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Autore: Shodaime    26/06/2012    6 recensioni
Eccovi la mia prima fic, siate clementi^^
Come dicono gli avvertimenti è un AU, ma non troppo AU, quindi non spaventatevi. Il titolo è abbastanza esplicativo da sè, quindi vi dirò semplicemente che ho deciso di pubblicarla sotto le 'leggerissime' pressioni della mia beta^^
Spero che vi piacerà e che in tal caso lascerete un commentino, anche solo qualche parola =)
Detto questo vi auguro buona lettura, e attenti all'ananas, è agitato per il matrimonio incombente!
Genere: Comico, Demenziale, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tsunayoshi Sawada, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Mukurenzo non era un ragazzo molto pacato.

 Non era nemmeno particolarmente gentile o affabile, e qualcuno in paese vociferava di una sua strana abitudine a possedere  i corpi delle giovani mondine del posto in modi tali da poterci fare i suoi porci comodi senza mai essere beccato, e senza che mai una sola prova potesse incastrarlo e farlo finire legato mani e piedi nella stalla di uno dei tanti fattori del paese, con il risultato che, mentre le giovani pulzelle agognavano un incontro ravvicinato con lui, davanti alla casa del giovane commerciante più di una vecchietta aveva passato interi pomeriggi recitando anatemi e controincantesimi di sorta.

Il tutto mentre il diretto interessato si godeva lo spettacolo comodamente sdraiato sul suo letto tra le casse di frutta tropicale che commerciava e che l’avevano reso discretamente ricco.
Comunque fosse, niente della nomea e dell’alone oscuro che accompagnava la sua presenza in paese, poteva essere paragonato a come apparve ai pochi sfortunati che ebbero la iella di incontrarlo una volta uscito dalla canonica della chiesa.

Mukurenzo aveva estorto la verità dalla perpetua con tutta la facilità di questo mondo. In realtà pensava che la cosa fosse dovuta alla sua capacità intimidatoriamente persuasiva, ma le motivazioni della perpetua erano altre, ben diverse e comprendevano , oltre al comprensibile desiderio di rimanere con abbastanza carne sulla faccia per poterci appoggiare una sigaretta, come Yamabbondio si era posto nei confronti dei Buoni.

Tanto per cominciare, non gli andava a genio che li avesse definiti belli. Già. Aveva definito “bello’’ un tizio con una coroncina in testa e mai che si fosse degnato di rivolgere una parola gentile a chi ogni giorno gli stirava la tonaca.

 Non che la cosa gli rodesse personalmente, pensava, quanto perché il rapportarsi con persone che potevano influenzare le sue azioni non gli faceva bene e lo allontanava dalla retta via.
Un po’ come era successo quando aveva incontrato Pippo a Disneyland, insomma.

Ma non era solo questo a turbare l’animo della giovane perpetua.

Un losco segreto si annidava tra gli scheletri e i prodotti detergenti del suo passato, un segreto che aveva tenuto nascosto persino a sé stesso per lunghi anni, e che ora era ritornato a galla come il cibo dal lavandino quando Yamabbondio si lavava il piatto senza degnarsi di pulirlo.

Anni prima, infatti, anche Gokudera aveva desiderato diventare uno dei Buoni.

Aveva sostenuto tutte le prove scritte e orali, dimostrato di sapersi muovere con una camminata tamarra e di essere in grado di infierire con tutta la cattiveria che aveva in corpo contro gruppetti di adolescenti terrorizzati. Si era qualificato ai primi posti, arrivando persino al provino a tu per tu con lui, il capo supremo e indiscusso di tutti i brutti ceffi della zona.

Ok, è vero, quando era arrivato il suo turno stava dormendo e l’esame l’aveva sostenuto davanti a un tizio con la cresta verde che continuava a infilargli un boa di piume nel naso, ma Don Xanxigo era pur sempre presente!

Era andato tutto benissimo, eppure…All’ultimo si era presentato quello che gli era sembrato in tutto e per tutto un sacchetto dell’immondizia semovente con un anfibio in cima e della carta igienica attaccata da qualche parte e PAM! Gli aveva bellamente soffiato il posto.

Quale che fosse stato il motivo della sua esclusione, Gokudera non mandò mai davvero giù il boccone, nemmeno dopo aver deciso di consacrare la sua vita al servizio della Chiesa o dopo aver fumato in una sola notte tutta la fornitura di sigarette del tabaccaio di Namimori guardando, in una maratona non-stop che l’avrebbe poi condotto a una seria crisi di personalità,  Ghost, Titanic e tutta la saga de La valle incantata.

Il momento della vendetta era arrivato. E se poteva scatenare una faida tra i Tramananasso e i Tonnella contro Don Xanxigo beh, non sarebbe stato di certo lui a evitarlo.

Così, mentre poche centinaia di metri più in là un furibondo Mukuronzo entrava d’impeto in casa Tonnella, Gokudera chiamava l’ambulanza per Yamabbondio sorridendo tra sé.

D’altronde, la vendetta è un piatto che va servito freddo, dice il proverbio.


O lo diceva Piedino?

In the meanwhile…

“Benvenuto, genero.” Reborn  parlò al vuoto, senza che la furia con cui Mukurenzo entrò in casa scalfisse di un solo millimetro la sua proverbiale compostezza. Chiuse la porta con calma, massaggiandosi le tempie sotto il fedora, prima di seguire il giovane in sala da pranzo, dove sapeva che avrebbe trovato Tsunia.
Si sedette sulla sua sedia a dondolo  per filare della lana con aria distratta, e specchiandosi nella vetrinetta dove tenevano le bomboniere e il servizio buono si assicurò di avere l’aria assolutamente figa che gli si addiceva prima di parlare.

“Non è un buon momento, come puoi  vedere. Gli involtini al forno sono bruciati, l’antenna del televisore se n’è andata a farsi benedire, così che mi sono perso la puntata di Beautiful, e Tsunia è in lacrime perché le ho rivelato di non essere la sua vera madre.” Disse, in uno scemando di intensità, così che il giovane potè solo percepire le ultime parole.

“Tu hai fatto cosa??” Mukurenzo cominciava a diventare irritabile.

“Non….Sei….La mia vera mamma.” Un brontolìo sommesso proveniente da un ammasso di fazzoletti sul divano rivelò la presenza di Tsunia, che ormai aveva ridotto le sue dimensioni a un quarto del cuscino. Tenendo in mano la scatola di fazzoletti guardava ora Mukurenzo con gli occhioni lucidi.

“Avanti di questo passo cos’altro scoprirò? Che non sono una femmina?” Piagnucolò ancora, abbracciando Mukurenzo, così che non potè intercettare lo sguardo che questi si scambiò in proposito con Reborn.

“Ma…Signora Agnese! Era proprio il momento giusto per dire certe cose? Il giorno prima delle nozze??” Fece allora Mukurenzo, scoprendosi indignato da comportamenti senza cuore di cui fino a dieci minuti prima era il maestro assoluto, e nel contempo ipnoticamente attratto dall’ incessante filare della lana.

“Reborn. Prego. Gli ho detto anche che non mi chiamo Agnese. E che quel nome avevo cominciato a usarlo a Caracas.’’ Reborn alzò gli occhi, come pensieroso. “Bei tempi, quelli!” Esclamò, per poi ritornare a filare.

Tsunia ricominciò a piangere più forte di prima.

Mukurenzo prese in mano la situazione, e dato che la sua promessa sposa aveva già abbastanza elementi per poter cedere in tranquillità a una crisi di nervi, non si sentì eccessivamente in colpa e raccontò come stessero le cose con Yamabbondio e Don Xanxigo senza fare troppi complimenti.

Tsunia svenne svariate volte, chiedendosi chi mai gliel’avesse fatto fare di non suicidarsi buttandosi dal cavallo a dondolo tutte le volte che ne aveva avuto occasione.

“Che dite di fare?” Domandò Mukurenzo, consultando via cellulare le offerte last minute per Las Vegas.

“Mi portate all’ospedale?” Propose Tsunia dal pavimento.

“Un matrimonio a sorpresa.” Disse allora Reborn, accarezzandosi un inesistente pizzetto.

Gli occhi dei due si fissarono su di lui. In cucina, l’antenna ricominciò a funzionare.

“A sorpresa?” Mukurenzo adorava le idee del suocero/a. “Kfufufufu…Pensavo a qualcosa di più losco, ma questo è abbastanza subdolo.” Assentì, rinunciando mentalmente al suo piano di illusioni, morte, paura e salsa al curry.

“Questo matrimonio si farà.” Proseguì Reborn. “Ho pagato una fortuna di catering e mi sono messo a dieta per entrare nel tailleur che ho comprato. Quindi niente distruggerà la felicità del mio bambino.” Concluse, con aria tragica e orgogliosa, prima di abbracciare Tsunia.

“Co….Come mi hai chiamato?” Domandò una voce soffocata nell’abbraccio, ma più grandi preoccupazioni si profilavano all’orizzonte.
 
 
 
 
 
   
 
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