Ho
sonno e fa caldo, e non so che cavolo scrivere qui
così… ehm, ringrazio chi è
arrivato a leggere fino a questo punto (ormai manca poco alla fine).
Homicidal
Maniac, io aspetto il pagamento u.u
Lo
so che dovrei rileggerlo, almeno la prima parte, ma sto crollando e
sinceramente non ne ho molta voglia, voglio solo pubblicare questo
cavolo di
capitolo e togliermelo da sotto il naso.
Piccola
parentesi, in teoria questa doveva essere la terza parte dello scorso
capitolo
ma è venuto fuori che questa famigerata terza parte
è solo il primo paragrafo
e, non avendo abbastanza fantasia per trovare un titolo decente per
questo
capitolo, ho scritto una delle prime cose che mi è venuta in
mente…
Cap.
18. L’ Ala d’ Argento e il Frigorifero.
Sorry
Ormai
Neah è esperta nello strappare cuori u.u
Buona
lettura e buona notte :D
Capitolo
18. L’ Ala d’ Argento e la Morte.
“Vieni nel mio mondo, guarda attraverso
i miei occhi. Cerca di capire”
[Within
Temptation – See who I am]
La
nebbia sembrava essersi diradata un poco, rendendo possibile vedere
dove si
mettevano i piedi, ma l’ aria era comunque pesante, si poteva
sentire l’
umidità infilarsi nelle fibre dei vestiti e creare brividi
spiacevoli lungo la
schiena, la vampira procedeva a passo tranquillo senza mai distogliere
lo
sguardo dalla schiena del re, o meglio, dal suo collo e quando lui si
fermò si
fermò anche lei, nella nebbia sempre più rada
intravide un’ altra figura
avvicinarsi ad Eiron, parlarono per un poco, poi il re
continuò per la sua
strada e così fece anche Neah, che però
avanzò solo di un paio di passi prima
di fermarsi per cercare di capire chi fosse la figura che ora si stava
avvicinando a passo svelto, quasi correndo, verso di lei.
Strinse
gli occhi maledicendo quello sinistro che ancora non era guarito del
tutto e
con poca fatica riuscì a capire che la figura slanciata e
alta che si stava
avvicinando era Rhies.
Lei
attese, fino a che non riuscì a scorgere sul suo volto un
sorriso a trentadue
denti che però sparì non appena il ragazzo
riconobbe Neah.
Passò
qualche istante in cui sul volto del giovane principe passarono
espressioni
differenti; prima una sorta di paura ben celata, sconcerto,
incredulità e
infine rimase un’ espressione sorpresa, poteva immaginare
quante domande
stessero affollando la sua mente, vista la sua bocca che si apriva e
richiudeva
muta in cerca della prima cosa da dire.
“Che
ci fai qui?” Chiese lui, forse in modo un po’
scortese. La vampira fece per
rispondere ma venne interrotta a un’ altra domanda.
“No
aspetta, chi sei tu?” Semplicemente non poteva credere di
aver avuto accanto
tutto il tempo ciò che stava cercando senza accorgersene.
“L’
Ala d’ Argento in carne e ossa.” Rispose lei
allargando un poco le braccia e
sollevando le sopracciglia, con un’ espressione un
po’ triste riprese a
camminare, Rhies la seguì mentre la testa si riempiva di
ogni sorta di ricordi
e immagini, era lei allora, era stata lei
ad uccidere suo nonno, ma la cosa che di più lo
sconcertò fu il fatto di non
provare rabbia, né sentì il desiderio di vendetta
impadronirsi di lui, il fatto
era che suo nonno –un po’ come faceva suo padre, ma
solo un po’- sembrava non
vederlo, non gli parlava e tutto quello che
faceva per lui era lanciargli occhiate di cui il principe se ci pensava
tuttora
non ne capiva il significato. Non aveva mai provato un senso di affetto
per
lui, e di certo la cosa era reciproca. Mandò giù
il malloppo di sentimenti e
riprese a parlare, tentando si dissimulare lo stupore di
quell’ ultima
scoperta.
“Ok,
e quindi che ci fai qui?” Continuava a fissarla, senza
riuscire a credere di essere
davanti a una leggenda bellica, ovviamente si sentiva intimorito da
quella
vampira dall’ aspetto di una giovane donna, più di
quanto lo fosse prima di
scoprirlo.
“Non
ricordi? Avevi detto che se volevo sarei potuta venire con
te.” Ma ora era
tutto più complicato, se solo l’ avesse saputo
prima. Si voltò verso di lui e
lo vide fremere quando i suoi occhi incontrarono le sue cicatrici.
“Che
ti è successo?” Stava iniziando a stufarsi, lei.
Tutte quelle domande la
infastidivano.
“Mio
padre si stava annoiando.” Rispose semplicemente lei.
“Comunque,
sai cosa sta per succedere vero?” Continuò,
voltando la testa per guardarlo.
Lui sembrò quasi perdersi nei suoi occhi, o meglio, in
quello che non poteva
più vedere, ricordava quando si erano fermati alla locanda,
ricordava i suoi
occhi neri non come due pozzi profondi in cui annegare, quella volta
erano come
porte chiuse ermeticamente, al contrario quell’ occhio cieco
del colore che
ricordava vagamente il cielo poco prima di un tempesta, ma un cielo
grigio che
non si sarebbe aperto neanche per far scendere i fulmini sulla terra.
Annuì
appena “Un’ altra guerra, vero?” Distolse
poi lo sguardo, cercando con gli
occhi la schiena di suo padre, anche se probabilmente era
già rientrato.
Annuì
a sua volta. “Questa volta sarà diverso
però” Ripensò ai Rinati e al
Generatore, ormai sembravano non venire più considerato
nemici. Rhygen era
morto per niente quindi? Un brivido di rabbia le percorse la schiena e
la
mascella si contrasse mentre sentiva la pressione dei canini sul labbro
inferiore.
“Non
è bello essere usati, non dovresti…”
Iniziò deciso il principe.
“Credi
che mi piaccia? Essere usata e considerata al pari di un’
arma?” Ma fu proprio
in quel momento che sentì un forte desiderio, quasi lo
stesso che aveva provato
due anni prima, chiusa in quella lurida cella, quel desiderio
irrefrenabile di
uccidere, di far soffrire, ma non voleva essere un’ arma, non
più. “Eppure non
so che altro fare, l’ unico modo per finire una guerra
è con la morte di una
delle due schiere.” Lo sapeva, che anche fuggire sarebbe
stato inutile, perché
ci aveva già provato, quando Rhygen l’ aveva
accolta senza fare domande, ma poi
era morto, e da allora tutto era iniziato a precipitare. Anche senza
volerlo
davvero, tutto quello che poteva fare era uccidere e far soffrire.
L’
elfo si guardò un attimo intorno, tentando di capire se il
fischio che sentiva
alle orecchie provenisse da un fattore esterno o se fosse solo nella
sua testa,
aveva una gran sete, nonostante avesse mandato giù una
quantità imprecisata di
boccali di birre. Intorno a lui c’ era il vecchio scenario
del bar decorato con
un mucchio di rose di cristallo rosse, ne aveva anche una al collo, la
solita.
“E
perché
mai avrei dovuto? Avete svolto il lavoro per me, per di più
questo non mi sembra
il posto adatto per ammazzare qualcuno, pieno di rose di cristallo
rosso e di,
cosa sono quelle, ballerine?” Gli
tornò in mente quel breve
discorso che aveva avuto con alcuni Generatori, tra cui Azue, che se la
ridevano mentre lui se ne stava bello che ubriaco a oziare, gli venne
da
ridere.
Sbatté
un paio di volte il boccale vuoto sul tavolo, e non seppe dire se lo
fece per
un motivo valido, sentiva solo il bisogno di farlo, quindi l’
aveva fatto e
basta.
Dopo
un po’ che Zephit si stava passando le mani sul volto una
cameriera passò e
versò dell’ altra birra nel bicchiere
dell’ elfo, e quando quest’ ultimo
spostò
le mani dal volto e spostò lo sguardo sulla birra rimase
esterrefatto, quale
misericordiosa divinità aveva appena riempito il suo boccale
di birra? Senza
starci a pensare troppo lo portò alle labbra e ne bevve
metà, quando lo posò
sul tavolo una sensazione fastidiosa si propagò nella sua
testa costringendolo
a cercare con la fronte il fresco del legno, la rosa che teneva al
collo gli
era finita davanti al viso, tanto vicina da fargli incrociare gli occhi
per
vederla bene e procurargli un senso di nausea.
C’
era decisamente troppo caldo in quella locanda, e troppo baccano
–con grande
probabilità c’ erano anche quelle ballerine della
volta scorsa, quelle che gli
avevano trapanato la testa- fece scivolare il bicchiere verso il
proprio viso
provocando un rumore abbastanza fastidioso per le sue orecchie
appuntite, e lo
fece aderire poi alla sua fronte sospirando di sollievo quando la
superficie
fresca del bicchiere lo fece rabbrividire.
Intorno
a lui c’ era baccano, o forse era solo nella sua mente, o
forse ancora erano i
sorsi di birra che facevano baldoria nel suo stomaco a farlo sentire
così
angosciato. Fu solo un attimo, nell’ istante in cui
batté la palpebre un’
immagine fin troppo chiara si insinuò nella sua mente; un
corpo riverso a terra
avvolto da candidi abiti macchiati dal sangue che lentamente si
allargava sul
legno chiaro, un coltello e delle mani pallide e sporche che lo
lasciavano
cadere a terra con uno spasmo.
Mi
dispiace… Ma da ora
andrà tutto per il meglio
Una
voce che conosceva fin troppo bene, e ogni volta che riaffiorava era
come se
non se ne fosse mai dimenticato, e si riscopriva sempre ad ascoltarla
con una
forte malinconia mescolata a un intenso senso di colpa.
“Sta’
zitta stronza.” Biascicò con la lingua impastata,
mentre iniziava a sentire di
nuovo troppo caldo.
Con
uno sforzo notevole sollevò il boccale appoggiandoselo sulla
tempia, di nuovo
una sensazione piacevole che però svanì
nell’ arco di breve tempo, rovesciò
quindi il boccale alla ricerca di una parte della sua superficie ancora
fresca,
peccato però, che non aveva ancora finito di bere.
Finì
in una stanza per gli ospiti, profumata da fiori troppo appariscenti e
odorosi.
E quasi a farlo apposta era pieni di specchi.
Passò
solo qualche minuto lì dentro, giusto il tempo di togliersi
il lungo cappotto
nero e crogiolarsi per un po’ nell’ indecisione di
portarsi in giro per il
castello l’ Ala d’ Argento. Alla fine con un
sospiro pensante buttò sul letto
la spada, constatando che se avrebbe dovuto difendersi in un castello
pieno di
Umani la spada non sarebbe stata strettamente necessaria.
Passò
quasi tutto il pomeriggio a gironzolare per il castello, e dovette
ammettere
che fino a un certo punto fu divertente; le guardie e i servi che
incrociava le
lanciavano sguardi pieni di curiosità, di sconcerto e alle
volte di puro odio,
lei rispondeva a tutti con un gran sorriso, cioè, quello che
relativamente era
il sorriso di un vampiro.
Più
tardi, quasi all’ ora di cena, quando un lieve odore di
marcio si diffuse nel’
aria Neah si trovò a seguire quella scia lieve, ma comunque
fastidiosa, che
stava emergendo dalle cantine. Non era di certo qualche bottiglia di
vino
rotta, né l’ odore di muffa e stantio ad attirare
la sua attenzione, bensì l’
odore, seppur lieve, di putrefazione che alleggiava nell’
aria, anche se
probabilmente era lei l’ unica a percepirlo.
Raggiunse
le cantine e appena aprì la pensante porta in legno
desiderò non aver lasciato
nella sua stanza la spada.
Azue
se ne stava seduto, con il viso rivolto verso la porta, davanti a un
ampio
tavolo sul cui stava tentando di deporre un cadavere le cui condizioni
erano
disastrose; gli mancava una gamba e il suo viso era un teschio privo di
pelle,
la vampira si chiese per un istante se si potesse riportare in vita
anche un
corpo ridotto in tali condizioni. Il Generatore non si accorse della
sua
entrata, tanto era impegnato a issare il corpo, tentando di non far
muovere
troppo il tavolo per non versare la bottiglia di vino appoggiata
lì affianco.
“Non
dovresti giocare con i morti.” Disse Neah, sorprendendo Azue
che sobbalzò
lievemente e poi sospirò.
“Rivogliamo
le perdite, ha detto lui, quindi mi tocca lavorare.” Rispose
accompagnando le parole
con una smorfia quando con uno sforzo maggiore riuscì a
sistemare il corpo
morto lì sopra.
Restarono
un po’ in silenzio, la vampira appoggiata tranquillamente
alla porta e il
Generatore a trafficare con il corpo.
“Da
che parte stai tu?” Chiese poi lei in un moto di apparente
curiosità.
“Sono
neutrale, uccido e riporto in vita chi mi pare.” A quelle
parole il nervosismo
e la rabbia le fece prudere le mani e con uno scatto si
avvicinò al Generatore
appoggiando una mano sul torace del cadavere, sorrise appena, prima di
affondare con forza la mano nella carne morta, in un attimo raggiunse
il cuore,
lo strinse con forza e lo strappò dalla sua sede, per poi
lasciarlo appoggiato
sullo sterno del cadavere a mo di trofeo.
“Non
sarebbe più corretto dire traditore visto che ti diverti ad
ingrossare gli
eserciti di entrambi le parti? E dimmi, li puoi riportare in vita ance
così?”
“Lo
faccio per i loro desideri, cioè per quello che non possono
ottenere.” Sospirò,
studiando il cuore spento e scuro che si era ritrovato sotto il naso.
“Assolutamente si, non serve per forza un cuore per far
camminare gli esseri
viventi, o i morti… o qualunque altra cosa, per di
più costui era un abile
guerriero.” Scrollò leggermente la testa per
scostarsi dal viso ciocche
argentee e fastidiose mentre meditava sull’ ultima frase.
“Comunque,
saranno i loro desideri a portarli alla tomba.” L’
angolo della sua bocca si
sollevò. “Infondo Dimitri ed Eiron sono piuttosto
simili, non trovi?”
“Sono
entrambi insensibili?” Chiese con finta curiosità
la vampira.
“Anche
tu lo sei.” Rispose il Generatore trattenendo una risata e
rimettendosi a
sedere, i suoi occhi d’ ambra sembravano splendere nella
penombra puzzolente di
quel posto, Neah ignorò il suo commento, non che le
importasse, ovvio.
“Quello
di cui volevo parlare era tutt’ altro, comunque.
Ciò che intendo è che i
desideri ti portano alla tomba perché quello che si desidera
realmente è ciò
che non si può ottenere, e questo di conseguenza ce lo fa
desiderare di più,
quindi continuiamo a cercarlo. Comunque, resto della convinzione che
nonostante
lo si cerchi di ottenere, anche sprecando la propria vita, non lo si
riuscirà
mai ad avere, ci sarà sempre qualcosa pronto ad andare
storto, a far fallire i
tuoi piani e a non far avverare il tuo desiderio.” Fece
spallucce come se
stesse parlando del più e del meno. “E a questo
punto si torna al punto di
partenza, cioè a desiderarlo ancora, se non addirittura
più di prima.” Sorrise,
soddisfatto del suo discorso. “È un circolo
vizioso, di cui tutti noi siamo vittima”
Nonostante il suo volto fosse più rilassato del solito nelle
sue espressioni si
poteva scorgere un velo di oscurità, forse più
cupo del solito, che ricopriva
tutto come la neve della prima nevicata dell’ anno.
“Quindi
stai insinuando che io non riuscirò ad uccidere mio
padre?” Il Generatore
sollevò l’ indice destro con un’
espressione soddisfatta, pronto ad esclamare ‘Esatto!’
ma la sua espressione si fece
subito dubbiosa e fissò interdetto la vampira, con i suoi
occhi color ambra che
sembravano voler scavare dentro di lei.
“Non
è esattamente quello che intendevo,
però…” Continuò a guardare
la vampira,
osservando attentamente l’ occhio sano, e lo vedeva,
era certo di poter vedere quel desiderio di cui parlava
prima lui stesso nascosto in fondo alla sua anima sporca. Voleva quel
che era
più normale desiderare essendo un essere divenuto immortale.
Ambire ad uccider
qualcuno non era abbastanza, a meno che quel qualcuno non fosse se
stessi. “io
non posso aiutarti, mi dispiace.”
Bevve
un sorso di vino dalla bottiglia che aveva lì di fianco.
“E
comunque, se vuoi fare dei discorsi profondi con qualcuno dovresti
parlare con
Zephit, sempre che sia sobrio.” Neah si voltò
decisa a tornare nella ‘sua’
stanza e a rimanerci per un bel po’.
“Ah!
Questa sera ci sarà una cena sfarzosa, non
mancare!”
Boh, ho
sonno…