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Autore: WretchedAndDivine    29/06/2012    2 recensioni
Dakota è uno dei ragazzi più popolari della scuola, è il capitano della squadra di basket e ha un sacco di ammiratori. Dovrebbe essere felice. Ma il rischio di venire espulso dalla squadra per un insufficenza lo costringe a chiedere aiuto a Logan, un ragazzo più piccolo di lui del quale è innamorato da tempo.
Salveee! Ecco il primo capitolo della mia seconda storia... ^^ spero vi piaccia! Buona lettura, e se vi va recensite pure ^^
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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29 aprile
 
Merda. Sono in maledettissimo ritardo. Avevo detto a Logan per le quattro ed erano quasi le cinque mentre correvo fuori dalla palestra. Avevamo sforato un po’ con i tempi e non se ne era reso conto nessuno. Dovevo arrivare velocemente a casa. E se lui se ne era già andato? Magari aveva creduto che a me non me ne fregava nulla. Ero ormai all’inizio della via dove abitavo, una via di villette a schiera tutte simili una all’altra, si differenziavano solo un poco per il colore: bianco, giallo, arancio, salmone e poi di nuovo bianco, giallo…un susseguirsi di monotonia, un continuo omologarsi alla facciata di tranquillità che il sindaco aveva voluto dare alla via. Ma la tranquillità era solo un apparenza. Molti ignoravano che il signor Amato, l’amabile vecchietto che stava nella prima casa gialla sulla destra, era stato incarcerato per ben due volte per stupro. Molti ignoravano che Robert, il figlio del signore e della signora Smith che abitavano giusto qualche casa più in là di me, si era impiccato a soli sedici anni qualche mese prima perché non poteva sopportare più gli insulti e le percosse del padre. Molti ignoravano che anche la mia famiglia, che molti definivano perfetta, stava andando a scatafascio da anni ormai. L’unica cosa che la teneva assieme era il basket, era l’improvviso orgoglio che provavano nei miei confronti. Erano diventati quasi dei fanatici, in casa parlavano solo di quello. A mio padre non interessava che io andassi male nelle altre materie; gli importava solo che io fossi il capitano della squadra di basket.
Senza fiato arrivai a casa e mi fermai sul vialetto d’accesso, piegato in due con le mani sulle ginocchia cercando di sostenermi per qualche attimo mentre riprendevo fiato. Casa mia era bianca, di un bianco abbacinante perché mia madre l’aveva fatta ritinteggiare la settimana prima. Era una villetta, di due piani con gli infissi di legno scuro e un portichetto sostenuto da colonnine di legno anch’esso candido. Il giardino anteriore non era molto grande, erano due strisce verdi che affiancavano il vialetto ghiaioso mentre il giardino sul retro era già più grande, con i fiori che mia madre curava e una grossa quercia sulla quale mi piaceva sedermi. Da un ramo di essa pendeva un altalena. L’aveva costruita mio padre quando avevo sei anni, quando ero piccolo mi faceva dondolare, si divertiva, ora addirittura pensava di toglierla. Attaccato al corpo principale della casa c’era il garage, anch’esso bianco e sulla striscia di cemento che sovrastava la porta di metallo i miei avevano installato un cesto per la pallacanestro, la sera, quando non avevo niente da fare o quando ero arrabbiato andavo lì e mi allenavo, mi allenavo anche per ore a volte. Il ritmico rimbalzare della palla mi aveva sempre aiutato a estraniarmi dal mondo, a tranquillizzarmi. 
Percorsi il vialetto a passo svelto e spalancai la porta di casa –Mammaaaaaaaaaa?- chiamai a gran voce e lei arrivò subito, la mia mamma di sempre, quella di quando ero bambino. Quella che sapeva sempre di detersivo per i piatti e fiori. I fiori che lei curava in giardino. Mia mamma si chiama Agata Lancieri e ha 45 anni, era una bella donna si, e lo è ancora anche se è un poco sciupata, gli anni si fanno sentire anche con lei…Ha i capelli castano scuro come i miei, solo che i suoi sono ricci, perennemente raccolti in una coda di cavallo e ha gli occhi grandi, castani anche quelli. Ormai la supero di un bel pezzo di altezza ma lei sostiene che rimango il suo piccolino…anche se quando mi chiama così proprio non la sopporto. Beh, ritornando a quel giorno, mia madre mi venne incontro e mi strinse in uno dei suoi soffocanti abbracci – Ben tornato campione! Com’è andato l’allenamento?-  gli risposi sbrigativo, agitato –Si si, bene. Logan è ancora qua??- Mia madre mi guardò un momento perplessa –Logan?...Ah si! Il ragazzino! Quel tesoro! È arrivato qua a quattro in punto ma tu ancora non c’eri! Gli ho detto di aspettarti su in camera…- Feci per salire le scale per raggiungerlo, ero stato fortunato, lui non aveva perso la pazienza, lui mi aveva aspettato e volevo andare da lui al più presto, per non fargli perdere altro tempo aspettando quella zucca vuota che ero. Ma mia madre mi ripigliò tenendomi per la maglia ed esclamò –Fermo qui signorino! Lo avverto che sei arrivato ma tu corri subito a lavarti! Puzzi in una maniera oscena! Ti porto giù io le cose per cambiarti. Su, su, muovi le tue belle chiappette e fila a farti una doccia.- Disse spingendomi verso il bagno del piano di sotto e mollandomi uno schiaffo sulle natiche prima di chiudere la porta ridendo. In effetti aveva ragione. Emanavo un odore forte, di sudore. Non avevo fatto in tempo a lavarmi là nello spogliatoio della palestra ed indossavo ancora i pantaloncini neri e oro della divisa e una canotta grigia fradicia di sudore che mi aderiva al petto. Decisi che una doccia era la cosa giusta da fare. Non potevo vedere Logan concio a quel modo. Mi tolsi velocemente i vestiti e mi fiondai sotto il getto d’acqua gelato della doccia. All’inizio pensavo di darmi solo una lavata veloce ma alla fine mi arresi a lavarmi anche i capelli, se dovevo fare una cosa tanto valeva farla per bene. Dieci minuti dopo ero fuori dalla doccia e trovai i vestiti e gli asciugamani puliti ad attendermi sullo sgabello vicino al lavandino, mia madre doveva essere entrata a posarli e io non me ne ero nemmeno accorto. Mi asciugai velocemente e mi vestii, Agata mi aveva portato un paio di normalissimi jeans e una maglia che avevo comprato su un catalogo: fuxia acceso con su scritto “This is my gay T-shirt”…Adoravo quella maglia ma…Non lo so, non mi sembrava opportuna, magri avrebbe infastidito Logan…Me la infilai e uscii dal bagno strofinandomi i capelli con l’asciugamano. Mamma si voltò e mi sorrise –Ora sei presentabile! Dai vai che il signorino ti aspetta! È davvero gentile, ho fatto scegliere a lui i vestiti, ti stanno proprio bene! Dai, gli ho portato su una fetta di torta e la spremuta d’arancia e l’ho lasciata pure per te. Buono studio!- Mi disse mentre andavo verso le scale. Quindi la maglia l’aveva scelta Logan. Perché proprio quella maglia? Perché la trovava bella? O perché voleva metterlo in ridicolo? Non capiva. Camera mia era l’ultima stanza in fondo al corridoio e la porta era spalancata quindi appena voltai a destra per raggiungerla lo vidi, seduto alla scrivania che stava di fronte alla porta. Mi dava le spalle quindi lui non poteva vedermi e io non riuscivo a vedere il suo viso, ma già avevo i brividi solo al pensiero che lui fosse lì, in camera mia e che…cavoli, aveva sbirciato nel suo armadio assieme a sua madre per trovare quei vestiti. Avevo il cuore in gola, ero maledettamente agitato perché…beh…Io ero davvero scarso in lettere e avevo paura di deluderlo, di fargli perdere le pazienza perché mi distraevo facilmente quando cercavo di studiare e…beh, con lui vicino dubitavo fortemente di riuscire a concentrarmi sulle pene d’amore di Dante e Petrarca quando seduto vicino a me ci sarebbe stato l’oggetto dei miei desideri. Tutto ciò che desideravo. Tutto ciò che non era mio. Perché potevo essere popolare, potevo essere il capitano della squadra di basket, potevo avere al culo sia ragazze che ragazzi tra i più desiderabili della scuola ma io non ero soddisfatto. Non ero felice. Perché continuavo a volere lui. Continuavo a volere disperatamente il ragazzino biondo che in quel momento stava seduto alla mia scrivania mangiando la torta al cioccolato che aveva preparato mia madre. Io volevo solo Logan. Mi lasciai sfuggire un sospiro, non dovevo pensarci: dovevo pensare a studiare e, se ci fossi riuscito, a diventare almeno suo amico. Mollai per terra l’asciugamano con il quale mi ero frizionato un i capelli nel tentativo di asciugarli e che cadevano scompigliati e gocciolanti attorno al mio viso. Raggiunsi camera mia in silenzio, non si era ancora accorto che ero arrivato. Appena fui abbastanza vicino gli misi le mani sugli occhi e lo sentii sobbalzare e dire un poco stizzito –Sei in ritardo Dakota.- Tolsi le mani mettendo il broncio appoggiandomi con il sedere al piano della scrivania e assaggiando la torta che mia madre aveva lasciato anche per me nel piattino di ceramica rosso –L’allenamento è finito tardi. Chiedo scusa signor professore…-  Logan alzò gli occhi al cielo e sbuffò –Vabbè…allora non è del tutto colpa tua…Ma potevi avvertire…- Mi lasciai sfuggire una risata e feci per parlare ma lui mi zittì con un gesto della mano –Nulla. Lascia stare, però la prossima volta cerca di essere puntuale…Dai prendi il libro, alle sei devo andare a casa.- vidi il suo sguardo limpido indugiare su di me e sorrise divertito soffermandosi sulla maglia –Perché non la metti mai per andare a scuola?- sorrisi andando all’armadietto vicino al letto matrimoniale dove tenevo i libri e mentre cercavo quello stupido libro di lettere gli risposi –Perché questa è la mia maglia per le occasioni speciali. Hai fatto bene a scegliere questa perché oggi è un occasione speciale- Dove cavolo era il libro? Si, era un occasione speciale, davvero speciale…Perché lui era li in casa mia, in camera mia…Aveva accettato di aiutarmi nonostante io mi fossi comportato più volte da stronzo nei suoi confronti. Trovai finalmente il libro e lo buttai sul copriletto rosso e quando mi voltai lui aveva un aria perplessa e mi chiese –Perché speciale?- Mi lascia sfuggire l’ennesima risata sedendomi a gambe incrociate sul letto –Perché è la prima volta che apro un libro!- Alzò di nuovo gli occhi al cielo ma stavolta si lasciò sfuggire una risatina –Avresti dovuto aprirlo prima e non saresti in questa situazione…Dai basta con le chiacchiere ora si studia davvero!- Dopo qualche minuto seduto alla scrivania che parlava me lo ritrovai sdraiato accanto sul lettone che mi indicava le cose importanti sul libro, mi diceva cosa sottolineare e poi mi rispiegava tutto quello che non capivo. Era un insegnante fantastico, non perse mai la pazienza nonostante dovette rispiegarmi tutto un milione di volte, quella volta era toccato al sonetto “Tanto gentile e tanto onesta pare” del signor Dante Alighieri. Voleva io lo imparassi tutto a memoria e che sapessi poi spiegargli anche cosa voleva dire Dante e cosa voleva esprimere parlando di Beatrice in quel sonetto. Ma quelle maledettissime frasi non ne volevano sapere nulla di entrarmi in testa, non appena riuscivo a ricordarmi le prime tre righe, le dimenticavo immediatamente non appena cercavo di imparare le successive; con la parafrasi non mi andò poi così male, era già più semplice spiegargli cosa si intendeva quell’uomo parlando della donna che desiderava in quel modo, anche se mi ci volle un po’ per abituarmi allo strano linguaggio duecentesco del fiorentino. Fu più semplice perché quelle parole mi facevano pensare a lui, al suo modo di fare gentile e poco appariscente, all’umiltà che mostrava quando in classe il professore lo elogiava quando prendeva il massimo dei voti in un test. Averlo così vicino mi rendeva ancora più difficile concentrarmi, sentire il suo fianco che sfiorava il mio, le onde bionde dei suoi capelli che mi solleticavano la guancia quando si sporgeva verso di me per indicarmi cosa sottolineare sul libro. Fu un ora davvero incredibile, non credevo che studiare con lui potesse essere così interessante. Soprattutto perché lui aveva iniziato a sciogliersi vicino a me, non mi trattava come a scuola con freddezza…Lì, sdraiato sul letto a pancia in giù vicino a me mi trattava come un amico, chiacchierando tranquillamente quando di tanto in tanto facevamo una piccola pausa, raccontandomi a sprazzi qualcosa della sua giornata. Ma le sei arrivarono fin troppo presto e quando lui si alzò annunciandomi che doveva andare a casa rimasi un poco deluso, volevo stare ancora un po’ con lui quindi alzandomi a mia volta gli dissi –Ti accompagno a casa- Lui scosse piano il capo –No dai, non ce n’è bisogno, non abito lontano…- Stavolta fui io ad alzare gli occhi al cielo e a sbuffare –Io ho presente dove abiti. Ed è parecchio lontano quindi non mi inganni. Ti do un passaggio con il motorino okay?- Lui fece per protestare ma gli chiusi le labbra tra l’indice e il pollice e dissi sorridendo divertito a pochi centimetri dal suo visetto pallido –Non accetto obiezioni Biersack.- Lo lasciai andare e lo precedetti sulle scale –Ti ho detto di chiamarmi per nome signor Hooran.- Senza voltarmi dissi sorridendo –Lo stesso vale per te Loganuccio- Lo sentii sbuffare –Logan. Cosa c’è di difficile nel chiamarmi solamente Logan?! Ti proibisco questi vezzeggiativi!- Scoppiai a ridere mentre prendevo le chiavi dalla scodella dove le lasciavo all’ingresso –Come siamo severi Logan! E cosa sono questi paroloni? Mammaaaaaaaa? Porto a casa Logan.- La risposta mi giunse dalla cucina, tramite mia madre che urlava a squarciagola – Si piccolino! Vedi di non fermarti in giro a bighellonare!- Sentii il sangue che mi saliva al viso, quando mia madre mi chiamò “piccolino” e dietro le mie spalle mi raggiunse la risatina divertita di Logan –Andiamo.- Il mio buonumore stava scemando, non mi piaceva che gli altri mi mettessero in imbarazzo. In garage il mio scooter ci aspettava, peccato che io avessi solo un casco, uno di quelli che di solito si usano per fare moto-cross; glielo feci indossare ignorando ancora una volta le sue proteste e lo allacciai, gli era un po’ largo e lo sentii mugugnare mentre prendeva posto dietro di me –Perché non te lo metti tu?- Gli sorrisi picchiettandogli sul casco –Perché mi da fastidio, semplice. E ora tieniti forte Loganuccio- non gli diedi tempo di ribattere e partii accelerando, lo sentii stringere forte le sue braccia al mio addome e avvertii il peso del suo capo che mi si poggiava sulla schiena. Ancora più vicino di quanto non lo fosse prima sul letto, il cuore mi batteva forte e…beh, c’era un'altra reazione che mi preoccupavo potesse notare…una reazione un po’ più in basso, al cavallo dei miei jeans attillati. Cazzo. Sfrecciavamo per le strade e in pochi minuti eravamo a casa sua. Scese e mi passò il casco, che appoggiai subito sulle gambe cercando di nascondere il mio “problemino”. Si passò una mano tra i capelli e disse con gli occhioni spalancati –Sei pazzo! Andavi…velocissimo! Hai rischiato di farci restare secchi entrambi!- Alzai gli occhi al cielo –Che paranoico! Ci vediamo…- Finì lui la frase per me –Venerdì, alle 4.00 qua a casa mia. E ricordati che devi sapere sia la parafrasi che il testo originale di quel sonetto okay?Ci vediamo- Annuii e lui fece per entrare in casa; con un sospiro di sollievo mi misi il casco ma lui si voltò pensieroso e chiese –Come fai a sapere dove abito?- Indicai una casa poco più avanti –è la stessa via di mia Zia Eleonora.- Lui sorrise –Ah, okay. Allora ciao.-  Feci un cenno con il capo e partii sgasando per tornare a casa. A volte ero andato da mia zia solo per vedere lui, per vederlo seduto sotto il piccolo porticato a leggere o a chiacchierare con gli amici. E a desiderare di poter essere vicino a lui. Venerdì. Mancavano due giorni. Dovevo studiare molto se non volevo deluderlo. A casa mi feci un panino al volo, non mi andava di mangiare la pizza surgelata di mia madre e non volevo neanche sorbirmi le loro domande su come era andato l’allenamento. Mi sedetti al centro del letto, il libro davanti e ricominciai a studiare mangiucchiando. Volevo lui fosse fiero di me. Volevo notasse che facevo progressi. Erano le undici quando chiusi il libro e mi misi a letto con indosso i vecchi pantaloni sdruciti di una tuta, stanco sia per lo studio che per il duro allenamento di basket. Mi arresi al sonno poco dopo, con un ultimo pensiero prima di crollare tra le braccia di Morfeo: forse stavo riuscendo a fargli cambiare idea su quello che pensava di me.
 
 
Beh, se interessa a qualcuno questo è il secondo capitolo =)
Se vi va, recensite pure e avvisatemi dei provabilissimi errori nello scrivere.
Ciao a tutti!   
  
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