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Autore: ObliviateYourMind    29/06/2012    1 recensioni
Victoria è una ragazza che ha realizzato il suo sogno: è la cantante di un famoso gruppo rock. Un giorno, però, un evento inaspettato sconvolge la vita di Vic e i suoi rapporti con le altre persone, portandola a riflettere su se stessa e su tutto ciò che è accaduto.
Che cosa le è successo e che cosa l'ha condotta fino a lì? Sta a voi scoprirlo.
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Credits: la canzone citata all'inizio è Where the lines overlap dei Paramore, mentre quella che si sente alla radio è I miss you dei Blink 182. Nessuna di queste canzoni mi appartiene.
Disclaimer: tutti i personaggi presenti in questo capitolo sono di mia invenzione, fatta eccezione per i Paramore.
Angolo dell'autrice:
Dopo un sacco di tempo sono tornata, e sono riuscita ad aggiornare la mia storia. Mi scuso con tutte le persone che hanno atteso il nuovo capitolo - anche se non penso siano molte, ahah -, ma purtroppo l'esame di maturità mi ha tenuta parecchio impegnata (grazie per la vostra pazienzaaa!! ❤)
Ora però sono tornata in forma più che mai (eeeh! xD), e sono pronta ad andare avanti con questa storia che, purtroppo, si avvicina sempre di più alla fine. Spero con tutto il cuore che questo capitolo vi sia piaciuto, io mi sono emozionata molto mentre lo scrivevo. Personalmente, credo che sia il più "personale" di tutti quelli presenti. Non mi resta che ringraziarvi per aver letto e invitarvi a recensire (a me farebbe tanto piacere!) =)
ci vediamo - presto - con il capitolo numero 8!
Baci, Giulia

No one is as lucky as us
We're not at the end but oh we already won
Oh no, no one is as lucky as us
Is as lucky as us



«Non si sa cosa sia successo?» chiesi preoccupata a mia madre mentre afferravo velocemente la borsa.

«No, tuo padre era talmente agitato che ha riattaccato senza spiegarmi nulla. Vi prego, andate subito là, sono molto preoccupata» disse lei.

«Non si preoccupi signora, arriveremo là in un batter d'occhio» disse Brian a mia madre per rassicurarla.

Scendemmo tutti e tre al piano di sotto, e mentre mia madre si lasciava cadere sulla poltrona del salotto, visibilmente scossa, io e Brian uscimmo in fretta e furia facendo sbattere la porta dietro di noi.

La ghiaia scricchiolava sotto i nostri piedi mentre camminavamo a lunghi passi verso la Volvo di Brian. Senza perdere tempo, ci accomodammo sui sedili in pelle e presto la mia casa sparì completamente dalla vista.

Io cominciavo a sentire la tensione. Pensai che non poteva essere successo qualcosa di brutto, non un'altra volta. Se così fosse stato, non l'avrei sopportato. Non potevo sostenere il peso di altro dolore sulle mie spalle: tutto quello che era già capitato bastava e avanzava.

Mi accorsi di essere rimasta zitta per più di cinque minuti, così decisi di alleggerire l'atmosfera ascoltando un po' di musica. Allungai la mano e accesi la radio, ma non appena gli altoparlanti iniziarono a diffondere le prime note, capii che sarei stata meglio in silenzio.

Don't waste your time on me you're already the voice inside my head... I miss you...

Mi affrettai a spegnere il dispositivo e mi voltai verso Brian. Le sue labbra erano contratte e biancastre, dalla fronte scendevano lente alcune minuscole goccioline di sudore. Le sue sopracciglia scure erano aggrottate mentre si concentrava sulla guida, le mani talmente strette al volante che potevo vedere le vene pulsare.

«Ehy... ti senti bene?» gli domandai.

Lui sembrò trasalire leggermente, come se non si ricordasse che c'ero io, lì di fianco.

«Uhm.. s-sì, tutto bene. Scusa, sono solo preoccupato. Credo sia normale, no? Anche tu lo sei, se non sbaglio»

«Certo che lo sono, ma sono anche convinta del fatto che quando arriveremo là scopriremo che tutta questa agitazione non ha motivo di esistere» gli dissi io, con un tono che speravo risultasse convincente. In realtà io ero di tutt'altro avviso: ero sicura di essere talmente sfortunata, che per l'ennesima volta ciò che avrei trovato dietro quella porta non mi sarebbe piaciuto affatto.

«E va bene, hai ragione» mi disse Brian rivolgendomi un sorriso stupendo.

Mi sentivo davvero molto fortunata ad avere lui al mio fianco. Se non ci fosse stato, probabilmente io sarei già piombata nella depressione più totale.

Il paesaggio passava velocemente dietro i finestrini, ed io lo osservavo distratta. La luce quel giorno era strana: sembrava quasi che l'atmosfera risentisse del nostro umore. Le nuvole stavano cominciando ad addensarsi, l'una sopra l'altra, nere e cupe.

«Mi sa che tra poco comincerà a piovere» dissi, tanto per distrarre Brian dai pensieri tristi che certamente in quel momento affollavano la sua mente. Lui si limitò a rispondere con un “Mmh”.

Plic. Plic. Plic.

Alcune gocce di pioggia iniziarono a tamburellare sul tettuccio dell'auto.

Quando finalmente arrivammo davanti all'entrata del parcheggio dell'ospedale, la pioggia si era ormai trasformata in temporale.

Brian sistemò l'auto come meglio poté, dopodiché scendemmo velocemente ed attraversammo di corsa l'enorme parcheggio, l'acqua che si infiltrava tra i capelli e tra i vestiti.

Quando fummo al riparo, salimmo sul primo ascensore che trovammo, e ci fermammo solamente una volta raggiunto il terzo piano.

Con gli abiti sgocciolanti percorremmo il corridoio lasciando dietro di noi delle piccole pozzanghere. L'odore di disinfettante, che tanto detestavo, in quel momento sembrava più forte che mai. Lo odiavo con tutto il mio cuore, così come odiavo quel posto. Quel luogo che mi aveva trasmesso così tante sensazioni negative. Mi chiesi che cosa ci avrebbero detto i medici questa volta. Forse che la nonna era morta? Oppure che per lei c'erano pochissime possibilità di guarigione?

La mano di Brian afferrò dolcemente le mie dita fredde e le strinse.

Le mie gambe tremanti mi condussero fino alla porta numero 13, che in quel momento era chiusa.

«Non ce la faccio ad entrare, Brian» dissi con la voce spezzata da un imminente pianto.

«Stammi vicino, e vedrai che andrà tutto bene. Te lo prometto» mi disse lui, stringendo la mia mano ancora di più. Dopodiché, dopo aver fatto un enorme respiro, abbassò la maniglia. La porta si aprì con un cigolio, come al solito.

Non feci nemmeno in tempo a mettere piede all'interno della stanza che un paio di braccia mi si strinsero attorno al collo, quasi strangolandomi.

«Vic, sei arrivata! Finalmente, non ce la facevamo più ad aspettare!»

«Ma... Josh! - dissi io, riconoscendo al volo la voce della persona che mi aveva abbracciata. - Dimmi tutto, dai! Cosa è successo? La mamma diceva che il papà era preoccupatissimo quando l'ha chiamata!»

Vidi che mio padre si stava avvicinando a noi. Sul suo volto potevo scorgere un'espressione inconfondibile: quella di un uomo felice.

«Ciao Brian, ciao Vicky, finalmente siete arrivati. Mi dispiace che vostra madre si sia preoccupata, perché a dire il vero non c'è proprio niente che non va!» disse lui, soffocando una risata. «Josh, vuoi dirglielo tu?»

«Certo, papà» rispose lui, sorridendo.

Mio fratello mi prese per mano e mi condusse verso il letto sul quale mia nonna era stesa.

Il dottor Folkner era in piedi accanto ad esso, intento a scrivere qualcosa su una cartelletta bianca che teneva in mano.

«Salve, Victoria» mi salutò lui, alzando gli occhi solo per un attimo.

«Buongiorno, dottore. Mi può dire cosa sta succedendo, per favore?» gli chiesi io, impaziente.

«Temo di no, cara. Credo che il compito spetti a tuo fratello»

Guardai Josh con aria interrogativa. Cosa aspettava a parlare? Perché sembravano tutti così misteriosi?

«Vicky, i dottori hanno detto che le condizioni della nonna stanno migliorando! E che forse presto sarà addirittura in grado di parlare, e forse anche di poter stare su una sedia a rotelle! Non è fantastico? Cavoli...»

Nella foga di parlare, il viso di Josh era diventato tutto rosso. I suoi grandi occhi erano bagnati.

Non era possibile. Pensai che quello doveva essere un miracolo, non c'era altra spiegazione possibile. Non era possibile che lassù esistesse qualcuno di così buono da aver dato alla nonna una seconda possibilità.

«È... è fantastico! È vero quello che ha detto, dottore?»

Il dottor Folkner, che aveva smesso di scrivere e ci guardava sorridendo, mi rispose: «Certo, è vero. Abbiamo riscontrato un notevole miglioramento nell'attività cerebrale di tua nonna; è molto probabile che si rimetta nel giro di poche settimane. Ovviamente non possiamo garantire che questo accadrà, perché come tu certamente sai, la scienza è affidabile ma non fa miracoli»

Miracolo. Miracolo. Miracolo.

Quella parola risuonava nella mia mente senza che io riuscissi a fermarla.

«Brian, hai sentito? È fantastico...non ci posso credere...» dissi, scoppiando a piangere tra le braccia del mio amato. Lui mi accarezzò dolcemente la testa, e intanto sussurrava: «Sono felice per te, tesoro»


«Josh, chiama tua madre per favore. Prima ho riattaccato senza spiegarle nulla; ero troppo emozionato. Meglio non farla preoccupare» disse mio padre estraendo il cellulare dalla tasca dei jeans.

Mio fratello lo afferrò impaziente e poi uscì dalla stanza per telefonare.

«Wow, ancora non ci credo» dissi io a bassa voce, mentre mi avvicinavo al letto di mia nonna.

A dire la verità, non è che il suo aspetto suggerisse un'imminente guarigione o un qualche cambiamento.

La sua pelle era pallida come l'ultima volta che l'avevo vista, le labbra marmoree, così come il resto del suo corpo.

Il macchinario appoggiato alla parete continuava a mostrare i battiti cardiaci con i suoi sonori bip.


«Nonna, mi senti? Puoi sentire quello che dico? Il dottore dice che forse presto sarai di nuovo cosciente. Io lo spero davvero tanto...mi manchi. Se potessi anche solo darmi un segnale che qualcosa dentro di te sta cambiando, mi renderesti immensamente felice. Ti prego, torna tra noi, ho bisogno anche di te»

E poi, rivolgendomi a qualcuno o qualcosa, della quale esistenza nemmeno io ero sicura, sussurrai: «Dio, se esisti, fa' qualcosa. Dammi un segnale, ti prego»

In quel preciso momento, mentre il mio sguardo era perso nel vuoto, con la coda dell'occhio mi sembrò di scorgere un movimento nelle labbra di mia nonna.

Scettica, diedi la colpa al fatto che in quel momento ero emozionata e lasciai subito perdere.


Il rumore di una porta che sbatteva mi fece trasalire. Vidi Brian correre verso di me, il viso rosso, le mani tremanti.

«Vic, non ci crederai mai. Oddio, oddio, oddio. Non ci posso credere» cominciò a dire, emozionato.

«Ma...Brian! Cos'è successo adesso? Non dirmi che si tratta di qualcosa di brutto perché in questo momento non sono in vena di tragedie»

«Ecco, allora...stai calmo, Brian, calmo. - disse lui, cercando di tranquillizzarsi – Mi ha appena chiamato David. Ho una notizia fantastica da darti, ma dovresti venire fuori, in corridoio, così possiamo parlare con calma» E poi aggiunse, sottovoce: «Non voglio che nessuno ci senta»

«Come vuoi, ma sbrigati a parlare perché sono curiosa»

Mio padre, Josh, e il dottor Folkner ci guardavano con aria interrogativa mentre uscivamo in corridoio.

Brian chiuse la porta dietro di sé, prese due sedie che trovò qualche metro più in là e le sistemò l'una di fronte all'altra, dopodiché si lasciò cadere pesantemente su una di esse e mi invitò ad accomodarmi.

«Allora? Quale sarà mai questa notizia tanto sconvolgente da costringerci a prendere delle sedie per non rischiare di svenire?» dissi io, ridendo di gusto.

«C'è poco da scherzare, è una cosa seria» mi avvertì lui. «Io per poco non svenivo davvero, poco fa»

«Okay, okay, ti credo. Però se non ti decidi a parlare andrà a finire che se ne andranno tutti e ci lasceranno qui»

«Va bene. David ha detto che stamattina gli ha telefonato Andrew Weiss» cominciò lui, tutto emozionato.

«Ma è il tour manager dei Paramore! Che cosa voleva?»

«Era proprio lui. Ha detto a David di aver visionato alcuni video dei nostri concerti e di aver letto l'intervista che abbiamo rilasciato il mese scorso, ricordi quale?»

«Certo che me la ricordo! E quindi?» gli chiesi io, sempre più impaziente.

«Chiedeva se ci va di aprire i concerti del prossimo tour dei Paramore, e in più di suonare qualche canzone con loro durante la prima data!»

«Ma... oddio, è stupendo!» dissi io, quasi urlando di gioia. «Non ci posso credere!»

Io e Brian ci abbracciammo in preda all'euforia.

Per un attimo credetti che quella fosse veramente la giornata più bella della mia vita.

 

 

 

 

Credits: la canzone citata all'inizio è Where the lines overlap dei Paramore, mentre quella che si sente alla radio è I miss you dei Blink 182. Nessuna di queste canzoni mi appartiene.

Disclaimer: tutti i personaggi presenti in questo capitolo sono di mia invenzione, fatta eccezione per i Paramore.


Angolo dell'autrice:

 Dopo un sacco di tempo sono tornata, e sono riuscita ad aggiornare la mia storia. Mi scuso con tutte le persone che hanno atteso il nuovo capitolo - anche se non penso siano molte, ahah -, ma purtroppo l'esame di maturità mi ha tenuta parecchio impegnata (grazie per la vostra pazienzaaa!! )

Ora però sono tornata in forma più che mai (eeeh! xD), e sono pronta ad andare avanti con questa storia che, purtroppo, si avvicina sempre di più alla fine. Spero con tutto il cuore che questo capitolo vi sia piaciuto, io mi sono emozionata molto mentre lo scrivevo. Personalmente, credo che sia il più "personale" di tutti quelli presenti. Non mi resta che ringraziarvi per aver letto e invitarvi a recensire (a me farebbe tanto piacere!) =)

ci vediamo - presto - con il capitolo numero 8!

Baci, Giulia.

 

   
 
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