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Autore: past_zonk    27/06/2012    2 recensioni
{Aurikku! ~ }
Son passati tre anni da quando Auron è scomparso, ma nel cuore della ragazza c'è ancora traccia di lui. Ogni notte uno strano sogno le fa visita, fino a quando uno strano accaduto la catapulterà in un'avventura inaspettata.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rikku, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'As you were Humbert.'
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Image and video hosting by TinyPic ...Eccomi ancora qui :) ~ ebbene sì, sono ancora qui a rompervi le palle! Questa fanfic mi sta prendendo proprio assai, mi sto appassionando alle faccende ed ho tutto precisamente stampato nella mia testa; quello  che dovrà essere, che dovrà succedere. Bene. In questo capitolo - a fine capitolo, per precisione - la svolta che tutti aspettavate! (e visto che ho poco seguito, posso azzardare a dire la svolta che io e
 Michela aspettavamo
- ciao baby! :'D).
 In questi giorni ho riflettuto tanto, riguardo all'Aurikku, a loro due, a come potevo rendere la storia plausibile. Non voglio niente di campato in aria, sapete.
 Ed ho ripreso a non dormire quasi per niente, il che sicuramente ha influenzato l'andamento della storia, perché di notte i pensieri proliferano e il posacenere si riempie e la mente vola ~ lo sappiamo tutti questo.
Un paio d'avvertimenti prima d'iniziare il vero e proprio capitolo: vi consiglio vivamente di ascoltare la canzone consigliata (e linkata, se cliccate vi si apre il link youtube) prima della parte in corsivo, verso la metà del capitolo. Sì, Yuna's ballad, perché è semplicemente fatta per la scena, e vorrei  vi potesse immedesimare nel mio habitat di scrittura e di musiche.
Sono molto arrogante? Forse. Ma vi voglio bene ~ biscottini.
Ringrazio i Placebo, fanfiction.net, Cecilia, Michela, Eden, i Subsonica che fra nove giorni mi rimetteranno in forma con l'ennesimo mega concerto, & i Muse, che oggi sfornano l'ultimo singolo per il quale sono ansiosissima.


DISCLAIMERS: I personaggi sono di proprietà della Square-enix (più precisamente Squaresoft) e non miei (se fossero miei l'Aurikku sarebbe canon, dopotutto), non scrivo a scopo di lucro (ma prima o poi ci camperò, con le mie seghe mentali, potete esserne certi!) e i fatti narrati non sono - purtroppo - riconducibili alla trama del gioco. Inutile dirvi che ci sono spoilersSsSsS, perché se leggete questa fanfic per me è appurato che vi siete giocati entrambi i videogame ~ yeah!

PS:
Sì, sono una psicopatica che mette i collegamenti ad ogni parola , d'oh.
PPS: COME DICE SAMUEL ROMANO: Tendi a "rubare", o almeno ad imitare, quello che ti piace di un altro artista, ovviamente più formato di te: è una cosa naturale. Tutti quei piccoli furti messi insieme costruiranno qualcosa di nuovo, di solo tuo, che qualcuno a sua volta imiterà. Ti faranno diventare ciò che sei, ma che ancora non sai.
(Quindi ringrazio il largo bagaglio di clichè Aurikku che m'ha sicuramente ispirato)
PPPS: (ovvero cosa ho imparato scrivendo questo capitolo) Lasciarsi portare dalle tempeste che imperversano nel cuore insomma può essere doloroso, ma alla lunga risulta salvifico.
ciao, eveyzonk.




 

 










 

Jumpin’ in my dreams



Capitolo secondo – special needs.

 
 
“Appena diciannovenne e sciocchi sogni
Immagino di aver pensato che tu avessi il buongusto
Appena diciannovenne e sogni osceni
Con sei mesi con la condizionale per cattiva condotta”

-Special Needs, Placebo.


 

Fa caldo.
Fa così caldo che morirei.
Fa così caldo che correrei nuda per la spiaggia fottendomene del giudizio di tutti. Con le gioie al vento ed i capelli legati in un toupé disordinato. Ma non lo faccio. Certo sono Rikku, ma non sono così tanto Rikku. Voglio dire.
-Aaah- mi lamento, stesa sulla sabbia come una lucertola morta e malaticcia.
-Gli Albhed non dovrebbero sopportare il caldo?- prende quasi in giro Tidus. Sii tu dannato, biondastro del cacchio.
-Tanto lo sappiamo tutti che sono tinti…- mormoro delirando, nella calura asfissiante. Jackpot! Dov’è la frescura di Macalania quando serve? Ah, già. Si sta sciogliendo.
Canticchio un ritornello stonato mentre sento dei passi alle mie spalle. In un quarto di secondo una rara varietà animale anche conosciuta come Gippal in costume m’è davanti.
È un costume poco sobrio. È giallo, voglio dire. Ed ha dei fiori viola disegnati su; un’oscenità più rara che unica, però devo ammettere che…beh, dai, lo conoscete Gippal. Può essere irritante e stronzo, sì diciamolo, però…ok, è sexy vi sta bene? L’ho detto.
-Impressionata?- chiede, con un sorriso sfacciato.
-Sì- rispondo -da quei fiorellini, quindi non so quanto la cosa sia positiva- rispondo con una risata bassa.
-Che acida-
-Il caldo fermenta- aggiunge Tidus.
-Wow, hai detto qualcosa che sembra intelligente- ribatto.
-Da quando sei così ironica, Rikku?-
-Io? Ironica! Quando mai lo sono stata. Più seria di un budino con un eritema. Mai stata ironica, sir!-
In effetti sono la sagra dell’ironia. Quanto mi amo. 100 punti a Rikku, secondo jackpot in pochi minuti. Vittoria assicurata! La biondina svuota le casse di tutti i concorrenti!
Ehy, a proposito di casse e di jackpot e di soldi e di pensieri dettati dal troppo caldo, devo assolutamente ricordarmi di frugare un po’ tra le tasche di Tidus!
Inutile cercare di smorzare il mio animo da ladra, sarebbe inutile. Chi nasce ladro non muore…non muore Yuna!
Ecco appunto, dicevo. Ecco Yuna che cammina verso di noi in bikini -  il che spiega tante cose, tipo quanti anni son passati dal pellegrinaggio. Certo che il cambiamento è visibile. Chissà se Tidus ne è felice.
Ma che dico, ovvio che è felice. Come potrebbe non esserlo? Cioè voglio dire, Yunie ha appeso al chiodo il vestito yevonita ed ha optato per shorts e scollature.
In più ora è in bikini e la cosa giova sempre ai rapporti di coppia. Sempre. È una regola collaudata.
Sto veramente delirando, eh?
Immagino di sì.
-Ciao ragazzi!- saluta gioiosa. Ditemi un giorno in cui non lo è. Forse è più positiva di me.
-Rikku, ehy? Ci sei?- mi chiede passandomi la mano davanti gli occhi.
-Certo che ci sono!- rispondo sorridendo. Voglio un bikini.
-Mhm, credo tu abbia bisogno di un bikini- mi dice, puntandosi un dito sul mento come se stesse impiegando tutti i suoi neuroni per pensarci su; ovvio che mi serve un bikini. Non mi trovo a mio agio a gettarmi in acqua coi vestiti, o almeno non con questi vestiti. Solo il cielo sa quanto si possa restringere la mia gonna di jeans con l’acqua salata; non potrei praticamente più camminare tranquillamente per la via Mihen senza un fischio alle spalle; cielo sarebbe insopportabile. E poi non mi chiamo Tidus, IO. Io non mi butto in acqua vestita, a meno che non mi trovi in una macchina Albhed per rapire (ehm voglio dire salvare) invocatrici oppure non debba attivare qualche dispositivo in una grotta del Gagazet.
O ancora quando mi gettano con violenza nel canale di Via Purificatio, il che certamente è una cosa da tutti i giorni. Sì.
-Credo di sì, Yunie. Sarebbe magnifico sguazzare nell’acqua, sai-



Ho seguito Yuna alla tenda che lei e Tidus dividono. In giro c’è un disordine colossale; dei vestiti sono ammassati ai piedi del letto, dei bicchieri sono sparsi per la stanza e c’è un odore di dopobarba nell’intera tenda.
-Notte selvaggia?- le chiedo, ridacchiando. È aperta ufficialmente la prima edizione di domande imbarazzanti, versione family! Ghgh. Nella prima puntata un’avventata cuginetta Albhed metterà in subbuglio l’apparato respiratorio di un’ex grande invocatrice chiedendole se l’ha fatto col suo appena-ritornato-da-non-si-sa-dove ragazzo.
Yuna si rigira tra le mani un costume da bagno che mi stava per proporre ed arrossisce un poco, abbassando lo sguardo.
-Mhn, beh…-
Le do una pacca sulla spalla -Ehy sono la tua cuginetta!- ballo un po’ sul posto -Puoi aggiornarmi su queste cose, sai!?-
-Beh, sì, lo so-
-Allora? Com’è andata?- le sussurro, alzando un sopracciglio, ammiccante. In effetti sono curiosa.
Yuna guarda di lato, poi si rigira verso di me sorridendo -Bene!- esclama ridacchiando -È stato bello!-
Ridacchio anch’io. Non che pensassi che stanotte per Yuna sia stata la prima. Insomma Tidus è tornato da un trilione di anni (due mesi circa, credo) e…boh, non so, io non avrei perso occasione.
Eh? Ho detto qualcosa? No no, io sono muta come un pesce. GHGH.
-E tu e Gippal?- domanda poi mia cugina con una mera imitazione del mio sguardo ammiccante numero 1.
Umphf. Quello è il MIO sguardo ammiccante.
-Primo, eravamo in un tempio; secondo, io e Gippal non stiamo insieme; terzo, insomma l’hai visto? Flirterebbe anche con un kyactus!-  urlacchio.
-Ma dai Rikku, dovresti dargli una chance-
Rimango in silenzio. Come se lui avesse mai davvero cercato di conoscermi. Come se si fosse mai interessato delle mie passioni, oppure avesse mai sul serio voluto discutere con me delle mie debolezze; forse c’ha provato, minimamente, ma si vedeva che non era nient’altro che una tecnica – e pure scarsa – di abbordaggio. Persino questo viaggio lo è di sicuro.
-Rikku posso farti una domanda?-
Riemergo dai miei pensieri
-Prego-
-Hai mai fatto l’amore?- chiede Yuna con voce titubante.
Ed è carino il modo in cui me lo chiede, davvero; con quella sua voce timida e le parole scelte quasi a caso; fa sempre così, Yuna, è come se non volesse mai, per nulla al mondo ferire i sentimenti di qualcuno. È per questo che, mi dico, sceglie accuratamente le parole da utilizzare.
Yuna ha detto fare l’amore.
Hai mai fatto l’amore?
Non ha chiesto se avessi mai fatto sesso oppure se avessi perso la verginità, no. La sua è una domanda che va un po’ oltre, è più profonda e pensata, anche se non sembrerebbe, detta con quella voce tremolante e le mani nervose. M’ha chiesto se ho mai fatto l’amore.
E allora ci penso su.
Chiudo gli occhi e nelle narici quasi si materializza l’odore dei ricordi. Delle foglie bagnate e del sudore e della spossatezza. Nella mie mente spezzoni ed immagini e pensieri dolci e infantili, forse.
-Sì- le rispondo, riaprendo gli occhi, sicura della mia risposta.
Sì, io ho fatto l’amore.
E non mi riferisco a quella sbandata prima volta nella Base, col sudore a rendere persino i miei pensieri più incasinati e quei cinque minuti – o meno – di spinte e di guardare il soffitto mentre il chewinggum batteva contro il mio palato, stesa coi pantaloncini abbassati che mi punzecchiavano le caviglie ed un ragazzetto sudato che soffiava sul mio collo. No.
Parlo di leggere spinte e fruscii nella notte, parlo di follie e menefreghismo e parlo di ribellione.
Di libertà d’amare.
Parlo del silenzio. Parlo delle dita incrociate e dei sussulti e del leggero battito fra le mie gambe, parlo dell’eccitazione e delle labbra morse e delle paure non anestetizzate.
Parlo del fare la cosa sbagliata, ma non pentirsene.
E penso, tutto in un momento, a quanto vere e inutili suonarono al mio orecchio le parole: “stiamo sbagliando”. E quanto invece mi focalizzai più sul fatto che fossero le uniche parole pronunciate quella notte.
Di quanti grugniti l’eco ho ascoltato, quella sera. E quel rivolo di sudore scivolato dalla mia tempia e quell’unico bacio, vero, meno che un soffio, l’unico fra gli altri, che non erano nulla nella volgarità d’un mordersi e farsi la guerra.
Ecco cosa penso quando rispondo sì, Yuna, ho fatto l’amore.
Ecco dove vaga la mia mente mentre la mano si poggia sul cuore dove sono custoditi tutti questi ricordi.
Yuna annuisce e so che non chiederà altro. Sa essere estremamente brava a rispettare gli spazi altrui, quando vuole.
-Allora, quei sogni strani di cui mi parlavi?- mi chiede, invece, credendo probabilmente fosse una domanda leggera con la quale sviare.
-Niente, Yuna, non erano niente-
-Ma…dovevi raccontarmi…-
-Andiamo in spiaggia ok?- rispondo con un largo sorriso, evitando una domanda che a Yuna non porterebbe altro che una risposta chiara come l’acqua di Macalania e una forte confusione.




 
Alla vostra destra, signori e signore, la celebre Rikku, centrocampista dei Gabbiani nonché bomba Albhed. No, non nel senso bomba sexy, bomba e basta; bomba proprio.
Con lei in squadra, nell’acqua fulgida di Besaid, Tidus e il mitico Letty alla porta.
Alla vostra (disgraziata) sinistra, Gippal, il sexy-ma-stronzo più celebre di Spira, colui con cui non vorreste che le vostre figlie uscissero (MA LO FANNO COMUNQUE), insomma, un idiota. Con lui in squadra Wakka, il padre più blizzer di sempre (o il blizzer più padre di sempre? Uhm, è uguale), e il mitico panciuto Keepa alla porta.
La partita è combattuta.
L’abile fortissima bellissima Rikku ha la palla sotto braccio e cerca di sviare, veloce, per passare al cannoniere Tidus. La strategia funziona. La bellissima nuota fino al lato sinistro della porta avversaria e poi lancia uno sguardo d’intesa a Tidus per avvisarlo del passaggio. Il ragazzo riceve la palla e sfreccia verso la porta, marcando Gippal e superando le difese di Keepa. GOAL.
Il pubblico (Yuna & qualcun altro passante) impazzisce, è in palpitazione, freme di sapere il risultato della partita più attesa della stagione sportiva. Tutti si chiedono quale squadra vincerà un mitico premio (una porzione in più di torta al cioccolato di Lulu – se non siete impressionati evidentemente non avete mai assaggiato la magica torta al cioccolato di Lulu).
Gippal è in possesso della palla. Cerca di sfondare le linee nemiche (l’ostacolo sarei io) ma – fortunatamente per i miei stinchi – non ci riesce, fallendo miseramente (o forse facendomi vincere apposta, il che un po’ mi inquieta) e rendendomi la palla che passo immediatamente a Tidus.
MANCA UN MINUTO SCARSO ALLA FINE DELLA PARTITA.
Tidus se ne rende conto e cerca di segnare il punto decisivo; corre verso la porta (arrangiata con un paio di reti da pesca di Besaid), muovendo i suoi piedi così velocemente da formare un piccolo vortice di bolle e schiuma. Si spinge al limite e poi, alla fine, calcia con forza la palla.
Colpisce in fronte Gippal (ridacchio anche se sott’acqua), poi Keepa allo sterno, infine la porta.
GOAL GOAL GOAL GOAL!
Gli nuoto incontro e gli batto il cinque, lo stesso fa l’inutile Letty.
Ed ora a me, magica torta di Lulu number one!
 
 
Emergiamo dall’acqua stanchi e sfibrati. Il mio costume è davvero molto carino; è viola, con qualche inserto nero (sembra di Lulu, però poi guardo la taglia del seno e penso che non potrebbe mai andarle, quindi deduco che Yuna l’abbia comprato con la supervisione della maga nera).
Sembra che mi sia stranamente abbinata ai fiorellini tropicali di quello di Gippal (cosa che non farei mai e che andrebbe contro i miei più naturali principi morali). Naturalmente il sottoscritto non perde un secondo per fare una battuta a riguardo.
Come non immaginarlo!
Tidus è steso sulla riva e sta abbracciando Yuna, col bikini rosso totalmente in contrasto con la sua pelle lunare.
Gippal è a pochi centimetri da me, Wakka invece annuncia di tornare in villaggio a vedere se Lulu ha bisogno di una mano col piccolo.
Faccio due calcoli mentali; non ho assolutamente voglia di rimanere sola con Yuna e Tidus, perché comporterebbe naturalmente che io parlassi con Gippal mentre i piccioncini amoreggiano, e non ne ho affatto voglia.
-Wakka! Resta pure qui, vado io da Lù! Questo sole m’ha fatto un po’ male- dico con un sorriso storto.
In realtà sono davvero stanca, e il sole m’ha davvero sfibrato. In più ho ancora in mente il discorso di prima con Yuna e i ricordi che ha riportato a galla. Niente di buono in previsione.
Leggermente nuvoloso quest’oggi sulla testa di Rikku. Pioggerellina in arrivo.
Wakka – sant’uomo – accetta di buon grado quest’inversione di ruolo e così m’avvio per il bosco sciabattando sguaiatamente la sabbia via dai miei piedi.
Evito i pochi e deboli mostri che mi sbarrano la strada e mi ritrovo, dopo la piccola passeggiata, alle porte del villaggio di Besaid. Raggiungo in men che non si dica la tenda, dove trovo Lulu a impiattare la pappina del piccolo Vidinu, calmo e buono nella sua culla.
-Wakka voleva venire, ma ho proposto uno scambio; gli ho detto di restare in spiaggia con Gippal…- dico a Lulu.
-Non vuoi proprio rimanere sola con lui, eh?-
Mi gratto la testa, come se fossi stata beccata con le mani nel sacco –Beh…mhnhhhh…non proprio- mormoro insicura.
-Rikku. Ti conosco, oramai. E poi non ci vuole molto per accorgersene; lo stai evitando- mi dice la maga nera con la sua voce materna.
-Comunque. Se proprio non vuoi parlarne, non ti devi preoccupare-
-Mi piaceva Gippal- esordisco, troppo satura per tenermi tutto dentro.
-Mi piaceva davvero, anni fa, prima di partire per il pellegrinaggio. Potresti pensare “ma eri giovane!” e invece no. A quindici anni si è consapevoli dei propri sentimenti. Mi piaceva Gippal a quel tempo. Solo che ora tutto è cambiato. Io sono cambiata, sono cresciuta e…lui non mi basta più. So che dovrei smetterla di preoccuparmi e cercare di dargli una possibilità, e probabilmente sarei anche felice con lui, ma…non mi basterebbe…lui…è come se non mi fosse mai bastato-
Abbasso lo sguardo sui miei piedi nudi. Mi sento così in colpa.
Così tagliata a metà. Così crudele. Così indecisa.
Ma, soprattutto, chi m’assicura che Gippal non mi stia solo prendendo in giro? Sarebbe plausibile.
Lulu m’osserva in silenzio per un lasso di tempo che trovo insopportabile.
Non m’apro spesso con le persone proprio perché odio pensare cosa loro potrebbero pensare di me; è un comportamento così poco Albhed che mi disonora.
-Capisco- dice, per poi ricadere nel silenzio, come se stesse riflettendo.
-Mi domandavo cosa fosse successo, nella tua vita, da farti crescere tanto-
È successo lui.
-Sei la seconda persona che me lo chiede- dico, alzando un sopracciglio –Davvero sono cambiata così tanto? Io mi vedo la stessa pazza di sempre-
-Beh, sicuramente non hai…smorzato, ecco, quel lato di te- dice Lulu con un ironico colpetto di tosse –Ma sei sicuramente maturata. Forse è stato solamente il pellegrinaggio; dopotutto c’ha segnati tutti…-
Lulu mi sorride, tranquilla.
-Prendi il bambino dalla culla-
Sorrido al piccolo Vidinu e lo prendo tra le braccia. Il piccolo si aggrappa forte al mio petto; mi sale alla gola un’orda di tristezza per ciò che poteva essere il mio, il nostro futuro. E che invece non sarà mai.
Saremmo stati così belli.
Saremmo stati così perfettamente congruenti.
Saremmo, saremmo, saremmo. Ma non saremo mai.
 
 


 
La sera è calata su Besaid. Ho in mente di tornare alla base e restituire l’aeronave a Fratello che sarà sicuramente furioso per questo; non gli è mai andato a genio, Gippal.
E poi è un mio dovere aiutare a ricostruire la nostra Base. Non posso sfuggire così alle mie responsabilità; non sarebbe, giusto.
È come se non stessi onorando la sua memoria, i suoi insegnamenti.
Lui m’ha insegnato a crescere, a non perdere la mia speranza – perché era questo di me che lui diceva di invidiare.
Stasera mi lascio investire forte dai ricordi; sono così veri che non vedo più la spiaggia vuota di Besaid, mentre gli altri sono al villaggio.
I miei ricordi sono così presenti in me che prendono subito il sopravvento.
 
 

Yuna’s ballad – final fantasy x-2 soundtrack.

 
Alla mente mi torna quella volta, quando ancora il bosco di Macalania era integro e perfetto, con la sua regina dei ghiacci a regnare, quando Sin era ancora su Spira e Yuna era ancora l’invocatrice figlia del mitico Braska, in viaggio con i suoi guardiani verso Zanarkand.
Mi affacciai alla finestra e osservai la distesa di neve che imbiancava  lo stretto spiazzo in cui Rin aveva costruito l’ennesima casa del viandante. Fuori il sole era tramontato da poco, e la luna stava già per fare capolino in un piccolo angolo di cielo rosato. Ho sempre adorato questo momento della giornata, in cui luna e sole possono convivere nello stesso cielo; è come se entrambi si guardassero e si salutassero e godessero di quei pochi attimi d’unanimità prima d’essere divisi per l’ennesima volta dalla natura delle cose che regola tutto.
Il tempo passò veloce e, mentre il cielo s’inscuriva ed io pensavo, vidi con la coda dell’occhio la lenta processione di ognuno di loro – del gruppo di guardiani e Yuna – andare verso le proprie stanze a riposare corpo e spirito, almeno quella notte, al sicuro in un letto e non accampati nel freddo, come al solito.
Le stelle erano alte nel cielo quando mi girai verso i tavolini e vidi Auron ancora sveglio, solo, con una tazza di cioccolata calda. Era buffo; fra tutte le passioni che avrei attribuito a quell’uomo, non avrei mai immaginato ci fosse quella per il cioccolato. Non sembrava una persona golosa, eppure, mentre tutti già riposavano, lui beveva dalla sua tazza fumante, in silenzio religioso, perso in chissà quali pensieri di strategie e battaglie.
A me non è mai piaciuto tanto il cioccolato, tranne in quei pochi giorni del mese durante i quali divento un po’ più golosa. E naturalmente tranne quando Lulu prepara la sua torta al cioccolato, quella è davvero stupenda.
Il tempo fuggì via mentre i pensieri s’accatastavano e si inseguivano nella mia mente, ed Auron sorseggiò l’ultimo sorso della sua cioccolata per poi, infine, alzarsi e dirigersi verso la sua stanza.
Dopo qualche minuto salutai il cielo stellato e la mia postazione alla finestra ed entrai in silenzio nella stanza che condividevo con Lulu e Yuna.
Brancolai nel buio, silenziosa e strisciante come solo una ladra come me sa essere, e pensai che avevo davvero bisogno di un bagno caldo.
Faceva freddo ed avevamo perso una giornata intera in quel bosco, mentre Tidus cercava di vincere la caccia alle farfalle per Kimahri e noi c’allenavamo per la battaglia finale contro Sin. Avevamo tutti come questa sensazione di star compiendo qualcosa di fantastico, avevamo sconfitto Yunalesca e con lei l’ultima chance di sconfiggere Sin sacrificando la vita di Yuna, così ora avevamo un piano nuovo di zecca, ma per applicarlo avevamo bisogno d’allenamento e, perché no, anche di riposo.
Il giorno dopo saremmo ripartiti e con la nostra aeronave avremmo raggiunto le Rovine di Omega per allenarci ancora. Quando avrei avuto il tempo per un altro bagno caldo?
Pensai di non poter svegliare le ragazze; dormivano quiete nei loro letti caldi, così uscii dalla stanza, e istintivamente bussai alla sua porta.
Auron aprì – non indossava né gli occhiali né il consueto collare rosso che nascondevano solitamente il suo volto – potevo vedere la cicatrice che attraversava il lato sinistro del suo volto.
-Rikku. Cosa c’è?-
Abbassai lo sguardo e mi maledissi mentalmente per quell’azione avventata.
-È che…Lulu e Yuna dormono, e gli altri anche…ed io ho un dannato bisogno di un bagno caldo, o non ne avrò più il tempo…mi chiedevo se…-
-Entra- disse, scostandosi dall’entrata della sua camera.
Entrai.
Tutto era estremamente ordinato; se non fosse stato per il suo piccolo bagaglio nell’angolo della camera e della casacca rossa accasciata sul letto, si sarebbe potuto pensare che quella stanza fosse disabitata.
 -Il bagno è di lì, prenditi pure il tempo che ti serve-
E la sua voce…era così profonda. Mi traversò dentro come la lancia di Kimahri avrebbe traversato il corpo di una Chimera Brain.
-Grazie- gli dissi, sorridendo un pochino.
Lui annuì solamente.
Mi diressi verso il bagno, chiusi la porta e girai il rubinetto della vasca da bagno che era posizionata proprio sotto una piccola finestra dalla quale si poteva osservare la luna di Macalania.
Mi sedetti sul bordo della vasca e lentamente mi spogliai. Poi entrai nell’acqua calda e mi immersi totalmente. I rumori della notte, le civette e le falene che svolazzavano, erano attutiti dall’acqua; sembrava d’essere in un sogno.
Pensai. Ancora.
Pensai a quanto fossi stupida, a quanto fossi disperatamente una quindicenne dal cuore a mille, pensai a dove m’avrebbe portato questo pellegrinaggio, al mio futuro. Alla mia casa scomparsa, agli amici che col senno di poi avranno scavato un certo posto nel mio cuore.
A quelli che hanno un posto più profondo, lì.
Pensai all’impossibilità che lui mi guardasse come lo guardavo io anche solo per un secondo; a tutto quello che mi teneva incatenata nel ruolo di teenager rompiscatole e iperattiva, e pensai a tutto quello che avrei potuto dirgli, prima di morire, forse, nella battaglia contro Sin.
Pensai che, anche se fosse stato sbagliato, almeno avrei potuto dire di non aver rimpianti.
E poi pensai d’essere pazza e forse piansi un po’, in quella vasca.
Il mio cuore sobbalzò quando sentii la sua voce attutita dalla porta che ci divideva.
-Rikku? Tutto bene?-
-Oh, oh sì certo- e maledissi la mia voce tremolante, così tanto ovviamente triste e piena di lacrime; la maledii davvero.
E poi sentii  i suoi passi allontanarsi.
Nei miei pensieri la porta scomparì, immaginai  la sua schiena larga e le braccia forti e la sua nuca, e mille pensieri ancora. Mille parole che non avrebbe mai sentito, tutte strozzate nella mia gola. Rimpianti.
Lentamente uscii dalla vasca e m’avvolsi nell’accappatoio rosso – sembrava quasi la sua casacca, ridacchiai, m’andava larghissimo.
Pettinai lentamente i miei capelli biondi ed aprii la porta, camminando in punta di piedi fino alla sua schiena.
Non si voltò.
Lo abbracciai lentamente, la mia guancia umida contro la sua maglia nera.
-I’m afraid- mormorai, giusto un soffio. Mi sentì.
E rilassò i muscoli della schiena. Sospirò.
Una goccia scivolò sul mio naso per schiantarsi sul pavimento, accanto ai suoi piedi nudi. Pensai fosse ipocrita attribuirla ai capelli umidi; veniva dai miei occhi troppo verdi.
La sua mano, quella sinistra che giaceva al suo fianco, grande e callosa e così da guerriero, afferrò la mia piccola mano da ladra. E la strinse.
E piansi, e ringraziai il cielo che lui fosse di spalle, che non potesse vedere il rossore sulle mie guance e i miei occhi arrossati e le labbra secche e la pelle del mio volto tagliata da qualche piccola cicatrice da battaglia.
E – quasi avesse ascoltato i miei pensieri – si voltò. Affondai il mio viso nel suo collo e piansi fra le sue braccia. Piansi rabbiosa e frustrata e stanca e impaurita e tremante come mai ero stata.
Mi prese fra le braccia, in silenzio, il mio volto ancora nascosto nel suo collo che profumava così tanto di salice e sakè e cioccolata calda e polvere, mi accartocciai contro la sua figura maestosa e lo sentii trasportarmi sul letto, dove, avvolta nell’accappatoio troppo largo, mi arricciai come una palla contro il suo petto caldo.
-Dormi- mi mormorò all’orecchio, come fosse un comando.
Ed io lo feci.
Dormii contro il suo petto. E lui rimase come una statua per tutto quel tempo, tutta la notte, come solo un guerriero come lui avrebbe potuto fare, non compiendo alcun movimento se non un lento scostare i miei capelli dal volto. Se non qualche piccola rassicurante carezza sulla fronte.
 
Ecco a cosa penso quando ancora oggi mi ritorna in mente la sua figura, il suo sguardo bruno, severo e dolce, il suo tono indulgente e protettivo, da maestro, la sua stretta sicura eppure imbarazzata dal contatto fisico. Sorrido rapita alla luna, anche se il petto mi si straccia dentro.
Qui nel buio della spiaggia di Besaid. Qui nel buio della mia memoria.
Ti amo, Auron. E non ero una quindicenne matta. Vorrei che tutto questoti raggiungesse ovunque tu sia, vorrei davvero sentire ancora le tue mani su di me. Vorrei tornare indietro e poterti amare mille volte di più e non doverti perdere e avrei voluto farti da scudo quando, da giovane, sfidasti Yunalesca e perdesti la vita…che poi la tua vita non l’hai mai davvero persa, è sempre stata lì, all’angolo del tuo occhio bruno che esitava sulla mia figura. Lo so…
Sulla superficie dell’acqua increspata del mare scuro, vedo una piccola luce. 
Mi isso sulle gambe e mi immergo lentamente nella calda acqua marina. Cammino, affondando i piedi nella sabbia e sentendo quasi il fondale smuoversi contro i miei piedi.
Passi lenti e i palmi delle mani a pelo d’acqua.
Cammino giusto fino a raggiungere il punto in cui la punta dei miei piedi sfiora appena il fondale sabbioso.
Poi è un attimo.
La testa mi gira vorticosamente, e sono sott’acqua; sto affondando quasi fossi un corpo morto. Sempre più giù, il buio m’avvolge.
Nel silenzio della mia testa, ti sento.
Ti sento davvero.
Mi domandi: sei sicura?
Ed io penso con tutta la forza che ho in corpo, sì, sì, sono sicura, anche se probabilmente non so neanche a cosa sto rispondendo.
Bene…
E allora la testa mi gira ancora, e chiudo gli occhi, e quasi ti sento che mi sfiori la fronte come quella notte, o forse è solo la mia immaginazione? Non so.
Non vedo più nulla.
Poi lo stomaco mi s’aggroviglia e la vista mi si spegne.
 
 
 


 
Apro giusto una fessura dei miei occhi verdi e vedo la riva del Fluvilunio. La testa mi fa male. Ho una forte nausea, come se fossi stata prima seppellita sotto terra e poi ripescata da una grossa gru Albhed. Non apro ancora i miei occhi.
Non capisco bene cosa mi accade.
Sono ancora in uno strano sogno?
Non mi sento in un sogno. Non ci sono i contorni sfocati oppure le sensazioni ovattate. La nausea è qui, è presente, è una morsa allo stomaco. Mi sento i polsi deboli.
Chiudo gli occhi, ancora.
Poi, dall’alto, una voce gentile – Tutto bene?
In risposta, un’altra leggermente più ruvida – Penso sia svenuta.
Il tono gentile di prima – Dovremmo soccorrerla.
Poi una nuova voce, profonda, che mi fa rabbrividire – Ma… my lord!
La voce gentile replica – Portala alla tenda, non possiamo lasciarla qui.
E poi mi sento issare leggermente. Tengo gli occhi chiusi e la testa mi ciondola. Non riuscirei ad aprirli neanche se volessi.
Mi sento svanire…
Solo, prima di perdere conoscenza, un odore familiare mi riscalda il plesso solare.
Sakè. Polvere. Salice…









   
 
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