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Autore: dragon82    27/06/2012    1 recensioni
“chi si macchia del sangue della morte brancolerà in eterno nell’oscurità del male e non potrà mai aver salva la sua anima!”
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mattina del 22 Luglio, sorpreso che Milo non mi fosse venuto a chiamare, mi affacciai dalla finestra della mia camera, situata al piano superiore della casa, – cui paesaggio che mostrava era semplicemente il fiume ed il piccolo sentiero sterrato e parallelo ad esso che ne costeggiava la sponda, nonché il bosco che si diramava dall’altro lato della riva –  sporgendomi a destra e sinistra al fine di individuare la sua sagoma, ma i miei occhi percepirono soltanto l’inizio di una giornata buia, una giornata in cui le nuvole non facevano penetrare neanche un raggio di sole e che sembravano volgersi ogni istante di più a mal tempo. Dopo un po’ di tentennamento e convintomi che la pioggia non sarebbe arrivata prima del pomeriggio, nonostante il mio tempo stesse per esaurirsi, decisi lo stesso di scavalcare, come al solito, il davanzale della finestra, scalare i circa tre metri che mi dividevano dal suolo utilizzando i mattoni che fuoriuscivano dalla parete esterna –  che da qualche anno era stata innestata a rafforzamento del fabbricato in legno (un muro piuttosto disconnesso dove gli innumerevoli punti di appoggio permettevano di arrampicarsi a piacimento anche ad un bambino come me) –   e di recarmi al posto segreto.

In effetti, Milo non era neanche lì, lo cercai a lungo con lo sguardo, ritenevo impossibile che quella mattina mi avesse dato buca, sapeva che le mie occasioni di uscire erano sempre più rare e neanche la giornata uggiosa poteva essere un motivo sufficiente per non ritrovarci al posto segreto. Se davvero non era venuto doveva essere accaduto qualcosa di grave. Poi, quando feci per andarmene mi sentii saltare alle spalle:

<< ehilà Brian! >> disse Milo con voce allegra;

<< mi hai fatto male stupido! Ma dove sei stato finora? >> gli chiesi;

<< sai, l’ho visto! >> disse;

<< cosa? >> domandai;

<< come cosa?! Non hai sentito le sirene della polizia stanotte? >>;

<< io veramente la notte dormo! >> risposi, con tono ironico;

<< l’assassino bianco ha fatto l’ennesima vittima, una donna stavolta, ed io ho visto il cadavere! >>;

<< dove? >> domandai;

<< nel vicolo dietro il ristorante di Tom! Era coperto da un telo bianco e c’erano un mucchio di poliziotti ed anche tanti giornalisti. >>;

<< allora non hai visto un bel niente! >> gli dissi;

<< No! Però mi hanno detto che è stata uccisa come gli altri: con sei coltellate nel petto e la lingua mozzata! >>;

<< bleah, che schifo! >> esclamammo contemporaneamente;

<< comunque tu sei matto! Non sai che è pericoloso andare sui luoghi del delitto? L’assassino rimane sempre nei paragi! >> almeno così ci dicevano gli adulti;

<< sai, il mio sogno è diventare un giornalista! >> mi rispose;

<< un giornalista? >>;

<< sì, un giornalista di cronaca nera! >>;

e ridendo gli risposi:

<< certo! Diventerai un grande giornalista, un giornalista “nero” di cronaca nera. >>;

<< sì, sì, bella battuta! Allora dimmi, tu cosa vorresti diventare? >>;

<< io diventerò un soldato, e difenderò la patria come mio padre! >> gli risposi.

Un lampo squarciò il cielo e dopo qualche secondo arrivò il tuono. Le prime gocce di pioggia iniziarono a scender giù e la prima me la sentii giungere sopra il naso:

<< sta iniziando a piovere, adesso devo andare, si è fatto tardi. Ci vediamo domani Milo! >>;

<< sicuro! A domani Brian! >>.

Tornai a casa di tutta corsa, anche se, dopo qualche goccia, la pioggia sembrò fermarsi, ma meglio correre, non era mia intenzione ritornare fradicio a casa. Mi affrettai a rientrare dalla finestra della mia stanza, quando vicino alla porta, nell’ombra, intravidi mio padre, doveva esser tornato prima del solito causa maltempo:

<< dove sei stato? >> mi urlò;

<< da nessuna parte! >> gli risposi;

<< se ti vedo ancora parlare con quel negro, giuro che ti rimango a digiuno per una settimana! >> urlò con voce ancora più alta.

Una luce accecante penetrò la finestra dall’esterno e quasi immediatamente un boato la seguì. Quel tuono era molto più imponente di quello sentito prima ma devo ammettere che ebbe un tempismo perfetto. Mio padre si interruppe e non continuò il suo sfogo. Si avvicinò alla finestra con aria timorosa, si affacciò e guardò verso il cielo. Le sue pupille si agitavano dall’alto in basso e viceversa, fissando per un istante le nuvole e per un altro istante il fiume cui acque sembravano piuttosto agitate. Chiuse gli occhi ed allungò il collo, al pari di un animale selvatico respirò profondamente ed  annusò l’aria quasi a voler percepire il pericolo incombente che stava raggiungendo quella terra. Si ritrasse, sgranchì il collo e contorse le spalle quasi infastidito da quella sensazione, poi, ancora girato di spalle, volse il suo sguardo verso di me fissandomi con la coda dell’occhio:

<< e adesso aiutami a sbarrare porte e finestre! Stanotte ci sarà una forte tempesta, speriamo che la casa regga! E domani non uscire per nessun motivo, altrimenti stavolta le prendi sul serio! >>.

I temporali estivi dalle mie parti erano frequenti e spesso erano anche molto violenti. Utilizzammo delle assi di legno, che mio padre aveva a portata di mano appena fuori casa in una piccola legnaia in pietra con copertura in tegole, costruita da lui stesso:

<< ne abbiamo meno dell’ultima volta!!!.. i soliti ladri del cazzo! >> pronunciò appena prese le assi.

Cercò di rimediare rafforzando quelle che aveva con i tocchi di legno avanzati dall’inverno precedente anche se questi erano rinsecchiti dalle ultime giornate di forte caldo. Il primo che prese gli conficcò una scheggia nel palmo della mano destra che gli fece versare sangue che a me in quel momento sembrò un litro:

<< ti prendo una medicazione!?! >> dissi di getto;

<< lascia stare non abbiamo tempo >> rispose mio padre, sminuendo sia l’incidente che il dolore.

Per lui subire qualche ferita non era una cosa grave, aveva visto tanti di quei corpi maciullati e doloranti in guerra che a confronto una scheggia nella mano gli sembrava il morso di una formica. Spesso a tavola mi accorgevo di qualche taglio o bruciatura subita durante le mattinate di caccia ma non ho mai visto sul suo corpo neppure una medicazione.

Pertanto quel giorno aiutai mio padre a serrare la casa fino a sera. Su ogni asse che fissavamo rimaneva su di essa il sangue della ferita di mio padre ed io ogni volta osservavo il suo volto alla ricerca di una smorfia di dolore trovandolo però sempre serio ed indifferente, turbato solo dal continuo peggiorare del tempo, dal frastuono dei tuoni e dal vento che soffiava sempre più violentemente. Ricordo bene anche che quando arrivammo nei pressi della soffitta mi spedì di corsa a letto. La soffitta era una specie di stanza da lavoro di mio padre dove non voleva che niente fosse messo fuori posto e pertanto mi era proibito entrarci, anche se devo ammettere che ero molto curioso di sapere cosa ci fosse al suo interno.

Quella notte la tempesta fu furibonda, non ce n’era mai stata una più cruenta, la casa tremava e sembrava volesse crollare da un momento all’altro. Non riuscii a chiudere occhio dalla paura, ma anche se sembrava non volesse finire, anche questa, come tutte le tempeste, finì.

La mattina seguente sentii battere alla finestra come al solito, mi avvicinai, ed abbassai con un paio di gomitate un’asse che non permetteva di affacciarmi aprendo così una fessura che permise di penetrare un fascio di luce intenso. Vi infilai gli occhi e vidi Milo tutto eccitato:

<< scendi presto! >> mi disse con voce bassa;

<< oggi non posso! Stavolta non la passo liscia con mio padre! >> risposi;

<< devi scendere assolutamente, stanotte è successo qualcosa di straordinario! >> insistette, girandosi, poi, verso il fiume;

<< cosa? >> domandai;

e poi alzando lo sguardo verso il fiume rimasi impietrito, non potevo credere ai miei occhi. Non preoccupandomi delle conseguenze, infilai le scarpe e mi catapultai  in corridoio ancora in pigiama, discesi i dodici scalini che mi dividevano dal piano inferiore come se fossero quattro, aprii la porta d’ingresso facendomi investire dalla splendida giornata e sorridente curvai la mia corsa al fine di portarmi verso il retro della casa lasciando la porta divaricata, e lì incrociai il sorriso di Milo che mi aspettava trepidante e che iniziò a correre al mio fianco evitando di interrompere la mia corsa. Mi avvicinai al fiume: l’acqua era diventata limpida e trasparente, tanto che addirittura si vedevano nuotare i pesci. Era troppo bello per essere vero- pensai- era come se la tempesta avesse depurato il fiume. Così incominciammo a correre a più non posso verso il posto segreto –  non si sentiva più quell’odore acre di sempre ma un odore piacevole e rilassante di gelsomino ed incenso – e quando arrivammo non ci meravigliammo affatto che fosse la zona più bella.

Ma quei bei momenti da lì a poco sarebbero destinati a finire.

 

  
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