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Autore: TealRue    03/07/2012    7 recensioni
John è un violoncellista squattrinato, ma con un grande talento; è proprio per questo che ha vinto una borsa di studio alla Royal Academy of Music, prestigioso conservatorio di Londra. Sherlock invece è un geniale violinista che ha capito tutto, del mondo, tranne ciò che più gli interessa: cos'è la Musica?
Note: Teen!JohnLock. AU!Royal Academy of Music
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Come l'ultima volta, consiglio sempre di tenere come sottofondo i brani riportati a destra (probabilmente sono l'unica cosa buona di questa storia, quindi... XD).
Per facilitarvi le cose vi metto i link: http://www.yourepeat.com/watch/?&v=HXRDyi4YwnQ (Tchaikovsky) e http://www.yourepeat.com/watch/?&v=R7ixGAOwCiQ (Schubert)

 

 

 

 

Toccata e Fuga

 

 

 

 

 

Pyotr Ilyich Tchaikovsky - Notturno per violoncello e piano (Op 19 n.4)

 

 

"È- stato- fantastico."

Sherlock fissa il ragazzo bagnato come potrebbe guardare un fantasma.
O peggio, dato che Sherlock sa che è scientificamente impossibile che i fantasmi esistano, mentre il ragazzo -che adesso si precipita impacciato a raccogliere la custodia caduta- esiste anche troppo.
Ora che i pensieri del violinista sono ritornati limpidi, si concentrano tutti sull'intruso, analizzandolo dalla punta bagnata dei capelli all'estremità infangata delle sue scarpe.
Tutto accade in un secondo, come un lampo; una stringa di deduzioni che gli attraversa la mente. Capelli decisamente bagnati: non è abbastanza ricco -i suoi vestiti e la custodia graffiata- per potersi pagare un taxi e quindi ha fatto gran parte della strada a piedi con il violoncello su una spalla -le pieghe sul giaccone-. Ha dei problemi alla gamba destra, perché le pieghe sul giaccone sono sulla spalla sinistra, la spalla più debole dato che è destrimane -ha raccolto la custodia con la destra-; probabilmente zoppica. Rigido nei movimenti e impacciato: famiglia severa ed educazione ferrea, forse di tipo militare -appena ha notato il mio sguardo ha raddrizzato la schiena-. I capelli sulla nuca sono schiacciati: ha viaggiato in macchina per qualche minuti e ha appoggiato la testa allo schienale, che doveva essere alto e in pelle perché i capelli siano rimasti con questa piega. La macchina di Mycroft.
"Non è quello che la gente mi dice, di solito.", dice Sherlock abbassando gli occhi.

Nuovo compagno di stanza. Almeno non è un pianista.
L'intruso sorride.
"E cosa ti dicono, di solito?" Non se n'è accorto, prima, ma non ha una voce fastidiosa come tutti i suoi precedenti compagni di stanza. Rialza gli occhi.
È un ragazzo normalissimo, il nuovo arrivato, con un aspetto banale: piuttosto basso, piuttosto atletico, piuttosto qualsiasi cosa.
Ma ha i capelli di un biondo che non ha mai visto.
Sherlock inconsciamente lo definisce "biondo stanco".
Non gli dispiace, come colore, il biondo stanco.

 

"Vaffanculo, Holmes."
John si rilassa per la prima volta -da quando questa mattina è suonata la maledetta sveglia- e si concede una mezza risata. "Oh, la gente è solo invidiosa!"
Questo ragazzo è un genio, Cristo. È un paradiso questo posto se tutti suonano sempre così!
John incrocia per la prima volta lo sguardo del suo nuovo compagno di stanza Non l'ha osservato bene quando è entrato -la musica era troppo bella per pensare ad altro- e solo adesso si accorge che ha gli occhi di un colore meraviglioso, che non ha mai visto negli occhi di nessun altro.
John si stupisce quando nella sua mente li definisce "verde oasi".
Sì, quel verde che ha visto solo una volta, in una foto ingiallita e consunta scattata dal padre.
Una fotografia trovata in una vecchia scatola, quella con "Richard Watson - Afghanistan" timbrato sopra in rosso.
John scuote lievemente la testa per distogliersi da questo pensiero.
"Fa poco altro, la gente." dice l'altro ragazzo.
Per un secondo sembra sciogliersi in un sorriso, ma forse è solo un'impressione di John: le labbra -a forma di cuore?- si incurvano vagamente verso l'alto per poi riabbassarsi velocemente.
"Sherlock, questo è il tuo compagno di stanza-", la voce alle sue spalle gli ricorda che non sono soli, nella stanza. Il direttore gli passa accanto e si posiziona con passi lenti e misurati vicino al ragazzo che ha chiamato Sherlock.
E così si chiama Sherlock. Strano nome. Sherlock... prima non ha detto Holmes? Quindi-aspetta, lui e il direttore sono... parenti?
"-John Watson, il ragazzo che ha vinto la borsa di studio. Vivrà con te per tutto l'anno scolastico."
Lo sguardo prima sereno di Sherlock si incupisce; anche il direttore lo nota e gli appoggia una mano sulla spalla.
Sembra proprio che non mi voglia.
Si guardano per qualche secondo e John riesce quasi a vedere le parole non dette che saettano tra gli occhi dei due Holmes.
Il giovane violoncellista prende coraggio e avanza di qualche passo verso Sherlock.
Gli tende la mano con quello che spera sembri un sorriso amichevole.
"Piacere di conoscerti, Sherlock."
Speranzoso, aspetta qualche interminabile istante con la mano sospesa.
L'ombrello del più anziano degli Holmes batte due volte sul pavimento.
"Il piacere è suo." dice alla fine il direttore, alzando gli occhi al cielo.
La mano ricade e a John non rimane che nascondere l'imbarazzo dietro un sorrisetto poco credibile.
"Ho perso le speranze, ormai." Il direttore si allontana scocciato dal fratello e ritorna alla porta.
"John, il tuo letto è questo-" indica il letto vuoto a sinistra "-le coperte sono qui, la federa è nel cassetto e l'uniforme è nell'armadio."
Abbassa la maniglia della porta.
"Le lezioni cominceranno la prima settimana di settembre, quindi hai qualche giorno per sistemarti-". Esce dalla stanza.
"-buona fortuna.", lo mormora -come se non ci credesse neanche lui- e chiude la porta.
 

Sherlock sente il "buona fortuna" di Mycroft e sbuffa.
Come, "vivrà con te tutto l'anno"? Io non voglio uno scocciatore in camera mia per nove mesi! E non possono neanche farlo trasferire: quest'anno ci sono più iscritti del solito e tutte le camere sono occupate! Ahh, maledizione!
Sherlock appoggia il suo violino sul tavolo e si lancia sul letto. Guarda il soffitto.
Silenzio.
Subito interrotto, ovviamente.
L'altro ragazzo -John, ha detto che si chiama. Il nome più banale del mondo- si sta muovendo per la stanza e trascina rumorosamente la custodia del violoncello verso il suo armadio.
I passi sono incerti -o è la gamba che gli fa male?- e nervosi.
Sherlock sente il rumore delle ante dell'armadio che si aprono e delle mani che frugano tra vestiti; lo stridore degli ometti di metallo che si scontrano.
Probabilmente sta cercando la divisa per cambiarsi i vestiti bagnati.
Sente il fruscio di vestiti tolti e vestiti messi e vede con la coda dell'occhio il candore della schiena nuda dell'altro. Si concentra di più sul soffitto.
Rumore, rumore! Ecco a cosa servono i compagni di stanza- io ho bisogno di pensare.
Dopo altro inutile chiasso, John si siede sul letto e finalmente Sherlock non sente più la sua presenza.
Giusto se si concentra, riesce a sentire il suo respiro leggero.
Silenzio, ancora, che vibra nell'aria per qualche istante.
"Senti-", la quiete viene distrutta ancora una volta.
Sherlock fa finta di non sentire.
Anche se questo John non ha una brutta voce-, sopprime il pensiero velocemente.
"-è evidente che... non mi vuoi qui-"
Sherlock si mette a sedere sul letto.
"Brillante deduzione.", dice il violinista, cercando di usare tutto il sarcasmo in suo possesso.
Guardando lo sguardo ferito dell'altro, per una frazione di secondo si pente. Solo per un attimo.
John stringe i denti e ignora questa risposta.
Prosegue.
"-appunto, è evidente che io non ti piaccio."
Sherlock non risponde: in realtà -anche se a se stesso non lo ammetterebbe mai- non sa cosa rispondere.
"Ma sappi che non ho intenzione di disturbarti."
Sherlock continua a non parlare, ma adesso guarda John negli occhi.
Occhi sinceri, determinati, orgogliosi e grigi.
"Quindi, fa pure come se non esistessi."

 

 

 

 

Franz Schubert - Trio in Mi bemolle (Op 100 - Andante con Moto)

 

 

Da quel giorno, John si è impegnato a interagire con Sherlock il meno possibile.
La cosa strana è che non è neanche arrabbiato -neanche scocciato, Cristo!- con il suo bizzarro ma geniale compagno di stanza.
Ci pensa sempre quando sgattaiola nella stanza silenziosamente, o quando aspetta che Sherlock se ne vada per allenarsi e suonare.
L'unica possibile spiegazione che ha trovato è che Sherlock Holmes è un musicista talmente bravo, che il subconscio di John è disposto a perdonargli tutto.
Questa situazione va avanti da ormai un paio di mesi e nulla, ma proprio nulla, è cambiato dal giorno del loro incontro.
Le uniche parole che sfidano il loro silenzio auto-imposto sono quelle che lasciano la bocca di John, tutte le volte che Sherlock finisce di suonare.
"Fantastico.", "Meraviglioso-", Sherlock non risponde mai.
Gli fa piacere, però- John lo sa. Sa che gli fa piacere proprio perché non risponde.
Pazienza, scuote la testa bionda e entra in camera.
Ha imparato un po' a conoscerlo, sembra un paradosso, ma è vero: ha imparato che con Sherlock il silenzio è armonia; il rumore invece è solo "rumore".
Si siede sul suo letto, apre la custodia e prende il violoncello.
Si può rilassare, Sherlock tornerà alle otto e per allora in questa stanza regnerà il silenzio.
Adesso può chiudere gli occhi e può suonare.

Sherlock sbuffa quando sente la porta della camera aprirsi. È in bagno; esperimento: sta cercando di distillare della pece artigianale partendo da una base di resina di abete rosso.
Se tutto va come crede -e tutto andrà come crede- otterrà una pece dieci volte più efficace.
Ma adesso è arrivato John, tanto vale andarsene: non può concentrarsi senza silenzio.
Esce con foga dal bagno ed è pronto ad abbandonare la camera.
Quando apre la porta, però, la sua retina viene colpita dall'immagine di John che abbraccia il suo violoncello.
È immobile, sembra che non stia neanche respirando.
I suoi capelli biondo stanco in contrasto con il legno scuro.
Non sta suonando, ha semplicemente avvolto lo strumento tra le braccia e si è fermato- aspetta qualcosa.
Per la prima volta da quando l'ha conosciuto, Sherlock lo guarda con interesse.
Cosa sta aspettando?
La porta del bagno però, insensibile e ancora piena di forza cinetica, si appoggia alla parete con un tonfo.

 

John rischia di lanciare lo strumento per terra quando il rumore della porta lo riporta violentemente alla realtà. Oddio, Sherlock?
"Me ne vado, me ne vado...", comincia subito a mormorare, non vuole lasciare a Sherlock la soddisfazione di scacciarlo.
A malincuore comincia a riporre l'archetto.
"No."
L'ha detto così piano che John non è neanche sicuro di averlo sentito- non è mai sicuro di niente, quando si tratta di Sherlock.
Sbarra gli occhi e ride incredulo.
"Eh?"
"No.", questa volta è più forte; Sherlock è sempre fermo sulla soglia del bagno.
"Cosa "no"?"
"Non andare," non ha alcuna emozione nello sguardo -così maledettamente verde oasi- "-suona."
John è confuso; perché con Sherlock è sempre così?!
A suo malgrado, John si ritrova ad obbedire.
Si siede di nuovo, impacciato, sul letto e riabbraccia il violoncello.
Solleva l'archetto, Sherlock continua a fissarlo- è troppo a disagio.
Lo guarda implorante, cercando di chiedergli "devo proprio farlo?": John non vuole far sentire la propria inadeguatezza musicale a Sherlock, non vuole fargli capire che è solo un poveraccio che ha vinto per caso una borsa di studio. Niente da fare, lo sguardo non riceve nessuna risposta.
Sospira: si arrende.
Prende tutto il coraggio che ha, cerca bene in ogni angolo della sua essenza, e posa l'archetto sulle corde.
Non chiude gli occhi, questa volta, ma fissa Sherlock- vuole mettermi a disagio? Bene: gli farò vedere chi è John Hamish Watson.E poi, incerto -questa volta veramente- comincia a suonare.

 

Nell'attimo in cui crini scivolano sulle corde, Sherlock percepisce tutta la sua incertezza: la vede nelle mani, che tremano saltando lungo la tastiera, e negli occhi preoccupati.
Dopo qualche secondo, però, il suono è decisamente più sicuro, più forte: il pezzo comincia ad animarsi. Lo sguardo sostiene quello del suo spettatore.
Un'arcata dopo l'altra, Sherlock riesce quasi a vedere la goffaggine dei primi passaggi dissolversi per diventare scioccante naturalezza.
Le note prendono vita, sono- non sa come definirle Sherlock, o forse lo sa anche troppo; forse non vuole ammettere che l'unico aggettivo che il suo vasto intelletto trova in questo momento è "sensuale". Perché adesso che John ha preso sicurezza, ora che il suo corpo ondeggia contro il legno, che altra parola potrebbe usare Sherlock?
Il suono del violoncello è basso, è un gemito profondo, e Sherlock rabbrividisce.
Gli occhi grigi che negli ultimi due mesi l'hanno guardato a volte con ammirazione, a volte con fastidio, adesso stanno bucando i suoi.
Da quando John ha iniziato a suonare, non li ha mai spostati da quelli di Sherlock.
Sono gli occhi di John, gli stessi di sempre, gli stessi; ma hanno una profondità che non ha mai notato.
Riprende la melodia principale ancora una volta e questa volta la fa più lenta, più vibrante.
Sherlock adesso sa che John ha capito. La musica, l'ha capita. Perché la vive- mi guarda negli occhi e la vive.
È insopportabilmente intensa.
Capisce che non deve resistere, che per una volta può non pensare -perché la musica è fare, non pensare- e abbandonarsi al suono del violoncello.
Sensuale.
 

Quando la logica e il raziocinio di Sherlock ritornano, la musica è finita.
Quando ritornano, però, ormai è troppo tardi.
Perché il violinista scopre con orrore che il suo subconscio gli ha dipinto nella mente numerose immagini, in cui il violoncello è scomparso e Sherlock ha preso il suo posto.
Lui, nell'abbraccio di John, con la testa nell'incavo bianco del suo collo e le mani nei capelli biondo stanco. Le dita di John che gli scorrono sul petto-
Sherlock esce dalla stanza sbattendo la porta.


John non capisce perché Sherlock sia scappato.
È soddisfatto però: sa che Sherlock ha apprezzato il suo modo di suonare.
Perché non ha detto nulla.

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'autrice:

 

Bene, mi faccio ufficialmente pena. Perché, dopo un capitolo del genere, mi rimane solo l'ippica.
A mia discolpa, questa non solo è la mia prima JohnLock, è anche la prima storia di questo genere (genere fan-service? XD) che oso scrivere, quindi, abbiate pietà!
Potevo anche immaginarmelo, che questo genere non facesse per me: sono romantica come una cicca appiccicata sotto un banco. Paaazienza.
Grazie a tutti quelli che hanno recensito/seguito/messo tra i preferiti questa storia- soprattutto a quelli che non si pentiranno di averlo fatto dopo aver letto questo capitolo. Veramente, spero che piaccia a qualcuno. XD

Nel prossimo capitolo: moar JawnLock. :D

  
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