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Autore: Bethan Flynn    05/07/2012    3 recensioni
Non era possibile. Non poteva essere lui.
Non adesso che finalmente, dopo dieci anni, era riuscita se non a scrollarsi di dosso il peso di quella colpa che l’aveva sempre schiacciata, perlomeno a conviverci.
Howard Link. Il cognome c’era, i due nei pure, gli occhi grigi anche.
Non li aveva mai dimenticati, e non li avrebbe dimenticati mai.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Link, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Dopo quella discussione, Rie si chiuse in camera assieme a Rei per un giorno intero.
Howard la capiva, e sapeva di aver ribaltato tutte le carte in tavola, ma non poteva fare a meno di sentirsi deluso.
Deluso, irritato, stanco, triste.
Affettò con violenza una zucchina, lanciandone i pezzetti in una ciotola.
D’accordo, l’aveva sconvolta, ma due parole avrebbe anche potuto spenderle. Sospirò: non sapeva davvero cosa avrebbe dovuto aspettarsi, gli sembrava solo che la sua felicità per averla ritrovata non fosse affatto contraccambiata.
Si buttò sul divano: era troppo presto per preparare la cena, troppo tardi per affogare i dispiaceri nel cioccolato, troppo inutile salire le scale e tentare di parlarle.
Decisamente, forse portarla lì era stata una pessima idea.
Tese l’orecchio, quando avvertì uno scalpiccio che non era di Rie.
La bambina comparve in fondo alle scale, impacciata. Le sorrise, ottenendo in cambio uno sguardo a metà fra il curioso e l’incerto.
Sempre meglio dell’espressione omicida con cui l’aveva fissato la prima volta, pensò.
-Ehi, tutto bene?- le chiese, sforzandosi per sembrare gentile e esperto di bambini.
Purtroppo, l’unica categoria di persone che potevano metterlo realmente a disagio, dopo Rie, s’intende, erano i bambini.
-Rie dorme, mi annoio- si lamentò lei.
Il ragazzo si alzò dal divano, andando ad accucciarsi di fronte a lei –lasciala dormire, è molto stanca- disse gentilmente –se vuoi ti faccio vedere il mare- Rei fece una faccia interrogativa così buffa che dovette sforzarsi per non mettersi a ridere.
-Cos’è?- chiese.
-E’…- oh santo cielo, come glielo spiegava, cos’era il mare? -… è come un prato, immenso e fatto tutto d’acqua- faceva schifo come insegnante, pensò depresso.
-E’ grande?- gli occhi di Rei si erano ingranditi, il volto acceso di curiosità.
-E’ enorme. Non ne vedi la fine- asserì serio –se ci sbrighiamo, vediamo anche il tramonto. Allora, che ne dici?- si tirò in piedi, porgendole la mano.
Rei la strinse lievemente, seguendolo.

Quando la vide spalancare la bocca dalla meraviglia, nel vedere l’oceano tinto di un rosso che sfumava nel blu dagli ultimi raggi del sole infuocato, Howard si rese conto improvvisamente di come fosse terribilmente facile non considerarla un’arma.
Com’era possibile che si riducesse solo a quello?
-Non sporgerti, tira vento- disse, vedendo che Rei si avvicinava pericolosamente al bordo della scogliera.
-Ma voglio guardare giù- fece quella, imbronciandosi. Il biondo sospirò –e va bene- la prese in braccio, strappandole un’esclamazione stupita, e si posizionò esattamente sul bordo.
Buffo come non soffrisse più di vertigini, pensò guardando i cavalloni infrangersi metri e metri sotto di loro.
Alzò gli occhi e vide che il sole era quasi del tutto scomparso sotto l’orizzonte. Si tirò indietro, sedendosi poco distante.
-Adesso guarda l’orizzonte, Rei- disse, indicando il punto dove il sole si abbassava sempre di più.
-Perché? Cosa succede?- chiese la bambina.
-Lo vedrai fra poco. Se te lo dice, non sarà più una sorpresa- Rie arrivò alle loro spalle e si sedette sull’erba di fianco a Rei, sorridendo, gli occhi fissi sulla linea che separava nettamente cielo e mare.
Fu un lampo, e l’orizzonte s’infiammò di una linea color verde smeraldo, spessa e intensa come poche se ne vedevano, brillante.
Le risa di Rei riempirono l’aria.
-Ancora! Voglio vederla ancora!- gridò, ma Rie fece cenno di no –è molto raro da vedere. Succede solo quando in cielo non c’è nemmeno una nuvola- spiegò, prendendola per mano e rialzandosi.
-Ma era così bella…- mormorò tristemente lei.
-E’ bella perché è speciale. Se tu la vedessi sempre, non lo sarebbe più- disse Howard alzandosi a sua volta e seguendole lungo il pendio.
La voce eccitata di Rei gli arrivava alle orecchie: la descrizione del mare, del cielo che diventava rosso, delle onde sugli scogli. Vide Rie sorridere e annuire a tutto quello che la bambina diceva, e pensò che quando avrebbero trovato il Cuore…
No. Scosse la testa.
Non doveva pensarci, non in quel momento, anche se sapeva di stare sbagliando e di stare trascinando Rie con sé senza sapere se lei stessa se ne rendesse conto, in quel momento pensò solo che avrebbe voluto vedere quell’espressione sul viso della ragazza per sempre.

Quella sera, Rie si coricò sul letto a castello, sopra quello di Rei, ma non riuscì a prendere sonno.
La discussione con Howard e quella giornata così strana e bellissima al tempo stesso l’avevano messa in agitazione, senza contare il fatto che si trovasse in quella casa.
Appena sentì il respiro della bambina farsi pesante, discese lentamente dal letto e uscì dalla stanza, richiudendo silenziosamente la porta.
Scese le scale, quasi inconsapevole di dove la stessero portando le sue gambe, e si fermò nell’angolo da cui aveva avuto origine tutto.
Sfiorò la parete gelida, ma si rese conto che allora non l’avrebbe mai sfiorata in quel punto, che allora era molto più piccola, circa delle dimensioni di Rei.
Si accucciò, e rivide tutto da quella prospettiva.
Una bambina. Ecco cos’era, allora.
Non appena nata, ma quasi.
-Bastardo- sussurrò con rabbia, stringendo il pugno.
Chiuse gli occhi e rivisse quei momenti, istante per istante. Sentì il cuore andarle a mille nel petto, ma non era dolore.
Era rabbia.
In quel preciso istante, si rese conto di odiare James, di averlo sempre odiato da quel giorno, ma che il senso di colpa aveva ricoperto l’odio come una consolante coperta che le consentisse di non vedere ciò che realmente pensava.
Lei aveva voluto ucciderlo anche allora, inconsciamente.
Anche allora l’aveva odiato.
Ma questo non migliorava le cose, non avrebbe cambiato niente con Howard.
Anzi, forse se gli avesse detto che aveva odiato suo fratello la situazione sarebbe pure precipitata.
Guardò di nuovo la stanza: non arrivava nemmeno al piano del tavolo.
Il disgusto la colpì come un pugno.
Appoggiò la fronte sul muro freddo, pensando che l’avrebbe volentieri sfondato a testate, mentre tutte le immagini le tornavano in mente vivide, come se stessero accadendo di nuovo sotto i suoi occhi.
D’improvviso sentì una mano sfiorarle una spalla, e il suo corpo reagì d’istinto, irrazionalmente, come se il cervello non avesse fatto in tempo a comunicare alla sua paura che la storia non poteva ripetersi.
Il ragazzo biondo crollò a terra con uno scivolone di vari metri, colpito in pieno petto da un calcio sferrato con tutta la potenza che aveva.
Rie schizzò accanto ad un agonizzante Howard senza dire una parola.
-I-immagino… che avrei dovuto tossicchiare… o qualcosa di simile- ansimò lui, reggendosi lo stomaco.
-Scusami- mormorò –mi… mi hai spaventata-
-E tu… mi hai quasi… ammazzato- tossì il biondo, contorcendosi a terra.
La ragazza lo sollevò di peso, passandogli le braccia sotto le ascelle, e lo trascinò verso il divano.
-Ma… che?- fece lui, ma lei lo zittì con un sonoro “ssshh!” e lo fece sdraiare, impedendogli di tornare ad avvolgersi la pancia con le braccia.
-Fa… male, Rie-
Rie iniziò a passargli piano le mani dove l’aveva colpito, pigiando un poco, massaggiando per sciogliere i muscoli contratti.
La situazione le sembrava un tantino irreale, ma il suo corpo si stava muovendo dando retta a qualcosa che sicuramente non era la ragione.
Poco a poco sentì la schiena del ragazzo rilassarsi, le braccia abbandonate lungo i fianchi, il respiro tornare regolare e non spezzato.
-Va meglio?- chiese piano, fermandosi. Howard annuì, fissando il soffitto.
-Non volevo spaventarti- sussurrò dopo un po’. Rie scosse la testa –non so che mi sia preso, scusami- ripetè. Ripensandoci, era ovvio che avesse agito sotto l’influsso dei suoi ricordi legati a quel posto.
-Come stai?- chiese lui ad un tratto. La domanda, così spontanea, la colse completamente alla sprovvista.
-I-in che senso?- balbettò cercando di guadagnare tempo. Il ragazzo sospirò.
-So che detesti stare qui. Ma non avevo in mente altri posti- si tirò su quel tanto che bastava per guardarla negli occhi, e Rie si sentì attraversata da quelle iridi grigie esattamente come le succedeva in passato, come se fossero capaci di leggerle dentro tutto quello che la maggior parte delle persone non vedeva.
-Potrebbe essere qualsiasi altro posto, la situazione non cambierebbe- mormorò dopo un po’, sedendosi con la schiena appoggiata al divano –come non è cambiata in dieci anni, dovunque mi trovassi- abbassò la testa fino a toccare le ginocchia con la fronte.

Howard la osservò per qualche istante, senza avere la più pallida idea di cosa dire.
Il dolore che Rie si portava dietro era tanto irrazionale quanto profondo, e dubitava che solo con le parole avrebbe potuto farle cambiare idea. Ma cosa poteva fare? Riconosceva di sapere ben poco ormai di lei; di certo non poteva illudersi che fosse rimasta come quando aveva undici anni.
Si rese conto di non sapere neppure le cose più insignificanti.
-Rie- gli rispose un mugolio indefinito, che non gli tolse di testa l’idea malsana che vi aveva piantato radici in meno di dieci secondi.
-Qual è il tuo colore preferito?- la vide girarsi verso di lui, un sopracciglio alzato sull’occhio sinistro come per dire “mi stai prendendo in giro?”. Mantenne la sua espressione più imperturbabile, finchè la ragazza non capitolò sospirando.
-Il grigio- rispose brevemente, distogliendo gli occhi, ma rivolgendosi quasi subito di nuovo verso di lui –il tuo?-
Howars sorrise –il verde- le labbra di Rie si incurvarono appena all’insù, mentre le sue dita giocherellavano con una delle ciocche più lunghe dei capelli chiari.
-E il tuo cibo preferito? Qual è?- andò avanti con la sfacciataggine più ostentata, facendole una domanda dopo l’altra.
Sorse il sole, e li trovò addormentati, le dita intrecciate.
“Mi sei mancata, Rie”.
L’ultima, non era stata una domanda.

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-Rie? Che ti succede?-
-Mh? Che intendi?- la ragazza guardò stranita il biondo, che a sua volta fissava il suo petto. Arrossì bruscamente –Howard! Dove diamine stai guardando, brutto…- afferrò il coltello da cucina con cui stava affettando un pomodoro, ma il ragazzo scosse la testa, alzando le mani –no, Rie, c’è qualcosa che brilla… lì- disse, arrossendo a sua volta.
-Qualcosa che…- la ragazza si portò subito una mano sotto il collo del vestito e ne tirò fuori un ciondolo che Howard non le aveva mai visto.
Era una pietra bianca, appesa a una catena che la circondava con fili d’argento, e che adesso brillava di una luce intensa.
-Oh, cavolo- mormorò, poi chiuse gli occhi.
Quando li riaprì, Howard capì subito che c’era qualcosa che non andava, e qualcosa di grosso, anche. L’espressione della ragazza era cambiata istante per istante: le sopracciglia si erano aggrottate, la bocca spalancata, ed era diventata ancor più pallida del solito.
Rompendo gli indugi le afferrò un braccio, scuotendola dal torpore –Rie! Che cosa succede? Che cos’è?- chiese, ma la ragazza lo allontanò bruscamente e crollò a sedere sul divano. Rei le si avvicinò subito. Sfiorò il medaglione, ma si ritrasse con un grido, e Rie glielo tolse subito dalle dita.
-No, Rei, non toccarlo. La connessione è troppo forte- mormorò con gli occhi spalancati. Howard vide che le tremavano le mani e fece un secondo tentativo, andando ad accucciarsi di fronte a lei –Rie, di che connessione parli? Che cosa succede?- chiese di nuovo, fissandola in quegli occhi azzurri che rimandarono uno sguardo spaventato.
-L’Ordine è sotto attacco. Akuma a tonnellate, e Noah- mormorò, le pupille che saettavano da una parte all’altra –devo tornare- disse di scatto, alzandosi in piedi e quasi travolgendolo. Afferrò il mantello e si precipitò fuori, verso la stalla.
Howard la seguì di corsa –aspetta un attimo! Aspetta, maledizione!- gridò, afferrandola –con chi ti sei connessa? Che cos’è quell’affare? Sei sicura che non sia una trappola?- le chiese bruscamente, più duro di quanto in realtà non volesse essere, ma l’agitazione della ragazza lo stava rapidamente contagiando –è Cross che mi ha chiamata, non mentirebbe mai- disse scura in volto.
-Però potrebbero costringerlo a farlo- mormorò lui, ma Rie scosse la testa –ho percepito la potenza della dark matter anche attraverso la connessione, hai visto l’effetto che ha avuto su Rei appena l’ha sfiorato. Se anche l’avessero costretto, l’Ordine è pieno di akuma, e tutti i miei compagni sono lì- continuò, fissandolo –io devo tornare. Tu fa’ quello che vuoi- Howard capì che non avrebbe mai cambiato idea. Annuì.
-Prendiamo i cavalli, presto- disse.






Note dell'Autrice:

Eeeeeeeee... sono bastarda, lo so. Vi lascio con questo capitolo per ritrovarvi (spero) fra tre settimane in cui non aggiornerò causa permanenza all'estero. Vedrò di farmi perdonare quando sarò tornata aggiornando mooooooolto spesso ;) ;)

Rispondiamo ai commenti:

DarkAngel_: non odiarmi, ti prego T__T ho lasciato volontariamente la suspance per avrere ancora qualche lettore disposto a seguire questo catorcio di storia aspettando un aggiornamento che verrà dopo un mese! XD prometto che il prossimo capitolo sarà lungherrimo *-* e soprattutto... (spoiler) pieno di Marian Cross *ç* aspetta fiduciosa il mio ritorno *___* baciiiii <3

rose princess: ecco un intero capitolo dedicato ai nostri due piccioncini, visto che non se ne sapeva più niente ^^ dal prossimo cominceranno i colpi di scena, e il momento della sveglia di Rie si fa sempre più vicino..! E la stronzaggine di Lavello raggiungerà picchi inimmaginabili, in effetti sono stata proprio stronza con la povera Rie D: D:
Farò una pausa piuttosto lunga, spero che tu continui a seguire ^__^ mai vorrei liberarmi di qualcuno che ha il cuore di commentare *-* ps. anche "Lagnalee" è meraviglioso XD

Baci gente, parto per Cruccolandia! :D

Bethan <3
   
 
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