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Autore: Sissi Bennett    03/07/2012    12 recensioni
Bonnie McCullough ha diciassette anni, i capelli rosso fuoco, il viso a forma di cuore ed è sempre stata considerata da tutti la classica ragazza dalla porta accanto. Circondata da amiche più popolari e speciali di lei, non si è mai distinta tra la folla e nemmeno ha mai desiderato farlo. La sua esistenza in fondo è tranquilla e ha tutto quello che una ragazza possa desiderare, compreso un migliore amico premuroso, affettuoso e piuttosto figo: Stefan Salvatore. Tanto è legata a quest’ultimo quanto non sopporta il fratello, Damon. I due Salvatore hanno sempre avuto degli attriti, ma ultimamente le cose si sono fatte più tese: Stefan è riuscito a conquistare il cuore della bella Elena, la giovane per cui Damon ha sempre avuto un debole. Ma cosa succederebbe se la gemella di Elena, Katherine, ricomparisse a Fell’s Church dopo anni trascorsi a Parigi?
E se Bonnie, dopo un’estate in Spagna, tornasse più matura, più bella, più affascinante, insomma più donna e iniziasse ad attirare gli sguardi dei ragazzi? Damon continuerebbe a considerarla solo come la migliore amica di suo fratello o cercherebbe di aggiungere il suo nome alla sua già lunghissima lista di ragazze con cui è stato?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Katherine | Coppie: Bonnie McCullough/Damon Salvatore, Elena Gilbert/Stefan Salvatore
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Crazy Little Thing Called Love


Capitolo due: The bitch is back.

 

“I pick all my skirts to be a little too sexy
Just like all of my thoughts they always get a bit naughty
When I'm out with my girls I always play a bit bitchy
Can't change the way I am sexy naughty bitchy me

I like all of my shorts to be a little too shortly
Unlike all of my guys I like them tall with money
I love all of my nights to end a little bit nasty
Can't change the way I am sexy naughty bitchy me”

(Sexy, naughty, bitchy me- Tata Young).

 

La selezione casuale del mio Ipod partì alle dieci in punto di mattina, come avevo programmato la sera prima. Saltai sul letto, colta alla sprovvista dalla prima canzone che rimbombò nelle casse.

Mugugnando, allungai la mano fino a schiacciare il pulsante di spegnimento; prima o poi mi sarei dovuta decidere a creare una playlist adatta per il risveglio. Ero stufa di essere strappata dai miei sogni da una musica altissima e assordante.

Il brano di quel giorno, poi, mi stava particolarmente antipatico, non tanto per il pezzo in sé, quanto per la persona che mi ricordava: Katherine.

Avrei maledetto per sempre la notte in cui gli spermatozoi di Grayson* Gilbert si erano dati alla pazza gioia ballando con gli ovuli di Miranda, la dolce mogliettina, che un mese dopo si era scoperta felicemente incinta non di una bambina, ma di due! La vita sarebbe stata molto più semplice se il destino si fosse accontentato solamente di Elena. Un pomeriggio di diciott’anni prima Katherine Gilbert era venuta al mondo piangendo istericamente come una disperata e in poco tempo aveva mostrato il suo lato peggiore, o meglio, il suo unico lato, dato che non si sarebbe potuto trovare del buono in lei nemmeno con la lente d’ingrandimento.

Non la vedevo da anni, da quando si era trasferita a Parigi da zia Judith per sfondare nella moda o un’altra cavolata simile.

Aveva solo tredici anni ma era già molto alta e bella e altre modelle aveva iniziato così giovani. L’età non era certo un problema per una presuntuosa come lei.

Da quanto mi aveva raccontato Elena, sua sorella era arrivata sulle passerelle di stilisti importanti, ma zia Judith l’aveva sempre tenuta a freno, impedendole di venire risucchiata da quel mondo e costringendola ad impegnarsi a scuola; questo aveva tolto chiaramente del tempo ai casting.

Elena si sbellicava dalle risata nel constare che la sua superbissima gemella non era riuscita a raggiungere i suoi obiettivi di popolarità.

Quelle due non si erano mai potute sopportate: tanto simili nell’aspetto quanto diverse nella personalità.

Entrambe erano ambiziose, ma tutto ciò che faceva Katherine era corrotto da una certa cattiveria. Era scaltra e molto sveglia, s’interessava del proprio bene senza badare a chi veniva ferito nel processo; anzi sembrava quasi godere delle sofferenze altrui, specialmente se provocate da lei.

Le piaceva avere il potere sulla sua vita, sulle persone; era una grande manipolatrice e sapeva accattivarsi i favori di chi le risultava utile.

Era insomma un diavoletto già da piccola: sempre pronta a seminare zizzania. Magari in questi anni era cambiata in meglio, anche se dai racconti di Elena appariva la solita stronza di qualche anno prima.

Mentre mi lavavo i denti mi chiesi perché stessi pensando a Katherine Gilbert. Non mi era mai venuta in mente in cinque anni, perché proprio ora?

Forse era il mio sesto senso ma avevo un brutta sensazione a riguardo. Con un gesto della mano scacciai la mia paranoia e tornai in camera per vestirmi.

Elena sarebbe passata a prendermi in pochi minuti per andare al lago a trascorrere la nostra ultima giornata di libertà.

Aprii l’armadio e mi bloccai a guardare nel vuoto. Ero ancora mezza addormentata e non avevo ripreso regolarmente i ritmi cui era abituata.

Bei tempi quelli in Spagna: sveglia all’una, colazione all’una e mezza, pranzo alle quattro e cena alle undici.

Adesso, tornata a casa, le cose erano ben diverse; comunque alzarsi alle dieci era una vera mazzata per la mia testa dolorante e stanca.

Alla fine mi riscossi e frugai tra i vestiti. Indossai un abito leggero e sotto un costume di quelli che non avevo portato in Spagna.

Dieci minuti dopo ero seduta sui gradini della mia veranda in attesa di Elena, che sarebbe arrivata in ritardo come al solito.

Sbuffai e mi appoggiai sui gomiti guardando impazientemente in fondo alla strada nella speranza di scorgere l’auto della mia amica.

La mia attenzione fu invece colta da alcune grida provenienti dalla casa di fronte. Non mi era difficile immaginare chi fossero: Damon e suo padre.

Almeno una volta a settimana la quiete del quartiere veniva scossa da scenate del genere. Normalmente era Giuseppe ad urlare; suo figlio manteneva una calma surreale, saccente ed irritante che ti faceva venir voglia di prenderlo a schiaffi.

Quel giorno, però, potevo udire distintamente anche la voce del ragazzo. Doveva esserci un motivo veramente grave per scuotere l’impassibile Damon Salvatore.

Fu così che lo vidi uscire dalla sua villetta qualche secondo dopo, sbattendo furiosamente la porta, da rischiare di scardinarla.

Marciò verso la sua Ferrari posteggiata nel vialetto, furente e i miei occhi non lo lasciarono un attimo. Non m’importava di osservarlo tanto impunemente; sapevo che non si sarebbe mai accorto della mia presenza o che comunque non si sarebbe sprecato a girarsi e salutare. Non ero né con mio padre né con Elena, per cui non era costretto a comportarsi come una persona educata.

Eppure tentennò prima di aprire la portiera e il suo sguardo si alzò su di me, incrociando il mio. Mi gelò.

Non avevo mai visto una tale malinconia negli occhi di nessuno, tanto meno nei suoi. Damon non mostrava quasi mai le sue emozioni.

Era dall’altra parte della strada ma non era difficile capire quanto fosse turbato e mortificato? No, era proprio infelice. Appariva quasi indifeso.

Non mi stava simpatico, non mi piaceva neppure come persona, ma non potevo fare finta di niente. Lo conoscevo da tutta la vita e avevo imparato un paio di cose sulla sua nebulosa personalità. Sapevo che cosa gli avesse provocato tanta tristezza, perché era la stessa che mi attanagliava al ricordo di quella madre che mi aveva abbandonato a cinque anni. Su quel punto, io e Damon ci intendevamo perfettamente.

Mi alzai e feci per attraversare la via e raggiungerlo. La jeep di Elena mi si parò di fronte, impedendomi la visuale.

Tirò giù il finestrino e mi salutò “Ehi Bon! Scusa il ritardo ma ho litigato con i miei. Dai, salta su! Ci staranno tutti aspettando. Bonnie?”.

Io non l’ascoltai nemmeno; aggirai l’auto per avere ancora il campo visivo libero ma constatai che Damon era già salito sulla sua Ferrari e stava mettendo in moto.

Il momento era stato spezzato: entrambi eravamo tornati due anime incompatibili.

 

“Caroline dov’è finita?” chiesi mentre mi spalmavo la crema solare.

“Sarà da qualche parte a fare i bagni nel latte”.

Mi voltai verso Meredith e le diedi una leggera spinta sulla spalla. La mia amica rotolò sul fianco ridendo e si mise a pancia in giù.

“Sul serio, dov’è?”.

“Non stavo scherzando” si difese Meredith “Mi ha detto che doveva prepararsi per il Ballo di Autunno”.

“La scuola non è nemmeno cominciata!” obiettai come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

“E’ il suo ultimo anno, Bonnie” spiegò Meredith “Vuole fare bingo: reginetta di Homcoming**, Miss Fell’s Church e reginetta del Ballo di Fine Anno”.

Corrugai la fronte. Caroline era sempre stata una mezza maniaca del controllo, ma mi sembrava esagerato cominciare a prepararsi per una festa che si sarebbe tenuta una settimana più tardi.

D’altra parte Caroline sognava il titolo di reginetta da tutta la vita ma per un motivo o per l’altro non era mai stata eletta. Quando l’anno precedente Elena era stata incoronata durante il ballo, per poco Caroline non si era colorata di verde.

Lei era bellissima, popolare e ammirata ma Elena era un angelo caduto dal cielo. Era molto sicura delle sue doti e le piaceva ricevere attenzioni, anche se non faceva niente per ottenerle. Non c’era competizione con Elena Gilbert; era il tipo di ragazza cui tutto risultava facile.

Caroline voleva bene ad Elena, ma avrebbe voluto batterla, almeno per una volta e non era un mistero per nessuno.

Potevo capire perché stesse cercando di preparare tutto nei minimi dettagli; non voleva lasciare niente al caso, soprattutto ora che la meravigliosa Gilbert non mostrava più alcun interesse a tenere lo scettro. Stefan era tutto ciò che le stava a cuore e avrebbe ceduto più che volentieri la sua corona a Caroline.

Quelle erano delle preoccupazioni che nemmeno mi sfioravano. Nessuno mi avrebbe mai votata, nessuno mi avrebbe presa in considerazione. La mia non era falsa modestia e non credevo che la mia vita si sarebbe potuta trasformare in una delle solite commedie americane***. Non lo volevo neppure.

La rivolta delle Cenerentole, che assurdo cliché! Io non ero così, non avevo mai sognato di essere una principessa né tanto meno che avrei trovato un principe azzurro.

Una volta, in quarta elementare, la maestra aveva assegnato a noi bambine un tema sull’amore nelle favole della Disney. Io avevo parlato de “La Bella e la Bestia”, il mio cartone preferito, perché io avevo sempre parteggiato per la Bestia.

Facile innamorarsi di un bel principino, con i capelli biondi e gli occhi azzurri, che galoppando sul un cavallo bianco, salvava dal drago la fanciulla di turno; ma era certamente più sincero un amore rivolto ad un mostro, apparentemente brutale e senza sentimenti, che si alla fine si dimostrava molto più meritevole di un qualunque ragazzetto in calza maglia.

Belle aveva saputo vedere la luce in quella bestia che l’aveva imprigionata; era stata capace di donargli il suo affetto e di renderlo un uomo migliore; un uomo da amare.

Un sogno tanto irreale quanto l’idea di me reginetta di Homecoming, ma ero un’incurabile romantica.

“Non mi candiderò quest’anno” dichiarò Elena, che era stesa di fianco a me, dall’altra parte “Voglio che Care vinca quest’anno, è davvero importante per lei e non mi va che mi porti il broncio ancora per una settimana come l’ultima volta”.

“Ti voteranno sicuramente reginetta della modestia” ironizzò Meredith ed Elena la guardò torva, ma non poté rispondere perché una bocca scese sulla sua rubandole un bacio lungo e appassionato.

“Prendetevi una camera” mi lamentai mettendomi una mano davanti agli occhi. Le effusioni tra i miei due migliori amici non erano propriamente il mio spettacolo preferito.

“Dove sei stato fino adesso?” gli domandò Elena ignorando il mio commento.

“Ho dovuto calmare, papà” raccontò Stefan “Ha litigato con Damon e aveva un diavolo per capello”.

“Li ho sentiti mentre ero fuori ad aspettarti” dissi rivolgendomi ad Elena.

“Non vedo l’ora che cominci l’università” borbottò Stefan sdraiandosi accanto alla sua ragazza “Sono a casa da due giorni e mi hanno già tirato scemo. Non capisco perché Damon non se ne stia in camera sua al campus”.

“A casa tua c’è la governante, Stef” gli feci notare. Quella santa donna di Teophilia Flowers.

“Magari vuole stare con la sua famiglia, no?” replicò Elena.

No, la mia ipotesi era decisamente più realistica. Damon non sopportava né suo fratello  né suo padre.

Meredith si era completamente esclusa dalla conversazione: aveva infilato gli auricolari del suo Ipod nelle orecchie e aveva chiuso gli occhi. Non conosceva molto bene Damon e preferiva non intromettersi.

“Aveva uno strano sguardo oggi quando l’ho visto” commentai “Tuo padre ha esagerato ancora?”.

Stefan mi guardò serio e annuì “Papà odia quando Damon non lo ascolta o lo ignora; quello è l’unico argomento che lo fa scattare”.

Elena non capì di cosa stavamo parlando ma non indagò. Apprezzavo molto il fatto che non volesse impicciarsi dei segreti miei e di Stefan. Rispettava la nostra amicizia e la nostra confidenza; sapeva che certe cose sarebbero rimaste solo tra di noi.

“Staserà tornerà più incazzato del solito e mi torturerà” sospirò Stefan amareggiato.

“Damon non è così male, ragazzi” disse Elena “Lo dipingete molto peggio della realtà. E non ti odia affatto, Stefan”.

Adoravo Elena. Era la mia migliore amica da sempre, era quasi un’altra sorella e avrei fatto di tutto per lei, ma proprio non capivo da dove venisse tutta quella comprensione nei confronti di Damon; per qualche motivo finiva sempre per difenderlo.

La grande dote di Elena era la compassione e in qualche modo era riuscita a trovare una connessione con Damon e vedeva solo la sua parte migliore, che sinceramente mi era del tutto sconosciuta.

Il maggiore dei Salvatore aveva una passione per lei e avevano trascorso insieme del tempo. Elena lo considerava solo come un amico, ma si era affezionata e si sentiva il dovere di proteggerlo.

“Sei cieca, Bonnie, se non vedi la sua anima” mi ripeteva sempre la mia amica “Damon soffre e non c’è nessuno disposto ad ascoltarlo”.

Che Damon avesse delle questioni in sospeso, questo era chiaro a tutti, ma non gli dava il diritto di essere un immenso pezzo di schifo.

“E tu dovresti smetterla di aizzare l’odio tra questi due” mi rimproverò.

“Io non aizzo niente!” protestai indignata “Non sono una grande fan di Damon, ma non è un segreto. Non si è mai comportato bene con me e non vedo perché dovrei essere gentile quando lui me ne ha fatte di tutti i colori per anni”.

“Ha provato ad essere carino con te” ribatté Elena “Ti ricordi quando ha vinto dei biglietti omaggio per il parco divertimenti? Invece d’invitare i suoi amici, ha portato te e Stefan”.

“Io me lo ricordo” affermò il mio migliore amico “Papà l’ha obbligato ad invitare me e Bonnie”.

Il sorriso dalla bocca di Elena sparì.

“Non è stata quella volta che mi ha rotto il dito?” chiesi.

Elena sbiancò ulteriormente: tra tutti gli esempi che poteva scegliere, aveva preso proprio quello sbagliato.

“Sì, è stata quella volta” confermò Stefan “Però non ha fatto apposta: non aveva visto che avevi ancora la mano nella portiera”.

“Intanto ho passato tutto il pomeriggio con un dolore atroce mentre lui si divertiva sull’auto volante. Neanche si è scusato”.

Elena portò mesta la testa sulla spalla di Stefan e decise di non aprire più bocca. Voleva mettere Damon in buona luce e aveva fatto peggio.

La verità era soltanto una: Damon Salvatore era indifendibile ed imperdonabile.

 

Lo odiavo, lo odiavo con tutto il cuore.

E anche Stefan. Li odiavo tutti e due.

A volte mi chiedevo per quale motivo mi ostinassi a rimanere a casa quando aveva una camera al campus pronta per me.

La risposta era semplice: quella era anche casa mia e avevo il diritto di rimanerci per tutto il tempo che desideravo. E se, nel mentre, riuscivo pure a fare andare su tutte le furie mio padre, tanto meglio.

Perché io lo odiavo.

La notte prima ero tornato tardi, parecchio tardi e non credevo proprio che avrei trovato qualcuno in giro. Mio padre aveva scelto il momento sbagliato per andare in bagno. Non era la prima volta che facevo le ore piccole, avevo ventuno anni, ero grande abbastanza per decidere della mia vita.

Lui aveva provato a rimproverarmi, ma mi ero chiuso in camera prima che potesse anche solo aprire bocca.

Ero un illuso se credevo che si sarebbe arreso. Quella mattina mi aveva inchiodato nell’ingresso e aveva incominciato una delle sue solite filippiche, totalmente inutili.

Dopo così tanti anni avrebbe dovuto imparare che ormai le sue parole non mi scalfivano più. A meno che non la nominasse; era l’unica cosa che mi faceva scattare e mio padre lo sapeva bene. Lo usava per ottenere qualche reazione.

Odiavo anche questo.

Mio padre era un inetto, un uomo che non era nemmeno capace di tenere a bada suo figlio senza nominare il nome della madre morta.

Avevo provato a renderlo fiero di me, davvero! Avevo fatto del mio meglio ma nessuno poteva competere con la perfezione di mio fratello.

Qualunque merito io avessi, Stefan mi superava senza nemmeno sforzarsi. Per mio padre solo uno di noi era degno di portare il nome dei Salvatore e quello non ero io.

Stefan lo venerava perché era l’unico genitore che avesse mai conosciuto. Stefan non aveva idea di quanto nostra madre fosse migliore di nostro padre.

Lo ammirava incondizionatamente e non riusciva a vedere la merda che in realtà si celava in quell’uomo.

Mio padre Giuseppe lo aveva sempre favorito. Non importava quanto io m’impegnassi, mio fratello stava due passi davanti a me in ogni caso.

Così un giorno avevo smesso di essere come voleva mio padre e avevo cominciato ad essere come volevo io. Ed era stato l’inizio della fine.

Giuseppe non dimenticava mai di ricordarmi che ero la sua delusione più grande per svariati motivi. Avrei dovuto comportarmi più come Stefan, secondo lui.

Ma io non ero Stefan; io ero Damon, il figlio che avrebbe preferito non avere.

Per questo li odiavo tutti e due. Odiavo mio fratello perché mi aveva rubato entrambi i genitori e odiavo Giuseppe perché non era capace di amarmi quanto mia madre.

Quella mattina era uscito come una furia, dopo una delle nostre solite litigate; ero certo di avere un’espressione stravolta, mi si poteva leggere in faccia quanto le parole di mio padre mi avessero turbato. Non avrei mai voluto che qualcuno mi vedesse in quello stato ma la fortuna sembrava essermi avversa, dato che mi ero trovato davanti quella pulce di Bonnie McCullough.

Non ne ero rimasto seccato, comunque. Lei aveva inteso al volo che cosa fosse successo e io non mi ero preoccupato di nasconderlo.

Non mi vergognavo di mostrare il mio dolore a Bonnie, perché anche lei aveva perso la mamma da piccola e mi capiva come nessun’altro.

Era una ragazzina petulante e immatura, totalmente accecata dal bagliore di mio fratello, come tutti del resto, ma non m’infastidiva averla intorno quando ripensavo alla mia mamma e a quanto mi mancasse.

Non che avessimo mai condiviso molti momenti commuoventi, aprendo il cuore uno all’altra, ma se ne avessi avuto bisogno, sarei andato da lei.

Sentii una pernacchia di fianco a me, che mi strappò maleducatamente dalle mie riflessioni. Mi girai con un sopracciglio alzato.

Perché mi ero scelto degli amici così idioti?

Osservai i due ragazzi seduti con me al tavolo di Starbucks, che ignari del mio malcontento, giocavano a soffiarsi il ghiaccio sciolto con la cannuccia.

Tyler Smallwood, giocatore di football, testa calda, pluri- ripetente che per grazia di Dio forse quell’anno sarebbe riuscito a diplomarsi.

Sage de Lioncourt****, mio compagno di stanza, capelli un po’ lunghi color bronzo, origini francesi. Usava il suo finto accento per fare colpo sulle ragazze, ma in realtà non sapeva che poche parole di quella lingua, anche se fingeva il contrario.

Non erano propriamente delle menti geniali e a volte avrei voluto prenderli a testate solo per farli tacere, ma li conoscevo da molti anni e non riuscivo ad immaginarmi un gruppo diverso dal loro.

“Ieri ho incrociato Elena Gilbert mentre tornavo a casa. È ancora più bella di quanto ricordassi” commentò Sage con l’unico intento di stuzzicarmi “Tuo fratello è il ragazzo più fortunato della città”.

“Stefan non sa a che cosa va incontro” grugnii io senza scompormi più di tanto “Una come Elena dovrebbe stare con qualcuno alla sua altezza, non con un ragazzino”.

“Le servirebbe un uomo, certo” parve concordare lui “E tu sei chiaramente così maturo e virile” mi prese in giro con una risata.

Avrei dovuto prenderlo a pugni. Sage doveva ringraziare che gli stessi concedendo tutte quelle confidenze.

“Sappiamo tutti che prima a poi te la porterai a letto, Damon” disse Tyler un po’ ingenuamente e io non mi presi la briga di correggerlo.

Elena  non era uno sfizio, non la volevo solo per soddisfare le mie voglie. Elena era la perfezione scesa tra gli umani e insieme avremmo formato una coppia esplosiva.

“Basta parlare della Gilbert” tagliò corto Tyler “Non è l’unica ragazza sulla faccia della terra; anzi ce n’è altra tra le sue amiche che mi farei volentieri”.

Caroline Forbes, sai che sorpresa! Pensai.

“Bonnie McCulluogh”.

Per poco non mi strozzai con il mio frappé. Avevo sentito bene?!

“La piccola rossa?” domandò anche Sage in conferma, stupito quanto me.

“L’ho vista oggi al lago e fidati: non è più tanto piccola” e strizzò l’occhio.

“Ho incontrato Bonnie ieri sera e anche stamattina. È la solita tavola da surf” lo smontai con uno sbuffo.

“Non ho detto che è diventata Pamela Anderson” replicò Tyler “Ho detto che è diventata figa”.

Figa? Quel piccolo uccellino? Le brutte erano altre, ma figa non era la parola che avrei usato per descriverla. Graziosa, forse. Carina ma niente di più.

Era un tipo che viaggiava nell’anonimato. Niente a che spartire con Elena.

“La vacanza in Spagna deve averle fatto molto bene. Dovevate vedere che costume aveva e come le stava. Era sexy”.

Scoppiai a ridere a quell’assurdità. Potevo accettare “figa” ma “sexy” proprio no. Bonnie non poteva mostrarsi sensuale, non ce l’aveva nel sangue ed era una delle poche cose che apprezzavo di lei. Poteva essere irritante e saccente fino allo sfinimento ma almeno era autentica.

“Ho sempre pensato che Bonnie fosse carina” confessò Sage “Però mi sembra ancora una bambina, non è il genere di ragazza che potrebbe tentarmi”.

“Non sembra una bambina, lo è” precisai io.

“Ha la stessa età di Elena e Caroline” mi fece notare Tyler.

Colpo basso: desideravo Elena ed ero stato uno dei primi ragazzi di Caroline; entrambe però si avvicinavano molto più alla mia idea di donna.

“Non è una questione di età, ma di atteggiamento” replicai “Senti, Tyler: Bonnie vive ancora nel mondo della favole, okay? Quindi ti sconsiglio di provare qualsiasi cosa tu abbia in mente” ero risultato un po’ troppo minaccioso ma fui soddisfatto del mio risultato quando lo vidi abbassare lo sguardo.

L’Uccellino non mi piaceva, ma non volevo sentire i suoi piagnistei per essere stata molestata da quel porco di Tyler. Lei non avrebbe mai potuto soddisfare i suoi bassi istinti; lui era un tipo un po’ troppo materiale.

“Era solo per dire” alzò le spalle lui “Non devi per forza marchiare il territorio”.

Dio mio, era anche più stupido di quanto pensassi! “Non era quello che intendevo”.

“Lo dici adesso” continuò a punzecchiarmi “Vediamo tra qualche settimana quando altri si faranno avanti. Morirai dalla voglia di aggiungere un’altra tacca alla tua cintura; non resisterai mai alla soddisfazione di prenderti la prima volta di Bonnie McCulluogh”.

Mi misi a ridere senza molta convinzione “Sì, certo” finsi di accontentarlo “Ne riparliamo tra una decina d’anni, quando finalmente si svilupperà”.

Non sarei riuscito a considerare Bonnie sotto quel punto di vista. Come aveva detto Sage era ancora una bambina; carina ma non abbastanza donna da tentarmi. Senza contare che era il capo del fan club di Stefan e questo costituiva un bel deterrente.

Era troppo santarellina per i miei gusti, troppo moralista, di una bontà quasi nauseante. Fredda come un ghiacciolo; non avrebbe mai permesso a nessuno di toccarla. Chissà perché avrei dovuto fare tanta fatica per avere tra le mani uno stecchino di legno.

Bonnie McCulluogh, quel fastidiosissimo Uccellino rosso non avrebbe mai catturato le mie attenzioni e io non mi sarei mai abbassato a corteggiarla.

Mai.

 

“Caroline, ti stai ingozzando con quel frullato” appuntò Meredith osservando preoccupata l’amica trangugiare il mix di frutta.

“E’ l’unica cosa che posso mangiare questa settimana” disse Caroline mentre con la cannuccia consumava anche il fondo di plastica “Ho comprato un vestito così stretto che dovrò perfino dimenticarmi di respirare”.

“Care, lo sai di essere bellissima? E che non ti serve strizzarti in un corpetto per mostrarlo a tutti?” cercai di rassicurarla io. Caroline Forbes aveva l’aspetto di una modella di Vogue e non aveva certo bisogno di qualche sciocco espediente per risplendere.

“Grazie, Bon, ma tu non hai idea di cosa si debba fare per essere elette reginette”.

M’imbronciai impercettibilmente. Caroline non l’aveva detto con cattiveria ma io ci rimasi un po’ male lo stesso. Era come se qualcuno avesse ribadito per l’ennesima volta quanto io fossi irrilevante.

Meredith se ne accorse e mi sorrise calorosamente e scosse la testa come a dirmi di non farci caso. Ritrovai subito il buon umore.

Se volevo che tutti notassero quanto ero cresciuta, avrei dovuto cambiare qualcosa anche nel mio atteggiamento e vittimizzarmi non era un buon punto di partenza.

“E’ il nostro ultimo anno ragazze e deve essere perfetto” continuò Caroline “Noi dobbiamo essere perfette, dobbiamo lasciare il segno. Inizia tutto con il ballo Homecoming, quindi non facciamoci trovare impreparate, okay? Vi voglio tutte favolose! Forse Elena un po’ meno di me, ecco” ammise con un mezzo ghigno “A proposito, dov’è Elena?”.

“L’hanno chiamata i suoi genitori mentre eravamo al lago ed è dovuta tornare a casa. Ci raggiunge qui dopo”.

“Mi straccerà anche quest’anno” si lamentò Caroline improvvisamente seria.

“Non essere così tragica” sbottò Meredith.

“Lei ha Stefan. Stefan!” ribadì ripetutamente “Il ragazzo più bello e popolare della scuola! E io non posso neanche invitare Matt. La nostra storia è finita in un disastro, non ho nemmeno il coraggio di parlargli”.

“Questo sì che è un problema” la prese in giro Meredith.

“Forse potrei chiedere a Damon di accompagnarmi” ipotizzò l’altra.

Io aprii la bocca scioccata e mi girai verso il tavolo dei ragazzi, dove insieme a quell’imbecille del mio vicino erano seduti anche Sage e Tyler.

Mi rivoltai verso Caroline “Stai scherzando, vero?! Sono io l’unica che si ricorda come ti ha trattata quel mese in cui siete stati insieme?”.

“E’ successo più di un anno fa, Bonnie! Posso buttarmi alle spalle il passato per un fine superiore” concluse.

“Venderesti tua nonna pur di vincere quella corona” ridacchiò Meredith.

“Solo la nonna? Io pensavo più alla sua anima” la seguii sempre più sbigottita.

“Ridete pure, adesso” ci sfidò bonariamente Caroline “Ma quando sarò famosa, vi ricorderete delle mie parole e di quanto avessi ragione”.

“Alla salute della nostra regina allora” dissi io alzando il mio milk-shake.

 Meredith mi imitò e anche Caroline ma si accorse di avere il bicchiere vuoto.

“Me ne serve un altro” si alzò e andò al bancone ad ordinare.

“Ha il tatto di un elefante ma le auguro di vincere” ammisi abbassando un po’ la voce in modo che mi sentisse solo Meredith che annuì alla mia affermazione.

Elena era la mia migliore amica e l’adoravo ma era giunto il momento che passasse il testimone; era il turno di Caroline.

Inoltre ad Elena non importava molto del titolo di reginetta o di qualsiasi altra frivolezza. Era sempre stata l’ape regina del gruppo, quella che catalizzava tutta l’attenzione, sebbene il più delle volte avrebbe preferito il contrario.

Sapeva di essere bella, la consapevolezza di tutte le sue qualità l’aveva aiutata a forgiare una personalità forte e sicura di sé.

Non aveva bisogno che la gente la elogiasse per sentirsi importante.

Caroline d’altra parte, pur essendo altrettanto bella e ammirata, aveva seri problemi di autostima. Per quanto si sforzasse, si fermava sempre su un gradino più in basso di Elena.

Sarebbe stata una grande rivincita per lei venire votata come reginetta della scuola; sarebbe finalmente uscita dall’ombra di Elena Gilbert e si sarebbe resa conto di quanto valesse, con o senza scettro.

Se io avessi potuto scegliere a quale delle mie amiche assomigliare, avrei risposto Meredith. Forse non era bella quanto Elena o Caroline, ma appariva comunque meravigliosa e spiccava lontana dalle luci di quelle due.

Era molto intelligente, spiritosa e sveglia. Contava sulle proprie capacità, conquistava tutti con il suo spiccato buon senso e con la sua lealtà.

Non giudicava ma consigliava. Era ammirata per la sua compostezza, per il suo acume e per la sua bravura. Meredith rappresentava un modello per le giovani studentesse del Robert E. Lee, un termine di paragone. Tutte avrebbero voluto diventare come lei, me compresa.

“Scommetto che avrà già minacciato metà comitato del ballo di eleggerla. È impossibile che qualcuno possa batterla ed Elena non si candiderà nemmeno” il ragionamento di Meredith non fece una piega come al solito.

“Sai già con chi andrai al ballo?” le chiesi dal nulla.

“Con me stessa. Sono una compagnia migliore di tutti gli stupidi che ci sono a scuola” fu la sua risposta secca.

Ecco perché apprezzavo così tanto quella ragazza!

“Almeno non sarò la sola” mi consolai.

“Non saprei … voglio dire … Tyler Smallwood ti sta facendo la radiografia da quando sei arrivata” mi sussurrò.

Io inorridii “Punto un po’ più in alto di uno che non distingue la destra dalla sinistra”.

“Questa è la mia ragazza!” scherzò lei battendomi il cinque “E prevedo che quest’anno farai strage di cuori”.

“Qualche sconosciuto alto e bruno in vista?” domandai ironicamente.

“Bruni, biondi, rossi! Chi se ne frega, basta che siano belli!”.

“Meredith Sulez, ti credevo una ragazza più profonda di così” sorrisi.

In quel momento Caroline riprese il suo posto con un megafrullato in mano “Dov’eravamo rimaste?” finse di esserselo scordato “Ah giusto, brindavamo alla mia vittoria … guardate, è arrivata Elena!” alzò una mano per attirare la sua attenzione “Bionda, vieni ad inchinarti di fronte alla tua regina”.

Elena non parve dell’umore giusto per quella battuta. Ci raggiunse, si sedette e mise i gomiti sul tavolo, corrucciata.

“Tutto bene?” m’informai.

“Una catastrofe” sibilò “La mia pace è appena stata sconvolta”.

Tutte e tre la guardammo con la fronte corrugata, senza capire le sue parole, ma un brusio si sparse nel locale e ci obbligò a spostare lo sguardo all’entrata.

Sulla soglia stava una ragazza dai lunghi capelli biondi e lisci, i suoi occhi blu saettavano per la sala; sembrava compiaciuta di aver scatenato quella fibrillazione in tutti i presenti.

Sage e Tyler avevano la bocca così aperta che chiunque avrebbe potuto vedere anche le loro tonsille; Damon invece non si era scomposto molto e aveva piegato le labbra all’insù in un ghigno trionfante.

Elena era rimasta immobile con il viso tra le mani, disperata; Meredith aveva sbattuto un paio di volte le ciglia incredula.

Caroline era completamente ammutolita; sembrava che il mondo le stesse per cadere addosso da un momento all’altro.

Io, d’altro canto, non sapevo se fidarmi dei miei stessi occhi. Solo una persona poteva causare tutto ciò. E a giudicare dalle espressioni degli altri non ero in preda alle allucinazioni; quindi poteva significare solo una cosa.

La stronza era tornata.

 

Il mio spazio:

Ho ritardato di un paio di giorni, lo so =( Solo che domenica non sono riuscita a finire il capitolo perché volevo vedere la finale e tutto è slittato. Forse avrei fatto meglio a  scrivere considerando com’è finita ma va beh!

Comincio con le noti dolenti: non aggiornerò più Crazy Little Thing Called Love fino a settembre e vi assicuro che ho una buona ragione, ovvero: voglio impegnarmi per costruire al meglio questa storia e adesso non ne ho il tempo.

Come vedete è molto diversa da A&W e ho un sacco di idee ma non so dove metterle. Devo pensare in che direzione devo andare e fare una scaletta; mi servirò dell’estate per fare tutto ciò e prometto che a settembre ne sarà valsa la pena … almeno spero!

Non odiatemi :p

Come poi vi avevo già detto ora la mia priorità è Ashes&Wine; sono davvero presa da questa storia e ho in mente già come si svolgeranno i prossimi capitoli. Mi piacerebbe finirla entro la fine dell’anno e voglio concentrami su questa.

Ora parliamo un po’ del capitolo: per me il secondo capitolo di ogni storia è sempre una tragedia perché mi sembra sempre di scrivere delle grandissime cavolate. Mi rifarò al massimo con il capitolo tre aahaha!

Vengo introdotti un po’ di personaggi in più tra cui alcuni degli amici di Damon; ovviamente ce ne saranno altri e uno ve lo potrete pure immaginare!

Elena conserverà un po’ le sue caratteristiche di principessina ( o non sarebbe più lei) ma si avvicinerà molto di più alla dolcissima ragazza della prima stagione di TVD; quella è l’Elena che ammiro. In questo capitolo difende a spada tratta Damon e anche durante il corso della storia sarà sempre quelle che si schiererà dalla sua parte. Mi spiego meglio; lei ama SEMPRE e SOLO Stefan, ma ha avuto modo di vedere la parte migliore di Damon e si è ritrovata a volergli molto bene. Damon con lei si è sempre comportato in modo impeccabile per via della sua (chiamiamola) ossessione quindi Elena non ha mai sperimentato il suo lato cattivo.

Diciamo che giocherà un ruolo fondamentale nell’avvicinamento tra Damon e Bonnie.

Il nostro Uccellino è molto acido nei confronti dell’altro protagonista ma ha tutti i buoni motivo dato che lui l’ha sempre trattata malissimo solo perché è la migliore amica di suo fratello.

C’è , però, un’intesa tra loro, un punto di contatto: la mamma di Damon e Stefan è morta alla nascita di quest’ultimo e quella di Bonnie l’ha abbandonata tredici anni prima dell’inizio di questa fanfiction (copiata palesemente dalla serie tv, lo so!). Damon e Bonnie non si piacciono, non si rispettano neppure se non costretti dalle situazioni, ma su quel punto trovano una connessione; anche questo sarà fondamentale per la crescita della loro relazione.

Ho inserito anche un punto di vista di Damon; è venuto bene secondo voi? Credo di averlo reso un po’ meno distaccato rispetto al libro, ma qui è un umano perciò è normale che abbia degli amici e che si lasci andare a qualche emozione!

Ora la stronza alias Katherine è tornata, che succederà? Caroline ed Elena probabilmente tenteranno il suicidio ma ce la dovrebbero fare per fine estate; le ritroveremo entrambe a settembre!

Ora un po’ di ringraziamenti sono dovuti:

-Chi ha messo la storia nelle seguite:

1 - Amy In Wonderland
2 - AniaS
3 - BONNIE SALVATORE
4 - Carolaspostata
5 - Desyree92
6 - dree07
7 - Eyesless
8 - gaga96
9 - iosnio90
10 - irene862
11 - Kaname94
12 - KiAmAtEmI_BoS
13 - meiousetsuna
14 - mishy
15 - missgabriella
16 - Mizzy
17 - nannavis
18 - Refia
19 - Roly_chan
20 - sole a mezzanotte
21 - Suspiria _
22 - sweet_ebe
23 - tykisgirl
24 - Valby
25 - veggente
26 - _Finchel92_

-Chi ha messo la storia tra le preferite:

1 - bonniesalvatore
2 - JaneYumi
3 - leloale
4 - lilyanne89masen
5 - lisetta95
6 - LittleWitch_
7 - real
8 - SassyKat
9 - star11

-Chi tra le ricordate:

- princess of the darkness

 

E quella fantastiche 12 persone che hanno commentato:

star11

nannavis

bonniesalvatore

LittleWitch_

Jane The Angel

Bumbuni

meiousetsuna

Refia

irene862

real

sweet_ebe

Amy in Wonderland.

E ovviamente a tutti i lettori silenzionsi!!!

 

Infine un ringraziamento speciale a meiousetsuna che mi sprona sempre a scrivere e a fare meglio!! Grazie!!

Qualche giorno fa Amy in Wonderland ha postato l’epilogo della sua bellissima storia “Ti serve un concorrente?”; per chi non l’avesse fatto, corra a leggerla!

 

Ora vi lascio! Ci vediamo con questa storia a settembre ma il 13 con Ashes&Wine!

Baci,

Fran;)

 

*Grayson e Miranda sono i nomi dei genitori di Elena nella serie tv.

** Allora qui si apre una disquisizione sui balli nelle scuole americane: Homecoming è il ballo d’inizio anno o il ballo di autunno. Prom è il ballo di fine anno; in entrambi vengono eletti re e reginette. Ora non so se ci sia e quale sia la differenza, forse il Prom è riservato agli studenti dell’ultimo anno.

*** “Non è un’altra stupida commedia americana” è un film parodia di tutti i film adolescenziali sulle high school degli Stati Uniti.

**** De Lincourt è il cognome di Lestat, il vampiro nato dalla penna di Anne Rice. Omaggio a questa grande scrittrice.

  
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