Grazie di essere qui ^_^
I personaggi che compariranno sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata
“Quei due”
Dalla finestra si infiltrava ancora una lama di luce, che lunga, diritta e
tiepida giungeva al pavimento di legno scuro e usurato e lo percorreva tutto
per l’intera lunghezza di quella grande stanza…
Fuori, il disco arancio del
sole, grande, basso all’orizzonte e solo a tratti coperto dalle foglie rossicce
degli alberi, concedeva ancora ai suoi raggi obliqui di raggiungere l’angolo di
quella finestra, pochi istanti prima di tramontare e sparire da quel cielo
grigio di un novembre inoltrato.
Ma quella lama di luce tagliava
e illuminava ancora il grande tappeto usurato e tante volte calpestato, il
divano con i cuscini smossi e schiacciati, alcuni libri disordinatamente
poggiati a terra ed una fetta di torta poggiata su un
piattino, sul legno del parquet …
Elle se ne stava placidamente
rannicchiato sul pavimento, nell’ombra, circondato dai volumi aperti, non
toccato da quella luce fastidiosa che gli passava però davanti al volto senza
sfiorarlo.
Placidamente allungò la mano
affusolata verso il piattino che aveva davanti. L’acciaio della forchetta che
teneva mollemente dal fondo, tra pollice ed indice, si
conficcò nel pan di Spagna e luccicò, immergendosi in quella lama di luce.
Elle staccò un bel pezzo di
quella torta e osservandolo accuratamente lo avvicinò con lentezza alle labbra.
Poi, quando le sue pupille
grandi e scure furono sazie di quella visione, lo infilò in bocca, in un lampo,
tutto quanto insieme, e iniziò a masticarlo con gusto, continuando a tenere la
forchetta sollevata davanti alla volto, ma stancamente
sostenuta dalle sue dita appese al polso.
E poi qualcuno accese la luce.
Elle alzò il capo verso
l’interruttore, al fianco della porta, in modo distratto, continuando a
masticare vistosamente.
Ingoiò…
E Watari
poggiò davanti a lui, sempre sul pavimento, un vassoio con del tè e dei
pasticcini ricoperti di zucchero a velo.
La luce l’aveva accesa Wammy, entrando. Entrando in quella stanza enorme e
chiassosa…
Sì, chiassosa.
Le urla di tanti ragazzini si
mescolavano nella confusione.
Il rimbombare sordo dei piedi
che correvano agilmente e velocemente era incessante.
Le risate ed
i gridolini scalmanati si confondevano in un unico sottofondo allegro e
quotidiano, quasi cadenzato e noto.
Le piccole figurette degli
orfani sfrecciavano davanti al detective, senza che lui se ne curasse
minimamente, senza che lui li sentisse, senza che lui considerasse la loro
presenza come un fastidio, un rumore.
Loro c’erano. C’erano sempre
stati. Avrebbero continuato ad esserci.
«Hai bisogno del computer?»
chiese Wammy placidamente, osservando il suo pupillo
con gli occhi sottili ed un’espressione calda e
premurosa.
Elle inclinò il capo in modo buffo
e portò la mano a grattarsi la nuca «Uhm… Forse…» disse in modo annoiato…
Sì, noia.
Si stava annoiando.
Poi, all’improvviso, quel
chiasso si interruppe, seguito da un silenzio
abbastanza singolare, se non teso…
Tutti i bambini adesso
guardavano verso un angolo della stanza…
In basso, accovacciato a terra, Near osservava i pezzi del puzzle latteo che aveva dinanzi,
i pezzi che adesso erano sparsi un po’ ovunque sul legno scuro del pavimento…
E ad un passo da lui, in piedi,
con la braccia conserte ed il mento rivolto verso il
basso, Mello scrutava spavaldamente il suo “rivale”,
con un sorrisetto provocatorio e prepotente… «E adesso?» gli disse sogghignando
«…Immagino che dovrai ricominciare da capo…» insinuò con un po’ di malignità
infantile.
Aveva appena distrutto, con un
innocuo calcetto, il puzzle quasi concluso di Near…
E tutti gli altri bambini
tacevano, trattenendo il fiato, curiosi.
Perché comunque, in ogni caso,
quei due non erano due qualunque, come gli altri,
erano “quei due”, per l’appunto. Lo erano stati fin dal primo
istante, irrazionalmente, istintivamente, in modo preponderante.
Per tutti.
Elle rimase immobile, ruotò solo
appena lo sguardo e le sue pupille scure e adesso serie si fissarono su “quei
due”.
Near non
batté ciglio.
Lentamente e con pazienza riprese
a raccogliere i pezzettini sparsi del suo puzzle, mantenendo il mento basso e lo
sguardo rivolto al pavimento, noncurante.
Non reagì all’ingiustizia.
Passivo. E non rese il colpo…
Prima che potesse succedere
qualcosa, un altro ragazzino, un po’ tozzo e ben piazzato, comparve sulla
porta, esplorò con lo sguardo torvo all’interno e poi, quando ebbe trovato ciò
che cercava, gridò agitando una tavoletta di cioccolata «Eccola,
l’ho trovata! Questa è mia! L’ho trovata sotto al tuo
letto, ero certo che me l’avessi rubata tu!» digrignò i denti e partì di corsa,
puntando Mello.
Lo travolse in pieno e
trascinandolo violentemente lo scaraventò sulla parete.
Near non
alzò la testa, ma ricominciò rilassato a incastrare i suoi pezzetti di puzzle
racimolati qua e là…
Watari fece per
intervenire tempestivamente.
«No.» sussurrò Elle lapidario, rivolgendo furtivamente uno sguardo deciso
verso Wammy che allora si fermò e non intervenne,
lasciando che le cose andassero avanti…
Così il detective del secolo,
apparentemente disinteressato, iniziò a versarsi il tè nella tazza, senza
voltare il capo verso “quei due”, in quel curioso silenzio di tutti...
Mello, spalle
al muro, dopo un primo momento di sgomento seguito all’attacco, accennò un
sorriso divertito e, senza attendere nemmeno un istante, sferrò un pugno alla
bocca dello stomaco del ragazzino tozzo che gli era rimasto parato davanti.
E rese il colpo…
Elle tuffò la sua prima zolletta
di zucchero nel tè…
Il ragazzino tozzo si rannicchiò
a terra, ai piedi di Mello, stringendosi l’addome, e
lasciò la presa dalla tavoletta di cioccolata che scivolò sul parquet.
Mello lo guardò
abbassando il capo mentre sorrideva duramente «Non
sono stato io a rubartela, anche se l’avrei potuto fare tranquillamente. Ma
allora stai certo che non l’avresti mai ritrovata.»
Si vinceva così.
Si vinceva anche così…
Elle lasciò cadere la seconda
zolletta nella tazza...
Near inserì
rilassato un altro tassello del puzzle che stava già riprendendo forma sotto i suoi
occhi di ghiaccio e col capo sempre chino, mostrando agli altri soltanto i suoi
capelli argentei, disse calmo «Dovresti dedicarti
anche tu ai puzzle, invece di distruggerli, sono utili, non credo che
riusciresti a finire questo, ad esempio. E invece potrebbe servirti. Bisogna
sempre finire quello che si è cominciato. Ogni pezzo deve necessariamente
andare al suo posto. È così che si vince.»
E incastrò senza alcuna
difficoltà un altro tassello bianco…
Sì, si vinceva così.
Si vinceva anche così…
Il terzo cubetto di zucchero
sprofondò nella tazza fumante, davanti ad Elle che la osservava serio…
Poi il detective sollevò lo
sguardo su Watari, un’altra volta.
Adesso Wammy
doveva intervenire. Adesso Elle non aveva bisogno di osservare più nulla.
Adesso che sapeva che Mello avrebbe reso sicuramente
in modo diretto il colpo presuntuoso sferzato da Near,
dal gelido e intelligentissimo Near, dall’immobile e
passivo Near, che riusciva a
non essere mai intraprendente ed infantile, nonostante fosse un bambino…
Scegliere uno di “quei due”?
No…
Era il 28 novembre del 2006.
Dall’altra parte del mondo, in
quel preciso istante, un sequestratore sentì il cuore spezzarglisi
nel petto, colpito da un attacco cardiaco inaspettato, nell’aula di una scuola
di Shinjuku, davanti agli occhi impauriti dei bambini che aveva
segregato…
Era il 28 novembre del 2006.
Il sole a Winchester era appena
tramontato.
Ed Elle, in quel preciso
istante, seppe che non si trattava di attendere del tempo. Seppe che aspettare
non sarebbe servito a nulla.
Seppe che non avrebbe mai dovuto
sceglierne uno solo.
Quei due erano due.
Lo seppe proprio nel preciso
istante che stava irreversibilmente segnando la sua fine.
Nel marasma dei miei impegni assurdi, oggi,
nella pausa pranzo al lavoro, mentre aspettavo che il tecnico aggiustasse un
maledetto programma che si era incatastato e non mi
permetteva di lavorare, ho buttato giù questo racconto senza alcuna pretesa, di
getto.
Spero possiate perdonarmi e che lo possiate
prendere per quello che è ^^,
Non mi sono troppo preoccupata della coerenza,
del fatto che forse L non incontrò mai in quel modo i
suoi successori, del fatto che il primo omicidio di Light avviene nel tardo
pomeriggio e che quindi contemporaneamente non può essere la stessa ora anche
in Inghilterra…
Scusatemi, accettatelo così se potete, mi auguro
solo di non aver stravolto e distrutto i personaggi… 0.o
A chi mi segue e mi conosce dico che il nuovo
capitolo di Another World è in “fabbricazione” ed il week-end dovrebbe darmi l’aria per completarlo, ma al
lavoro non avevo i miei sacri appunti, quindi mi sono lasciata andare un’oretta
a quest’altra cosetta sciocca che non aveva bisogno di concentrazione né di uno
schema prefissato.
Insomma non linciatemi, non ho perso tempo a
scrivere altro, non lo farei mai!!! ^_^
Grazie a tutti di aver letto fin qui ^^