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Autore: Yaeko Nishiara    30/06/2012    0 recensioni
"Dopo aver pensato a lungo decisi che era arrivato il momento per me di scovarlo. Non ero d'accordo nell'essere la preda in questo gioco. Dovevo riuscire a studiarlo anche io, e per farlo dovevo prima trovarlo."
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era una bella giornata. Nonostante fino a qualche giorno prima avesse piovuto a non finire,  questi primi giorni a Venezia erano stati un successo, il sole splendeva e mi bruciava la pelle, l'odore salmastro del mare inondava l'aria e il vento leggero e caldo mi sferzava il volto con estrema gentilezza. La mia nuova vita sembrava essere iniziata senza pensieri, se non fosse stato per quel ragazzo misterioso che si divertiva a stuzzicarmi. Era raro che trovassi qualcosa interessante, ancora più raro qualcuno, ma quel ragazzo aveva qualcosa di estremamente attraente. Come un fiore per le api.
A differenza delle altre mattine non mi ero svegliata presto. O almeno non mi ero alzata dal letto presto. Mi ero svegliata, ma ero rimasta tra le lenzuola a pensare. Erano passati tre giorni dal tramonto alle Zattere e da quel momento non avevo più visto quel ragazzo. E se la sfida fosse in realtà solo nella mia testa? E se quel sorriso complice fosse stato solo frutto della mia immaginazione?

Mi rigirai ancora un paio di volte nel letto e poi decisi che era tempo di uscire.
Trovai ad accogliermi in cucina una nota dei miei zii:
"Io e tuo zio siamo andati a lavoro, torniamo per le otto, mi raccomando se esci spegni il gas e chiudi a chiave la porta. Torna per le nove massimo. Un bacio e buona giornata."
Accartociai il post it e lo lanciai nel cestino della spazzatura.
-Canestro!- esultai da sola e tornai in camera a cambiarmi.
 

Piazza San Marco era più affollata del solito oggi. Scesa dal vaporetto esaminai per bene la piazza per trovare il posto più adatto dove posizionarsi.
Dopo un po' trovai il posto perfetto, era all'ombra, in un'angolo tra due palazzi, giusto nascosta da alcuni turisti seduti per terra intenti a interpretare la cartina e a dissetarsi in una giornata così calda.
Mi avvicinai, poggiai il mio zainetto a terra e mi sedetti a gambe incrociate, appoggiando la schiena al muro. Tirai fuori il mio mp3 e feci partire "Replay", chiusi gli occhi e mi abbandonai alla musica, cantando le parole che ormai sapevo a memoria, parole che si formavano sulle mie labbra senza fare alcun suono, come un film muto.
Come ogni canzone questa finì e venne immediatamente rimpiazzata da "Ring Ding Dong". Gli occhi ancora chiusi, in estasi per le note e le voci che cantavano solo per me nel mio mondo di musica e libertà.
A metà della canzone venni violentemente riportata alla realtà.
Un paio di mani mi avevano tolto gli auricolari dalle orecchie senza che mi accorgessi di niente.  Senza nemmeno pensarci aprii gli occhi altamente contrariata e urlai: -Yah!
Il ragazzo era accovacciato poco distante da me, con le mie cuffiette in mano e un sorriso impertinente stampato in faccia.
Porsi la mano per fargli capire che rivolevo le mie cuffiette, lui aveva capito benissimo - non era stupido - ma nonostante ciò mi prese la mano e la strinse in segno di saluto. Rise.
- Kwon Ji Yong. Piacere di conoscerti.- disse in perfetto inglese.
Ero scocciata. Mi stai prendendo per il culo?
Lo guardai alzando un sopracciglio e staccai la mano dalla sua stretta.
-Bene.. Know Ji Young.. Mi ridaresti le mie cuffiette?
Lui me le porse  e sorrise di nuovo, un sorriso che non era mai semplice da decifrare, ogni volta aveva un significato diverso ed era facile capirlo dalle sfumatare che prendeva il suo sguardo. Ma probabilmente una persona poco attenta l'avrebbe considerato uguale a ogni sorriso.
-Buona pronuncia. E tu sei...?
Lo ignorai, afferrai le mie cuffiette, lo zainetto e mi allontanai da lui a passo spedito. Naturalmente lui non mi seguì, rimase li a fissarmi con una delle sue smorfie divertite in volto, complice di un gioco di cui nessuno aveva dettato le regole, ma a cui entrambi stavamo partecipando.
 

Kwon Ji Yong...

Quel nome mi rimbombava nella testa. E' coreano giusto?
Aprii il mio zainetto e ne tirai fuori una macchinetta compatta digitale, una di quelle a poco prezzo e con pochi megapixel. A me bastava, era l'essenziale per imprimere le immagini dei miei ricordi su delle fotografie, non mi serviva una macchinetta costosa con troppi obiettivi e difficile da portare in giro.
Fissai il mio sguardo nello schermo della compatta e inquadrai il motivo del mio interesse. A pochi metri, dall'altra parte di un canale che sfociava nel mare aperto, c'era una casa abbandonata che tutti chiamavano la "casa stregata".
Scattai la foto. Più la guardavo più mi sembrava una casa come un'altra, ma forse era perchè, per la prima volta nella mia vita, non stavo badando attenzione a ciò che avevo d'avanti.
La mia mente era distratta, impegnata a ripetere quel nome e a formulare strane congetture su chi potesse essere quel ragazzo e sul perchè mi stesse seguendo. Perchè era abbastanza ovvio che mi stesse seguendo. Se fossero stati incontri casuali l'avrei senz'altro notato sempre io per prima, ma in qualche modo spuntava sempre dal nulla stupendomi e riuscivo a vederlo solo quando lui voleva che lo vedessi.
Per la prima volta mi sentivo messa in difficoltà.

Troppe prime volte in questi pochi giorni..

Riguardai di nuovo la casa.

Una casa come un'altra.

E me ne andai.
 

Dopo aver pensato a lungo decisi che era arrivato il momento per me di scovarlo. Non ero d'accordo nell'essere la preda in questo gioco. Dovevo riuscire a studiarlo anche io, e per farlo dovevo prima trovarlo.
Camminai a passo spedito per le stradine e i ponticelli della città galleggiante e mi ritrovai ben presto nel ghetto.
 

La piazza principale del ghetto era ampia, circondata dai dei palazzetti antichi - come il resto dei palazzetti di Venezia d'altronde - che a loro volta erano costeggiati da vari canali. Il risultato era che questa piazza, seppure molto ampia, era isolata dal resto della città, fatta eccezione per quei pochi ponti che la raggiungevano. La piazza era sempre popolata di gente, vecchi e giovani che si ritrovavano li, seduti sulle panchine all'ombra degli alberi o in piedi a chiacchierare. Inoltre nel bel mezzo della piazza si trovavano tre pozzi, chiusi e inutilizzati ormai da tempo, dove la gente soleva riposare.
Lanciai uno sguardo sulla piazza che conoscevo bene e mi resi immediatamente conto che in una città piccola come Venezia il compito che mi ero prefissa era molto più facile di quanto credessi. L'avevo trovato.
 

Mi dava le spalle, ma, non so come, l'avevo riconosciuto. Il suo portamento piuttosto grottesco e affascinante, i capelli biondi, d'un biondo che pareva bianco, e la corporatura minuta ma mascolina. Mi andai a sedere su una panchina che fortunatamente era rimasta libera e lo osservai da dietro uno degli alberi della piazza.
Era vestito con una maglietta rossa, larga, senza maniche, decorata con alcune stampe bianche sull'addome, e dei jeans che arrivavano poco sotto il ginocchio. Aveva raccolto con delle forcine la frangetta bionda cosicchè non gli coprisse il volto e lasciasse vedere il suo sguardo che era immancabilmente provocante. 
Distolsi lo sguardo dalla sua figura e notai che stava parlando con altri due ragazzi asiatici.
Il primo ragazzo indossava una camicia rossa con fantasia scozzese sopra ad una maglietta blu e a dei jeans di denim scolorito. I capelli corti e scuri, gli occhi sottili ed espressivi e una bocca particolare: nonostante non sorridesse e non fosse divertito le sue labbra erano sempre piegate in un sorriso. Il secondo ragazzo era più alto degli altri due, indossava una maglietta bianca larga senza maniche e dei bermuda color cachi. Anche lui aveva i capelli corti, più lunghi e scuri del secondo ragazzo. Il suo sguardo mi colpì incredibilmente: le sopracciglia folte e dalla forma particolare, insieme al naso longilineo gli conferivano uno sguardo estremamente seducente, che riuscì perfino a mettermi in soggezione.
Ji Yong parlava con calma agli altri due ragazzi che l'ascoltavano in silenzio.
Come se avesse sentito il peso del mio sguardo sulla sua schiena si girò, e feci appena in tempo a nascondermi dietro l'albero. Il battito a mille e le mani sudate, chiusi gli occhi quasi con la convinzione che se io non avessi visto il mondo, il mondo non avrebbe visto me.

Fa che non mi ha visto. Fa che non mi ha visto. Fa che non mi ha visto.

Sentii la sua risata, più vicina di quello che avrei voluto.

E' finita.

Aprii gli occhi e mi ritrovai circondata dai tre ragazzi che avevo osservato fino a poco prima. Il cuore mi andava ancora a mille. Mi aveva beccata. Qualsiasi cosa cercassi di fare rimanevo la preda di quel gioco, che non può niente di fronte al cacciatore.
Stavo perdendo la sfida. Digrignai un poco i denti, irritata. Era la prima volta che perdevo.

Un'altra prima volta di cui avrei fatto volentieri a meno...

-Da quanto tempo!
Lo guardai con disprezzo. La sconfitta bruciava cara. Sul suo viso quel sorriso esuberante e provocatorio che iniziavo ad odiare. Si diverte a umiliarmi eh...

Ormai non era più un gioco, era diventata una lotta contro me stessa e contro quel ragazzo che sembrava essere più furbo di me. Ero competitiva, esageratamente competitiva e lo sapevo perfettamente, ma quel ragazzo aveva lanciato una sfida intangibile, io avevo solo raccolto l'invito.
Si avvicinò di qualche passo fino a che i nostri corpi non furono a poche decine di centimetri l'uno dall'altro.
-Sei venuta per dirmi il tuo nome?

Neanche per sogno!

Si stava divertendo e si vedeva palesemente nei suoi occhi che brillavano più del solito, animati dall'eccitazione della caccia che stava conducendo.
Alzai lo sguardo verso gli altri due che sembravano abbastanza confusi dalla situazione e ritornai a guardare Ji Yong negli occhi. Finalmente mi decisi a parlare.
-Perchè dovrei? Neanche ti conosco.
Mi guardò per pochi istanti e poi scoppiò a ridere. La sua risata era cristallina, da una parte libera ed ingenua come quella di un bambino, dall'altra bassa e prolungata come quella di un adulto. Lo fissai sconcertata, era l'unica persona di cui non potessi prevedere le mosse, neanche in parte. Era frustante, ma da una parte anche..

...meraviglioso.

Mi puntò un dito vicino al viso.
-Ed è proprio qui che ti sbagli. Noi ci conosciamo abbastanza bene. Tu sai già come mi chiamo e inoltre ci siamo visti già quattro volte in pochi giorni, e adesso ti ritrovo qui a spiarmi da dietro un albero.
Diventai rossa fino alle orecchie, sentivo la pelle bruciarmi e sapevo che era palesemente visibile anche ai due ragazzi che continuavano a guardarci senza capire, ma senza intenzione di interromperci, divertiti dalla scena.
-Sei tu che hai iniziato questo! Li a seguirmi come uno stalker! Manco fossi un idol e tu un fan che cerca di avere il mio autografo!!
Alle mie parole scoppiò in una risata ancora più fragorosa, questa volta seguito anche dagli altri due ragazzi. Io incredula, frustrata, imbarazzata ed arrabbiata rimasi li a fissarli ridere per cinque minuti buoni, poi mi rimisi in spalla lo zainetto e me ne andai.
Non feci in tempo a fare due metri che venni bloccata per un braccio da Ji Yong.
-Okay, okay. Scusa abbiamo esagerato. Non andartene.
Lo guardai. Ogni traccia di esuberanza era sparita dai suoi occhi, sembrava che volesse solo che io rimanessi. Sembrava sincero. Annuii e tornai a sedermi sulla panchina.
-Allora.. Questi sono Lee Seung Hyun e Choi Seung Hyun.
Disse indicando prima il ragazzo con la camicia scozzese e poi quello con lo sguardo seducente, che non ebbi il coraggio d'incontrare per più di qualche secondo.
-Ma li puoi chiamare Seungri e Tabi.
Annuii. Mi ero calmata. Era incredibile come potessi diventare lunatica in così poco tempo.
Ji Yong e gli altri due mi fissavano, adesso, con aspettativa. Mi arresi. Per la prima volta in vita mia mi arresi.

Ecco un'altra prima volta.

-Matilde. 
  
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