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Autore: Medea00    02/07/2012    5 recensioni
Blaine è un pianista, Sebastian un violinista, entrambi studenti al conservatorio Franz Liszt di New York. Si ritrovano costretti a suonare insieme per un concorso importantissimo che, lo sanno bene, se vinto determinerà la loro carriera.
Ma chi lo dice che non determinerà anche qualcos'altro tra loro due?
Tratto dal capitolo 9:
"Per questo Liszt ammirava molto Chopin. Per questo Liszt era l'unico in grado di suonare i brani di Chopin, come diceva lui stesso. Si capivano. Forse erano gli unici in grado di farlo.”
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2



 

 

Dieci minuti; Blaine e Sebastian stavano andando avanti per dieci minuti con le loro lamentele, sbuffando, alzando la voce per sovrastare quella dell’altra, gesticolando davanti al professore che era con il fianco appoggiato alla scrivania del suo ufficio, a braccia conserte e occhi socchiusi.

“E’ assurdo.” Borbottò Sebastian, dopo qualche secondo di pausa.

“Altro che assurdo –replicò l’altro - è impossibile!”

“Impossibile per me, vorrai dire. Anzi, inammissibile.”

Ignorandolo, si voltò verso Robert: “La prego professore, non mi faccia questo, non me lo merito! Non riuscirei mai a suonare con uno come lui.”

“Ma sentitelo, il borsista che fa la vittima.”

Blaine gli lanciò uno sguardo agghiacciante, fulminandolo: “Se non sbaglio sei tu quello che sta continuando a borbottare da mezz’ora.”

“IO? Dico, ma ti sei sentito? Eppure l’orecchio dovresti avercelo, o forse ti fai pagare anche quello?”

Blaine stava quasi per avventarsi contro di lui. Magari lo avrebbe fatto schiantare contro gli scaffali dell’armadio, o gli avrebbe dato un pugno; per fortuna, comunque, Robert intervenne in tempo richiamando l’attenzione di entrambi con un sonoro colpo di tosse, abbastanza stizzito. Si rigirò il manico del bastone tra le mani per un paio di volte, prima di parlare: “Avete mai sentito parlare di Joseph Kuznets?”

Il primo rispose “Sì”, in modo molto diligente, nello stesso momento in cui Sebastian inclinò leggermente il viso esclamando: “Ovviamente. Solo un idiota potrebbe non sapere chi sia.”

Al professore scappò un sorriso che fece rimanere un po’ allibito Blaine: come poteva trovare divertenti quelle frasi arroganti e inopportune?

“L’anno scorso – continuò a spiegare lui – dirigeva la sua orchestra, la Polifonica di New York. Dovete sapere che il primo violino ha avuto un diverbio molto pesante con lui, non riusciva più a sincronizzarsi con il pianoforte e il direttore d’orchestra ed è stato costretto a lasciare il gruppo-“

“Sicuramente era colpa del violinista”, bofonchiò Blaine: chissà come mai, non riusciva più ad immaginarsene uno calmo e gentile. Erano sempre piuttosto sicuri di sé, loro, e adesso che aveva conosciuto Sebastian…

“E’ probabile – commentò il professore, con tono vago – ad ogni modo, Kuznets sta riformando l’orchestra ed è in cerca di nuovi musicisti. Musicisti di talento, che non abbiano problemi a relazionarsi con i propri colleghi.”

“E’ ancora sicuro che Smythe vada bene?” Domandò allora Blaine, inarcando le sopracciglia; Sebastian lo ignorò prontamente, facendo un passo in avanti e dichiarando: “Se si tratta di suonare con Kuznets, io ci sto.”

“Frena i bollenti spiriti, ragazzo. E poi, Blaine, questa cosa riguarda anche te.” Il professore sembrava felice, ma anche piuttosto cauto: “E’ un concorso. In quanto tale, ci saranno tre fasi: una selezione iniziale, poi le semifinali e quella conclusiva. Verranno candidati da tutta l’America e, basandomi su quel poco che mi hanno detto fin'ora, so che la prova consisterà in un’esibizione singola e in una corale, entrambe ugualmente importanti. Inoltre, è altamente probabile che Kuznets voglia lasciarsi influenzare dal tipo di vincitori del concorso per basare la sua futura sinfonia da eseguire, una volta ricompattata tutta l’Orchestra. Se vince un flautista, farà una sinfonia per flauto e orchestra; se vince un pianista, un concerto per pianoforte.Vuole essere certo di trovare persone di talento, ma anche che siano in grado di armonizzarsi con altri, per questo la parte corale: l’iscrizione non riguarderà solo una persona, ma anche il partner oppure il gruppo con cui suonerà. Quindi, ognuno dei partecipanti dovrà esibirsi in un assolo e poi, mostrare le proprie doti assieme agli altri.”

“Mi faccia capire bene.” Blaine fissò il professore, non sicuro di aver capito bene: nemmeno Sebastian, in realtà, ne era molto convinto. Troppe informazioni in una volta sola, troppe bellissime aspettative, troppe prospettive di un sogno che potrebbe realizzarsi.

“In pratica… vuole iscriverci a questo concorso?”

“Esattamente.”

“E quindi, se vinciamo – specificò lui, scandendo bene l’ultima parola – saremo ingaggiati da Kuznets? Suoneremo nella polifonica di New York, senza nemmeno bisogno del diploma di specialistica del conservatorio?”

Robert esitò soltanto un paio di secondi, squadrandoli attraverso i suoi occhialini: “L’idea è proprio questa, sì. Credo che entrambi abbiate i requisiti adatti per farcela.”

I due ragazzi fecero appello a tutte le loro forze per non cominciare ad abbracciarsi e saltare per tutta la stanza; o meglio, lo avrebbero fatto, fino a quando non si fossero ricordati di odiarsi reciprocamente, in una maniera che era anche sin troppo intensa per due persone che si conoscevano personalmente da così poco tempo. Per l’appunto, questo portò Blaine a formulare la domanda più importante: “Ma quindi… noi due – si azzardò a dire, con molta, molta cautela – dovremmo suonare insieme?”

“Insieme insieme?” Ripeté Sebastian, ancora più confuso di lui. In risposta, facendoli allibire ancora di più, il professore non sembrava per niente colpito dalla gravità della faccenda.

“Sì, ragazzi. Voi due suonerete insieme.”

Lo disse così, come se fosse una delle sue lezioni di armonia e composizione: un teorema semplice ed elementare. Blaine Anderson e Sebastian Smythe, che suonavano un duetto.

Il primo a sollevare qualche obiezione, e in modo non del tutto garbato, fu Sebastian.

“Ma ha bevuto per caso?”

“Professore – intervenne Blaine - lo so che probabilmente mi pentirò di ciò che sto per dire, ma stavolta mi trovo d’accordo con lui, non è affatto una buona idea.”

“Lo sei?”

“Sì certo”, rispose, lanciando un’occhiata fugace al ragazzo che aveva appena parlato, con quel tono che stava cominciando a detestare. Dopodiché, tornò a concentrarsi su Robert: “Voglio dire, io non potrei mai suonare con Sebastian Smythe.”

“E io non potrei mai sopravvivere a ore, giorni interi di lapidamento mentale e uditivo, chiuso nella stessa stanza con Blaine Anderson!”

Nessuno dei due si sentì offeso dalle accuse dell’altro: erano sinceramente intenzionati a convincere il professore dell’assurdità di quella idea, dal momento che non ci tenevano per niente a morire prematuramente; era stato chiaro, sin da subito, che fossero due tipi completamente agli antipodi, in tutti i modi possibili. E allora, perché forzare la mano? Perché ostinarsi a rovinare giornate a tutti, a loro, al professore, e perfino agli altri studenti, che dai corridoi si sarebbero sorbiti le loro lamentele?

“Perché non la facciamo finita qui?” Propose allora Sebastian, nel modo più calmo possibile. “Insomma, è stata una bella favoletta, ma io avrei delle cose da fare.”

“O qualcuno da fare”, biascicò Blaine annoiato, ben consapevole della sua fama di latin lover del conservatorio; Sebastian non riuscì a nascondere un sorrisetto compiaciuto perché, in fondo, non aveva tutti i torti.

“Invidia, Anderson?”

“Neanche un poco. Professore, andiamo – esortò allora Blaine - lui è insopportabile.”

“Questo qui non sa suonare.”

“Ha quell’aria da strafottente che mi fa saltare i nervi-“

“E poi è un bamboccio, voglio dire, lo guardi, probabilmente dorme ancora con la copertina!”

“Per non parlare del fatto che siamo entrambi estremamente competitivi, e collaborare insieme sarebbe-“

“Assolutamente snervante. Finirei per offenderlo ogni secondo, ricordandogli che la tecnica non è una sorpresina che si trova nelle scatole dei cereali.”

“Vuoi smetterla di interrompermi!?” Sbottò Blaine, voltandosi di scatto verso di lui, la voce alzata di un semitono e gli occhi spalancati; Sebastian finse di osservare l’arredamento della stanza, fino a quando il suo sguardo non si posò accidentalmente su di lui.

“Cosa? Oh scusa, è che non mi accorgo della tua esistenza: sei troppo basso, non rientri nel mio campo visivo.”

Ma più andavano avanti così, più Robert sembrava compiaciuto e, sì, anche un poco divertito.

“Io credo che siate partiti con il piede sbagliato”, affermò con una certa sicurezza. “Probabilmente se smetteste di considerare il musicista e cominciaste a vedere la persona, vi guardereste in modo diverso.”

I due non risposero, forse, perché erano troppo educati per dire ad alta voce che quella fosse una grandissima cazzata, ma il professore capì lo stesso: sospirando, si strinse nelle spalle, e giocò l’ultima carta che poteva estrarre.

“Io dico che potreste fare uno sforzo. Insomma, per Kuznets.”

Kuznets. Era il sogno di qualsiasi musicista vivente in quel periodo; era la Polifonica di New York, un lavoro, il coronamento del sogno di una vita.

Senza nemmeno dedicarsi un’ultima occhiata, Sebastian e Blaine annuirono, uno serrando la mascella e l’altro stringendo i pugni; all’unisono, come se fossero un accordo, affermarono: “Va bene.”

“Vedete? – Li rabbonì il professore, con un piccolo sorriso – Vi state già sincronizzando. Ottimo lavoro, ragazzi.”

Certo, pensarono, perché basta quello per suonare bene: una coincidenza. Forse, perché nessuno dei due credeva nel destino; forse, perché erano ancora troppo incauti per farlo, per rendersi conto che, quel giorno, avevano appena sancito il contratto verbale che avrebbe rivoluzionato le loro vite.

“Potete andare, per il momento.”

Senza aggiungere o fare altro, Blaine e Sebastian si voltarono dandosi reciprocamente le spalle; il primo fece un cenno con la testa al professore in segno di saluto mentre il secondo era già uscito, lasciando svogliatamente la porta aperta.

Blaine lo seguì con passo piuttosto svelto: in parte voleva dirgli quanto fosse stato incredibilmente scortese con il professore e, in parte, sperava di avere un minuto da solo con lui per parlare meglio di quella cosa. Il concorso, suonare insieme: non erano cose facili da affrontare, non lo sarebbero state nemmeno in condizioni normali. Lì, invece, c’erano due ragazzi che si conosevano a malapena e si sopportavano ancora meno, ed un’occasione che, se colta al balzo, sarebbe stata decisiva per la loro carriera.

Sebastian però era già metri lontano da lui, intento ad osservare un altro ragazzo che stava camminando nella direzione opposta. Era abbastanza alto, dei capelli biondi e corti incorniciavano un viso dai lineamenti sottili; uno sguardo a metà tra il divertito e il malizioso, piuttosto simile a quello che di solito aveva Sebastian, incrociò quello di Blaine, che si sentì subito sin troppo osservato.

Si aspettava quasi che lo salutasse in qualche modo, magari, spiegandogli perchè lo stesse fissando. In realtà si limitò a sogghignare, sfiorando appena la spalla di Blaine nel momento in cui aprì la porta dell’ufficio di Robert. Niente di più: un gesto semplice, ma che lasciò a Blaine una sorta di apprensione.

Quando riuscì a rialzare lo sguardo riuscì ad intravedere la schiena di Sebastian, che si voltava di scatto verso l’uscita; era come se lo avesse osservato fino a quel momento. Come se fosse rimasto ad osservare lui, e quelle strane attenzioni ricevute dal ragazzo misterioso.

 



 

Blaine aprì la porta di casa, richiudendola con un tonfo secco e deciso prima di scaraventare la tracolla a terra e le chiavi sul tavolino accanto.

Si concesse di prendere un lungo e profondo respiro, cercando di eliminare tutta la tensione e la rabbia accumulata durante la giornata; si recò in cucina, bevve un bicchiere d’acqua e si appoggiò contro il fianco del frigorifero, restando per qualche secondo ad osservare l’arredamento di quella stanza: le mensole erano perfettamente pulite, ma gli oggetti su di esse erano disposti in modo caotico e confusionale. La credenza era praticamente vuota, segno che anche quelle piccole scorte racimolate durante le vacanze di Natale stavano per finire, quindi gli sarebbe spettato il noiosisismo compito di fare la spesa; il resto sembrava a posto, ma dopotutto era difficile creare disordine in un appartamento di appena sessanta metri quadri, usata unicamente per mangiare, dormire ed esercitarsi. Il suo pianoforte a muro si trovava in soggiorno, perfettamente incastrato tra la libreria ed un mobile su cui era poggiata una piccola televisione via cavo. Si avvicinò, sfiorò con delicatezza il sottile strato di tessuto che ricopriva i tasti, preso dall’irrefrenabile impulso di sedersi sullo sgabello e suonare fino a tarda sera; tuttavia, ci fu un piccolo imprevisto che andò contro i suoi piani, un imprevisto fatto di peli e grasso che zampettò allegramente sopra la tastiera.

“No.”, sentenziò con forza, cominciando a sentire il panico che prendeva sopravvento sul suo corpo.

“No ti prego, non lo fare.” Tentò di nuovo.

E poi, avvenne: quel gatto più grosso che lungo si lanciò contro il copritastiera, iniziando a graffiarlo e tirarlo nella direzione opposta di dove si trovava Blaine.

“Maledetto gatto” bofonchiò, allontanandolo dal pianoforte con un gesto brusco; nello stesso momento in cui lo fece, una voce alta e allarmata pronunciò il suo nome con una calma...inquietante..

“Blaine Anderson.”

Si voltò: per un attimo aveva sperato di aver avuto una sorta di allucinazione; invece, quei capelli biondi e quel viso contrariato erano proprio lì, a pochi metri da lui.

“...Ciao, Brittany.”

Doveva escogitare un piano: un piano che fosse infallibile, non come quello dell’ultima volta che per poco non gli causò la perdita della vista. La sua coinquilina lo stava ancora fissando con un’aria per niente amichevole.

“Che state facendo tu e Lord Tumbington?”

Odiava quel gatto. Non andavano proprio d’accordo: lui continuava a dimenticarsi di nutrirlo e quello continuava a rovinargli il pianoforte e, per di più, lo faceva quando tornava a casa, così da rendere il tutto ancora più subdolo e irritante. Eppure, quello era il gatto preferito di Brittany, e Brittany era una delle sue più care amiche: si conoscevano praticamente da quando erano nati, i genitori erano amici di famiglia. Blaine si ricordava benissimo delle lunghe giornate al parco passate a catturare lucciole e scoprire le pentole d’oro alla fine degli arcobaleni. Poi, lei aveva ottenuto una borsa di studio per la danza alla Juliard, lui al Franz Liszt, e così si erano ritrovati a vivere insieme. Erano passati più di tre anni, ormai, e avevano ancora quel rapporto fatto di sincerità e frasi prive di ogni senso logico, che potevano capire solo loro due.

“...Non stavamo facendo niente”, mormorò. Ovviamente, la ragazza non ci credette: afferrò la palla di pelo e gli lanciò un’occhiata fulminea, in attesa di altre spiegazioni.

“Stavamo giocando.”

“Giocando?”

“Certo – ribattè lui – giocavamo a...alla lotta.”

Si pentì per aver detto una scusa così ridicola; abbassò lo sguardo, sentendosi quasi colpevole, fino a quando la voce di Brittany giunse alle sue orecchie: “Devi stare molto attento allora. Lord Tumbigton è campione di lotta greco romana.”

Ovviamente, pensò lui tra sè e sè, non riuscendo a trattenere un sorriso. Ma era fatta così, la sua amica, e lui la adorava anche per quelle piccole cose.

Una volta risolto il sottilissimo litigio con il gatto, i due ragazzi si sedettero sul divanetto davanti alla televisione, cominciando a raccontarsi la giornata e mangiando la cena a base di pane e maionese. Nessuno dei due aveva nè la voglia di uscire e comprare qualcos’altro, nè quella di ammettere che quel pasto sarebbe stato un incubo per le loro povere diete.

“Sono stato iscritto ad un concorso, oggi.”

Blaine stava giocando con i pulsanti del telecomando formando sequenze di numeri immaginarie, tipo la sua data di nascita, o quella dell’amica. Brittany scosse la testa spostando un ciuffo di capelli dalla fronte: “Che concorso?”

“E’...complicato. Ci sono tre fasi, parteciperà mezza America...dovrò esercitarmi giorno e notte. Dovrò esercitarmi con Sebastian”, ricordò un attimo dopo, la sua voce si spense col finire della frase. La ragazza non capì il motivo della sua delusione, oppure, semplicemente, non le interessava. In effetti, la sua unica domanda a riguardo fu: “E’ carino?”

“No. Cioè, sì.” Ammise, non solo a Brittany, ma anche a se stesso. Che senso aveva mentire? Non aveva nulla da nascondere. Poteva benissimo riconoscere la bellezza di Sebastian e, allo stesso tempo, la sua insopportabile arroganza.

“Ma non è il mio tipo.” Ci tenne a precisare; per aiutarsi, raccontò la conversazione avuta quella mattina di fronte al professore e il suo atteggiamento durante l’audizione nella sala prove.

“Quindi non ti piace”, concluse lei per lui, quando era troppo agitato perfino per parlare e continuava a sbuffare, gesticolare, ricordandosi i suoi sorrisetti e commentini e occhiatine che-

“No che non mi piace, è proprio l’incarnazione di tutto ciò che non sopporto in un uomo!”

“Non sopporti nemmeno Lord Tumbington – commentò lei – però ci vivi insieme.”

“...Non è la stessa cosa.”

O forse sì? Dopotutto, avrebbe passato con lui la maggior parte delle sue giornate. Per quanto avrebbe resistito? Avrebbero finito per farsi dispetti a vicenda, come lui e il gatto?

“Penserò solo a suonare.” Sancì infine, con un piccolo schiocco delle labbra. “Voglio dare il massimo per il concorso. Se non lo vinco, quanto meno avrò imparato tantissime cose utili.”

“Io voglio solo ballare.” Rispose Brittany, tenendo lo sguardo fisso verso un punto inesistente. Chiunque avrebbe detto che non avesse sentito nemmeno una parola del discorso di Blaine; invece, lui la conosceva sin troppo bene per capire che quello era il suo modo per dire “va bene, ne prendo atto, ti auguro buona fortuna.”

L’ultima parte, in realtà, era una sorta di rielaborazione personale. Perchè, nel giorno successivo, ci sarebbero state le loro prime prove.





***



Angolo di Fra:
Volevo ringraziarvi per le recensioni e le letture dello scorso capitolo. Sapere i vostri pareri su questa storia è bellissimo ^__^ grazie!
Aggiornerò presto, tipo giovedì.
Fra
   
 
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