. -Lo sai che non mi piace che mi chiami così- disse Marcus a bassa voce guardando il punto in cui era appena sparita. 

07.00 AM

Ah! Ps: spero che la tua giornata sia splendida! Un bacio!
Marcus>
Hermione appena arrivata al Ministero della magia Londinese, si era guardata attorno accorgendosi di essere capitata in uno dei cunicoli dell'atrio nell'ingresso. Si risistemò bene la borsa a tracolla che portava e si diresse verso un funzionario incaricato di gestire il transito internazionale via passaporta.
-Documenti prego. Deve anche compilare i moduli d'entrata, dichiarare il perché del suo viaggio al nostro paese, quanto rimarrà...-Attaccò con quella che sembrava la solita tiritera, Hermione frugò un po' nella borsa alla ricerca del suo portafogli, facendo finire il telefono che teneva poco prima in mano in fondo alla borsa. Maledetto Marcus! Ci avrebbe pensato anche a lui a tempo debito, lo avrebbe ucciso, si ripromise. Alla fine dopo ben due minuti di ricerche trovò ciò che cercava, lo aprì e tirò fuori una sottospecie di distintivo, lo tirò su, così da poter essere letto dal funzionario e disse: - Sono un Auror, grazie.- Non voleva essere scortese ne tanto meno maleducata, ma a giudicare dalla sua faccia l'uomo ci restò male, ammutolendosi istantaneamente. -Tutto a posto?- chiese la ragazza. L'uomo quasi svenne, la guardò per un lungo attimo e disse: -Signorina Granger? Oh, mi perdoni, la prego non l'avevo riconosciuta, mi avevano detto che sareste dovuta arrivare al mattino presto, ma pensavo più tardi! Certo che presto vuol dire presto, ma pensavo più tardi, non so! Guardi mi dia due secondi e le darò tutti i suoi averi, tutto quello di cui ha bisogno, naturalmente. E tutto ciò che è suo, ovvio! Non che di ovvio ci sia niente, e neanche di strano, sono cose sue, è naturale che le vengano restituite visto e considerato che non ha altri parenti o un coniuge a cui affidare tutto se lei va via dal paese per tanto.. Così come appunto è successo! - farfugliava un discorso che di senso aveva solo il suo significato. I suoi averi, ciò che le sarebbe stato utile. "Strano" si disse Hermione, "sembra spaventato, non capisco se è intimorito da me, dal suo sbaglio o da fattori esterni." Si disse che non era un suo problema, era già abbastanza stressata per quel assurdo viaggio, non aveva dormito bene e non aveva nessuna intenzione di preoccuparsi di un estraneo proprio in quel momento. Così si decise per quella che era stata battezzata da ben due anni e mezzo oramai da Marcus come l'Hermione's poker face. Che di indifferenza aveva solo quella che provava lei, sulle altre persone quell'espressione tra l'annoiata e lo scazzata procurava un nervosismo in linea crescente che la maggior parte dei suoi interlocutori non solo si sentivano inadeguati e non a proprio agio ma anche sotto pressione. Ovviamente, non a tutti sortiva lo stesso effetto. 
Dopo dieci minuti di sentir farfugliare quello sconosciuto, la ragazza si diresse verso l'uscita principale, non ne poteva più, eppure era ritornata, era di nuovo lì dove tutto sembrava essere andato avanti, lasciando lei in un limbo buio e silenzioso.

Harry Potter ebbe una fitta al cuore quando vide arrivare Ginevra Weasley vestita di tutto punto, i capelli lunghi raccolti in una coda di cavallo, leggins neri, bustino nero e tacchi a spillo dello stesso colore: era cambiata Ginevra, non era più la sua dolce e tenera Ginny.
-Ciao- Farfugliò impacciato. -Ciao Harry, non ti preoccupare non sono venuta per te, anzi se mi dici dov'è lui tolgo subito il disturbo.- Non lo guardava neanche in faccia notò, no Ginny, la sua Ginny non esisteva più, ora davanti a lui c'era solo Ginevra Weasley, una donna che... No, non una donna, una Mercenaria. Spietata, come il destino del loro amore che era stato dirottato dall'ambizione di lei.
Una Mercenaria che aveva preso il suo cuore, ci aveva giocato un pò, spolpandolo per bene e poi lo gettato via. Aveva gettato via un involucro che oramai non conteneva assolutamente nulla di salvabile. 
Dopo di ché era passata ad un'altra preda, una preda che era allettante per lei, troppo invitante, un altro giocattolo da usare. Giocattolino magari più moderno, una novità per lei. Draco Lucius Malfoy. Stupido biondastro, poteva anche essere una serpe ma era ingenuo. Così come anche lui lo era stato, erano caduti tutti e due nella stessa trappola, anche Draco si era innamorato.
-Penso stia tornando, si è fermato al Ministero per delle scartoffie...- stava spiegando, quando lo interruppe bruscamente dicendo: -Si si va bene, ho afferrato, lo aspetto in camera sua.-
Se ne andò senza salutarlo, oramai neanche di quello era degno, ormai di interessante non aveva più nulla. Almeno per Ginevra.


Nota dell'autrice: Chiedo ancora scusa per la presentazione della storia, ho corretto il loyaout che era un disastro, dato che era la prima volta che pubblicavo qualcosa spero mi perdonerete!
Baci!
  
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