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Autore: Ranessa    14/01/2007    0 recensioni
Poiché un tempo vi erano cinque Black. Oggi due sono morti, e tre portano un altro nome. Ma un tempo vi erano cinque Black.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Black | Coppie: Sirius Black/Bellatrix Black
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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[ Sirius - Oscuramento ]


Non fare il bambino
e non prenderti in giro
[...] Non fare il bambino
e non prenderti in giro
questa vita non può essere l'ultima
e noi siamo troppo giovani per capirlo

«Blackout», Muse


E' il fascino dell'ignoto, suppongo.
L'idea stessa della trasgressione, prima ancora della rivolta vera e propria.
Una ribellione che nasce strisciante e silenziosa, al contempo timida e ruggente.
Non un atto di coraggio, ma un sintomo. La dimostrazione finale della mia insospettabile debolezza.
Sfinito, e al contempo impavido e codardo.
«Sei in ritardo».
Osservo mio fratello seduto sul bordo del mio letto. E non è come guardarsi allo specchio.
Non è come udire la mia voce.
Anche se a volte, stento a crederlo io stesso, lo vorrei.
Lo vorrei davvero.

+ + + + + + + + + +

Fuga.
Tutto ciò a cui riesco a pensare ultimamente, da quando ogni cosa intorno a me diventa sua immagine. Un quadro vuoto, forse solo temporaneamente abbandonato dal suo occupante, i nomi cancellati dall'arazzo di famiglia. Il vecchio gufo di mia madre, morto per i suoi troppo anni.
Un'ulteriore forma di fuga, suppongo.
«Non vuoi farlo davvero» mi ha quasi intimato Remus, lanciandomi uno dei suoi sguardi grigi così dolorosamente intensi.
Io ho abbassato il mio.
Riflessione però, non sconfitta.
James ha sorriso.

«Lo hai fatto davvero».
Regulus mi raggiunge, avanzando lentamente attraverso la pista da ballo.
«Complimenti».
«Dov'è Andromeda?» gli domando, godendomi il riflesso del mio ghigno soddisfatto nei suoi occhi.
In risposta, incredibilmente, mio fratello sbuffa in una risata breve e fastidiosa.
«La tua ingenuità a volte è quasi commovente, Sirius» pronuncia le parole con estrema lentezza, distinguendo quasi ogni sillaba, gustando senza dubbio il sapore dolce della vendetta. «Dov'è Andromeda?» ripete, spingendomi a guardarmi intorno nel salone, scrutare i volti degli invitati alla ricerca di quello di nostra cugina.
«Tu pensi solo a te stesso» prosegue Regulus, l'ombra crudele e trionfante già svanita dalla sua voce. Sostituita da distacco, una nota triste o profonda delusione. «Non esistono conseguenze per te. Non ti rendi conto».
Tira fuori dalla tasca dei pantaloni un vecchio fazzoletto giallo canarino ormai scolorito.
Strappa corti fili di cotone, osservando con intenzione i bordi ondulati del tessuto.
«Tu ferisci gli altri».
E credo sia questa la cosa che più mi infastidisce. Non ciò che sta dicendo. Non le sinistre implicazioni delle sue parole, ma il fatto che non mi guardi.
Mio fratello non mi sta guardando, preda dell'apatia, dell'indifferenza più crudele. Parla come fosse già rassegnato, quasi avesse ormai perso ogni speranza nei miei confronti. Come se avessi deluso ogni sua aspettativa ed è stupefacente scoprire quanto questo faccia male.
Male davvero.
Ascoltare impotente le sue parole fredde.
Tu ferisci gli altri, e non è una mano tesa che mi offra aiuto, non è un tentativo di farmi comprendere.
È una cruda constatazione la sua. Una piatta esposizione di fatti assodati, di pensieri decisi.
«Colpisci chi più ti ama, Sirius, e lo fai con ferocia. Proprio come lei» ancora si ostina a mantenere saldamente lo sguardo sul suo fazzoletto giallo, ma so che si riferisce a Bellatrix, senza bisogno che me la indichi, fuori sulla terrazza, immersa nella profonda oscurità della notte.
«Smettila» replico io infine, a disagio, domandandomi perchè non lo abbia zittito prima, perchè non lo abbia fermato. Sentendo nuovamente con prepotenza il bisogno di fuggire.
«E il problema non è che non vuoi fermarti, fratellino. Il problema è che tu non puoi».
I nostri occhi finalmente si incontrano, ed è peggio che udire il suono della sua voce. Il tono raschiante delle sue accuse improvvise. Ma non può essere l'ultima occasione, mi ritrovo a pensare febbrilmente. Non posso non aver modo di rimediare.
«Tu non puoi».
Regulus si dirige verso le scale che conducono al piano superiore e mi lascia solo.
Inconsapevole del doppio, lacerante significato che la sua ultima affermazione ha assunto nella mia mente.
Abbandonando il fazzoletto al centro della pista da ballo.

   
 
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