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Autore: marmelade    27/06/2012    10 recensioni
“Ma come diavolo avete fatto a dimenticarvi tutti di questo giorno?!” esclamò, per poi guardarmi quasi furiosa, mentre io non riuscivo ancora a capire.
Nicole parve accorgersi del mio stato confusionale, e scosse ancora il capo, facendo muovere i suoi ricci, così simili ai miei.
“Cavolo Harry! Oggi torna Maya dalla Spagna!”.
[...]
Infondo, avevo paura, e la vecchia Maya cercava di prendere il sopravvento su quella nuova.
Ma non avrei mai permesso ciò.
Sarei stata forte, e avrei trascorso la mia vita serenamente anche lì, dimostrando a tutti chi ero diventata.
E non mi sarei fatta ingannare ancora.
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I would love you better now.'
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MAYA POV.
Svegliarsi alle sette del mattino era sempre stato stressante per me, come anche per il resto dei comuni mortali.
Ma, a quanto pareva, Nicole non era un comune mortale.
Era impossibile come riuscisse a svegliarsi in un lampo alle sette, balzando giù dal letto non appena la sveglia iniziasse a suonare con quella sua musichetta fastidiosa. E il bello, era che sembrava sempre fresca ed attiva, come se il sonno le passasse in un secondo, non appena mettesse piede a terra.
Per me, invece, qualunque orario che fosse al di sotto delle undici era ‘mattina presto ’. Quindi, le sette del mattino, per me, era un orario improponibile ed assurdo, che poteva anche essere abolito dalla fascia oraria terrestre.
Per i miei canoni, le sette del mattino rappresentavano l’alba.
E infatti, quel maledetto lunedì del maledetto dieci settembre, avevo dovuto dire addio alla sveglia delle undici, e dare il benvenuto a quella delle sette.
Cioè, a quella dell’alba.
“Idiota di una sveglia, te lo do io il benvenuto.”mugugnai ancora sotto le coperte, non appena quell’aggeggio infermale trillò a tutta forza, per poi buttarla a terra con poca grazia dopo averla spenta con un pugno.
“E ringrazia che non ti abbia riservato un trattamento maggiore!”
“Da quando in qua parli con le sveglie?” disse improvvisamente la voce di Nicole, mentre io mi mettevo seduta tra le lenzuola.
“Da quando loro rompono le palle” risposi con molta disinvoltura, come se fosse la cosa più naturale del mondo parlare con le sveglie.
Nicole scosse il capo, mentre faceva passare lo sguardo dalla sveglia – ormai K.O – alla sua assassina, cioè io.
“Farai tardi se non ti alzi” disse, sorseggiando un po’ del su caffè bollente dalla tazza.
“Lo so, mamma…” risposi sospirando, per poi voltarmi di scatto verso di lei, con gli occhi sbarrati al massimo.
“O cacchio, mamma!” esclamai, per poi catapultarmi sul letto, aggrovigliandomi nuovamente tra le lenzuola per cercare il cellulare. La telefonata mattutina di mia madre sarebbe sicuramente arrivata a momenti. E infatti…
“Eccola qua, la tua vera mamma” disse Nicole, non appena sentì il cellulare squillare.
“Cerca di fare il prima possibile!” esclamò, per poi uscire dalla stanza.
“Sai benissimo che non ci riuscirò!” le urlai dietro, con il cellulare tra le mani che continuava a squillare.
Sospirai un po’, mentre accettavo la telefonata mattutina premendo il tasto verde.
“Hola màma.”
“Rispondi sempre subito tu, eh?”
Scossi il capo, ruotando gli occhi al cielo. Sapevo che l’avrebbe detto.
“Scusa tanto se dormivo” risposi sbuffando.
“Perdonata.” disse ironicamente. O almeno, lo speravo.
“Allora, emozionata per questa mattina?” disse ancora, eccitata come una bambina. Tra lei e mio padre, non sapevo chi fosse più entusiasta.
“Clàro que sì! Anche se arriverò più stanca del solito…” risposi, mentre aprivo le ante dell’armadio, tenendo il cellulare in perfetto equilibrio tra la spalla e l’orecchio.
“Levataccia, eh? Non ci sei ancora abituata” disse lei ridendo, centrando in pieno il punto.
“E non mi ci abituerò mai, mamma” sbottai, mentre prendevo una gonna dai fiori colorati dall’armadio.
“Ay, mì amor, tu eres siempre tan tràgica!” esclamò lei, ma non mi diede nemmeno il tempo di rispondere a modo, che subito parlò.
“Adesso devo andare, devo prepararmi per andare a lavoro. Ti chiamo stasera per sapere com’è andato il primo giorno all’Accademia e per accertarmi che tu non sia svenuta dal sonno!”
“Grazie mille, Juliana.” risposi sbuffando. Era bella la considerazione che aveva di sua figlia.
La sentii ridere di gusto attraverso il telefono.
“Buena suerte, May”
“Hasta luego, màmà.”
Attaccai quella telefonata e buttai nuovamente il cellulare sul letto, per poi prendere l’accappatoio e guardare di sfuggita l’orologio, che segnava un orario che, per me, era considerato ritardo.
Corsi in fretta e furia verso il bagno, sorpassando Nicole che mi guardò sbalordita. Mi buttai immediatamente sotto il getto fresco della doccia, ripensando alla frase di mia madre.
Forse aveva ragione.
Con tutta quella stanchezza, sarei sicuramente svenuta con la testa su un banco.
 

                                                                                                      *                                                                                                             

Dopo aver infilato velocemente la gonna dai fiori colorati e una camicia bianca a giro maniche ed aver dato un bacio e augurato buona fortuna a Nicole per il suo primo giorno all’Università di Economia, corsi alla metro per non rischiare di perderla, dato che era l’unico mezzo di trasporto che mi avrebbe potuto portare in Accademia.
Scesi alla fermata di Bloomsbury dopo essermi torturata le mani dal nervoso per tutto il viaggio, tanto che una signora aveva cambiato posto, pensando che fossi una pazza sclerotica.
Dopo dieci minuti di cammino, guardando a destra e sinistra ogni due minuti, mi ritrovai davanti un grande edificio fatto di mattoni rossi ma non consumati, probabilmente appena restaurati. Sopra a tutto, una grande insegna di marmo bianco portava il nome che milioni di aspiranti attori veneravano e potevano vederlo solo col binocolo e solo quaranta tra quei milioni, avevano l’onore di ammirarlo da vicino. Il nome della Royal Academy of Dramatic Art, era uno dei nomi più famosi e conosciuti del mondo, che aveva sfornato attori celebri quali Alan Rickman, Ralph Finnes e Timothy Spall.
E, adesso, tra quei quaranta aspiranti attori, c’ero anche io.
Mi sembrava ancora il sogno di una piccola sedicenne indecisa e dubbiosa sul suo futuro.
Ma, quel sogno tenuto chiuso nel cassetto per due anni interi, aveva finalmente l’opportunità di balzare fuori ed essere vissuto.
Ammirai ancora per un po’ quell’insegna di marmo, poiché ancora non mi sembrava vero, per poi entrare dentro. L’atrio era a forma circolare e i muri erano colorati di un beige chiaro, dove vi erano affissi vari quadri e bacheche. Era pieno di ragazzi e ragazze che parlavano tra di loro, forse raccontandosi delle loro estati appena terminate. Ma non sembravano dispiaciuti, anzi. Era come se avessero voglia di riprendere i corsi il prima possibile.
Per i nuovi arrivati come me, invece, si teneva una specie di discorso di benvenuto nell’aula magna.
Mi recai nell’aula dopo aver chiesto informazione ad una signora delle pulizie, che più che altro mi sembrava una chioccia dalla chioma arruffata.
Entrai nella sala, che era già gremita di gente, tra vari professori, ragazzi nuovi come me e vari veterani.
Un professore basso e cicciotto, con gli occhi piccoli contornati da rughe e occhiali dalla montatura quadrata, stava già parlando di qualcosa.
Era bello fare ritardo già il primo giorno!
 
                                                                                                                        *

“E quindi, con tutti gli insegnamenti che riceverete, vi auguro di diventare grandi attori!”
Ci fu un fragoroso applauso da parte di tutti i presenti nella sala dopo le parole d’incoraggiamento del direttore dell’Accademia.
Mi alzai dalla poltrona rossa, una delle poche che avevo trovato libera, quando l’applauso cessò e tutti iniziavano ad alzarsi in massa.
“Ciao Ashley, ci vediamo” dissi ad una ragazza bruna che si era seduta accanto a me quando era entrata.
Lei mi salutò con un sorriso accompagnato ad un gesto della mano, e tornò a parlare con un ragazzo alto di fianco a lei.
Uscii dall’aula magna e misi meglio la borsa in spalla dopo aver preso l’orario delle mie lezioni, e controllai la prima lezione che avrei dovuto affrontare durante il mio primo giorno.
Quella lezione si teneva nell’aula B4, che non avevo la minima idea di dove si trovasse.
Girai per minuti infiniti nei corridoi, che man mano iniziavano a diventare sempre più vuoti, dato che i ragazzi si rifugiavano nelle varie aule.
Finalmente, dopo aver salito le scale e girato i vari corridoi, mi trovai dinnanzi la porta di legno dell’aula B4, già chiusa. Sicuramente avevo fatto tardi.
Bussai un po’ indecisa, con un tocco che alcuni non avrebbero sentito, e sperai che anche l’insegnante dentro non avesse sentito.
“Avanti” disse la voce di un uomo, ovattata dalla porta chiusa.
No, ovviamente le mie preghiere non erano state ascoltate.
Feci un lungo sospiro e aprii la porta con ancor meno decisione della bussata precedente, e vidi tutti i presenti nell’aula voltarsi verso di me.
“Oh, la prima ritardataria del mio corso! E’ bello iniziare una lezione un po’… movimentata!” disse l’uomo dal fondo dell’aula e tutti risero, tranne me.
Prima figura di merda al mio primo corso, il mio primo giorno di Accademia!
“Mi scusi… non riuscivo a trovare l’aula” spiegai mortificata, mentre chiudevo piano la porta dietro di me.
“Prima regola del mio corso…” disse l’uomo, avvicinandosi piano a me, levandosi gli occhiali dalla montatura nera e spessa. “…mai darmi del lei. Potrei cacciarvi fuori all’istante. Io per voi sono Ryan, e non signor Parker o altri modi che implichino il lei. Solo ed esclusivamente Ryan.” concluse sorridendo, cosa che fece sciogliere all’istante il resto delle ragazze.
Tranne me, ovviamente.
Ryan era bello ed affascinante, su questo non c’era nessun dubbio, ma non era il mio tipo.
Era alto e sul fisico non c’era proprio niente da ridire. Asciutto e dalle braccia forti e muscolose, messe in risalto dalla camicia bianca arrotolata fin su ai gomiti. I capelli corti di un biondo cenere e disordinatamente aggiustati, gli conferivano un’aria sbarazzina, ma gli occhi azzurri contornati dagli occhiali dalla montatura nera e spessa, gli donavano l’aria da intellettuale affascinante.
“Bene, chiarito questo, puoi accomodarti” disse, voltandosi verso di me, facendo un cenno verso il pavimento.
E infatti, solo allora mi resi conto che il resto dei ragazzi che avrebbero frequentato quel corso, era seduto a terra.
Mi sedetti anche io, cercando di non sembrare goffa, mentre Ryan si avviava lentamente verso la cattedra e tutto il resto delle ragazze ammiravano il suo bel di dietro.
“Come stavo dicendo, in questo corso lavoreremo inizialmente sull’improvvisazione che, è risaputo, per gli attori sta alla base di tutto il loro percorso formativo. I più grandi attori improvvisano, e voi dovrete imparare a fare lo stesso. Mettete caso che, durante un’importante performance, vi dimenticate le parole. La prima cosa che pensate? Ve la dico subito: ‘Merda! sono spacciato come la cacca di un cane schiacciata sotto la suola di una scarpa!’” disse, facendo ridere tutti, compreso se stesso.
“Lo so che lo pensate o che lo penserete. Capita a tutti, anche ai più bravi. Ma sta nella capacità dei più bravi, l’improvvisazione. Potete anche pensare quello che vi ho detto io, ma subito dopo gli auto insulti, deve scattare l’improvvisazione. Anche con una stupidaggine, gli attori presenti con voi sul palco vi capiranno. E il pubblico, statene certi, vi apprezzerà.”
Quel suo piccolo discorso d’introduzione, fu davvero bello ed interessante. E soprattutto vero.
Forse fui una delle uniche – insieme al resto degli allievi di sesso maschile – a capire davvero cosa volesse dire, dato che le ragazze avevano solo sbavato ed ammirato Ryan in tutta la sua bellezza.
Patetiche.
“Ora, facciamo un esempio pratico. Ho bisogno di qualcuno che improvvisi una scena insieme a me. Volontari?” chiese, e qualche ragazza subito alzò la mano. Forse non aspettavano altro.
“Mmmh, vediamo… eccola là! Tu!” disse improvvisamente, e vidi qualcuno voltarsi verso di me, mentre Ryan mi teneva gli occhi puntati addosso.
“Io?” domandai, indicandomi con l’indice, incredula. Non era possibile.
Ryan annuì col capo, sorridendo.
“Si, proprio tu, la ritardataria!”
Mi alzai con un po’ di fatica. Era bello che già mi avesse etichettato in quel modo!
Mi avvicinai a lui, che ancora sorrideva, mentre alcune ragazze mi guardavano quasi con disprezzo, come se io mi fossi offerta volontaria e lui mi avesse scelta.
“Bene, ritardataria, iniziamo con…”
“Iniziamo col fatto che non mi chiamo ritardataria, ma Maya.” lo interruppi leggermente infastidita, facendogli un sorrisino.
Ryan rimase a bocca aperta per la mia reazione, per poi sorridere e battere le mani.
“Okay, allora… Maya… sei davvero una stronza” disse, con molta nonchalance.
Prima ritardataria, adesso stronza. Questo tipo voleva davvero essere preso a calci.
Rimasi un secondo sbigottita, così come il resto della classe.
Lui, intanto, continuava a guardarmi con quel sorrisino soddisfatto che, se ne avessi avuto la possibilità, gliel’avrei strappato senza farmi troppo problemi.
Risposi al suo sorrisino, poggiando le mani sui fianchi e continuando a guardarlo dalla testa ai piedi.
“Oh, beh, Parker, a me invece pare che tu sia davvero un coglione senza palle.” dissi, soddisfatta della mia risposta.
Anche se era improvvisazione, potevo andare giù pesante con le parole.
Tanto, era solo improvvisazione.
Il sorriso di Ryan passò da soddisfatto a sbalordito, mentre la classe continuava a guardare preoccupata che potessimo scannarci.
“Coglione senza palle è sempre meglio che essere puttana, non credi?” rispose lui, provocando un ‘ooh’ generale dal resto della classe.
Rimasi un po’ spiazzata, ma già sapevo cosa rispondergli, l’avrei praticamente messo K.O.
“Mmh, ne dubito. Almeno la puttana qui lavora, si diverte, e porta i soldi a casa. Tu cosa vuoi fare, se non hai le palle?”
Ryan iniziò a ridere dopo il mio ultimo insulto, per poi battere le mani.
“Un applauso a Maya che ha saputo tenermi testa ed improvvisare perfettamente!” esclamò, e il resto della classe applaudì, ancora sotto shock per tutto quello che ci eravamo detti io e Ryan.
Sorrisi leggermente imbarazzata, mentre Ryan mi guardava anche lui sorridente.
“Bene, la lezione termina qui per stamattina. La prossima volta lo farò con ognuno di voi e, mi raccomando, non esercitatevi a casa! L’improvvisazione è improvvisazione!” concluse, mentre il resto della classe si alzava dal pavimento e commentava la lezione, che per loro era stata fantastica.
Alcune ragazze si avvicinarono a Ryan per complimentarsi con lui, facendo le civette e battendo le ciglia lunghe e piene di mascara per fare colpo.
Lui ringraziò, per poi liquidarle con un “ci vediamo la prossima volta, adesso andate, se no farete tardi alla prossima lezione.”
Presi la borsa, guardando le ragazze che continuavano a parlare di quanto fosse bello Ryan mentre uscivano dall’aula.
“Maya!” esclamò Ryan, bloccandomi mentre stavo per uscire.
Sobbalzai per la sua esclamazione improvvisa, e lui rise.
“Cosa c’è, Parker?” risposi, voltandomi verso di lui.
“Guarda che non stiamo facendo improvvisazione, puoi anche chiamarmi Ryan” disse lui, avvicinandosi piano a me e scombinandosi i capelli, disordinandoli ancor di più.
“Lo so, ma chiamarti Parker mi piace e, dato che tutte quelle ragazze ti chiameranno Ryan, io mi distinguerò dalla massa.” risposi, scrollando le spalle.
Ryan rise dopo la mia risposta, ormai di fronte a me.
“L’ho capito subito che non sei come tutte quelle altre ragazze. Sei diversa, e strana… strana ma simpatica!”
“Grazie Parker. Per me è un complimento” risposi, facendo un mezzo sorriso.
Lui ricambiò, e mi guardò negli occhi. Erano belli i suoi occhi, azzurri e intensi.
Scossi il capo, cercando di ridestarmi dal pensiero dei suoi occhi, e concentrarmi.
“Beh, allora ti lascio andare, se no farai tardi anche alla prossima lezione. Ci vediamo, Maya, so che lavorerò molto bene con te.” disse, sorridendo.
“Si, alla prossima” risposi, e mi voltai per andarmene.
“Ah, Maya?” esclamò ancora, facendomi voltare nuovamente verso di lui, che sorrise ancora.
“Mi raccomando, la prossima volta ti voglio in orario!”
Risi dopo quelle sue parole, e lui con me.
“Come no! La prossima che ho lezione con te alla prima ora, vengo direttamente a dormire qui la notte!” risposi, battendo una mano sulla gamba.
“Scordatelo, non mi vedrai mai in orario” dissi ancora, scuotendo il capo.
“Allora, ci vediamo in ritardo!” esclamò lui, alzando la mano in segno di saluto.
Scossi il capo, ridendo.
“Sei veramente pessimo, Parker. Ci vediamo.” risposi, uscendo dall’aula, dove fuori c’erano già studenti dei corsi superiori che aspettavano di entrare a fare lezione.
Mi avviai nel corridoio verso la prossima aula, dove si sarebbe tenuta la lezione di Storia del Teatro.
Portai una ciocca di capelli dietro l’orecchio e sorrisi, ricordandomi della lezione appena finita.
Alla fine, non era stata male come prima lezione.
 
                                                                                                                       *

Tornai a casa alle tre del pomeriggio, completamente distrutta, con i piedi che chiedevano pietà e lo stomaco che brontolava dalla fame.
Iniziai a prendere le chiavi dalla borsa per aprire il portoncino, ma alzai di scatto lo sguardo dalla borsa quando notai una chioma riccia che aspettava sul marciapiede.
Mi avvicinai ancor di più, allungando e velocizzando il passo per raggiungerlo, mentre lui si passava una mano tra i capelli – come suo solito – guardando il marciapiede da dietro i suoi occhiali scuri.
Quando gli fui vicina, gli diedi uno schiaffo sul braccio, e lui sobbalzò dalla paura.
“Sei cretina, May? Mi hai fatto prendere un colpo!” esclamò, portandosi una mano sul cuore, cercando di recuperare un po’ di fiato.
Risi a quella sua reazione così spaventata. Era veramente un cacasotto, certe volte.
“E tu che ci fai qui, Harreeh? Non dovresti essere con tua nonna?” domandai, mentre mi avvicinavo al portoncino e l’aprivo.
Harry scosse il capo, facendo muovere leggermente i suoi ricci.
“Doveva andare in studio per risolvere certo cose. Così, io ne ho approfittato per venire dalla mia migliore amica e chiederle com’è andato il suo primo giorno all’Accademia!” rispose lui, aprendo le braccia per poi portarsi le mani in tasca.
Sospirai dopo quelle sue parole, passandomi nervosamente una mano tra i capelli.
“Non parlarmene ti prego, sono distrutta!” esclamai, entrando nel palazzo, seguita da Harry.
“Perché?” chiese lui, continuando a seguirmi verso la porta di casa.
Infilai le chiavi nella toppa e presi a girare, molto – forse troppo – nervosamente.
“Perché, perché, perché…. Perché c’è bisogno di fare tutte queste domande ad una ragazza stanca, stressata ed affamata dal suo primo giorno di Accademia?” risposi, sospirando esasperata ed entrando in casa.
Sentii le mani grandi e calde di Harry poggiarsi sui miei fianchi non appena chiuse la porta d’ingresso, e il suo dolce respiro colpì il mio collo.
“Potrei aiutarti a far scivolare via tutto questo stress, e renderti più tranquilla. Cosa ne pensi?” sussurrò al mio orecchio, lasciandomi un bacio umido sul collo, scendendo man mano verso la clavicola e la spalla.
 Sapevo già cosa sarebbe successo se io avessi acconsentito. E, diciamo che alla fine, non mi sembrava una cattiva idea.
“Nicole?” urlai con la voce un po’ strozzata, mentre Harry continuava a baciarmi il collo.
“Ma che stai facendo?” disse improvvisamente lui, che sicuramente mi stava guardando come se fossi una psicopatica.
“Controllo se c’è Nicole, idiota, se no come puoi aiutarmi?!” sussurrai stizzita.
“Nicole?” urlai ancora, ma niente, nessuna risposta.
“Questo silenzio mi da il via libera, allora…” disse Harry, continuando a baciarmi il collo lentamente, facendomi impazzire pian piano.
Mi prese la mano e mi diresse verso la poltrona di pelle beige, facendomi accomodare lì, per poi avvicinarsi al mio viso e soffiarmi sulle labbra, mordicchiandomi il labbro inferiore e lasciandomi un bacio a stampo, fin troppo veloce per i miei gusti.
“Non vuoi proprio parlarmi della tua giornata all’Accademia, quindi?” disse, mentre continuava a scendere e lasciarmi dei baci sul seno, mentre apriva la camicetta.
“Mmmh, non saprei che dirti… il professore di Storia del Teatro mi sembra un topo ed è un po’ idiota, però infondo è simpatico…” risposi, mentre mi aveva aperto completamente la camicetta e tolto il reggiseno, mostrando il mio seno, mordendomi leggermente un capezzolo e scendendo a baciarmi il ventre.
“Poi?” domandò tra un bacio e l’altro.
“Mmmh, poi… niente, ho fatto conoscenza con dei ragazzi e sembrano tutti molto simpatici. Per il resto… mmh… tutto bene” risposi a fatica, dato che mi aveva tolto la gonna e aperto le gambe, passando a baciare l’interno coscia.
“E… e tu… cosa hai… mmmh… fatto?” domandai, con ancora più fatica, dato che era passato a sfiorare la mia intimità da sopra le mutandine.
Fece un sorrisetto beffardo e soddisfatto, mentre guardava il mio viso assumere varie espressioni.
“Io? Beh, ho aspettato che tu tornassi dall’Accademia solo per fare questo…” rispose, mentre mi privava completamente delle mutandine, avvicinandosi ancor di più alla mia intimità già bagnata.
Sfiorò lentamente la fessura, facendomi sospirare dal piacere, impaziente di sentire le sue dita lunghe dentro di me.
E, infatti, così accadde quasi subito dopo.
Lasciò un bacio sulla mia intimità, per poi infilarne il dito medio, facendomi sospirare ancor di più.
Muoveva sapientemente il medio dentro di me, per poi infilare anche l’anulare e colpire tutti i miei punti più sensibili, mentre dalle mie labbra fuoriuscivano gemiti incontrollati.
Mi guardò ancora una volta negli occhi, prima che io li chiudessi definitivamente, ormai preda del piacere che mi stava procurando.
Sentii improvvisamente la sua lingua muoversi sul mio clitoride, cosa che mi fece emettere un gemito più acuto degli altri.
Muoveva le dita dentro di me, colpendo perfettamente tutti i miei punti più sensibili - dato che ormai li conosceva a memoria – e muovere contemporaneamente la lingua sul clitoride, spingendola pian piano nella mia intimità.
Inarcai la schiena, gemendo inconsapevolmente e sentendo varie scosse e brividi percorrermi lungo la schiena ed impossessarsi di tutto il mio corpo.
“Vieni per me, May… dì il mio nome…” sussurrò lui, per poi riprendere a muoversi dentro di me con la lingua e le dita.
Non capii più nulla ad un tratto, sentivo solo i brividi. Ormai non avevo più controllo di me stessa.
“Harry… Harry!” urlai mentre venivo, proprio come mi aveva detto lui.
Aprii gli occhi, poggiando una mano sulla fronte sudata, mentre cercavo di recuperare il fiato ormai corto.
Harry sorrise soddisfatto e si alzò da terra, avvicinandosi al mio viso e posizionandosi tra le mie gambe aperte.
Poggiò le sue labbra morbide sulle mie, che subito si schiusero e diedero il libero accesso alla sua lingua, che subito s’intrecciò alla mia, così come lo erano le nostre mani.
Si staccò da me, poggiando la sua fronte alla mia e mi guardò negli occhi, facendomi perdere nel suo verde meraviglioso.
“Credo che tu abbia bisogno di una doccia…” sussurrò sorridendo.
Sorrisi anche io, e gli lasciai un ultimo bacio a stampo sulle sue labbra rosse.
“Anche tu ne hai bisogno… e non solo di quello…” risposi, facendo una smorfia, alludendo alla sua erezione troppo gonfia e rinchiusa nei jeans stretti, che premeva sulla mia coscia sinistra.
Harry rise leggermente e mi fece alzare dalla poltrona, tenendomi strette le mani alle sue.
Gli feci un sorriso malizioso, passandogli una mano tra i ricci e scombinandoli ancor di più.
“Meglio che andiamo a farci una doccia, così posso risolvere anche altri problemi, oltre che quello del mio sudore!”
 
 
HARRY POV.
“Harry! Cavolo, vieni a leggere questo articolo!”
Sporsi il mio viso da dietro lo stipite della porta della cucina, dove stavo preparando dei panini per me e per May, dato che lei era stata tutto il tempo a lamentarsi – anche sotto la doccia - di quanta fame avesse e di quanto le brontolasse lo stomaco, che le supplicava in ginocchio di mettersi qualcosa sotto i denti se no l’avrebbe presa a calci nel sedere.
 
“Come fa il tuo stomaco a prendere a calci il tuo sedere, scusa?!” domandai ironico, e lei mi lanciò un asciugamano addosso.
“Coglione! E’ un modo per dirti che muoio di fame e che vorrei che tu mi preparassi uno di quei tuoi adorabili e dolci panini che mi si sciolgono letteralmente in bocca!” rispose, avvicinandosi a me e facendomi gli occhi dolci.
 
“Cosa c’è, May?” domandai, avviandomi verso il salotto con il piatto dei panini in mano.
Distolse lo sguardo dalla rivista che stava leggendo e lo posò su di me. Notai i suoi occhi brillare alla vista dei panini, e subito allungò le braccia verso di me.
“Venite da mamma, panini! Lo stomaco vi sta aspettando per un festino, mancate solo voi!” esclamò, facendomi ridere.
Posai il piatto sul tavolino di fronte al divano, ma non feci in tempo ad appoggiarlo che già era finito nelle mani di Maya, che aveva preso a divorare letteralmente quel povero panino.
“Mangia con più grazia, sei una signorina” la ripresi, rimproverandola a mo di anziano.
“Fanculo, ho fambe!” rispose lei, continuando a mangiare come un animale.
Era questo che mi piaceva di Maya, e che mi era piaciuto sin dal primo momento che l’avevo incontrata.
Sapeva tener testa alle persone e diventare un maschiaccio all’improvviso, anche se un secondo prima si stava comportando come una graziosa femminuccia qual’era.
“Comunque, cosa dovevi farmi vedere?” domandai, scuotendo il capo e ridestandomi dai miei pensieri.
“Oh, bsì, giubsto!” bofonchiò, per poi prendere la rivista con entrambe le mani e tenendo il panino serrato tra le labbra. Era veramente impossibile.
Con la mia maglia che le andava larga e i capelli scompigliati, poi, sembrava ancor di più un maschiaccio.
“Guarbda qua!” esclamò, passandomi la rivista e continuando a mangiare il panino.
Posai lo sguardo sull’articolo della rivista e scoppiai a ridere.
“Mucca morta nel mare. ‘Approdata’ sulle spiagge della Thailandia.”
Maya annuì guardandomi negli occhi dopo che io lessi ad alta voce il titolo dell’articolo.
Scoppiai a ridere ancor di più anche per la sua espressione.
“E tu mi hai chiamato per farmi leggere una cosa del genere?!” esclamai, ridendo ancor di più.
Lei mi rivolse un’espressione che avrebbe potuto incenerirmi all’istante, e mi diede uno schiaffo dietro la nuca.
“Guarda che è una cosa interessante! Sei tu che hai il cervellino bacato peggio di quello di un bradipo e non trovi le cose interessanti, interessanti!” rispose, mentre io mi massaggiavo il punto che mi aveva colpito.
“Ti è piaciuto il panino?” domandai, mentre lei guardava fisso dinnanzi a se con le braccia incrociate al petto e le labbra imbronciate.
“Molto. E’ sempre così dannatamente buono anche a distanza di anni” rispose serissima, tenendo sempre lo sguardo fisso davanti a se.
“Sei arrabbiata?” domandai, poggiandole una mano tra i capelli.
May si voltò verso di me, ancora con un’espressione serissima e le braccia conserte.
“No, voglio vedere quanto resisti senza parlarmi.”
Scossi il capo mentre ridevo sonoramente e poco dopo, lei si unì a me.
Immediatamente, mi passò per la testa che io avevo passato due anni interi senza di lei, senza le sue battute, le sue risate, i suoi occhi. Ed era strano quanto fossi riuscito a resistere.
Alla fine, che io volessi o non volessi ammetterlo, sapevo che mi era mancata in quei due anni, anche se lo sapevo nel profondo dentro di me e non avevo mai avuto il coraggio di cacciarlo fuori.
L’importante, in quel momento, era che l’avevo capito.
“Posso farti una domanda, May?” domandai improvvisamente, facendola voltare verso di me e annuire col capo.
“E’ dall’altra domenica che ci penso, dopo il pranzo con mia madre. Durante quella conversazione imbarazzante…”
“Imbarazzante? Ma se è stata la più divertente e adorabile che io abbia mai ascoltato!” m’interruppe sorridendo.
“E’ stata imbarazzante May, almeno per me. Tu ti sei divertita fin troppo!” dissi io, e lei rise.
Sapevo quanto si fosse divertita ad ascoltare tutto quello che diceva – inventava - Caroline.
“Comunque, stavo dicendo…” ripresi, dopo che lei smise di ridere “hai detto che tu in questi due anni non hai fatto la suora chiusa in casa e ti sei divertita con le persone che volevano divertirsi come te…”
“Però, te la ricordi bene la mia frase…” disse, guardandomi ed inarcando un sopracciglio.
“Si beh, non essere puntigliosa adesso… quello che voglio sapere è… con quanta gente ti sei ‘divertita’?”
Rimase in silenzio per un po’, come se si stesse ricordando con quanta gente fosse stata.
“Beh… insomma… non prendermi per una puttana adesso, perché non lo sono per niente! Diciamo che non riesco a tenere il conto, ma con tante!” rispose.
“Quanto intendi per ‘tante’?” domandai preoccupato.
Lei alzò gli occhi al cielo e sbuffò, ma potei notare un piccolo sorrisino sulle sue labbra.
“Intendo tante! Non chiedermi di contarle, non riuscirei a portare il conto con due mani!”
Poggiai una mano sulla fronte con fare esasperato. Avevo ragione ad essere preoccupato…
“Oddio May!” esclamai.
“Ma cosa lo dici a fare ‘oddio’?! Cosa dovevo fare, secondo te?! Rinchiudermi davvero in una casa a marcire?! NO! Sono uscita e, tra feste e roba varia, ho conosciuto vari ragazzi… ma mai niente di serio, giuro eh! E poi erano bravi! Si sa, gli spagnoli hanno una certa dote nell’arte del…”
“Ti prego, risparmiami i dettagli scandalosi! Non ci tengo proprio a saperli!” esclamai, facendola ridere ancor di più.
“Se ti può consolare… qualche volta ho detto il tuo nome…” sussurrò, sorridendo leggermente imbarazzata.
Abbassò lo sguardo, ma potei notare lo stesso il rossore che si era propagato sulle sue guance.
“Cosa?” domandai incredulo. Non era possibile.
Maya alzò improvvisamente lo sguardo, mordendosi il labbro inferiore.
“Non fare lo gnorri, adesso! Sai benissimo cosa intendo dire! Ho detto il tuo nome qualche volta mentre facevo sesso con lo spagnolo di turno, va bene?!”
Abbassò nuovamente lo sguardo, scuotendo il capo.
La guardai per un po’ torturarsi i, capelli, poi sorrisi e le poggiai la mano sulla nuca, facendole alzare nuovamente lo sguardo, incrociando i suoi occhi con i miei.
“Mi sei mancata in questi due anni, May…” sussurrai.
Lei sorrise e mi si avvicinò ancor di più, abbracciandomi e poggiando la testa sul mio cuore, che batteva all’impazzata.
“Mi sei mancato anche tu, Harry, nonostante tutto…”
Sorrisi dopo quelle sue parole, e la tenni stretta a me.
Alla fine, l’avevamo ammesso entrambi.



Writer's Corner! :)
Merito i calci in culo, lo so.
NON LO FACCIO APPOSTA! ç____ç
Allora, come ben sapete, martedì scorso (dopo aver pubblicato il capitolo) sono partita per andare a Portici.
Ho portato con me un quaderno per scrivere il capitolo, e l'ho fatto! :D
Ne ho scritto metà, poi sono tornata a casa e... ho continuato a scriverlo, ma prima dovevo ricopiare tutto quello che avevo scritto sul quaderno e quindi, potete immaginare! ç_ç
Potete insultarmi, me lo merito!

Anywaaay, saalve a tuutte! :D
Buongiorno a chi leggerà domani mattina, 
Buonpomeriggio a chi leggerà di pomeriggio,
e Buonanotte a chi leggerà adesso! :D

Okay, dopo questo sclero, ho solo poche cose da dirvi perchè è tardi e (con tutto il rispetto per EFP) ho sonno.
#scandalo
No, adesso seriamente...
MA AVETE VISTO (e letto) COS'E' E QUANTO E' RYAN?! *-*
Io già lo amo, afsdfghj *w*
E' un figo e basta u.u 
E da qui la storia, parte ufficialmente! :D *yeeeeeeeeeeee*

Hahahah, ovviamente, non ho idee per il prossimo xD
Cioè, ce le ho, ma le devo un po' mettere in ordine u.u 
Solo una cosa:
NON ODIATE RYAN! *-*
hahahahha, vabbè potete odiarlo se vi va u.u 
però è troppo adgfhjkkkgvftdbbkhvfrheiufhfsdierhifvuh per essere odiato u.u

By the way, vado via.
Rivelazione scottante alla fine del capitolo u.u 
E i miei occhi ballano (?)

Ci tengo a ringraziare tutte voi, che leggete questa FF e vi fermate a leggere anche i miei scleri notturni, serali, pomeridiani e mattutini! :D
Siete belle e buone! *-*
E GIURO CHE RISPONDERO' ALLE RECENSIONI! ç_______ç
Mi sento in colpa perchè non sto rispondendo più!
Comunque, le leggo e rimango sempre più *-*
SIETE TROPPO BELLE. PUNTO.
Inizio a ringraziarvi quii! :D

PPPPPoi, ringrazio la mia bellissima moglie, Rebecca,  autrice anche del video presentazione (stupendo, tra l'altro)
e che domani va a vedere Ed senza di me! ç_ç
Dovevo andare anche io a Milano, bwaaaaaaaaaaaa ç_ç
se qualcuno che legge andrà, vi prego...
BACIATELO DA PARTE MIA!
dato che io non potrò farlo ç_______ç
Moglie, bacialo da parte mia!

Ringrazio anche Caterina&Arianna, come sempre! :)

E come sempre, ringrazio quelle due cessaiole (?) di Agnese&Federica! :D

Come al solito, aspetto il menù notturno con tanto di sottofondo musicale di Mel, che voglio ringraziare per avermi fatto questo stupendo disegno di Maya! 

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Ditemi se non è fantastico! *-*
La prossima volta lo pubblico completo, anche se già così è meraviglioso!
Io me ne sono innamorata!
Mel, sei un'artista, punto.

ULTIMO AVVERTIMENTO:
Tornerò tra pochissimo con una OS! :)
Ovviamente, devo prima finirla, ma sono a buon punto!
E, stranamente, mi piace come sta uscendo ;D

Notte bellezze, e grazie ancora! :)

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Sbavate davanti a questa gif... sbavate...    :Q_______________
*Marymuoredavantiallagif* *resuscita* *muoredinuovo*

Adiooooos! :D

 

  
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