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Autore: Marty_Winchester    27/06/2012    3 recensioni
Una ragazza, Jessica, figlia di Peter Bishop e Olivia Dunham, da molti anni scrive racconti su due ragazzi:
Dean e Sam Winchester
Un giorno suo sorella, Henrietta, viene aggredita da un vampiro e portata in ospedale. In questa occasione incontra i fratelli Winchester, i ragazzi che tanto sogna, e scopre che esistono davvero e che quello che scrive non sono storie inventate.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Non sarei voluta tornare a casa, mi sento come se avessi perso le speranze di una guarigione da parte di mia sorella. Astrid mi ha accompagnato, le è stato chiesto di “badare” a Walter –mio nonno fuori di testa, ma incredibilmente intelligente- e a me. I miei genitori non perdono occasione di ricordarmi che sembro più grande, ma ho appena sedici anni. Appena. Se sapessero che a solo sedici anni ho ucciso un vampiro…

«Allora, Jessy, vuoi qualcosa da mangiare?»

Mi chiede cortesemente l’angente Farnsworth, aprendo il frigorifero. Mi costringo a mangiare qualcosa, non serve a niente stare a digiuno. Quando ho dato sollievo allo stomaco, decido di scrivere qualcosa: mi aiuta sempre a distarmi. Fisso per molto tempo la pagina bianca, ho preferito non scrivere niente riguardo a Dean e Sam, ma non riesco a buttare giù nient’altro. Dopo un’ora ci rinuncio, infilo i primi vestiti decenti che trovo e, senza farmi sentire (approfittando dell’ennesimo delirio di mio nonno) esco di casa.
Vago un po’ senza meta, ho bisogno di prendere una boccata d’aria e di pensare, in tranquillità. Mi siedo su una panchina, in una zona isolata del parco, lasciando che i pensieri scorrano liberi. Mi accorgo di aver chiuso gli occhi quando una voce prorompe nel silenzio.

«Salve Jessica, non dovresti andare in giro da sola, in questo stato»
Vengo strappata dal mio stato di semi incoscienza da un uomo di circa sessant’anni, capelli bianchi e quasi pelato. Mi ricorda il personaggio della mia storia, un certo… Zaccaria.

«Già io sono Zaccaria e tu tra poco sarai morta»

Pronuncia quelle parole come veleno, facendomi venire la pelle d’oca. Mi alzo dalla panchina, ma lui è ovviamente più veloce: mi lancia a circa cinque metri di distanza, facendomi sbattere la testa contro un albero. Il sangue inizia a colare sulla mia faccia, è così rosso e caldo, per fortuna non mi impressiono facilmente. Come spinta da una forza esterna, inizio a prendere il mio sangue e a disegnare qualcosa per terra. Zaccaria fa in tempo a sferrarmi un pugno, prima di sparire nel nulla. Io svengo, ma almeno per adesso sono al sicuro.

 
Il primo senso che piano, piano riacquisisco è l’udito. Sento un leggero vocio, riesco a distinguere tre voci diverse. Apro gli occhi e riconosco mio padre, mia madre e Astrid.

«Jessica, come stai?»

«Cosa ti è saltato in mente?!»

«Mi hai fatto spaventare moltissimo!»
Prima mia madre, poi mio padre e infine Astrid mi urlano contro. Quando anche la memoria mi torna, inizio a tremare per la paura. Il pulsiossimetro segnala l’aumento dei mie battiti cardiaci e tutti si danno una calmata, ma non sono agitata a causa loro.

«Che cosa è successo, Jess?»
Chiede dopo una dozzina di secondi mia madre, con voce controllata. Analizzo velocemente tutto quello che è successo, prima di parlare devo rielaborare le idee. Non posso dire la verità, la realtà dei fatti è un’assurdità.

«Ero andata a fare una passeggiata, mi sono seduta su una panchina e un uomo ha iniziato a importunarmi. Stavo andando via, quando mi ha preso, buttato per terra e dato un pugno» Per rendere più vera la mia mezza verità, e conoscendo qualcosa dei criminali, non basterà dire questo: «Continuava a dirmi che avevo gli occhi del diavolo o qualcosa di simile. Era proprio fuori di testa, sembrava fatto. Non mi ha rapinato, anche perché non avevo portato niente con me»
Spero che se la bevano, sono bravi –il loro lavoro è anche capire quando uno mente- e il fatto che mi conoscano da quando ero in fasce, non aiuta. Peter, mio padre, mi rivolge un’occhiata di rimprovero, ma non colgo nessuna incertezza sulla verità delle mie parole. Mia madre mi dice di riposare e tutti escono dalla stanza.
 
Sedici anni fa, da qualche parte in paradiso.

«Fratellino, non abbatterti. Non è la prima né l’ultima, io lo so molto bene»
Rivolgo a mio fratello uno sguardo avvilito, le sue parole non mi sono di conforto.

«è per questo che nostro padre ci ha creato senza emozioni, un soldato non deve lasciarsi distrarre»
Non dico niente, gli sferro solo un pugno.

«Okay, ho capito. Io adesso vado, tu non combatterai questa volta, sei troppo sconvolto»
Non faccio in tempo a sferrargli un altro colpo che mi lascia solo.

 
I giorni nostri.  Punto di vista: Dean

Da giorni sto incollato al cellulare, sperando in una sua chiamata, ma ancora non si è fatta sentire. Abbiamo provato a tornare in ospedale, ma di lei nessuna traccia. Basterebbe una chiamata, anche accidentale, così da poter avere il suo numero e metterci in contatto.

«Dean, ormai dobbiamo rassegnarci. Non chiam…»
Prima che Sammy riesca a finire la frase, il mio cellulare inizia a squillare. Lo prendo velocemente e avvio la chiamata.

«Dean? Ho sentito che mi cercavi…»
Quelle parole mi lasciano un po’ spiazzato, non riesco a coglierne il senso.

«Che… che intendi dire con “sentito”?»
Segue un lungo silenzio, poi con voce sussurrata mi risponde.

«Non so come spiegarlo…» un’altra pausa, meno lunga questa volta «Ho delle… allucinazioni uditive. È come se spiassi una conversazione, qualcuno parla di voi. Inizio ad avere paura, prima sognavo solo queste cose, adesso è tutto così… reale. Come se incontrarvi non fosse abbastanza»

«Queste voci, le stai sentendo anche adesso?»

«Si»

«E cosa dicono?»

«”Questa volta seguiranno i piani. Porteremo il paradiso in terra. Dean e Sam saranno distratti da un caso e quando si accorgeranno di tutto, sarà troppo tardi”»
Deglutisco rumorosamente. Faccio un respiro profondo e mi costringo a mantenere la calma.

«Potresti dirmi il tuo nome?»

«Jessica Camille Bishop»

«Arriverà…»

«Castiel a prendermi, si lo so»

 
Punto di vista: Jessica
*Spengo il cellulare e mi preparo alla visita dell’angelo. Ho scritto molte cose su di lui e sono ansiosa di poter vedere dal vivo i suoi meravigliosi occhi, così luminosi e rassicuranti. Dopo circa cinque minuti sento un leggero sfarfallio, ho scritto tante volte che preannuncia l’arrivo di un angelo. Mi volto, emozionata, trovando lo sguardo tagliente di Castiel. Appoggia violentemente due dita sulla mia fronte e mi teletrasporta.*




*scusate, ma non capisco perchè venga in corsivo >.< ho tolto e cambiato 5 volte, ma niente.

@@angolo dell'autrice@@
eccomi tornata con questo capitolo, perchè Castiel è arrabbiato con lei? Come mai Jessica sente "le voci"? Forse ormai è chiaro, basta fare 2+2 xD

Ringrazio di cuore e mando un bacio speciale a: Vanny_Winchester, TheWinchester Girl, Cristel 93, Naty_Winchester, PussyCatDestiel, INSOMMA TUTTE LE MIE SORELLINE! <3

   
 
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