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Autore: Lakrimosa    28/06/2012    2 recensioni
Salve! Questa è la mia prima storia, su TWILIGHT (quindi vi prego siate sinceri ma clementi ^^)scritta senza troppe pretese in un momento di ispirazione:
Bella Swan è cresciuta. Non vede Edward da dodici anni. Vive come una qualsiasi mortale, poiché non è mai stata morsa. L’amore è eterno finché dura è il suo motto da trentenne sfiduciata. Finché un giorno…
"Non è così facile liberarsi di Edward Cullen, Bella."
Cosa succederebbe se una Bella ormai donna ricontrasse Edward, l'eterno diciassettene, dopo dodici anni? E come mai lui da quel giorno non l'ha più cercata? BASTA LEGGERE ;)...
RINGRAZIO CHIUNQUE LEGGERA'E SOPRATTUTTO COMMENTERA'.. BUONA LETTURA! Questa storia è dedicata alla mia mamma e a mia zia, che anche se sono adulte e sposate sognano ancora tra le pagine di Twilight! E HoneyWeasley95 per avermi fatto appassionare alle fanfiction su questo libro! Grazie a tutte voi! :)
PROBABILE AGGIORNAMENTO : TRA 1/2 SETTIMANE..
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Successivo alla saga
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capitolo 16


16. Defenceless


Mi scuso per il ritardo, ma tra scuola, pc dal tecnico, e scomparsa di word tra i miei programmi pubblicare il capitolo prima era impossibile. Non vi anticipo nulla, buona lettura, ci vediamo a fondo pagina come sempre! ^_^


N.B. I personaggi di questa storia appartengono a Stephanie Meyer (eccetto qualche aggiunta di mia invenzione), e non è stata scritta per scopi di lucro. Buona lettura.





C’è qualcosa di lugubremente sconvolgente nel sentirsi partecipi al lutto di uno sconosciuto. Ed è proprio così che mi sento in questo momento, come se avessi perso un lontano parente, con un filo, sì, molto molto sottile, che ci legava, ma pur sempre esistente.

L’uomo, quarantacinque si chiamava Jeremy Dickens. Era un avvocato abbastanza noto, e, per fortuna, celibe. L’ho letto nello spazio dedicato ai necrologi, il mattino seguente. Ma, se è per questo, la notizia è comparsa anche sul telegiornale. Non si conosce ancora l’identità del suo aggressore, ma esaminando il cadavere durante l’autopsia si potranno avere maggiori dettagli sulla dinamica dell’omicidio. Perché, almeno su questo punto, non vi sono dubbi. Avvolta nella mia vestaglia grigia, con una mano sul giornale aperto sopra il tavolo, e l’altra che sorregge ancora il mio bicchiere di succo d’arancia, non riesco a distogliere lo sguardo da quelle poche righe. Tornata a casa ero sconvolta,tremavo e singhiozzavo. Ero rimasta fino all’arrivo della polizia, e di un’ambulanza che ormai poteva fare ben poco, poi avevo trovato la forza di dirigermi verso casa, nonostante la lieve ferita e il tacco rotto. Zoppicavo, sconfitta e spaventata, e mi guardavo attorno come se qualcuno fosse sul punto di aggredirmi da un momento all’altro. Lì, una lunga doccia calda, e una buona dose di sonniferi, mi avevano assicurato una notte tranquilla. O perlomeno, priva di incubi. Ed ora, eccomi qua.

Mi passo una mano tra i capelli, e scuoto la testa, come per scrollarmi di dosso i pensieri negativi, che come ventose, sono attaccati saldamente al mio cervello. Troppe emozioni. Troppi avvenimenti, troppo vicini.

La cosa positiva è il fatto di aver visto un uomo morto mi fa pensare di meno ai miei problemi, per quanto sia cinico anche solo pensare una cosa del genere. Farsi carico della sofferenza altrui, anche se maggiore alla nostra, in alcuni casi, quasi ci alleggerisce. Quasi.

Mi lavo e vesto con la solita puntualità, per cercare di trovare serenità nei gesti quotidiani.Quando mi passo il mascara la mia mano ha abbandonato quasi completamente il tremolio che l’affliggeva da un po’.

Gli occhi mi cadono un attimo sul rossetto rosso fuoco, e, di riflesso, mi viene in mente Cedric. Oltre che un lieve ed infantile rossore che mi colore le guance, subentra il ricordo di ieri. Anche lui, purtroppo, fa parte dei pensieri spiacevoli. Il ricordo del giorno prima mi insospettisce e spaventa ancora, e si fa strada la decisione di evitarlo il più possibile da quel momento in poi. E, il pensiero del viaggio a Jacksonville, mi aiuta a vedere la cosa realizzabile, nonostante il fatto che abitiamo nello stesso condominio, e che incrociarsi sia comunque inevitabile. E così passo a rimuginare da un povero avvocato ad un altro.

Non posso che fare queste riflessioni con un certo dolore, perché mi rendo conto che anche quello che vedevo come un amico, o comunque una figura positiva, si è trasformato in qualcosa di strano e temibile. La maledizione Swan, dovrebbero chiamarla: l’anormale entra nella tua vita, sempre, prepotentemente, anche quando credi di essere libera dalla sua presa, a distanza di anni, torna a bussare, e poi ti butta giù la porta.

Senza contare, che se morti cruente e vicini sospettosi non bastassero, ora mi trovo anche a fare i conti con una discreta e quasi invisibile intrusione che è avvenuta altrettanto recentemente. Sfido che per dormire mi debba imbottire di calmanti. E pensare che la prima, stupida, cosa a farmi uscire dalle righe era stato il messaggio in segreteria di Mike.


I pochi giorni di lavoro che mi separano dal fine settimana scorrono tranquilli, non dandomi troppi pensieri: esco di casa più presto del solito, prendo la posta a un orario differente, e ancora non ho avuto il piacere di rivedere Cedric. Mi sembrano esiti fin troppo fortunati, ma non mi conviene mostrarmi ingrata con la Sorte, quindi mi godo questi pochi giorni di pace. Ho depositato in centrale la mia versione della storia di Dickens, in quanto sono stata la prima a rinvenire il suo cadavere, per il poco che sono riuscita a dire agli agenti.

- Conosceva quell’uomo?

- No.

- Cosa ha richiamato la sua attenzione?

- Un rumore orrendo, una specie di “crack”. Seguito da un urlo. Ma quando sono arrivata… lui era solo. Già morto. Non so dirvi altro.

Tutte quelle facce attente, così prese dal loro importante lavoro, non sono neanche capace di confortarmi: i miei occhi esprimono ancora tutto il mio orrore. Vorrei quasi fare io le domande. Ma resto zitta, consapevole che loro non mi diranno nulla di quanto non sappia già io stessa. Ma forse sarà la televisione stessa ad informarmi del resto. Devo ammettere, però, di avere già i miei sospetti. E, sebbene a qualsiasi altra persona che renderei partecipe mi prenderebbe per pazza, so che voi forse avete intuito a cosa mi riferisco.


Una nuova nuvola, piccola, insignificante, si avvicina. Ma nella burrasca una nube in più o una in meno non fa differenza, non trovate?

Mentre sto al computer,Stacy entra nell’ufficio: la sua vocetta sgradevole la precede, e mi si rizzano i peli sulla nuca. Il collegamento mentale è istintivo: Stacy, week-end imminente, promessa di un uscita.

Mi fingo molto presa dal semplicissimo lavoro che sto facendo, ma la giovane bionda, camminando impeccabilmente sui suoi tacchi da dodici, arriva senza esitazione alle mie spalle.

- Bella! – trilla.

Mi giro verso di lei con un falso sorriso: - Oh, ciao, Stacy.

- Oggi sono venuta solo per portare questo a mio zio! – annuncia lei, mentre mi sventola davanti al viso un sacchettino di carta, che probabilmente contiene qualche panino o toast fatto in casa.

Sto per tirare un sospiro di sollievo, prima di evitarlo, e annuire invece. Non ho alcuna voglia di passare una serata con una ragazzina così superficiale ad un pub o locale per giovani che sono così lontani con la mia visione del mondo, ancora più grigia dei miei coetanei.

Ma lei insiste, insiste, con i suoi grandi occhi azzurri, così infantilmente ingenui, e io, più al timore delle ripercussioni da parte di Fred, che per reale commozione, non riesco a trovare una scusa valida per venir meno alla promessa che avevo fatto senza neanche rendermene conto. Una serata del genere che avevo sempre evitato come la peste non è niente di fronte al mare di problemi che mi investono.


Camicia bianca, pantaloni neri, scarpe alte, pochi accessori, trucco lieve. Niente di eccessivo, o fuori luogo, mi auguro. Questa serata dovrebbe essere sinonimo di solo una cosa: distrazione. Forse non la vivrò davvero con questo spirito, ma almeno la buona volontà c’è.

Stacy si è ostinata per venire a prendermi sotto casa, e suona il clacson con la stessa leggiadria dello zio, riuscendo addirittura a renderlo ben distinto in una città piena di rumori come New York. Sospiro ed esco di casa. Questa volta ho controllato che tutto fosse chiuso al cento per cento, dalle finestre, al balcone, fino alla porta, con cinque mandate, tutto è stato controllato quasi con maniacalità. Ma la sicurezza che queste piccole attenzioni mi hanno dato si sbriciola quando, uscita dall’appartamento, trovo Cedric che sale le scale. Il cuore quasi mi si ferma. Poi inizia a battere forte forte, soprattutto quando vedo che non è solo. Una bella ragazza, più giovane di lui, dovrà avere massimo venticinque anni, è al suo fianco: capelli biondo scuro, occhi chiari, viso gradevole. Si guardano ridendo. Quando lui incrocia il mio sguardo per un attimo si gela. Poi fa per sorridermi, ma io non ricambio: sono troppo stupita per farlo, non è alcun dispetto. Allora lui e lei terminano di salire le scale, per un attimo si trovano davanti a me, mi passano davanti e infine mi danno le spalle senza degnarmi di altri sguardi. Mi hanno praticamente ignorata. Avverto un misto di indignazione, dolore e sollievo. Poi salgo le scale, pestando i tacchi con forza sui gradini.


Stacy è il mio esatto opposto: top senza spalline, gonna cortissima, sandali con zeppa. I suoi capelli color platino sono lasciati un po’ a caso, come la criniera di un leone. Nel complesso però dovrebbe risultare molto sexy e trasgressiva. Mi fa segno di salire nella macchina.

- Belle scarpe! – esclama, sbirciandomi i piedi.

- Grazie. Anche le tue. – rispondo automaticamente, con un piccolo sorriso. Ho ancora la scena di poco prima stampata in faccia. Non so perché mi abbia tanto stupefatto, soprattutto perché in questo periodo sto vedendo cose peggiori, ma forse è, più che la dolce compagnia, l’atteggiamento così freddo e superbo di Cedric ad avermi … Delusa.

Stacy mi porta nel suo locale preferito, una sorta di disco-pub stracolmo di gente, nella maggior parte dei casi con dieci anni in meno di me, ma che vanta gente molto più vecchia della sottoscritta.

- Sai Bella, non so come tu riesca ad essere così carina anche vestita come una vecchia. – esordisce allegramente Stacy, uscendo dalla macchina. La guardo con tanto d’occhi, offesa nella mia neo-femminilità: cosa c’era che non andava nel mio abbigliamento? Avevo impiegato tanti anni a ricostruirmi, a cercare di sbarazzarmi della mia goffaggine e diventare una donna nuova, diversa dalla Bella sempre in jeans e magliette sformate o dai colori spenti, per sentirmi ancora criticare perché sono “scialba”?

- Senza offesa, ma ci vorrebbe più pepe, capisci? – continua lei, e agita le spalle per rendere meglio l’idea, rendendo, senza accorgersene, la sua scollatura ancora più profonda. All’improvviso il suo commento perde valore ed offensività. Entriamo nel locale dopo una breve fila. Non smetto un attimo di maledire me stessa, profondamente a disagio, per essermi ficcata in questa situazione. E’ proprio vero, quando una cosa va male, le altre fanno altrettanto. La musica a palla mi disturba, quindi finisco subito col sedermi dove servono i drink ed ordinarne qualcuno: non ho intenzione di sbronzarmi, ci mancherebbe, soprattutto perché so che al ritorno mi toccherà fare da autista a Stacy, ma ho bisogno di tenermi impegnata, o almeno, apparire tale. Lei non sembra far troppo caso al mio allontanamento, e inizia a scatenarsi in pista. Non invidio la sua disinvoltura, anche se in certi momento vorrei avere la sua stessa spensieratezza. Vorrei sentirmi giovane come non mi è mai capitato in vita mia, e ballare, anziché sorseggiare un alcolico come se stessi premeditando il mio suicidio.

- Signorina, non balla? – mi chiede una voce gentile. Alzo gli occhi dal bicchiere per incontrare quelli scuri di un giovane uomo. E’ molto, molto bello, al punto che anche una come me riesce a rendersene conto. E sorride in maniera così gentile che…

- Sì.

Non riesco neanche io stessa a credere alle mie orecchie. Forse quel goccio di alcool sta iniziando a fare i suoi effetti. O forse sono rimasta profondamente rapita dalla bellezza di quell’uomo da essere così avventatamente audace. E per una donna che in gioventù ebbe a che fare con le creature più affascinanti di questo mondo, i vampiri, questo giudizio è molto meritato. Comunque sia, lui sorride affabile, compiaciuto, e mi aiuta ad alzarmi dallo sgabello girevole verde flou, per portarmi in un angolo meno affollato della pista, come leggendo i miei desideri. Balla molto bene, e io mi sento una sciocca, perché più che muovere la testa ed ondeggiare non riesco a fare altro. Sono fuori dal mio elemento. Gli unici momento che mi sono rimasti per sentirmi davvero completa sono quelli in cui mi trovo dietro l’obiettivo fotografico, o in compagnia di mia sorella. E questa non è nessuna delle due situazioni. – Noto in te un certo disagio. – osserva lui, garbatamente. Alzo le spalle, ammettendo che ha visto giusto.

- Preferisci uscire un attimo fuori?

Scuoto quasi immediatamente la testa; anche se la tentazione di uscire da quel posto è molto forte, non sono così ingenua da farlo con un perfetto sconosciuto. Di cui mi rendo appena conto di non conoscere neanche il nome. E la cosa più assurda è che neanche lui abbia chiesto il mio.

L’uomo indica con un cenno del capo il posto su cui ero stata seduta poco prima, e mi strizza l’occhio.

- Magari bere in compagnia renderà il suo bel viso meno triste.

Non arrossisco, come temevo, anzi, faccio un debole sorriso, e quasi automaticamente ubbidisco. Ordiniamo da bere. Prendo un paio di Bloody Mary. Lui sorseggia tranquillo il suo alcolico.

- Vedo che c’è qualcosa che la turba. – osserva lui, dopo qualche minuto.

Sospiro. – Più di qualcosa.

Prendo un altro sorso, e poi inspiro, sentendomi la testa più leggera, anche se meno lucida. Sto per fare una cosa che non avrei mai immaginato fossi capace: parlare della mia vita a un perfetto sconosciuto.

- Qualche tempo fa’ ho incontrato il mio ex ragazzo. L’unico di cui fossi davvero innamorata. E scopro che sta con un’altra ragazza. Una… più vicina al suo modo di essere. Più giovane di me, più bella… Il problema è che il tutto è saltato fuori dopo che lui mi ha baciata. Beh, io ho ricambiato, certo, ma per un attimo mi ero sentita rinascere. Non ho una vita poi così soddisfacente, al contrario di quanto credono molte delle mie vecchie conoscenze. Avevo anche conosciuto un ragazzo, beh, un mio coetaneo… - mi fermo un attimo per bere un po’ – che mi sembrava dolce e disponibile. Stava per nascere qualcosa, ma poi lui è tornato sui suoi passi. E proprio stasera lo vedo con un’altra. E mi ha ignorata in una maniera assurda, come se fossi stata trasparente.

Mi passo una mano tra i capelli. – Oh, e quasi dimenticavo, l’altro giorno ho trovato un uomo morto per strada.

Cala il silenzio. In un primo momento leggo nel suo sguardo freddezza, poi una partecipazione sincera. – Capisco… Mi dispiace molto.

Non rispondo altro, perché non saprei cosa dire, e ci limitiamo a bere ancora. Stacy continua la sua danza scatenata, riesco a vederla da qui.

- Puoi darmi del tu. – dico, a un certo punto, spezzando quell’innaturale silenzio. – E mi chiamo Bella.

Forse, tutto sommato, non c’è solo gente scortese e lunatica.

- Justin. – mi prende la mano e se la porta alle labbra. Avverto un certo gelo. – E, tranquilla, so chi sei.

Lo guardo perplessa. Lui mi fissa negli occhi, e le mie gambe si muovono da sole, senza che io voglia. In quel momento, in realtà, non desidero niente, sono come annullata, quando, come un automa, lo seguo fuori dal locale, e, accolta da una leggera brezza serale, o forse oramai notturna, mi ritrovo sul marciapiede che delimita la disco-pub.

Solo a quel punto mi sento riprendere il controllo del mio corpo. Justin sorride. Alla luce dei lampioni e non più quelle saltellanti del locale, vedo bene i suoi occhi. Porta le lenti a contatto. Il castano è troppo ambrato-rossastro, innaturale. So che sotto sono rossi, me lo sento.

- Stai attenta, Bella Swan. – mi minaccia, lo stesso tono affabile che ha usato finora ora è accompagnato da un sorriso crudele. Inizio a tremare leggermente: mi sto già preparando alla morte. Aspetto da un momento all’altro che mi addenti e succhi il mio sangue finché sarà sazio, e poi si sbarazzi del mio cadavere. Chi sentirà la mia mancanza? Mia madre, Charlie, Grace, forse Phil. Chi altro?

Ma il fatidico momento non giunge. Con gli occhi chiusi, non avverto alcun morso.

- Questa era solo per dimostrarti, Isabella, che ti abbiamo in pugno. Potremmo essere chiunque. Chiunque, anche un tizio qualsiasi che ti invita a bere. Non sappiamo sempre chi sei e cosa fai.

Mi torce il polso, ma lo fa molto delicatamente, per i suoi standard, perché mi resta semplicemente un livido dove le sue dita gelide mi hanno stretto. Ora riesco a capire perché prima non avevo il controllo del mio corpo: ipnosi, o qualcosa del genere. Ora ho l’ennesima conferma sulla sua identità. O almeno sulla sua natura.

Oscuri mi sono i motivi che lo spingono. Ma forse è solo perché ho la testa troppo annebbiata in questo momento, dal suo potere e della mia stessa paura. Mi sento come un animale in trappola. Non mi dice altro, in un attimo saetta via, lontano. Cosa diamine ci faceva un vampiro in una città come New York, dove rischiava perennemente di essere beccato? E’ una mossa troppo rischiosa e stupida per provenire dai Volturi, ne sono sicura. Soprattutto ora che i miei rapporti con i Cullen sono troncati da anni. Ma allora… Cosa può essere?


Procedo verso la macchina, ancora tremante, e faccio per aprirla. Mi sento una stupida, rendendomi conto che le chiavi ovviamente non ce l’ho io, ma Stacy. Sospiro e rientro nel pub: vengo investita nuovamente dalle luci ballerine e la fastidiosa musica a volume altissimo. Diamine, come può la gente trovare divertenti posti del genere? Non ci vuole molto ad individuarla. Si sta dando alla pazza gioia. La prendo per un braccio.

- Stacy… Stacy… Stacy! Ti dispiace se ce ne andiamo? Non mi sento bene, dovrei tornare a casa. Ora.

Lei capisce forse la metà di quello che voglio dirle, a causa dell’alto volume e del poco interesse. Ma quel poco le basta.

- Noooo, dai, Bella, per favore, siamo appena venute, non iniziare già a rompere! – grida, senza smettere di ballare.

Mi passo una mano sul viso. – Stacy, per favore. Per favore.

Sono un po’ brilla, me ne rendo conto solo ora, e se lei sta piagnucolando, io non sono da meno. Non desidero altro che andarmene da questo posto e tornare a casa. Anche se in realtà non mi sento più al sicuro nemmeno là. Ad essere sincera, ora non mi sento al sicuro da nessuna parte. Finisco con lo sbraitarle contro, altra cosa che avevo fatto raramente in vita mia. Non so come, ma alla fine riesco a spuntarla. Brontolando, Stacy mi segue fino all’auto. La cosa curiosa è che la più sobria delle due è lei (inizia a bere sempre un paio d’ore dopo, visto che torna a casa a notte inoltrata, a sua detta), quindi mi ritrovo al sedile del passeggero. Durante il viaggio parlo da sola, apparentemente non accorgendosi del mio silenzio.

- Dovremmo rifarlo, qualche volta.- è la sua frase di uscita, quando si ferma davanti al mio condominio.

- Non troppo presto. – sospiro, e una volta biascicato un saluto chiudo la portiera alle mie spalle e a passo veloce raggiungo il mio portone.

Anche stasera per dormire avrò bisogno di aiuto.


Al mio risveglio mi rendo conto che, tornata, non mi ero accertata che tutto fosse come l’avevo lasciato. Gironzolando per casa, l’appuro. La cosa non mi da la serenità che agogno. Ma, mentre faccio colazione, il pensiero di raggiungere mia madre a Jacksonville mi da un po’ di conforto. Per un primo momento… E se, così facendo, mettessi tutti loro in pericolo? Se quello che aveva detto ieri sera il vampiro fosse vero? E a quel punto che prendo la decisione più sconvolgente del mondo: devo parlare con qualcuno che potrebbe aiutarmi, e di conseguenza aiutare tutti i miei cari. Devo accettare l’invito di Alice a parlare. Devo andare a Forks, per la rimpatriata degli ex studenti.


CONTINUA…


Angolo autrice :

Ciao bella gente :) Eccomi con questo nuovo capitolo, che ha dovuto patire un problema dietro l'altro per venire alla luce, che non sto qui a spiegarvi, per quanto mi piaccia lamentarmi ci vorrebbe troppo. Spero che vi sia piaciuto, conto sempre di ricevere il vostro parere. Questa volta non ho molto da aggiungere, oltre ai soliti ringraziamenti per chi ha recensito (CarlieS, Stoppola, Ste87, Stella Cullen), e a chiunque stia seguendo ancora questa strana storia. Non posso fare nessuno spoiler, quindi... Alla prossima! u.u


Lakrimosa/Sara

  
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