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Autore: Morgana95    01/07/2012    3 recensioni
"Sono stata la ragazza che con il suo carattere indomabile ha infangato la nomea della propria famiglia, ma mai, dico mai, prima del mio arrivo in Inghilterra, avrei mai creduto che ci fosse qualcosa di più terribile del mio ego: il mio destino. Sono Katerina Petrova e questa è la mia storia" Katerina Petrova: la sua pelle apparentemente diafana mostra profonde cicatrici di un passato che l'ha segnata nel profondo; la sua pelle è delicata e segnata quanto una rosa screziata. Riuscirò a farvi innamorare di questo meraviglioso personaggio, attraverso i miei occhi? una piccola precisazione: non ci sarà un finale nè Steferine nè Klatherine. It always going to be Damon.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katherine Pierce | Coppie: Damon/Katherine
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Prima di iniziare, ci terrei a nominare qui Ashley01 (indirizzo EFP: http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=202354).
Questa ragazza è stata "il Damon" più importante per me durante la residenza nel mondo dei giochi di ruolo; per questo motivo, vorrei iniziare il primo capitolo della mia storia partendo da una role che vale tanto per me e per lei, alias Damon Salvatore. Le informazioni per l'autenticità della mia scrittura le trovate a fine cpaitolo tra parentesi. Sono una persona corretta e mi piace fare le cose alla luce del sole. *Morgana95*

 

“ [..] E quel Corvo senza un volo  siede ancora, siede ancora
sul pallido busto di Pallade sulla mia porta.
E sembrano i suoi occhi quelli di un diavolo sognante
e la luce della  lampada getta a terra la sua ombra.
E l'anima mia dall'ombra che galleggia sul pavimento
non si solleverà "mai più" mai più.”

- Edgar Allan Poe, "Il Corvo" (1845) -

I fari delle auto che sfrecciavano in direzione opposta alla mia illuminavano a intermittenza il mio viso; come colpi di frusta, mi obbligavano a guardare con disgusto l'immagine dell'Egoismo riflessa nel vetro. Con la coda dell'occhio lanciavo occhiate furtive allo specchietto retrovisore, per controllare che nessuno mi stesse seguendo. Non appena mi convinsi che Mystic Falls sarebbe diventata ormai come un ricordo sfocato, poggiai la testa contro il sedile e mi lasciai sfuggire un sospiro, a metà tra il sollievo e il dolore. Meccanicamente alzai al massimo il volume della radio e passai una mano tra i miei capelli, cercando darmi una svegliata. La mia testa si perse nelle ultime immagini che mi fluttuavano come fantasmi: avevo aspettato da più di due secoli quel momento, la morte di Klaus, dell'uomo che aveva distrutto la mia vita, pessima nella sua disgustosa esistenza. Avevo aspettato con fervore il momento di vederlo rantolare al suolo, di sentirlo urlare di dolore mentre sentiva la morte avanzare graduale nel suo freddo corpo. Tutti sogni vani. Klaus non era morto, non ancora perlomeno. Ma se la morte di Klaus avesse segnato la morte di Damon e a catena quella di Stefan, non mi sarei mai perdonata la mia esistenza, non questa volta. Strinsi le dita sul volante, facendo schioccare le mie nocche e rendendole livide per la forza esercitata. Stavo per sbriciolare il volante, così decisi di lasciar correre. Chiusi gli occhi e sprofondai sul sedile, badando poco alla guida. Era incredibile come ogni volta riuscivo a farmi fottere dai sentimenti. Tamburellai sul volante con le dita a ritmo di musica, in cerca di un diversivo per abbandonare quei sentimenti così... umani. Un altro flash di luce e ombra e l'Egoismo tornò a sorridermi dal vetro. Stavolta gli risposi anche io con un ghigno. Forse il mio diversivo non sarebbe stato poi così lontano. Una parola, otto lettere; mi sarei liberata del peso di quella fuga in breve tempo. Sarò forse ritenuta la maga delle sparizioni, ma anche dei ritorni improvvisi e dei colpi di scena. Spinsi il piede sull'acceleratore, diretta chissà dove. Non importava la meta, qualsiasi posto sarebbe stato perfetto per architettare la mia sana vendetta. Un brivido di eccitazione mi percorse la schiena e sorrisi mesta a quell'emozione.
Abbassai il finestrino e gettai fuori il mio cellulare. Non male come inizio. Il desiderio di vendetta mi avvolse completamente, inserendo le sue spine dentro la mia pelle. Non era dolore, era sadico piacere. Klaus da secoli mi tormentava con la sua caccia, ormai era diventato un circolo vizioso; dovevo porvi rimedio una volta per tutte. Sebbene da quel momento mi stessi lasciando alle spalle la mia umanità, la capacità di lasciarmi alle spalle tutti i sentimenti, l'unica forza che alimentava la mia vendetta era l'amore che provavo verso i due uomini che mi stavo lasciando alle spalle, un'altra volta, preda di un destino a cui li avevo condannati indirettamente. Avevo sempre sperato ardentemente che nessuno dei due si fosse mai dovuto imbattere nella doppelganger, l'avevo sperato con tutto l'egoismo che mi teneva in vita; ciò accadde inevitabilmente, senza che io potessi fare qualcosa. Avrei avuto la mia vendetta, mi sarei riappropriata della mia libertà, avrei potuto finalmente amare. La morte ormai era diventata il mio aguzzino personale. Ormai l'autostrada era deserta, l'Egoismo non mi osservava più con sguardo pungente, no.
Ora lo sentivo dentro di me, lo sentivo bruciare insieme all'odio; lo sentivo litigare parzialmente con il briciolo di umanità che mi restava dentro.
Avrei avuto la mia vita.
Alimentata da questi sentimenti forti, sorrisi al giorno, conscia che sarei stata una persona diversa. Inevitabilmente il mio pensiero si rivolse ai fratelli Salvatore. Io, io li avrei protetti... da lontano, circospetta. Avrei monitorato la situazione senza difficoltà, mi sarei assicurata della loro salute, li avrei amati da lontano, cosa che non mi sarebbe stata difficile, visto il passato. Quando in palio c'era la mia sopravvivenza, tutto si dissolveva; tutto meno l'amore che potessi provare. Ero brava a nasconderlo, certo... ma per via della mia maschera.
Accostai la macchina sul ciglio della strada e la abbandonai lì. Accarezzai un'ultima volta la carrozzeria e mi preparai ad assumere una parziale nuova identità.

 

Passarono settimane, mesi e ancora la mia sete di vendetta non si era spenta. Me ne stavo immersa nella vasca da bagno della mia piccola ma sontuosa villa in un quartiere residenziale di Portland, quando all'improvviso spalancai gli occhi. Un corvo si fece largo all'interno del bagno con un verso agghiacciante. Era entrato dalla finestra semiaperta e si era sistemato sul bordo della vasca. Piegò al testa di alto e mi rivolse un altro verso gracchiante. Inarcai un sopracciglio e con il piede gli diedi un colpo. 
«Fuori dal mio bagno, uccellaccio maniaco!»
Si spostò leggermente e tornò a gracchiare, stavolta più forte. Sbuffai. 
«Va bene, resta pure qui ad ammirarmi mentre io mi faccio i fattacci miei. Ma non prendertela come abitudine»
Rilassai al testa e richiusi gli occhi, perdendomi nel rumore del rubinetto che sgocciolava regolare. Spalancai nuovamente gli occhi e mi alzai in piedi, facendo volare via il corvo dal mio ginocchio. La schiuma scivolava giù dal mio corpo come seta e mi ritrovai con lo sguardo perso nel vuoto. 
«Ma cosa ci faccio ancora qui?» 
Mi infilai svelta nel mio accappatoio mentre volavo per la casa come una presenza inquietante. Ero talmente veloce che a malapena sentivo la moquette sotto i miei piedi. Sarei tornata, stavolta per sempre. Avrei ripreso in mano la situazione, avrei ucciso Klaus con le mie mani e mi sarei riappropriata della mia vera vita. Non sarei più fuggita. Infilai le cose essenziali dentro un borsone e mi preparai a uno dei miei soliti ritorni in grande stile, stavolta, si sperava, l'ultimo ritorno.



(Ciò che avete letto è tutta farina del mio sacco; mio monologo nel GDR "Moôn", ripreso e adattato come inizio della prima role nel mio GDR "Dk". Se aveste mai qualcosa da obiettare, contattatemi.) 
  
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