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Autore: hiccup    30/06/2012    2 recensioni
Nero I: Il risveglio di un panda non sarà mai veloce nè violento.
Bianco I: La memoria di un panda non deve mai essere messa in discussione.
Nero II: I biscotti sono cosa buona e giusta sia per il panda che per il suo gatto.
Bianco II: Panda bagnato, panda fortunato?
Nero III: Chi ha detto che un panda non può correre?
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Bianco II.

- Panda bagnato, panda fortunato? –

***



Era una giornata bellissima: il sole brillava alto nel cielo azzurro e gli uccellini cantavano.
L’intera capitale francese pareva brillare di luce propria in quella giornata solare d’inizio giugno; i raggi accarezzavano le chiome degli alberi, gli stand dei vari negozi e le auto lungo le strade facendole luccicare.
Una visione idilliaca di Parigi, vero?
Nulla può infrangere quest’incanto, dite?
Ahimè sì, qualcosa c’è. Anzi qualcuno.
E quel qualcosa si chiama Sonja Lançomes.
La nostra giovane, e alquanto pigra, ragazza si era alzata di buon’ora quella mattina con il chiaro intento di recarsi in biblioteca per scovare un libro sulla storia della musica classica che ancora non aveva letto.
Aveva fatto colazione, aveva indossato vestiti leggeri e colorati – quella bella giornata era un toccasana per il suo umore da studentessa depressa – e,  una volta montata in bicicletta, partì, decisa a godersi tutto quel bel calore quasi-estivo.
Pedalando lungo le vie pittoresche e ombreggiate, costellate da casette a schiera con i balconi fioriti, le sembrava quasi di essere in un film hollywoodiano.
Mancava solo la minigonna che, al minimo accenno di vento, si alzasse.
Ma è risaputo; non si può volere tutto dalla vita, pensò non turbandosi più di tanto.
Era ferma all’incrocio, in attesa che scattasse il verde e che il traffico parigino le permettesse di attraversare la strada, quando la sentì. Una piccola, minuscola, microscopica goccia. Sul braccio.
In un primo momento di puro orrore Sonja alzò lo sguardo verso il cielo: altro che film hollywoodiano. Era come in The day after tomorrow: nuvoloni scuri iniziarono ad aggrumarsi sopra la cittadina poco prima ridente, un vento freddo – non quello della gonna di Marylin, per intenderci – iniziò ad intrufolarsi tra i vestiti leggeri e a far increspare la pelle.
La signora anziana in attesa di fianco a lei si fece il segno della croce borbottando: “Oh mon Dieu! La fin du mond!”
Sonja era ancora intenta ad osservare il cielo parigino quando decine di clacson la riportarono alla realtà. Il semaforo era verde. Doveva attraversare. E lo fece. Più o meno. Attraversando l’incrocio il piede le scivolò dal pedale ben due volte e per due volte apparve agli automobilisti irati e frettolosi come una povera ubriaca incapace di andare in bicicletta.
“Questa gioventù dedita ai vizi!” aggiunse la vecchia con voce stridula.
Sonja, nonostante i molti slalom e nonostante fu costretta ad inchiodare una dozzina di volte per non venire investita, arrivò sana e salva in biblioteca.
Legò la bicicletta con cura e un tuono squarciò il cielo.
E iniziò a piovere sulla ex-ridente città parigina.
E Sonja  corse – per la prima volta nella sua vita – all’ingresso del grande edificio.
E Sonja Lançomes entrò in biblioteca fradicia.
E quell’arpia mummificata della bibliotecaria la fulminò con lo sguardo.
“Signorina, guardi dove mette i piedi. E, soprattutto, si asciughi le suole delle scarpe” la rimbeccò.
Cosa? Io sono sempre attenta e- Oh!
La ragazza si accorse di aver lasciato una scia di orme fangose e bagnate sul lucidissimo e pulitissimo pavimento risalente al *inserire un numero* secolo.
Cavolo!
Si maledì mentalmente e si scusò con l’arpia. Poi tornò sui suoi passi, si pulì per bene le suole delle scarpe sul tappetino all’entrata e avanzò nuovamente, lanciando un sorrisino timido e umilmente dispiaciuto alla bibliotecaria che si limitò ad alzare gli occhi al soffitto e a chiamare l’addetto alla pulizia. Addetto che, tra le molte cose, era un colosso palestrato con una cicca rosa in bocca e un fazzoletto rosso attorno al collo. Un camionista violento in incognito?
Sonja non voleva indagare e si accontentò di evitare lo sguardo dell’energumeno e di dirigersi tranquillamente verso la sua sezione preferita: musica.
Naturalmente era dell’idea di non essere esattamente presentabile. No, decisamente.
La maglietta leggera e i jeans erano fradici, le converse zuppe e infangate – così come i calzini – aveva le guance rosse per la pedalata al limite del guinness world record e, diciamocelo pure, i capelli erano in uno stato di puro degrado ambientale. La steppa mongola più arida e intricata versava sicuramente in condizioni migliori.
Insomma era già tanto che fosse entrata in un luogo pubblico, dove giovani e labili menti avrebbero potuto subire un trauma, giusto?
Non è possibile fare incontri importanti in condizioni pietose, giusto?
Non per Sonja Lançomes.
Non per la sua perenne sfortuna.
La ragazza sbattè un paio di volte le palpebre, incredula. Davanti a lei, intento a cercare un libro, c’era un gran bel giovane: biondo, alto, magro ma in forma, occhi azzurri, sorriso stupendo, naso drittissimo.
Questa personificazione della perfezione ha un nome?
Certo, Claude Plombiers.
Compagno di corso di Sonja Lançomes .
Sogno proibito di Sonja  Lançomes.
Il ragazzo più bello della facoltà.
L’essere umano di sesso maschile più affascinante del sistema solare.
Claude Plombiers, un dio sceso in terra, era davanti a lei, pigro panda geneticamente modificato in giovane ragazza sfigata e fradicia.
Ecco.
La giovane boccheggiò, annaspando, in cerca di aria, si guardò in torno e si tuffò verso le scaffalature di fianco. O per lo meno questa era la sua idea. Sì, perché inciampò nei suoi stessi piedi – colpa delle suole bagnate – e finì lunga distesa a terra picchiando il naso contro il pavimento lucidissimo.
Sigh.
Senza speranza. Fa che non mi abbia notato.
Perchè, certo, una persona normale non si accorge di avere un'allegra ed aggraziata balenottera spiaggiata di fianco. Normale.
"Lançomes, sei tu?” le chiese con voce melodiosa –anche se avrebbe preferito non sentirla in quel frangente - il dio in terra.
Ehm.
Sonja si alzò con agilità e biascicò qualche parola. Sillaba. Verso.
“Stai bene?” le chiese il ragazzo con un sorrisetto, “Oh, hai del sang-" non finì nemmeno la frase che Sonja era già corsa via urlando un “Ci si vede a lezione!”
Claude Plombiers la guardò inclinando un sopracciglio. Poi tornò ai suoi libri.
La ragazza si fermò cinque o sei corridoi lontano.
E si accorse di avere la maglietta rossa. Sangue.
Le usciva sangue dal naso.
Sangue.
Tanto.
Tanto sangue.
Sonja si tenne ad uno scaffale per non svenire. Aveva le gambe molli e le girava la testa. E preferiva non pensare all pessima figura appena fatta.
“Ancora tu, ragazza? E questa volta stai imbrattando i libri con del sangue?” una voce grezza e seccata.
Sonja guardò il proprietario di quella voce così diversa da quella del suo amato Claude: l’energumeno palestrato, il camionista killer.
"Oh…  ehm… Io…" farfugliò.
“Le scuse le racconti alla principale, ribelle”

Piano A: fallito.
Piano B: svenire.

Sonja Lançomes, insanguinata e fradicia, si lasciò cadere a terra con pathos e occhi chiusi.

Giornata peggiore non poteva esserci.
Oh, mio Claude Plombiers, prima o poi riuscirò a confessarti il mio amore senza combinare danni.
Te lo prometto.

“Ehi, vandalo girl, gli svenuti non parlano” le fece notare l’addetto alle pulizie, prendendola per le braccia e, senza tanti complimenti, rimettendola in piedi.


Oh, ho parlato a voce alta?



***








Questo capitolo è altamente demenziale, lo so ç.ç
Ma avete mai avuto la sensazione che una nuvoletta scura vi seguisse ovunque? *silenzio imbarazzante*
Come sempre spero vi abbia strappato un sorrisino, dai :'3 Non so il francese - eccetto qualche parola - perciò non so se è corretto quello che scrivo ^^''
Grazie a chi legge/recensisce/segue ecc *^*
Alla prossima,

hiccup

  
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