Crazy
Little Thing Called
Love
Capitolo due: The bitch is back.
“I pick all my skirts to be a little
too sexy
Just like all of my thoughts they always get a bit naughty
When I'm out with my girls I always play a bit bitchy
Can't change the way I am sexy naughty bitchy me
I like all of my
shorts to be a little too shortly
Unlike all of my guys I like them tall with money
I love all of my nights to end a little bit nasty
Can't change the way I am sexy naughty bitchy me”
(Sexy, naughty, bitchy
me- Tata Young).
La
selezione casuale del mio Ipod partì alle
dieci in punto di mattina, come avevo programmato la sera prima. Saltai
sul
letto, colta alla sprovvista dalla prima canzone che
rimbombò nelle casse.
Mugugnando,
allungai la mano fino a schiacciare
il pulsante di spegnimento; prima o poi mi sarei dovuta decidere a
creare una
playlist adatta per il risveglio. Ero stufa di essere strappata dai
miei sogni
da una musica altissima e assordante.
Il
brano di quel giorno, poi, mi stava
particolarmente antipatico, non tanto per il pezzo in sé,
quanto per la persona
che mi ricordava: Katherine.
Avrei
maledetto per sempre la notte in cui gli
spermatozoi di Grayson* Gilbert si erano dati alla pazza gioia ballando
con gli
ovuli di Miranda, la dolce mogliettina, che un mese dopo si era
scoperta
felicemente incinta non di una bambina, ma di due!
La vita sarebbe stata molto più semplice se il destino si
fosse accontentato solamente di Elena. Un pomeriggio di
diciott’anni prima
Katherine Gilbert era venuta al mondo piangendo istericamente come una
disperata e in poco tempo aveva mostrato il suo lato peggiore, o
meglio, il suo
unico lato, dato che non si sarebbe potuto trovare del buono in lei
nemmeno con
la lente d’ingrandimento.
Non
la vedevo da anni, da quando si era
trasferita a Parigi da zia Judith per sfondare nella moda o
un’altra cavolata
simile.
Aveva
solo tredici anni ma era già molto alta e
bella e altre modelle aveva iniziato così giovani.
L’età non era certo un
problema per una presuntuosa come lei.
Da
quanto mi aveva raccontato Elena, sua sorella
era arrivata sulle passerelle di stilisti importanti, ma zia Judith
l’aveva
sempre tenuta a freno, impedendole di venire risucchiata da quel mondo
e
costringendola ad impegnarsi a scuola; questo aveva tolto chiaramente
del tempo
ai casting.
Elena
si sbellicava dalle risata nel constare
che la sua superbissima gemella non era riuscita a raggiungere i suoi
obiettivi
di popolarità.
Quelle
due non si erano mai potute sopportate:
tanto simili nell’aspetto quanto diverse nella
personalità.
Entrambe
erano ambiziose, ma tutto ciò che
faceva Katherine era corrotto da una certa cattiveria. Era scaltra e
molto
sveglia, s’interessava del proprio bene senza badare a chi
veniva ferito nel
processo; anzi sembrava quasi godere delle sofferenze altrui,
specialmente se
provocate da lei.
Le
piaceva avere il potere sulla sua vita, sulle
persone; era una grande manipolatrice e sapeva accattivarsi i favori di
chi le
risultava utile.
Era
insomma un diavoletto già da piccola: sempre
pronta a seminare zizzania. Magari in questi anni era cambiata in
meglio, anche
se dai racconti di Elena appariva la solita stronza di qualche anno
prima.
Mentre
mi lavavo i denti mi chiesi perché stessi
pensando a Katherine Gilbert. Non mi era mai venuta in mente in cinque
anni,
perché proprio ora?
Forse
era il mio sesto senso ma avevo un brutta
sensazione a riguardo. Con un gesto della mano scacciai la mia paranoia
e
tornai in camera per vestirmi.
Elena
sarebbe passata a prendermi in pochi
minuti per andare al lago a trascorrere la nostra ultima giornata di
libertà.
Aprii
l’armadio e mi bloccai a guardare nel
vuoto. Ero ancora mezza addormentata e non avevo ripreso regolarmente i
ritmi
cui era abituata.
Bei
tempi quelli in Spagna: sveglia all’una,
colazione all’una e mezza, pranzo alle quattro e cena alle
undici.
Adesso,
tornata a casa, le cose erano ben
diverse; comunque alzarsi alle dieci era una vera mazzata per la mia
testa
dolorante e stanca.
Alla
fine mi riscossi e frugai tra i vestiti.
Indossai un abito leggero e sotto un costume di quelli che non avevo
portato in
Spagna.
Dieci
minuti dopo ero seduta sui gradini della
mia veranda in attesa di Elena, che sarebbe arrivata in ritardo come al
solito.
Sbuffai
e mi appoggiai sui gomiti guardando
impazientemente in fondo alla strada nella speranza di scorgere
l’auto della
mia amica.
La
mia attenzione fu invece colta da alcune
grida provenienti dalla casa di fronte. Non mi era difficile immaginare
chi
fossero: Damon e suo padre.
Almeno
una volta a settimana la quiete del
quartiere veniva scossa da scenate del genere. Normalmente era Giuseppe
ad
urlare; suo figlio manteneva una calma surreale, saccente ed irritante
che ti
faceva venir voglia di prenderlo a schiaffi.
Quel
giorno, però, potevo udire distintamente
anche la voce del ragazzo. Doveva esserci un motivo veramente grave per
scuotere l’impassibile Damon Salvatore.
Fu
così che lo vidi uscire dalla sua villetta
qualche secondo dopo, sbattendo furiosamente la porta, da rischiare di
scardinarla.
Marciò
verso la sua Ferrari posteggiata nel
vialetto, furente e i miei occhi non lo lasciarono un attimo. Non
m’importava
di osservarlo tanto impunemente; sapevo che non si sarebbe mai accorto
della
mia presenza o che comunque non si sarebbe sprecato a girarsi e
salutare. Non
ero né con mio padre né con Elena, per cui non
era costretto a comportarsi come
una persona educata.
Eppure
tentennò prima di aprire la portiera e il
suo sguardo si alzò su di me, incrociando il mio. Mi
gelò.
Non
avevo mai visto una tale malinconia negli
occhi di nessuno, tanto meno nei suoi. Damon non mostrava quasi mai le
sue
emozioni.
Era
dall’altra parte della strada ma non era
difficile capire quanto fosse turbato e mortificato?
No, era proprio infelice. Appariva quasi indifeso.
Non
mi stava simpatico, non mi piaceva neppure
come persona, ma non potevo fare finta di niente. Lo conoscevo da tutta
la vita
e avevo imparato un paio di cose sulla sua nebulosa
personalità. Sapevo che
cosa gli avesse provocato tanta tristezza, perché era la
stessa che mi
attanagliava al ricordo di quella madre che mi aveva abbandonato a
cinque anni.
Su quel punto, io e Damon ci intendevamo perfettamente.
Mi
alzai e feci per attraversare la via e
raggiungerlo. La jeep di Elena mi si parò di fronte,
impedendomi la visuale.
Tirò
giù il finestrino e mi salutò “Ehi Bon!
Scusa il ritardo ma ho litigato con i miei. Dai, salta su! Ci staranno
tutti
aspettando. Bonnie?”.
Io
non l’ascoltai nemmeno; aggirai l’auto per
avere ancora il campo visivo libero ma constatai che Damon era
già salito sulla
sua Ferrari e stava mettendo in moto.
Il
momento era stato spezzato: entrambi eravamo
tornati due anime incompatibili.
“Caroline
dov’è finita?” chiesi mentre mi
spalmavo la crema solare.
“Sarà
da qualche parte a fare i bagni nel
latte”.
Mi
voltai verso Meredith e le diedi una leggera
spinta sulla spalla. La mia amica rotolò sul fianco ridendo
e si mise a pancia
in giù.
“Sul
serio, dov’è?”.
“Non
stavo scherzando” si difese Meredith “Mi ha
detto che doveva prepararsi per il Ballo di Autunno”.
“La
scuola non è nemmeno cominciata!” obiettai
come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“E’
il suo ultimo anno, Bonnie” spiegò Meredith
“Vuole fare bingo: reginetta di Homcoming**, Miss
Fell’s Church e reginetta del
Ballo di Fine Anno”.
Corrugai
la fronte. Caroline era sempre stata
una mezza maniaca del controllo, ma mi sembrava esagerato cominciare a
prepararsi per una festa che si sarebbe tenuta una settimana
più tardi.
D’altra
parte Caroline sognava il titolo di
reginetta da tutta la vita ma per un motivo o per l’altro non
era mai stata
eletta. Quando l’anno precedente Elena era stata incoronata
durante il ballo,
per poco Caroline non si era colorata di verde.
Lei
era bellissima, popolare e ammirata ma Elena
era un angelo caduto dal cielo. Era molto sicura delle sue doti e le
piaceva
ricevere attenzioni, anche se non faceva niente per ottenerle. Non
c’era
competizione con Elena Gilbert; era il tipo di ragazza cui tutto
risultava
facile.
Caroline
voleva bene ad Elena, ma avrebbe voluto
batterla, almeno per una volta e non era un mistero per nessuno.
Potevo
capire perché stesse cercando di
preparare tutto nei minimi dettagli; non voleva lasciare niente al
caso,
soprattutto ora che la meravigliosa Gilbert non mostrava più
alcun interesse a
tenere lo scettro. Stefan era tutto ciò che le stava a cuore
e avrebbe ceduto
più che volentieri la sua corona a Caroline.
Quelle
erano delle preoccupazioni che nemmeno mi
sfioravano. Nessuno mi avrebbe mai votata, nessuno mi avrebbe presa in
considerazione. La mia non era falsa modestia e non credevo che la mia
vita si
sarebbe potuta trasformare in una delle solite commedie americane***.
Non lo
volevo neppure.
La
rivolta delle Cenerentole, che assurdo
cliché! Io non ero così, non avevo mai sognato di
essere una principessa né
tanto meno che avrei trovato un principe azzurro.
Una
volta, in quarta elementare, la maestra
aveva assegnato a noi bambine un tema sull’amore nelle favole
della Disney. Io
avevo parlato de “La Bella e la Bestia”, il mio
cartone preferito, perché io
avevo sempre parteggiato per la Bestia.
Facile
innamorarsi di un bel principino, con i
capelli biondi e gli occhi azzurri, che galoppando sul un cavallo
bianco,
salvava dal drago la fanciulla di turno; ma era certamente
più sincero un amore
rivolto ad un mostro, apparentemente brutale e senza sentimenti, che si
alla
fine si dimostrava molto più meritevole di un qualunque
ragazzetto in calza
maglia.
Belle
aveva saputo vedere la luce in quella
bestia che l’aveva imprigionata; era stata capace di donargli
il suo affetto e
di renderlo un uomo migliore; un uomo da amare.
Un
sogno tanto irreale quanto l’idea di me
reginetta di Homecoming, ma ero un’incurabile romantica.
“Non
mi candiderò quest’anno”
dichiarò Elena,
che era stesa di fianco a me, dall’altra parte
“Voglio che Care vinca
quest’anno, è davvero importante per lei e non mi
va che mi porti il broncio
ancora per una settimana come l’ultima volta”.
“Ti
voteranno sicuramente reginetta della
modestia” ironizzò Meredith ed Elena la
guardò torva, ma non poté rispondere
perché una bocca scese sulla sua rubandole un bacio lungo e
appassionato.
“Prendetevi
una camera” mi lamentai mettendomi
una mano davanti agli occhi. Le effusioni tra i miei due migliori amici
non
erano propriamente il mio spettacolo preferito.
“Dove
sei stato fino adesso?” gli domandò Elena
ignorando il mio commento.
“Ho
dovuto calmare, papà” raccontò Stefan
“Ha
litigato con Damon e aveva un diavolo per capello”.
“Li
ho sentiti mentre ero fuori ad aspettarti”
dissi rivolgendomi ad Elena.
“Non
vedo l’ora che cominci
l’università”
borbottò Stefan sdraiandosi accanto alla sua ragazza
“Sono a casa da due giorni
e mi hanno già tirato scemo. Non capisco perché
Damon non se ne stia in camera
sua al campus”.
“A
casa tua c’è la governante, Stef” gli
feci
notare. Quella santa donna di Teophilia
Flowers.
“Magari
vuole stare con la sua famiglia, no?”
replicò Elena.
No,
la mia ipotesi era decisamente più
realistica. Damon non sopportava né suo fratello né suo padre.
Meredith
si era completamente esclusa dalla
conversazione: aveva infilato gli auricolari del suo Ipod nelle
orecchie e
aveva chiuso gli occhi. Non conosceva molto bene Damon e preferiva non
intromettersi.
“Aveva
uno strano sguardo oggi quando l’ho
visto” commentai “Tuo padre ha esagerato
ancora?”.
Stefan
mi guardò serio e annuì
“Papà odia quando
Damon non lo ascolta o lo ignora; quello è l’unico
argomento che lo fa
scattare”.
Elena
non capì di cosa stavamo parlando ma non
indagò. Apprezzavo molto il fatto che non volesse
impicciarsi dei segreti miei
e di Stefan. Rispettava la nostra amicizia e la nostra confidenza;
sapeva che
certe cose sarebbero rimaste solo tra di noi.
“Staserà
tornerà più incazzato del solito e mi
torturerà” sospirò Stefan amareggiato.
“Damon
non è così male, ragazzi” disse Elena
“Lo
dipingete molto peggio della realtà. E non ti odia affatto,
Stefan”.
Adoravo
Elena. Era la mia migliore amica da
sempre, era quasi un’altra sorella e avrei fatto di tutto per
lei, ma proprio
non capivo da dove venisse tutta quella comprensione nei confronti di
Damon;
per qualche motivo finiva sempre per difenderlo.
La
grande dote di Elena era la compassione e in
qualche modo era riuscita a trovare una connessione con Damon e vedeva
solo la
sua parte migliore, che sinceramente mi era del tutto sconosciuta.
Il
maggiore dei Salvatore aveva una passione per
lei e avevano trascorso insieme del tempo. Elena lo considerava solo
come un
amico, ma si era affezionata e si sentiva il dovere di proteggerlo.
“Sei
cieca, Bonnie, se non vedi la sua anima”
mi ripeteva sempre la mia amica “Damon
soffre e non c’è nessuno disposto ad
ascoltarlo”.
Che
Damon avesse delle questioni in sospeso,
questo era chiaro a tutti, ma non gli dava il diritto di essere un
immenso
pezzo di schifo.
“E
tu dovresti smetterla di aizzare l’odio tra
questi due” mi rimproverò.
“Io
non aizzo niente!” protestai indignata “Non
sono una grande fan di Damon, ma non è un segreto. Non si
è mai comportato bene
con me e non vedo perché dovrei essere gentile quando lui me
ne ha fatte di
tutti i colori per anni”.
“Ha
provato ad essere carino con te” ribatté
Elena “Ti ricordi quando ha vinto dei biglietti omaggio per
il parco
divertimenti? Invece d’invitare i suoi amici, ha portato te e
Stefan”.
“Io
me lo ricordo” affermò il mio migliore amico
“Papà l’ha obbligato ad invitare me e
Bonnie”.
Il
sorriso dalla bocca di Elena sparì.
“Non
è stata quella volta che mi ha rotto il
dito?” chiesi.
Elena
sbiancò ulteriormente: tra tutti gli
esempi che poteva scegliere, aveva preso proprio quello sbagliato.
“Sì,
è stata quella volta” confermò Stefan
“Però
non ha fatto apposta: non aveva visto che avevi ancora la mano nella
portiera”.
“Intanto
ho passato tutto il pomeriggio con un
dolore atroce mentre lui si divertiva sull’auto volante. Neanche si è scusato”.
Elena
portò mesta la testa sulla spalla di
Stefan e decise di non aprire più bocca. Voleva mettere
Damon in buona luce e
aveva fatto peggio.
La
verità era soltanto una: Damon Salvatore era
indifendibile ed imperdonabile.
Lo
odiavo, lo odiavo con tutto il cuore.
E
anche Stefan. Li odiavo tutti e due.
A
volte mi chiedevo per quale motivo mi
ostinassi a rimanere a casa quando aveva una camera al campus pronta
per me.
La
risposta era semplice: quella era anche casa
mia e avevo il diritto di rimanerci per tutto il tempo che desideravo.
E se,
nel mentre, riuscivo pure a fare andare su tutte le furie mio padre,
tanto
meglio.
Perché
io lo odiavo.
La
notte prima ero tornato tardi, parecchio
tardi e non credevo proprio che avrei trovato qualcuno in giro. Mio
padre aveva
scelto il momento sbagliato per andare in bagno. Non era la prima volta
che
facevo le ore piccole, avevo ventuno anni, ero grande abbastanza per
decidere
della mia vita.
Lui
aveva provato a rimproverarmi, ma mi ero
chiuso in camera prima che potesse anche solo aprire bocca.
Ero
un illuso se credevo che si sarebbe arreso.
Quella mattina mi aveva inchiodato nell’ingresso e aveva
incominciato una delle
sue solite filippiche, totalmente inutili.
Dopo
così tanti anni avrebbe dovuto imparare che
ormai le sue parole non mi scalfivano più. A meno che non la nominasse; era l’unica cosa
che mi faceva scattare e mio padre
lo sapeva bene. Lo usava per ottenere qualche reazione.
Odiavo
anche questo.
Mio
padre era un inetto, un uomo che non era
nemmeno capace di tenere a bada suo figlio senza nominare il nome della
madre
morta.
Avevo
provato a renderlo fiero di me, davvero! Avevo
fatto del mio meglio ma nessuno poteva competere con la perfezione di
mio
fratello.
Qualunque
merito io avessi, Stefan mi superava
senza nemmeno sforzarsi. Per mio padre solo uno di noi era degno di
portare il
nome dei Salvatore e quello non ero io.
Stefan
lo venerava perché era l’unico genitore
che avesse mai conosciuto. Stefan non aveva idea di quanto nostra madre
fosse
migliore di nostro padre.
Lo
ammirava incondizionatamente e non riusciva a
vedere la merda che in realtà si celava in
quell’uomo.
Mio
padre Giuseppe lo aveva sempre favorito. Non
importava quanto io m’impegnassi, mio fratello stava due
passi davanti a me in
ogni caso.
Così
un giorno avevo smesso di essere come
voleva mio padre e avevo cominciato ad essere come volevo io. Ed era
stato
l’inizio della fine.
Giuseppe
non dimenticava mai di ricordarmi che
ero la sua delusione più grande per svariati motivi. Avrei
dovuto comportarmi
più come Stefan, secondo lui.
Ma
io non ero Stefan; io ero Damon, il figlio
che avrebbe preferito non avere.
Per
questo li odiavo tutti e due. Odiavo mio
fratello perché mi aveva rubato entrambi i genitori e odiavo
Giuseppe perché
non era capace di amarmi quanto mia madre.
Quella
mattina era uscito come una furia, dopo
una delle nostre solite litigate; ero certo di avere
un’espressione stravolta,
mi si poteva leggere in faccia quanto le parole di mio padre mi
avessero
turbato. Non avrei mai voluto che qualcuno mi vedesse in quello stato
ma la
fortuna sembrava essermi avversa, dato che mi ero trovato davanti
quella pulce
di Bonnie McCullough.
Non
ne ero rimasto seccato, comunque. Lei aveva
inteso al volo che cosa fosse successo e io non mi ero preoccupato di
nasconderlo.
Non
mi vergognavo di mostrare il mio dolore a
Bonnie, perché anche lei aveva perso la mamma da piccola e
mi capiva come
nessun’altro.
Era
una ragazzina petulante e immatura,
totalmente accecata dal bagliore di mio fratello, come tutti del resto,
ma non
m’infastidiva averla intorno quando ripensavo alla mia mamma
e a quanto mi
mancasse.
Non
che avessimo mai condiviso molti momenti
commuoventi, aprendo il cuore uno all’altra, ma se ne avessi
avuto bisogno,
sarei andato da lei.
Sentii
una pernacchia di fianco a me, che mi
strappò maleducatamente dalle mie riflessioni. Mi girai con
un sopracciglio
alzato.
Perché
mi ero scelto degli amici così idioti?
Osservai
i due ragazzi seduti con me al tavolo
di Starbucks, che ignari del mio malcontento, giocavano a soffiarsi il
ghiaccio
sciolto con la cannuccia.
Tyler
Smallwood, giocatore di football, testa
calda, pluri- ripetente che per grazia di Dio forse
quell’anno sarebbe riuscito
a diplomarsi.
Sage
de Lioncourt****, mio compagno di stanza,
capelli un po’ lunghi color bronzo, origini francesi. Usava
il suo finto
accento per fare colpo sulle ragazze, ma in realtà non
sapeva che poche parole
di quella lingua, anche se fingeva il contrario.
Non
erano propriamente delle menti geniali e a
volte avrei voluto prenderli a testate solo per farli tacere, ma li
conoscevo
da molti anni e non riuscivo ad immaginarmi un gruppo diverso dal loro.
“Ieri
ho incrociato Elena Gilbert mentre tornavo
a casa. È ancora più bella di quanto
ricordassi” commentò Sage con l’unico
intento di stuzzicarmi “Tuo fratello è il ragazzo
più fortunato della città”.
“Stefan
non sa a che cosa va incontro” grugnii
io senza scompormi più di tanto “Una come Elena
dovrebbe stare con qualcuno
alla sua altezza, non con un ragazzino”.
“Le
servirebbe un uomo, certo” parve concordare
lui “E tu sei chiaramente così maturo e
virile” mi prese in giro con una
risata.
Avrei
dovuto prenderlo a pugni. Sage doveva
ringraziare che gli stessi concedendo tutte quelle confidenze.
“Sappiamo
tutti che prima a poi te la porterai a
letto, Damon” disse Tyler un po’ ingenuamente e io
non mi presi la briga di
correggerlo.
Elena non
era uno sfizio, non la volevo solo per soddisfare le mie voglie. Elena
era la
perfezione scesa tra gli umani e insieme avremmo formato una coppia
esplosiva.
“Basta
parlare della Gilbert” tagliò corto Tyler
“Non è l’unica ragazza sulla faccia
della terra; anzi ce n’è altra tra le sue
amiche che mi farei volentieri”.
Caroline
Forbes, sai che sorpresa! Pensai.
“Bonnie
McCulluogh”.
Per
poco non mi strozzai con il mio frappé.
Avevo sentito bene?!
“La
piccola rossa?” domandò anche Sage in
conferma, stupito quanto me.
“L’ho
vista oggi al lago e fidati: non è più
tanto piccola” e strizzò l’occhio.
“Ho
incontrato Bonnie ieri sera e anche
stamattina. È la solita tavola da surf” lo smontai
con uno sbuffo.
“Non
ho detto che è diventata Pamela Anderson”
replicò Tyler “Ho detto che è diventata
figa”.
Figa?
Quel piccolo uccellino? Le brutte erano altre,
ma figa non era la parola che avrei usato per descriverla. Graziosa,
forse.
Carina ma niente di più.
Era
un tipo che viaggiava nell’anonimato. Niente
a che spartire con Elena.
“La
vacanza in Spagna deve averle fatto molto
bene. Dovevate vedere che costume aveva e come le stava. Era
sexy”.
Scoppiai
a ridere a quell’assurdità. Potevo
accettare “figa” ma “sexy”
proprio no. Bonnie non poteva mostrarsi sensuale,
non ce l’aveva nel sangue ed era una delle poche cose che
apprezzavo di lei.
Poteva essere irritante e saccente fino allo sfinimento ma almeno era
autentica.
“Ho
sempre pensato che Bonnie fosse carina”
confessò Sage “Però mi sembra ancora
una bambina, non è il genere di ragazza
che potrebbe tentarmi”.
“Non
sembra una bambina, lo è”
precisai io.
“Ha
la stessa età di Elena e Caroline” mi fece
notare Tyler.
Colpo
basso: desideravo Elena ed ero stato uno
dei primi ragazzi di Caroline; entrambe però si avvicinavano
molto più alla mia
idea di donna.
“Non
è una questione di età, ma di
atteggiamento” replicai “Senti, Tyler: Bonnie vive
ancora nel mondo della
favole, okay? Quindi ti sconsiglio di provare qualsiasi cosa tu abbia
in mente”
ero risultato un po’ troppo minaccioso ma fui soddisfatto del
mio risultato
quando lo vidi abbassare lo sguardo.
L’Uccellino
non mi piaceva, ma non volevo
sentire i suoi piagnistei per essere stata molestata da quel porco di
Tyler.
Lei non avrebbe mai potuto soddisfare i suoi bassi istinti; lui era un
tipo un
po’ troppo materiale.
“Era
solo per dire” alzò le spalle lui “Non
devi
per forza marchiare il territorio”.
Dio
mio,
era anche più stupido di
quanto pensassi! “Non era quello che intendevo”.
“Lo
dici adesso” continuò a punzecchiarmi
“Vediamo tra qualche settimana quando altri si faranno
avanti. Morirai dalla
voglia di aggiungere un’altra tacca alla tua cintura; non
resisterai mai alla
soddisfazione di prenderti la prima volta di Bonnie
McCulluogh”.
Mi
misi a ridere senza molta convinzione “Sì,
certo” finsi di accontentarlo “Ne riparliamo tra
una decina d’anni, quando
finalmente si svilupperà”.
Non
sarei riuscito a considerare Bonnie sotto
quel punto di vista. Come aveva detto Sage era ancora una bambina;
carina ma
non abbastanza donna da tentarmi. Senza contare che era il capo del fan
club di
Stefan e questo costituiva un bel deterrente.
Era
troppo santarellina per i miei gusti, troppo
moralista, di una bontà quasi nauseante. Fredda come un
ghiacciolo; non avrebbe
mai permesso a nessuno di toccarla. Chissà perché
avrei dovuto fare tanta
fatica per avere tra le mani uno stecchino di legno.
Bonnie
McCulluogh, quel fastidiosissimo
Uccellino rosso non avrebbe mai catturato le mie attenzioni e io non mi
sarei
mai abbassato a corteggiarla.
Mai.
“Caroline,
ti stai ingozzando con quel frullato”
appuntò Meredith osservando preoccupata l’amica
trangugiare il mix di frutta.
“E’
l’unica cosa che posso mangiare questa
settimana” disse Caroline mentre con la cannuccia consumava
anche il fondo di
plastica “Ho comprato un vestito così stretto che
dovrò perfino dimenticarmi di
respirare”.
“Care,
lo sai di essere bellissima? E che non ti
serve strizzarti in un corpetto per mostrarlo a tutti?”
cercai di rassicurarla
io. Caroline Forbes aveva l’aspetto di una modella di Vogue e
non aveva certo
bisogno di qualche sciocco espediente per risplendere.
“Grazie,
Bon, ma tu non hai idea di cosa si
debba fare per essere elette reginette”.
M’imbronciai
impercettibilmente. Caroline non
l’aveva detto con cattiveria ma io ci rimasi un po’
male lo stesso. Era come se
qualcuno avesse ribadito per l’ennesima volta quanto io fossi
irrilevante.
Meredith
se ne accorse e mi sorrise
calorosamente e scosse la testa come a dirmi di non farci caso.
Ritrovai subito
il buon umore.
Se
volevo che tutti notassero quanto ero
cresciuta, avrei dovuto cambiare qualcosa anche nel mio atteggiamento e
vittimizzarmi non era un buon punto di partenza.
“E’
il nostro ultimo anno ragazze e deve essere
perfetto” continuò Caroline “Noi
dobbiamo essere perfette, dobbiamo lasciare il
segno. Inizia tutto con il ballo Homecoming, quindi non facciamoci
trovare
impreparate, okay? Vi voglio tutte favolose! Forse Elena un
po’ meno di me,
ecco” ammise con un mezzo ghigno “A proposito,
dov’è Elena?”.
“L’hanno
chiamata i suoi genitori mentre eravamo
al lago ed è dovuta tornare a casa. Ci raggiunge qui
dopo”.
“Mi
straccerà anche quest’anno” si
lamentò
Caroline improvvisamente seria.
“Non
essere così tragica” sbottò Meredith.
“Lei
ha Stefan. Stefan!”
ribadì ripetutamente “Il ragazzo più
bello e popolare
della scuola! E io non posso neanche invitare Matt. La nostra storia
è finita
in un disastro, non ho nemmeno il coraggio di parlargli”.
“Questo
sì che è un problema” la prese in giro
Meredith.
“Forse
potrei chiedere a Damon di accompagnarmi”
ipotizzò l’altra.
Io
aprii la bocca scioccata e mi girai verso il
tavolo dei ragazzi, dove insieme a quell’imbecille del mio
vicino erano seduti
anche Sage e Tyler.
Mi
rivoltai verso Caroline “Stai scherzando,
vero?! Sono io l’unica che si ricorda come ti ha trattata
quel mese in cui siete
stati insieme?”.
“E’
successo più di un anno fa, Bonnie! Posso
buttarmi alle spalle il passato per un fine superiore”
concluse.
“Venderesti
tua nonna pur di vincere quella
corona” ridacchiò Meredith.
“Solo
la nonna? Io pensavo più alla sua anima”
la seguii sempre più sbigottita.
“Ridete
pure, adesso” ci sfidò bonariamente
Caroline “Ma quando sarò famosa, vi ricorderete
delle mie parole e di quanto
avessi ragione”.
“Alla
salute della nostra regina allora” dissi
io alzando il mio milk-shake.
Meredith
mi imitò e anche Caroline ma si accorse di avere il
bicchiere vuoto.
“Me
ne serve un altro” si alzò e andò al
bancone
ad ordinare.
“Ha
il tatto di un elefante ma le auguro di
vincere” ammisi abbassando un po’ la voce in modo
che mi sentisse solo Meredith
che annuì alla mia affermazione.
Elena
era la mia migliore amica e l’adoravo ma
era giunto il momento che passasse il testimone; era il turno di
Caroline.
Inoltre
ad Elena non importava molto del titolo
di reginetta o di qualsiasi altra frivolezza. Era sempre stata
l’ape regina del
gruppo, quella che catalizzava tutta l’attenzione, sebbene il
più delle volte
avrebbe preferito il contrario.
Sapeva
di essere bella, la consapevolezza di
tutte le sue qualità l’aveva aiutata a forgiare
una personalità forte e sicura
di sé.
Non
aveva bisogno che la gente la elogiasse per
sentirsi importante.
Caroline
d’altra parte, pur essendo altrettanto
bella e ammirata, aveva seri problemi di autostima. Per quanto si
sforzasse, si
fermava sempre su un gradino più in basso di Elena.
Sarebbe
stata una grande rivincita per lei
venire votata come reginetta della scuola; sarebbe finalmente uscita
dall’ombra
di Elena Gilbert e si sarebbe resa conto di quanto valesse, con o senza
scettro.
Se
io avessi potuto scegliere a quale delle mie
amiche assomigliare, avrei risposto Meredith. Forse non era bella
quanto Elena
o Caroline, ma appariva comunque meravigliosa e spiccava lontana dalle
luci di
quelle due.
Era
molto intelligente, spiritosa e sveglia.
Contava sulle proprie capacità, conquistava tutti con il suo
spiccato buon
senso e con la sua lealtà.
Non
giudicava ma consigliava. Era ammirata per
la sua compostezza, per il suo acume e per la sua bravura. Meredith
rappresentava un modello per le giovani studentesse del Robert E. Lee,
un
termine di paragone. Tutte avrebbero voluto diventare come lei, me
compresa.
“Scommetto
che avrà già minacciato metà comitato
del ballo di eleggerla. È impossibile che qualcuno possa
batterla ed Elena non
si candiderà nemmeno” il ragionamento di Meredith
non fece una piega come al
solito.
“Sai
già con chi andrai al ballo?” le chiesi dal
nulla.
“Con
me stessa. Sono una compagnia migliore di
tutti gli stupidi che ci sono a scuola” fu la sua risposta
secca.
Ecco
perché apprezzavo così tanto quella
ragazza!
“Almeno
non sarò la sola” mi consolai.
“Non
saprei … voglio dire … Tyler Smallwood ti
sta facendo la radiografia da quando sei arrivata” mi
sussurrò.
Io
inorridii “Punto un po’ più in alto di
uno
che non distingue la destra dalla sinistra”.
“Questa
è la mia ragazza!” scherzò lei
battendomi il cinque “E prevedo che quest’anno
farai strage di cuori”.
“Qualche
sconosciuto alto e bruno in vista?”
domandai ironicamente.
“Bruni,
biondi, rossi! Chi se ne frega, basta
che siano belli!”.
“Meredith
Sulez, ti credevo una ragazza più
profonda di così” sorrisi.
In
quel momento Caroline riprese il suo posto
con un megafrullato in mano “Dov’eravamo
rimaste?” finse di esserselo scordato
“Ah giusto, brindavamo alla mia vittoria …
guardate, è arrivata Elena!” alzò
una mano per attirare la sua attenzione “Bionda, vieni ad
inchinarti di fronte
alla tua regina”.
Elena
non parve dell’umore giusto per quella
battuta. Ci raggiunse, si sedette e mise i gomiti sul tavolo,
corrucciata.
“Tutto
bene?” m’informai.
“Una
catastrofe” sibilò “La mia pace
è appena
stata sconvolta”.
Tutte
e tre la guardammo con la fronte
corrugata, senza capire le sue parole, ma un brusio si sparse nel
locale e ci
obbligò a spostare lo sguardo all’entrata.
Sulla
soglia stava una ragazza dai lunghi
capelli biondi e lisci, i suoi occhi blu saettavano per la sala;
sembrava
compiaciuta di aver scatenato quella fibrillazione in tutti i presenti.
Sage
e Tyler avevano la bocca così aperta che
chiunque avrebbe potuto vedere anche le loro tonsille; Damon invece non
si era
scomposto molto e aveva piegato le labbra all’insù
in un ghigno trionfante.
Elena
era rimasta immobile con il viso tra le
mani, disperata; Meredith aveva sbattuto un paio di volte le ciglia
incredula.
Caroline
era completamente ammutolita; sembrava
che il mondo le stesse per cadere addosso da un momento
all’altro.
Io,
d’altro canto, non sapevo se fidarmi dei
miei stessi occhi. Solo una persona poteva causare tutto
ciò. E a giudicare
dalle espressioni degli altri non ero in preda alle allucinazioni;
quindi
poteva significare solo una cosa.
La
stronza era tornata.
Il
mio spazio:
Ho
ritardato di un paio di giorni, lo so =( Solo
che domenica non sono riuscita a finire il capitolo perché
volevo vedere la
finale e tutto è slittato. Forse avrei fatto meglio a scrivere considerando
com’è finita ma va beh!
Comincio
con le noti dolenti: non aggiornerò più
Crazy Little Thing Called Love fino a settembre e vi assicuro che ho
una buona
ragione, ovvero: voglio impegnarmi per costruire al meglio questa
storia e
adesso non ne ho il tempo.
Come
vedete è molto diversa da A&W e ho un
sacco di idee ma non so dove metterle. Devo pensare in che direzione
devo
andare e fare una scaletta; mi servirò dell’estate
per fare tutto ciò e
prometto che a settembre ne sarà valsa la pena …
almeno spero!
Non
odiatemi :p
Come
poi vi avevo già detto ora la mia priorità
è Ashes&Wine; sono davvero presa da questa storia e
ho in mente già come si
svolgeranno i prossimi capitoli. Mi piacerebbe finirla entro la fine
dell’anno
e voglio concentrami su questa.
Ora
parliamo un po’ del capitolo: per me il
secondo capitolo di ogni storia è sempre una tragedia
perché mi sembra sempre
di scrivere delle grandissime cavolate. Mi rifarò al massimo
con il capitolo
tre aahaha!
Vengo
introdotti un po’ di personaggi in più tra
cui alcuni degli amici di Damon; ovviamente ce ne saranno altri e uno
ve lo
potrete pure immaginare!
Elena
conserverà un po’ le sue caratteristiche
di principessina ( o non sarebbe più lei) ma si
avvicinerà molto di più alla
dolcissima ragazza della prima stagione di TVD; quella è
l’Elena che ammiro. In
questo capitolo difende a spada tratta Damon e anche durante il corso
della
storia sarà sempre quelle che si schiererà dalla
sua parte. Mi spiego meglio;
lei ama SEMPRE e SOLO Stefan, ma ha avuto modo di vedere la parte
migliore di
Damon e si è ritrovata a volergli molto bene. Damon con lei
si è sempre
comportato in modo impeccabile per via della sua (chiamiamola)
ossessione
quindi Elena non ha mai sperimentato il suo lato cattivo.
Diciamo
che giocherà un ruolo fondamentale
nell’avvicinamento tra Damon e Bonnie.
Il
nostro Uccellino è molto acido nei confronti
dell’altro protagonista ma ha tutti i buoni motivo dato che
lui l’ha sempre
trattata malissimo solo perché è la migliore
amica di suo fratello.
C’è
, però, un’intesa tra loro, un punto di
contatto: la mamma di Damon e Stefan è morta alla nascita di
quest’ultimo e
quella di Bonnie l’ha abbandonata tredici anni prima
dell’inizio di questa
fanfiction (copiata palesemente dalla serie tv, lo so!). Damon e Bonnie
non si
piacciono, non si rispettano neppure se non costretti dalle situazioni,
ma su
quel punto trovano una connessione; anche questo sarà
fondamentale per la
crescita della loro relazione.
Ho
inserito anche un punto di vista di Damon; è
venuto bene secondo voi? Credo di averlo reso un po’ meno
distaccato rispetto
al libro, ma qui è un umano perciò è
normale che abbia degli amici e che si
lasci andare a qualche emozione!
Ora
la stronza alias Katherine è tornata, che
succederà? Caroline ed Elena probabilmente tenteranno il
suicidio ma ce la
dovrebbero fare per fine estate; le ritroveremo entrambe a settembre!
Ora
un po’ di ringraziamenti sono dovuti:
-Chi
ha messo la storia nelle seguite:
1
- Amy In Wonderland
2 - AniaS
3 - BONNIE SALVATORE
4 - Carolaspostata
5 - Desyree92
6 - dree07
7 - Eyesless
8 - gaga96
9 - iosnio90
10 - irene862
11 - Kaname94
12 - KiAmAtEmI_BoS
13 - meiousetsuna
14 - mishy
15 - missgabriella
16 - Mizzy
17 - nannavis
18 - Refia
19 - Roly_chan
20 - sole a mezzanotte
21 - Suspiria _
22 - sweet_ebe
23 - tykisgirl
24 - Valby
25 - veggente
26 - _Finchel92_
-Chi
ha messo la storia tra le preferite:
1
- bonniesalvatore
2 - JaneYumi
3 - leloale
4 - lilyanne89masen
5 - lisetta95
6 - LittleWitch_
7 - real
8 - SassyKat
9 - star11
-Chi
tra le ricordate:
E
quella fantastiche 12 persone che hanno commentato:
star11
nannavis
bonniesalvatore
LittleWitch_
Jane
The Angel
Bumbuni
meiousetsuna
Refia
irene862
real
sweet_ebe
Amy in Wonderland.
E
ovviamente a tutti i lettori
silenzionsi!!!
Infine
un ringraziamento speciale
a meiousetsuna che mi sprona sempre
a scrivere e a fare meglio!! Grazie!!
Qualche
giorno fa Amy in Wonderland ha
postato l’epilogo
della sua bellissima storia “Ti serve un
concorrente?”; per chi non l’avesse
fatto, corra a leggerla!
Ora
vi lascio! Ci vediamo
con questa storia a settembre ma il 13 con Ashes&Wine!
Baci,
Fran;)
*Grayson
e Miranda sono i
nomi dei genitori di Elena nella serie tv.
**
Allora qui si apre una
disquisizione sui balli nelle scuole americane: Homecoming è
il ballo d’inizio
anno o il ballo di autunno. Prom è il ballo di fine anno; in
entrambi vengono
eletti re e reginette. Ora non so se ci sia e quale sia la differenza,
forse il
Prom è riservato agli studenti dell’ultimo anno.
***
“Non è un’altra stupida
commedia americana” è un film parodia di tutti i
film adolescenziali sulle high
school degli Stati Uniti.
****
De Lincourt è il
cognome di Lestat, il vampiro nato dalla penna di Anne Rice. Omaggio a
questa
grande scrittrice.