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Autore: Whatadaph    29/06/2012    3 recensioni
Te l'ho detto, Albus. Noi non siamo come gli altri. Come noi ci siamo solo io e te, sarà sempre così.
Un ragazzo prodigio e un'estate che sembra il concentrato di tutti i suoi peggiori incubi. Un incontro inaspettato, che cambierà ogni cosa. Dove c'è molta luce, l'ombra è più nera: qual è allora il confine tra bene e male?
Gellert aveva sete di potere, Albus di giustizia. Insieme, avrebbero potuto fare grandi cose.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Silente, Altro personaggio, Gellert Grindelwald | Coppie: Albus/Gellert
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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- Questa storia fa parte della serie 'Licht und Schatten'
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Capitolo 9

“Incomprensioni, illusioni, idee”

 

 

Beta: Unbreakable_Vow

 

Quel giorno, Albus si destò parecchie ore più tardi dell’usuale. Al momento del risveglio, gli occorsero parecchi istanti prima di realizzare come mai il sole era già così alto nel cielo. Giunse alla conclusione che Aberforth doveva aver deciso di non svegliarlo, più per il gusto di passare del tempo con Ariana o rimproverare il fratello maggiore per aver fatto tardi che per una reale premura.

Una volta presa coscienza di ciò, comprese cosa fosse intervenuto a richiamarlo dal sonno: di fronte alla finestra sostava uno splendido gufo reale, dal piumaggio castano, che becchettava impaziente contro il vetro. Albus lo riconobbe immediatamente come uno dei volatili appartenenti a Hogwarts, e capì subito cosa portasse con sé: i risultati degli esami finali suoi e di Aberforth, più con ogni probabilità la lista dei libri necessari all’anno successivo per quest’ultimo.

Scattò in piedi e si recò alla finestra, spalancandola. Il gufo si fece strada nella stanza con un altezzoso frullare di piume, facendo cadere tre buste di pergamena giallastra sulla scrivania di Albus prima di volarsene di nuovo via.

Il ragazzo sospirò, prima di vestirsi rapidamente e affrettarsi a scendere al piano di sotto.

Trovò Aberforth e Ariana seduti al tavolo della cucina, intenti come loro solito a parlottare allegramente. Negli occhi di Abe brillava la gratuita dolcezza che dedicava solo ad Ariana.

“Buongiorno,” salutò Albus, rendendo nota ai fratelli la propria presenza.

Abe sollevò il capo. Il suo sguardo passò dal volto del fratello alle buste di pergamena che stringeva fra le dita, e infine si posò ancora su Ariana.

Albus pensò che avesse finto di disinteressarsi ai risultati scolastici al solo scopo di irritarlo.

“Ciao!” disse Ariana allegramente.

Si sforzò di sorridere. “Buongiorno, Ariana,” mormorò, con una carezza sulla sua testolina bionda.

“Hai fatto tardi, ieri sera,” furono le prime parole che Aberforth gli rivolse. Una semplice constatazione. Non era una domanda ma neanche un rimprovero.

“Dipende da quel che si intende con tardi,” replicò Albus, cauto.

“Stavi di nuovo a scambiarti lettere con quel Grindelwald?”

Cosa?!”

“Non fare finta di non capire.” Aberforth sbuffò. Si appoggiò allo schienale della sedia e scrutò il fratello con il capo appena inclinato, le sopracciglia aggrottate sopra agli occhi azzurri e penetranti – gli stessi occhi con cui, impassibile, Albus sosteneva il suo sguardo.

“Ti ho visto,” disse infine Aberforth. “Tutti i pomeriggi ti vedi con il nipote di Bathilda Bagshot. E continuate a scrivervi anche fino a tarda sera. Cosa avete da dirvi di così importante?”

Albus pensò che fosse la frase più lunga rivoltagli da Abe almeno negli ultimi due anni.

“Scrivevo a Elphias,” mentì. “Non fa altro che raccontarmi del suo Grand Tour.”

Ebbe l’impressione che Aberforth avesse deciso di credere a quest’ultima scusa.

Albus scostò una sedia dal tavolo e vi si lasciò cadere. “Sono arrivati i risultati degli esami.”

“Ah, sì?”

“E anche la tua lista dei libri,” aggiunse.

“Bene.”

Albus voltò la prima delle buste di pergamena che aveva posato sul piano del tavolo. Sul retro c’era scritto il suo nome. La posò di fianco alle altre due, che subito porse ad Aberforth. Dunque si accinse ad aprire la propria lettera.

MAGIE AVANZATE DI GRADO OTTIMALE

Voti di promozione: Eccezionale (E)

                         Oltre Ogni Previsione (O)

                         Accettabile (A)

Voti di bocciatura: Scadente (S)

                         Desolante (D)

                         Troll (T)

 

ALBUS PERCIVAL WULFRIC BRIAN DUMBLEDORE HA CONSEGUITO:

Antiche Rune: E

Aritmanzia: E

Astronomia: E

Babbanologia: E

Cura delle Creature Magiche: E

Difesa Contro le Arti Oscure: E

Erbologia: E

Incantesimi: E

Pozioni: E

Trasfigurazione: E

Storia della Magia: E

 

Albus sospirò, abbandonandosi sullo schienale della sedia. Non era una sorpresa, in fondo: Gridelda Marchbanks – che l’aveva esaminato in Incantesimi e Trasfigurazione – non aveva nascosto la propria ammirazione nei confronti del giovane Dumbledore, e lo stesso avevano fatto gli altri insegnanti che avevano dovuto mettere alla prova le sue indubbie capacità.

Si poteva dire soddisfatto, naturalmente, ma entro certi limiti. Erano senz’altro dei risultati incredibilmente meritevoli, ma a cosa gli sarebbero serviti, se la sua condanna era trascorrere fra le case grigie di Godric’s Hollow il resto dei suoi giorni?

“Tutte E, suppongo.”

Nell’udire la voce di Aberforth, Albus sollevò la testa dalla pergamena e annuì. Poi porse la mano, e Abe gli consegnò i risultati dei propri G.U.F.O., che il maggiore si accinse a leggere.

 

Astronomia: O

Babbanologia: O

Cura delle Creature Magiche: E

Difesa Contro le Arti Oscure: E

Erbologia: O

Incantesimi: O

Pozioni: O

Trasfigurazione: A

 

Albus sollevò gli occhi dal foglio, accigliato. “A cosa è dovuto questo Accettabile in Trasfigurazione, Abe?”

L’altro scrollò le spalle, indifferente. “Odio Trasfigurazione,” si limitò a borbottare in sua discolpa.

“Sei cosciente che non potrai continuare a seguire la materia con un voto inferiore a Oltre Ogni Previsione?”

“Sì.”

“E la cosa neanche ti sfiora?”

Improvvisamente, Aberforth gli scoccò un’occhiata furiosa. “Sai cosa neanche sfiora te, Albus?”

“Sentiamo,” lo provocò lui, incrociando le braccia sopra al tavolo e stringendo gli occhi oltre le lenti degli occhiali.

“Non ti sfiora neanche l’idea che al mondo esista qualcosa di più importante di te e dei tuoi perfetti risultati scolastici! Che esista qualcosa oltre al successo e alla celebrità!”

Albus scattò in piedi, serrando le dita attorno al bordo del tavolo. “Ti rendi conto che stiamo parlando del tuo futuro, Aberforth?” respirò bruscamente, irato. “Ti rendi conto di quanto sia importante una buona valutazione in Trasfigurazione per qualsiasi strada tu voglia intraprendere?!”

“No litigate,” mormorò Ariana nervosamente. “No. Non mi piace.”

“Albus, al mondo non esisti solo tu! Ci sono persone che hanno idee diverse di futuro, idee diverse su cosa conti davvero nella vita! E vuoi saperla una cosa? Una di quelle persone sono io!”

Adesso anche Aberforth si era alzato in piedi. Il suo volto era del tutto contratto, quasi stesse per scoppiare in lacrime.

Albus si sentiva accecato dall’ira.

“Pensa a cosa direbbe la mamma, Aberforth!” ringhiò. “Mi stai urlando addosso!”

“Non osare nominare la mamma,” sibilò Aberforth, rosso in volto. “Tu ti senti sacrificato a essere qui con noi, invece che in giro per il mondo a mostrare i tuoi talenti a qualunque cretino che si dimostri interessato! E se davvero amassi me e Ariana non ti comporteresti in questo modo! Non ci faresti penare ogni giorno per averti costretto a stare qui con noi!”

“Io amo te e Ariana!” protestò Albus.

Aberforth scoppiò in una risata amara. “Oh, no, Albus. Tu ami solo e unicamente te stesso.”

“Ti sbagli!”

“Allora inizia a dimostrarlo!”

Vennero entrambi distratti da un singhiozzo improvviso. Sulle guance di Ariana le scie delle sue lacrime luccicavano alla luce del sole, che faceva capolino oltre le tende socchiuse della finestra. La furia sul volto di Aberforth fu repentinamente sostituita da una profonda angoscia, mentre si precipitava al fianco della sorella e la stringeva fra le braccia.

“Va tutto bene, Ariana,” mormorò dolcemente. “Va tutto bene.”

Albus, colpito e costernato, rimase immobile a osservare i fratelli mentre a poco a poco i singhiozzi di Ariana si placavano e il suo respiro si faceva più regolare. Sapeva che avevano evitato una crisi solo per un pelo.

Aberforth levò il capo su di lui. I suoi occhi azzurri erano velati di lacrime.

“Non farci questo, Albus,” mormorò.

Spinto da chissà quale istinto, Albus si alzò e raggiunse i fratelli. Li circondò con le braccia, stringendoseli al petto.

 

Si sentiva profondamente colpevole, ma non sapeva quanto tale consapevolezza fosse fuggevole di natura. Se ne sarebbe presto andata così come era venuta.

 

 

 

****

 

“Sei triste, Albus?”

Alla domanda di Gellert, Albus sollevò lo sguardo dalla spiga di grano con cui stava giocherellando quasi per caso. I chicchi, avvolti nei loro involucri, erano picchiettati dall’arancio e dall’oro del sole calante.

Anche i capelli di Gellert riflettevano i raggi del sole.

“Perché mi fai questa domanda, Gellert?” replicò, cauto.

L’altro sollevò la testa per guardarlo in volto.

Questa volta era stato Albus ad appollaiarsi in cima alla staccionata, il volto carezzato dal vento e nell’anima un profondo senso di vuoto. Chissà come, Gellert era parso percepire il suo stato d’animo, giacché non aveva fatto alcun tentativo di iniziare una conversazione. Si era limitato a lasciarsi cadere ai piedi della staccionata, poggiando la schiena su di essa e chiudendo gli occhi, apparentemente perso nei propri pensieri.

“Perché ti vedo assente,” replicò in tono quieto. “Che cosa succede?”

Albus deglutì. Quel senso di vuoto da un momento all’altro l’avrebbe fatto scoppiare. Dentro di sé percepiva il deserto, oppure una folla di persone sconosciute. Aveva bisogno di sfogarsi, di lasciare che le parole scorressero come un fiume, portando via anche un po’ della sua desolazione – solo che non lo sapeva ancora: neanche con Elphias era mai riuscito ad aprirsi e a dare spazio a tutto ciò che provava.

“Ho,” deglutì, stranamente incerto. “Ho litigato con Aberforth, stamattina.”

“Ah,” Gellert annuì, volgendo lo sguardo all’orizzonte. “Ne vuoi parlare?”

“Sì,” mormorò Albus. “Credo di sì.”

Gellert si alzò in piedi e si arrampicò al suo fianco sulla staccionata. “Come mai avete litigato?”

“Sono arrivati i risultati dei nostri esami scolastici.”

“Ah... Penso sia inutile chiederti come tu sia andato. Avrai senz’altro ottenuto il massimo dei voti in tutte le materie.”

Albus gli rivolse un sorriso stentato. “Beh, sì. Anche i voti di Abe non sono poi così tremendi... fuorché in Trasfigurazione. Una sufficienza sputata.”

“E avete litigato per questo?”

“Non solo.” Albus sospirò. “Mi ha accusato di essere un egoista. Di amare solo me stesso. Di non preoccuparmi minimamente dei sentimenti altrui.”

“Ha ragione di dire cose simili?”

“In un certo senso.”

Gellert lo fissò. “Non riesce a capire quanto è doloroso rinunciare al tuo futuro, vero?”

“Esatto,” Albus annuì. “Non capisce.”

L’altro lo guardò intensamente. “Albus, lui non può capire.”

Annuì ancora. “Ariana ha quasi avuto una crisi,” proseguì. “È rimasta colpita dal vederci discutere. Abe è riuscito a calmarla quasi per miracolo.”

Stava guardando da un’altra parte quando sentì la mano di Gellert posarsi sulla sua.

“Che cosa è successo ad Ariana, Albus?”

Per un istante, esitò. Kendra non sarebbe stata felice vedendo suo figlio parlare delle loro vicende familiari con qualcuno che in fin dei conti conosceva appena. Tuttavia... aveva la sensazione di essere amico di Gellert da sempre. Fra loro c’era un’affinità d’animo che era impossibile ignorare.

“Era solo una bambina,” esordì. “Giocava in giardino e produceva della magia involontaria. Dei ragazzi Babbani passavano di lì e udirono delle piccole esplosioni... l’hanno vista compiere magia e si sono spaventati. L’hanno aggredita. Lei... lei ha subito dei gravi traumi. Anche adesso è fortemente instabile, un qualsiasi evento fuori dalla norma fa esplodere tutti i suoi poteri.” Sospirò. “Mio padre aggredì quei ragazzi Babbani. Fu spedito ad Azkaban. È... è morto lì.”

Gellert pareva sinceramente colpito. Lo guardava con occhi tristi, estremamente partecipe del suo dolore.

“Posso capire,” mormorò. Il suo sguardo si accese: “È tutta colpa dello Statuto di Segretezza!” quasi gridò. “Se non fosse mai esistito niente di tutto ciò sarebbe avvenuto. Ariana starebbe bene. Tu avresti un futuro.”

“Vale la stessa cosa per te,” indovinò Albus.

“Se mai dovessi diventare una persona influente,” disse Gellert, “farei in modo che venisse abolito.”

“Gellert,” replicò lui tristemente, “non è una cosa possibile, purtroppo.”

“Io invece dico che lo è.” Respirò profondamente. “Babbani e maghi potrebbero vivere in armonia.”

Albus scosse la testa. “In che modo?”

“Noi maghi dovremmo avere il potere. Abbiamo più mezzi dei Babbani, potremmo riuscire a mantenere la pace. Dovrebbe essere una convivenza pacifica.”

Albus ci pensò un po’ su prima di ribattere. “Il problema,” disse lentamente, “sta nel come raggiungere il potere.”

Gellert lo guardò dritto negli occhi. “Noi potremmo,” disse poi. “Noi due. Insieme.”

Era una prospettiva utopica, certo, ma senz’altro molto allettante.

Ariana non avrebbe più dovuto vivere segregata. Lui avrebbe potuto ottenere il futuro che desiderava... ma non in solitudine. Mai più in solitudine.

“Gellert,” chiese. “Pensi davvero che sia possibile?”

L’altro gli rivolse un sorriso disarmante. “Per noi, sì.”

 

 

****

 

Gellert,

la nostra conversazione riguardo alla convivenza pacifica fra Babbani e maghi è stata davvero interessante. Mi piacerebbe parlarne ancora.

Purtroppo domani non potrò venire al nostro appuntamento. Tuttavia, mi farebbe piacere se venissi qui per un tè. Così potrai conoscere Aberforth e Ariana.

A. D.

 

 

Albus,

accetto volentieri il tuo invito!

G.

 

 

Ne sono lieto.

Albus

 

 

 

 

 

Note dell’Autrice

 

E siamo giunti alla fine del capitolo nove. Se esprimete un parere non mordo mica, eh! ;)

A presto,

Daph

   
 
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