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Autore: pleinelune    28/06/2012    4 recensioni
Abbassai lo sguardo sulla lettera, leggermente stropicciata, che tenevo in mano da troppi minuti. Il gelo, intanto, annunciava l’arrivo della stagione del vento freddo, della pioggia e della neve, ed io mi accingevo ad accompagnarlo, fredda e svuotata di ogni sentimento.
Tutto era ormai racchiuso in quella busta spiegazzata.
Il mio corpo, di fronte alla cassetta rosso cremisi delle lettere, -mezza arrugginita e rovinata dal tempo e dalla goliardia dei giovani-, era fermo, come un ordigno inesploso.
Pronto a scoppiare quando meno ci si aspetta.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Angeli sbagliati - ALL IN'
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17 - UCCIDI MA NON VUOI MORIRE

   

Erano passate due settimane dall'ultima volta che io e Guglielmo avevamo avuto una conversazione composta da più di due frasi messe insieme. Due settimane nelle quali mi ero nuovamente fatta in quattro per riportare tutto a una parvenza di normalità, inutilmente. Progressi non ce n'erano stati e quei piccoli passettini che facevamo ogni tanto in avanti non sembravano mai troppo positivi e duraturi. Era un continuo tira e molla immaginario, nel quale io facevo la parte di quella che si beava di quei piccoli momenti che decideva di dedicarmi e che soffriva come un cane quando lo vedevo dirigersi verso Azzurra anzichè verso di me. 
Sì, perchè Azzurra in quella situazione sembrava l'unica ad averci guadagnato qualcosa. La vedevo, ogni tanto, svolazzare al suo capezzale a chiedergli cose che prima non si sarebbe mai nemmeno sognata di domandargli. Non erano uguali e nemmeno simili, se proprio volevamo essere sinceri, quel loro avvicinamento sembrava però infastidire solo me. 
Ed Edoardo, che grugniva ogni volta che, voltandosi con la sedia verso il mio banco di scuola, mi sorprendeva intenta a carpire le loro conversazioni e a leggere il loro labiale. 
La cosa che più mi mandava in bestia era il completo disinteresse di Azzurra, che fino a quel momento si era ritenuta mia amica, nei confronti della mia delicata situazione con Guglielmo. Non aveva accennato nemmeno una volta a buttare una buona parola su di me durante quelle conversazioni che facevano. 
I primi tempi avevo provato a chiederle aiuto, considerandola ancora una amica piuttosto sincera. 
"Credi che sia giusto? Non saresti in questa situazione se non avessi fatto quello che invece hai fatto!", si era limitata a rispondere, mentre davanti allo specchio improvvisato nel bagno delle ragazze era intenta ad aggiustarsi i lunghi boccoli biondi.
"Zu, non fare così. Sai che ero confusa e che lo sono tuttora!", avevo aggiunto io, mettendomi le mani nei capelli. Come poteva la gente non capire che lo avevo fatto per lui? Per non prenderlo in giro? 
"Non mi riferisco al rifiuto. Cristo santo, è il suo migliore amico!", aveva concluso uscendo dal bagno.
Nonostante il fatto che credesse che io ed Edo avessimo una sorta di relazione non ne aveva ancora fatto parola con nessuno, preferendo lanciarmi frecciatine che avremmo capito solo io e lei, ed Edoardo. Aurora, così come Filippo e il resto del gruppo non sospettavano nulla, e nonostante odiassi mentire preferivo così, era già piuttosto difficile mentire in faccia ad Azzurra così sfacciatamente. 
"Ragazzi avvicinatevi", in fondo all'atrio in cui eravamo malamente ammassati, la voce della preside risuonava cristallina. 
"Non fatevelo ripetere!", l'avvertimento tuonò imperioso in ogni angolo dell'immensa sala. Erano le sette e mezza del mattino e anche a volerlo nessuno di noi sarebbe riuscito ad essere più veloce e sveglio a quell'ora. Cercammo comunque di spingerci verso la vecchia signora con lo sguardo arcigno. Una donna oltre i sessantacinque anni, i capelli grigi e una postura tutt'altro che retta.
Quel giorno sembrava particolarmente curata, in un tailleur grigio topo e la chioma raccolta, dalla quale per la prima volta non vedevamo ricadere qualche ciocca ribelle. 
"Ragazzi," cominciò, lasciando scorrere lo sguardo sui volti di ogni alunno. Quella mattina entravamo tutti allo stesso orario e, nonostante fosse una scuola relativamente piccola, quella donna si trovava davanti, in quel momento, più di quattrocento ragazzi, tutti ugualmente annoiati e indifferenti alla situazione. 
"Oggi ci faranno visita i bambini delle elementari, abbiamo quindi deciso di dividervi in gruppi e di suddividere l'intera scuola in aree.", un brusio cominciò ad alzarsi dal gruppo di ragazzi addormentati, teste bionde, more e rosse in un frenetico destra-sinistra infinito. Io rimasi ferma. 
Non era la prima volta che la scuola decideva di tenere quelle piccole festicciole, in cui i bambini più piccoli giocavano e noi, adulti per un giorno, ci occupavamo di tenerli a bada. Ci avrebbero diviso per classi e mi sarei trovata con le ragazze in un angolo di qualche sala, seduta a guardare dei bambini scalmanati. 
"Ora vi divideremo in gruppi di tre classi. Per cortesia, cercate di creare meno confusione possibile.". Avevo già visto Edo, da un lato del corridoio, seduto su un portaombrelli.
L'avevo guardato finchè mi era stato possibile, finchè il corpo di uno di 3°C non mi aveva precluso la vista. Teneva come al solito la sigaretta dietro l'orecchio e parlava con un ragazzo più grande, con una quantità di tatuaggi indefinita. 
Con la confusione avevo perso di vista gran parte dei miei compagni di classe, tranne Aurora, avvinghiata al mio braccio, e Guglielmo, a pochi metri da me, accanto ad Azzurra. 
"3°B, 4°F e 5°D con il professor Cardoli", allungai il collo in cerca del professore e, stringendo il braccio di Aurora, la trascinai con me attraverso la folla. 
Una cinquantina di alunni un po' più svegli di poco prima si trovava ora al primo piano, nella sala con la madonnina di ceramica. 
"Cercate di non romperla, ragazzi", esclamò amichevolmente il professore.
"Oddio siamo con il 5°", sentii distintamente la voce di Azzurra, a pochi passi da me, ora stranamente lontana da Guglielmo. 
"Son del nostro stesso piano, è normale che siano con noi", sospirai, Azzurra scovava le ovvietà con estrema audacia. 
"Ma come.. non ti sei accorta che non hanno mai fatto in questo modo i gruppi?" 
"Probabilmente è solo un modo per non parlare a quattrocento persone insieme", risposi secca, distogliendo lo sguardo. 
"Beh io spero che mi mettano in gruppo con lui".
Un metro e ottanta, capelli castani abbastanza lunghi da poterci passare le dita attraverso e un sorriso che avrebbe steso anche una suora. Il signor Emiliano Petrucci, indicato dall'ossuto indice di Azzurra, era appoggiato in modo apparentemente comodo al muro. Un modello nel tempo libero, a scuola era amato dalle ragazze e detestato dalla maggior parte dei ragazzi per la sua capacità di elargire sorrisi mozzafiato a tutte, senza interessarsi realmente a nessuna. Il tipico bello e irraggiungibile, insomma. E grande oltretutto; punto sicuramente a suo favore. 
"È così bello", sospirò Aurora con sguardo trasognato.
“Smettetela di sognare, saremo sicuramente divisi per classi”, biascicai, guardando distrattamente il profilo del ragazzo. Detestavo doverlo ammettere, ma era davvero un bel ragazzo.
“È stato con una sola ragazza di questa scuola!”, sembrava una continua sfida per Azzurra, quella storia. Il fatto che non si fosse passato tutte le ragazze che gli rivolgevano lo sguardo la lasciava esterrefatta, evidentemente.
“Noi non avremmo speranza”
“Oddio, smettila Ro, ti prego!”, esclamai. Piangere dietro a un ragazzo, anche se molto bello, non era di certo gratificante, “io non credo che non avresti possibilità”.
“Non sono di certo io quella a cui sta sorridendo ora”, mi voltai, notando lo sguardo del ragazzo puntato su di me.
“Sorride sempre a tutte, lo hai detto poco fa”, sussurrai, abbassando lo sguardo.
Ci mancava solo Emiliano Petrucci.
“Scommettiamo che riesco a conquistarlo?”, propose d’un tratto Azzurra, una mano appoggiata al fianco e l’espressione convinta sul volto.
Se riesci a portartelo a letto, insomma.
“Zu, sei fidanzata”
“Tu non ci riusciresti.. a portartelo a letto.”, ignorò bellamente le mie parole, continuando a guardarlo e a sorridergli.
“Non ho intenzione di scommettere su un ragazzo”, replicai, stizzita.
“Perché? Tu a differenza mia sei single, no?”
Mi si gelò il sangue nelle vene, il suo sguardo era gelido, privo di emozioni. Mi guardava, e ogni centimetro della mia pelle si sentiva scrutato, studiato, giudicato.
“Infatti. Ma non è il mio tipo”
“Smettila. Scommettiamo.”, concluse Azzurra, facendosi poi largo tra i ragazzi per raggiungere Guglielmo. L’ennesimo smacco.
"Ragazzi fate silenzio per cortesia.", il professore si schiarì la voce, aspettando che tutti smettessero di farfugliarsi frasi a vicenda, poi riprese a parlare: "Bene, ora che posso parlare vi spiego la situazione. Nella giornata di oggi si terranno i giochi invernali del circolo "Seguici", a cui abbiamo aderito a inizio anno. I giochi di oggi vi verranno spiegati quando avremo formato i gruppi, per ora mi limiterò a informarvi riguardo l'organizzazione dell'evento. 
La preside e il consiglio degli insegnanti sono stati d'accordo nel confermare che questa giornata è per voi una sorta di prova. Avrete l'opportunità e il dovere, per la prima volta, di conoscere e confrontarvi con compagni di scuola all'infuori della vostra cerchia di amici abituali. Verrete divisi in gruppi di cinque tra ragazzi e ragazze scelti a sorte dalle varie classi, e passerete l'intera giornata insieme.", concluse il discorso, fin troppo lungo anche per lui, nel caos generale.
Ragazzi ad ogni lato della stanza sbraitavano, sbuffavano e esclamavano frasi di disappunto, dispiaciuti di doversi staccare dai propri amici e annoiati dalla giornata prospettata. 
Il professor Cardoli, nonostante la confusione, cominciò a declamare i nomi dei ragazzi e a suddividerli in vari gruppi. Io, rassegnata, attesi che sopraggiungesse il mio nome e mi defilai, portandomi dietro i miei quattro nuovi amici. 
Dafne, la nostra compagnia di classe più strana, sembrava aver avuto una buona sorte per una volt, poiché, nonostante i piagnucolii di Azzurra e Aurora, non c'era stato modo di spostarla da quel gruppo, in cui svettava, arruffata e bruna, la chioma del bel Emiliano. 
A me era capitato l'amico, niente a che vedere con lui naturalmente. Capelli biondi e pelle chiarissima, lentiggini ovunque e lo sguardo sempre basso. Scoprii pochi minuti più tardi che si chiamava Niccolò.
"Voi sarete destinati al canestro della palestra grande", esclamò il professore rivolto verso di noi, poi si avvicinò, distribuendo bigliettini da appendere al collo a tutti quanti.  "Questi serviranno per riconoscervi tra i bambini, portateli al collo per favore", lo raggomitolai e me lo infilai in tasca.  "Bene, andiamo in palestra allora", farfugliai, seguita dal resto del piccolo gruppo e lasciando lì i miei amici, ed Edoardo.

***

Uno, due, tre.. due. 
"Due canestri per..?"
"Martina", la voce squillante e inacidita della bambina che mi trovavo di fronte mi diede un'ulteriore conferma del perché non mi piacessero quelle feste. 
Oltretutto aveva fatto solo due canestri su dieci, una media piuttosto scarsa.  Giunti in palestra il gruppetto già scarno era stato ulteriormente sezionato, e mi ero rotrovata davanti ad un canestro con affianco un ragazzino rachitico che dimostrava la metà dei miei anni benchè ne avesse di più, Niccolò. 
Ci avevano detto che sarebbero arrivati gruppi di dieci, undici bambini dai sei ai dieci anni, e che noi avremmo dovuto segnare il loro gruppo di appartenenza e la somma dei canestri che riuscivano a compiere. Una cosa piuttosto noiosa e antipatica, data l'acidità inaudita di quei bambini.  Poco dopo l'inizio dei giochi, con mia grande sorpresa, vidi entrare dalle porte anti-incendio il gruppo in cui era stato inserito Edoardo e arrossii quando, voltandosi verso di me, mi fece l'occhiolino. 
Lo seguii con lo sguardo posizionarsi con un ragazzo di quarto al secondo canestro della palestra e continuai a guardarlo di sfuggita anche dopo. 
Mi affascinava il modo in cui trattava i bambini, sembrava portato per accudirli, e non mostrava segni di noia, impazienza, rabbia. Cosa che invece gli altri, me compresa, facevano.
"Perla?"
"Perla!" "Cosa?" "Ma ci vedi? Segna tre canestri a Carlotta!", Niccolò mi sorprese incantata a guardare dal lato opposto della palestra.
"Si li stavo segnando.", mi affrettai a scrivere un tre sul taccuino improvvisato e sorrisi a Niccolò, che ricominciò a contare canestri. 
"Tu sei della C, vero?", esclamò d'un tratto, abbassando lo sguardo dal canestro al mio viso e costringendomi a distoglierlo per l'ennesima volta da Edoardo. 
"Sì, perchè?"
"Sei famosa dalle mie parti", rimasi interdetta, non volendo realmente conoscere il motivo per cui ero conosciuta tra quelli dell'ultimo anno, ma lo vidi abbassare lo sguardo quasi imbarazzato per aver detto qualcosa di troppo e decisi di assecondarlo, nonostante secondo i miei canoni una ragazza famosa sicuramente non lo era per la sua condotta. Ma io non avevo nulla di cui preoccuparmi.  "Perché son famosa?", sorrisi, cercando di apparire una volta tanto socievole. 
Mi guardò per qualche istante, quasi per soppesare le parole giuste da usare. 
"Sei diversa..", cominciò, quasi più impacciato di prima. Tirai un sospiro di sollievo, almeno nessuno aveva fatto circolare voci sbagliate su di me. 
"Diciamo che sei strana", anche quello era vero, "Emiliano pensa che tu sia più matura delle ragazze della tua età. Anche come ti vesti, il fatto che non pensi solo al prossimo ragazzo da conquistare, oppure il fatto che non indossi delle ballerine ma delle Dr. Martens. Tutto questo.. ti rende diversa, speciale. E poi Stefano non riesce a capire come mai non ci hai ancora provato nè con lui nè con Emiliano. Sei una specie di aliena."
Mi piaceva ciò che aveva detto, mi piaceva esser diversa, distinguermi dal resto della gente senza esagerare, seguendo un mio stile personale. Non risposi, ma gli sorrisi, annuendo leggermente. 
"Credevamo fossi almeno antipatica, o speravamo te la tirassi. Ma oggi dovrò annunciare che sei anche simpatica", era riuscito ad aprirsi e ne fui felice. 
“A me piace il fatto che conosci le Dr. Martens. È un punto a tuo favore”, sorrisi, facendogli l’occhiolino.
"Come fai a sorridere a questi bambini lo sai solo tu", aggiunse poco dopo, sorridendo. 
Io che sorridevo ai bambini?  

***

"La smetti di parlare con quel moccioso?", sentii la sua voce attaccata all'orecchio, prima che mi prendesse per un braccio e mi trascinasse al piano di sotto, dove le classi erano deserte. 
"Che fai? Devo andare a portare i risultati nell'atrio", farfugliai senza fiato, mi stava letteralmente trascinando ad una velocità inaudita.
"Anche io, ma c'è tempo!"
"Dove mi porti?", ero ormai costretta a seguirlo, e non cercai neanche di opporre resistenza.
"Ma di che moccioso parli? Sai siamo circondati oggi", raggiungemmo una classe non troppo lontana dalle scale e ci infilammo all'interno, guardinghi. 
"Quel biondino con cui parli", sorrise sulle mie labbra prima di darmi un buffetto. 
"Sei geloso?", lo stuzzicai, picchiettandogli un dito sul petto. 
"Non essere sciocca", rispose, continuando a baciarmi subito dopo. Sì, era geloso, e me lo dimostrava ogni suo bacio, ogni suo morso leggero sulle labbra, me lo dimostrava la mano che lentamente si insinuava nella mia e la stringeva, portandosela sul petto, all'altezza del cuore e stringendo quel tutt'uno in mezzo a noi, ad unirci in un cuore solo, in un corpo solo, in una danza sinuosa e proibita. 
Sentii la mano libera scendere lungo l'orlo dei miei jeans e alzarmi la maglietta, facendomi un lieve solletico all'altezza dei fianchi
"No", biascicai più volte nei baci prolungati che si concedeva. Aveva voglia di me, ma il tempo non c'era e la situazione non era delle migliori. Sentii le sue dita raggiungere l'addome e intervenni, spostandogliele con la mano libera, prima che la situazione degenerasse. 
"Non ora", sussurrai staccandomi dalle sue labbra.
"E quando?", a volte sembrava un bambino viziato, incapace di ricevere un no come risposta.
"Ci vediamo dopo scuola?"
"Sì", sospirò, poi sciolse le mani, ancora intrecciate tra di noi, e si allontanò. 
Il rischio, era quello che ci eccitava. Era solo quello? Non sapevo dirlo, ma sicuramente il segreto, correre il pericolo che ci scoprissero, rubare momenti e baci. Era quello che ci spingeva a continuare a volerci. 
Probabilmente come coppietta saremmo durati poco. 
Lo guardai uscire dalla classe con disinvoltura e per un attimo mi assalì un dubbio atroce. E se non fossi stata l'unica ragazza 'segreta'? Mi aveva detto che stava insieme a me, ma non avevamo mai approfondito il discorso. 
Conoscendo la mia gelosia probabilmente se avesse avuto qualcuno oltre a me avrebbe fatto in modo di tenerlo segreto. Come faceva con me tutto il tempo, insomma. 
Mi guardai la mano, che fino a pochi istanti prima era stata un tutt'uno con la sua, una continuazione del suo corpo. Quel genere di cose non si fanno con chiunque. 
Uscii dalla classe con i fogli dei risultati stretti al petto, unici testimoni. 
Era così sbagliato quello che eravamo? Soprattutto, se avessimo parlato avrebbero capito? Poi il viso di Guglielmo mi si materializzò nella mente, seguito dalla regola degli ex di Aurora e alle parole di Azzurra.
No, non avrebbero capito.

***

"Ma dov'eri finita?", la voce di Niccolò era più chiara e alta da quando avevamo preso più confidenza, e mi stupivo sempre di quanto la gente potesse cambiare una volta superato l'imbarazzo iniziale. 
"Mi accompagni a portare i fogli? Una mia amica mi ha placcato in corridoio", mi affrettai a inventarmi una scusa, condendola col migliore dei miei sorrisi.
“Certo”, mi guardò preoccupato, come se sapesse che io e le bugie non andavamo di pari passo.
Strano Perla, stai diventando così esperta di bugie.
Mi avvicinai giusto quanto bastava per prendere il suo braccio e passarlo attorno al mio e, prima di uscire dalle porte anti-incendio della palestra, rivolsi uno sguardo al canestro opposto al mio. A lui.
Era lì, fermo a fissarmi, mentre una palla da basket gli ruzzolava davanti, senza che facesse il minimo cenno per raccoglierla. Gli sorrisi e mi rigirai, tornando a parlare con quel ragazzo impacciato.
“Ma chi è Stefano?”, domandai d’un tratto. Lo aveva menzionato poco prima, durante il discorso che era riuscito a mettere insieme, superando la timidezza, ma proprio non riuscivo a dare un volto a quel nome.
“Com.. cosa? Tu sei davvero strana. Aspetta, aspetta, che te lo presento”, strinse un po’ più forte la presa al mio braccio, quasi a voler dimostrare a questo Stefano che non era poi quel ragazzo timido e impacciato che tutti credevano che fosse, e mi condusse, attraverso i corridoi, alla palestra più piccola, quella di ‘riserva’. Anche lì gruppi di bambini di tutte le età giocavano a lanciare palle da basket al canestro, a prendere il più velocemente possibile una coda di puzzola finta e a fare i giochi più strani.
Mi fece un sorriso e mi tirò per il braccio, portandomi davanti a un baldacchino con dei pezzetti di legno sopra. Ero intenta a capire il senso di quel giochino quando sentii la sua voce, flebile e insicura.
“Ste”, alzai lo sguardo su un ragazzo alto, snello e prestante.
Ero davvero strana, per non averlo mai notato.
Niente a che vedere con Emiliano, e nemmeno con Niccolò, avvinghiato al mio braccio, possessivo. Aveva i capelli castani, come l’amico, ma aveva quel qualcosa che ti faceva desiderare di stargli un po’ più vicino, di sentirlo parlare, di ascoltare quello che aveva da dire. Sembrava proprio un ragazzo che aveva qualcosa da dire, che aveva vissuto esperienze importanti.
Udì a malapena il richiamo di Niccolò, ma alzò lo sguardo, credendo probabilmente che fosse qualche bambino.
“Nichy..”, biascicò. La voce calda e bassa.
“Si, ecco.. lei.. lei è Perla”, balbettò Niccolò, spingendomi in avanti.
Sorrisi a quel viso disteso e consapevole del proprio sex-appeal, e tesi la mano.
“Piacere Perla.”, mi strinse la mano, grande il doppio della mia.
“Tu sei..”, avevo dimenticato il nome. Diventai paonazza, e vidi il suo volto farsi meno convinto mentre lo pronunciava.
“Stefano, piacere.”, sembrava avesse perso interesse nei miei confronti. Potevo aver scalfito la sua autostima con due semplici parole?
“Ah sì, scusami, dimentico sempre tutto”,cercai di giustificarmi, posandogli una mano sul braccio e sorridendo timidamente.
“Capita”, aveva riacquistato parte di quell’orgoglio che avevo crepato qualche istante prima e rimase in silenzio, fissandomi insistentemente.
“Beh, noi dobbiamo andare”
“Di già?”
“Sì, dobbiamo consegnare i fogli dei risultati”
“Non sprecate tempo, abbiamo vinto sicuramente noi”, sorrise, sarcastico.
“Con questo?”, indicai il baldacchino davanti a noi.
“Esattamente. Un gioco studiato nei minimi dettagli.”, sospirò sorridendo.
Presi nuovamente sotto braccio Niccolò che, dal canto suo, ricevette un’occhiataccia dall'amico, e poi ci incamminammo verso la sala principale, per consegnare quei fogli.

***

“Voli alto eh?”, la voce di Azzurra raggiunse le mie orecchie mentre infilavo i fogli dei risultati nella cassetta di cartone appositamente creata per l’occasione.
“Cosa intendi?”
“Stai prendendo sul serio questa storia della scommessa”
“Non l’ho presa nemmeno in considerazione”, replicai, stizzita.
“Ma come, prima un amico, poi l’altro. Ti stai dando da fare.”, gli occhi erano costantemente puntati sul mio volto, a valutarne ogni minima espressione, ogni guizzo di rabbia, la minima bugia.
“Non ho bisogno dei suoi amici per arrivare a lui.”, risposi. Se proprio voleva giocare, lo avrei fatto anche io.
“Sei così sicura di vincere?”
Mi avvicinai lentamente, cercando di apparire convinta. Stavo bluffando, ma che importava?
“Forse non hai capito una cosa. Se voglio una cosa, me la prendo”.
“Frasi fatte.”, rispose lei, senza scomporsi troppo. Io la sorpassai, cercando di mantenere la calma per sopportare anche l’ultima bugia.
“Tanto sono single, no? Cos’ho da perdere?”
Mi diressi spedita verso Niccolò, rimasto ad un angolo della grande sala, e con lui mi incamminai ai nostri posti in platea, lontano da Azzurra, lontano dalle bugie. Dopo pochi minuti sarebbe iniziato lo spettacolo di premiazione.
 


-notepocoserie-
*schiva pomodori, peperoni marci e chi più ne ha più ne metta* 
Quant'è che non aggiorno? Un' infinità di tempo, mi scuso. Davvero, davvero tanto. Soprattutto per il fatto che sto tornando con un capitolo del genere (dire che mi piace poco, è poco LOL). Ma sapete, un giorno una ragazza che solitamente legge le mie note luuuunghissime mi ha detto: - Le fighe si fanno aspettare!- Dire che l'ho presa in parola è un blando eufemismo ahah
Bene, passiamo alle note serie, quelle che vi piacciono tanto. Capitolo distante dagli altri, spero vi piacciano le new Entry. Stiamo parlando di Niccolò ♥ Amore mio, Stefano ed Emiliano. Cosa ne pensate? Volete vedere i volti? Fatemelo sapere (: 
Perla è un'accalappia uomini, ma non vorrei che sembrasse una Mary Sue, perciò ho spiegato un pochino perchè è così famosa. Non tanto per la sua bellezza, ma soprattutto perchè è imprendibile, non pende dalle labbra dei figaccioni della scuola (ma lei dopotutto ha Edoardo, no? LOL)
Passiamo a Edoardo, vi è piaciuto? A fine note vi metterò un spoiler del prossimo capitolo, giusto per creare un po' di suspance. LOL 
La canzone che da il titolo al capitolo è profetica ed è Ballata per la mia piccola iena degli Afterhours, gruppo belliiiiisssimo chemi ha fatto conoscere la mia Triggolina ♥ Ascoltatela, anche se è un genere un po' particolare da farsi piacere. O lo ami o lo odi, a mio parere (i miei lo odiano, ma va? xD)
Oddio ma non vi piace già da morire Niccolò? Io lo adoro, lo vogliocome pupazzo di peluche. LOL 
Vi spiego le ragioni del mio ritardo, in questo ultimo periodo ho avuto un problemuccio tecnico, poi oltre al capitolo mi sono ritrovata a pensare a pezzi di un progetto che ho in mente ma che voi vedrete solo quando sarà finito e, oltre a tutte queste cose, ho iniziato forse il progetto più importante tra tutti. Ho aperto un blog, finalmente, sulle recensioni dei libri che leggo, sulle anteprime e sui libri che mi piacerebbe leggere. 
Se vi andasse di passare a me farebbe piacerissimo, e potreste inirvi al blog cliccando su "unisciti" nella barra laterale, e se poi commentaste anche con me i vari libri e i vari post, sarei la ragazza più felice del mondo! 
Il link al blog è questo: Epea pteroenta - Parole alate
I know you love me #canzonimodificateacaso. 
Me ne vado, che è tardi e l'Italia è in finaleeeeee ♥ 


*Spoilerspoilerspoilerspoiler*
Erano capaci di dirsi cose orribili, ma non dirsi addio.

*Spoilerspoilerspoilerspoiler*

byee ♥ 

Gruppo di Facebook: Strangeness & Wrongness - pleinelune corner
(susu, venite a trovarmi ♥)
   
 
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