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Autore: Aout    04/07/2012    2 recensioni
(rating aggiornato)
In una delle stanze al primo piano di una casa tutta bianca, sul limitare della foresta, si trova un piccolo quadro.
È una cornice anonima dalle tinte scure, che, ad un occhio disattento, non dice nulla.
Ma, dietro la mano di un pittore inesperto, si nascondono ricordi di tempi passati, tanto sfocati da essere stati quasi dimenticati.
È la Londra del 1663.
Siamo nello studio di Carlisle Cullen, la cui vita, per episodi, ci spiega come si diventa un bravo vampiro.
Spero recensirete.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Carlisle Cullen, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
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Parte II
 
Qualche giorno dopo
La locanda era piccola e sporca, ma soprattutto spaventosamente vuota. C’erano solo due persone nel locale: un cliente, un uomo con in testa un cappello a falda larga che in un angolo sulla destra beveva una birra scura, e una donna, intenta a pulire il bancone.
Se non altro avrebbe trovato chi cercava più in fretta.
Carlisle era sempre stato profondamente paziente, ma ormai era stanco di girare a vuoto. Aveva perfino dubitato che quella locanda esistesse, tanto l’aveva cercata inutilmente in quella città immensa. Poi aveva visto l’insegna.
Un’ insegna di legno marcio, attaccata ad un unico logoro gancio, che minacciava di cadere a terra da un momento all’altro. Era immensamente grato di averla notata perché, benché non fosse certo un grande viaggiatore, era sicuro di conoscere bene la sua città.
Concezione del tutto errata. Londra era un caleidoscopio di strati sociali, e lui ne aveva sì visitate molte parti, dai quartieri più rinomati e alla moda, con i loro intellettuali, politici e nobili, ai bassifondi più maleodoranti, con le malattie e la povera gente, ma in quel posto non aveva mai messo piede, non fino ad allora.
Pregò che l’informazione che aveva ottenuto non si risolvesse in un buco nell’acqua, perché non aveva assolutamente nessun altra pista.
Non che non avesse provato a risolvere quel mistero, anzi! In quei due giorni aveva parlato esattamente con ventisette persone, per lo più donne, che si erano rivolte alla Chiesa come loro ultima speranza, per ritrovare quel figlio, marito o amico che fosse, sparito inspiegabilmente nel nulla.
Ma da loro aveva purtroppo ottenuto ben poco. Aveva posto le domande più svariate: dove avevano visto il loro caro l’ultima volta? quanto tempo prima? ricordavano qualcosa di particolare o inconsueto? E via dicendo un’altra miriade di questioni. Ma tutti quegli scomparsi non avevano niente in comune, tranne il fatto che l’ultima volta erano stati visti al confine nord, luogo che lui si era sfiancato a perlustrare per un’intera mattinata senza ottenere assolutamente alcun risultato.
Così il suo unico indizio non riusciva a portarlo da nessuna parte.
L’informazione che cercava, ciò che avrebbe potuto condurlo sulla strada giusta, era giunta molto più tardi.
 
Era uscito verso mezzodì dalle mura domestiche che, mai come in quel momento, gli erano sembrate una prigione. Era piuttosto combattuto: era innegabile che volesse portare un aiuto a quelle persone, ma si sentiva totalmente impotente, davanti a un rompicapo che sembrava proprio non avere soluzione e, al contempo, era assillato dalla prospettiva di deludere il padre, quando finalmente sembrava porre in lui tutta la sua fiducia.
Per schiarirsi le idee aveva quindi deciso di prendere una boccata d’aria fresca, come faceva spesso, e si era diretto verso il centro.
La strada che stava percorrendo era invasa dalle bancarelle del mercato cittadino in cui si affaccendava una grande massa di persone.
Ripensandoci, doveva essere grato che la folla lo avesse trascinato come un pupazzo vuoto, come effettivamente si sentiva perso nelle sue riflessioni, fino ad un vicoletto stretto e stantio. E ancora più grato di essere indietreggiato distrattamente andando a sbattere contro qualcosa che, in pochi attimi, lo aveva scaraventato a terra con sé.
Quando si rese conto di essere seduto sull’acciottolato spigoloso si alzò immediatamente e si girò, curioso di vedere chi o che cosa avesse urtato tanto violentemente.
Dietro di lui una figura snella stava chinata a terra su quelli che dovevano essere i resti di un vecchio secchio in legno che aveva sparso il suo contenuto, acqua probabilmente, qualche metro più in là.
Quando mosse un passo verso di lei, la figura scura si ritrasse, entrando così in un cono di luce che ne illuminò i lineamenti. Era una donna matura che indossava un lungo abito verde scuro.
Quando il suo sguardo raggiunse gli occhi di lei, il tempo si fermò per alcuni momenti.
Carlisle sentiva come un campanello dall’allarme nella sua testa che gli urlava “ricorda, ricorda, ricorda!”, ma lui non riusciva a rammentare che cosa.
La donna aveva un viso scavato e terreo, eppure c’era una fiamma vivace che brillava in quegli occhi scuri mentre lo osservavano, pieni di terrore.
Ovviamente lui non aveva alcuna intenzione di spaventarla, ma inconsciamente fece un altro passo in avanti.
-Aspetti, la aiuto. – sussurrò portandosi vicino ai pezzi di legno a terra e accingendosi a raccoglierli.
Si muoveva con una cautela infinita, come al rallentatore. Quell’espressione di puro terrore lo metteva incredibilmente a disagio e forse avrebbe fatto meglio ad andarsene. Ma non poteva. Quel secchio magari era solo un vecchio pezzo di legno che presto o tardi sarebbe comunque finito al macero, o magari, cosa a suo avviso più probabile, era uno dei pochi mezzi di sopravvivenza di quella donna già così triste.
Oltretutto la curiosità lo spingeva ad osservare meglio quel volto. Che avesse già incontrato sulla sua strada quei due grandi occhi scuri?
Si fermò e attese una qualunque reazione.
Con un movimento repentino la donna fece un passo all’indietro e si portò le mani al volto. Poi, improvvisamente e senza alcun preavviso, corse verso di lui e…lo abbracciò?
Carlisle rimase paralizzato, anche dopo che la donna si era allontanata.
Quanti secondi passarono? Uno, due, mille forse? Carlisle non lo sapeva, ma dopo quell’attimo infinito di infinite domande senza risposta, lei parlò.
 

***

 
Il tè che gli era stato offerto doveva avere un buon sapore, vedendo come il bambino bruno seduto di fianco a lui lo stava assaporando, sbrodolandosi tutto. Ma Carlisle non si accorse nemmeno che lo stava sorseggiando.
Si era trovato di fronte ad un nuovo rompicapo e la sua mente, già così presa, faticava a risolverlo.
Quanti anni erano passati? Troppi perché potesse ricordare, in fondo era solo un bambino all’epoca e si sa: le memorie infantili sono deboli.
Ma era veramente così? Perché lui, Ann l’aveva riconosciuta. Ci aveva messo un po’, certo, ma alla fine, chissà come e perché, il suo ricordo aveva fatto nuovamente la sua comparsa, dopo essere stato per anni incastonato da qualche parte nella sua memoria confusa.
In quel momento era assillato da tanti quesiti e, allo stesso modo doveva esserlo anche la sua vecchia governante, tanto che per un po’ si limitarono semplicemente ad osservarsi in silenzio.
Già lui aveva raccontato qualcosa su di sé e ciò che la vita londinese gli aveva riservato, ma Ann invece ancora non aveva detto nulla e, benché un sorriso nostalgico ogni tanto apparisse sul suo volto, nei suoi occhi rimaneva imperterrito un alone di malinconia.
Carlisle approfittò del momento per spaziare con lo sguardo intorno a sé: la casa era bella, grande e si trovava in un quartiere di artigiani, molto lontano dai bassifondi.
Eppure…eppure c’era qualcosa che non andava. All’inizio era solo una sensazione, ma, osservando meglio, si trovò a notare dettagli che prima gli erano rimasti nascosti.
Per esempio, perché sul mobilio c’era uno strato di polvere? Non solo sui soprammobili, ma sul pavimento, sul tavolo, sul divano…come se nessuno avesse abitato lì per qualche settimana. Perfino il fuoco nel camino era spento, benché la temperatura fosse sufficientemente fredda da richiederne l’uso.
 - Ann…- no, non poteva chiederlo. Era una domanda indiscreta e scortese, non erano di certo affari suoi, quelli. Ma una donna sola, con un bambino… la curiosità continuava a consigliarlo male, come aveva sempre fatto. In più era anche preoccupato, benché non la conoscesse provava un grande affetto per quella donna, proveniente dal suo felice passato. Prese un respiro e continuò- Ann, dov’è suo marito?-
Lei abbassò lo sguardo e una lacrima scese sul tavolo scuro.
Carlisle si sentiva uno sciocco maleducato. Tentò di dire qualcosa, qualunque cosa, ma Ann lo interruppe toccandogli lieve il braccio. Poi lo prese per mano e lo condusse nel piccolo salotto sulla destra.
Lo lasciò in mezzo alla stanza mentre lei si dirigeva verso una mensola sulla parete opposta e prendeva in mano un piccolo oggetto sferico, attaccato ad una catenella. Era di bronzo scuro e, quando si avvicinò, Carlisle vide che altro non era che un medaglione.
La donna lo aiutò ad aprirlo. Dentro vi erano un ritratto e una scritta. Il dipinto raffigurava Ann da giovane, molto più simile ai ricordi di Carlisle di quanto non fosse ora, mentre sulla sinistra si leggeva una frase, scritta in una calligrafia fine ed elegante:
Ann, insieme ora e per sempre.
-Si chiamava George. Era un uomo dolce e gentile. Amava me e il piccolo Arthur con tutto il cuore-  Ann sospirò affranta e poi continuò – forse la mia casa ti sembra trascurata. È perché continuo ad attenderlo Carlisle, benché ormai sia scomparso da più di due settimane.-
Un fulmine a ciel sereno. Due settimane?
- È successo al confine nord. –lo sapeva.
 
E ora si trovava lì, in quella locanda.
È stato un uomo anziano a trovare il medaglione. Mi ha detto che potevo rintracciarlo  al “Boccale Bollente” se volevo parlagli, ma mi ha espressamente vietato di andare al confine della città. Dice che gli uomini non sono nulla in confronto ai demoni…
Tentava di tenere a mente le parole di Ann, ma, anche se avesse voluto, non avrebbe potuto dimenticarle. Che suo padre avesse ragione?
 

***

 
Camminava tra le sterpaglie, lentamente.
Sentiva il frinire delle cicale e il soffio del vento tra i rami frondosi degli alberi, gli squittii e i mormorii degli animali della foresta, ma più di tutti udiva i passi pesanti sull’erba degli uomini che lo seguivano e i loro respiri affannosi e regolari.
E se li sentiva lui…
Non che avesse sperato di prenderli di sorpresa, ma avrebbe voluto avere qualche possibilità in più.
Non poteva evitare che quegli uomini lo seguissero, non dopo che il padre aveva raccontato a tutta la comunità le sue scoperte, suscitando un’ira ed un furore nella gente che Carlisle rimaneva sempre sorpreso esistesse.
Quelle persone non sarebbero dovute essere lì, nemmeno lui e, più di tutti, quelle mostruose creature.
Vampiri
Faceva fatica a pensarla quella parole, ma dirla…non sarebbe mai riuscito a pronunciare quelle poche sillabe.
Era paura? Sì, la più pura e semplice. D’altronde ancora pochi passi e si sarebbe trovato di fronte i suoi peggiori incubi.
Quando vide l’imboccatura delle fogne, indicatagli dal vecchio della locanda, un brivido freddo gli scese lungo la schiena.
Quella costruzione in pietra e mattoni sembrava un mostro, con grandi denti di ferro spalancati su una bocca orrenda, pronta a inghiottirli.
Scosse la testa per allontanare quei pensieri malsani, non gli serviva certo che altre ombre andassero ad aggiungersi a quelle che già gli stavano togliendo tutto il coraggio.
Ombre
Quando diede il segnale e un lungo urlo si disperse nell’aria, lui non vide altro che ombre.
Si muovevano veloci, troppo veloci.
E uccidevano.
La paura lo paralizzò solo un secondo, ma fu sufficiente.
Lui stesso fu inghiottito dalle tenebre.
Si ritrovò per terra, sanguinante, mentre il fuoco aveva cominciato a divorarlo. Fuoco, quale fuoco? Perché stava bruciando se non c’erano fiamme?
Riusciva a vedere poco, ma, a giudicare dai suoni, doveva essere stato sbalzato lontano dalla battaglia.
Avevano perso. E lui? Anche lui era perso.
Si trascinò per qualche metro e vide un’entrata scura, una cantina forse, non importava. Se il padre l’avesse trovato, se solo avesse pensato che suo figlio fosse stato toccato da quei demoni, maledetto, infettato…in realtà nemmeno lui era in grado di dire quello che stava succedendo…
Scivolò nell’imboccatura, cercando di soffocare le urla di dolore, e cominciò a sognare.
Erano incubi, popolati di ombre e di fiamme, soprattutto di fiamme
 

***

Arthur ricorda poco della sua infanzia.
Ha vissuto in un orfanotrofio per qualche anno, poi è stato mandato in un collegio, uno dei più prestigiosi, e poi in un’università.
Ora ha una famiglia e dei figli, è un magistrato affermato e spesso il re chiede consiglio a lui per gli affari governativi.
È un uomo felice anche se dei genitori conserva solo pochi ricordi e oggetti che presto passerà ai suoi eredi.
Arthur non sa chi sia stato il suo benefattore, ma ora, ora che è ormai molto anziano, vuole ringraziarlo.
-Grazie.-
Fuori dalla finestra, un uomo biondo sorride.
 
 
 
 
 
 
 
Note: Complimenti! A me che sono finalmente riuscita a scrivere il capitolo della trasformazione? No no, a voi che l’avete letto tutto fino alla fine (benché molto più lungo degli altri)!
Devo dire un “paio” di cose:
1.se ho cambiato (diciamo sbagliato, dato che non era mia intenzione) qualche cosa rispetto al libro e alle sue descrizione avete due scelte a) perdonare una povera autrice smemorata b) perdonare un povero vampiro smemorato che ha sbagliato a raccontare al figlioletto la sua storia. Suvvia, ha pur sempre quasi 400 anni!
2.La frase nel medaglione è stupida, lo so, ma non avevo altre idee.
3.Tutti i dubbi sono stati risolti? Se non è così mi dispiace, ma il genere del mistero è misterioso da scrivere quanto da leggere…
4.Che ci sarà nel prossimo capitolo? Boh…cioè, qualche ideuzza ce l’ho, ma devo ancora perfezionarla…sarà una sorpresa sia per me che per voi…
 
E adesso…vi saluto!
Al prossimo capitolo ;)
Aout
  
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