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Autore: _Sihaya    05/07/2012    1 recensioni
Finale alternativo per la saga di Harry Potter!
- Dimenticate l’epilogo di Harry Potter e i doni della morte (Diciannove anni dopo);
- eliminate circa le ultime otto pagine del finale e precisamente fermatevi alle seguenti parole (cito testualmente): “[…] L’alba fu lacerata dalle urla e Neville prese fuoco, immobilizzato. Harry non poté sopportarlo: doveva intervenire… Poi accaddero molte cose contemporaneamente.
- Ora domandatevi: “Quali cose sono accadute? E se fossero state dimenticate?”
[Ai capitoli 13, 19 e 27 trovate un breve riassunto degli eventi!]
Genere: Guerra, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Angelina/George, Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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Lost Memories - Capitolo 38

Lost Memories

(di _Sihaya)

 

* * *

 

Are you sick of everyone around?

 

Simple Plan, Welcome to my life

 

* * *

 

Capitolo 38 – Sickness

 

« Che cosa stai aspettando, Granger? Finiscilo! »

 

Malfoy gridò scuotendo l’atmosfera terrificante che aleggiava nella Sala Comune.

 

Hermione sussultò, ma non si volse verso di lui, né eseguì il suo ordine.

 

Malfoy sentì il sangue ribollire nelle vene.

 

Perché esitava? Era tutto tempo perso!

 

Hermione Granger ora possedeva l’arma più potente del Mondo Magico, che motivo aveva di temporeggiare?

 

Voldemort odorò la sua inquietudine e lo guardò con aria di sfida, leccandosi il sangue attorno alla bocca. Gli occhi rossi brillavano di compiacimento e il ghigno che gli piegava le labbra sembrava deriderlo per l’errore che aveva commesso: affidarsi ai Grifondoro per soddisfare le proprie ambizioni; maghi invasati di utopici ideali, incapaci di comprendere l’essenza e la necessità di una vendetta.

 

« Vi schiaccerò come cimici, prima la feccia Mezzosangue, poi i traditori, e questa volta non ci sarà mammina a proteggervi! »

 

La sadica risata che esibì fece tremare le vetrate e il suo eco si propagò fra le pareti per un tempo interminabile. Con entrambe le mani afferrò la lama della Spada che aveva conficcata nel ventre e fece per estrarla. La violenta reazione dell’arma al contatto non scalfì l’espressione di piacere sul suo volto.

 

Malfoy si dimenò con tutto se stesso per liberarsi, ma la stanchezza lo costrinse ad arrendersi. Ansimante, abbandonò il braccio sinistro lungo il fianco e guardò Hermione.

 

Era impassibile, sembrava quasi serena, con una calma innaturale guardava Voldemort puntandogli contro la Bacchetta di Sambuco. Stranamente, non sentiva il bisogno di parlare.

 

Come se tutto quello fosse calcolato.

 

Quasi… necessario.

 

Senza volerlo, d’istinto, passò a guardare Ron Weasley. Anche lui era fermo a bacchetta sfoderata, ma non sembrava intenzionato ad agire.

 

All’improvviso, imprigionato lì, all’angolo del tavolo, Malfoy vide le cose da una diversa prospettiva e comprese quello che stava facendo Hermione.

 

Aspettava.

 

Aspettava che gli eventi facessero il loro corso come da tempo, per motivi a lui oscuri, era stato progettato.

 

Forse lei, loro – Malfoy lanciò un’occhiata di sfuggita a Ron - erano a conoscenza di qualcosa che lui non sapeva. E forse c’era un fondo di verità nelle parole megalomani dello Sfregiato: era l’unico in grado di sconfiggere Voldemort.

 

Perché lui era il Prescelto?

 

No.

 

Perché lui era Sopravvissuto.

 

Si voltò di scatto.

 

Alla sua sinistra, poco più indietro di alcuni passi, Harry Potter, lo sguardo sicuro attraverso le lenti, frustò l’aria con la bacchetta.

 

Nello stesso istante, Voldemort si estrasse la Spada dal ventre bloccando la perdita di sangue. 

 

« Potter, muoviti! » Fremette Malfoy.

 

Ma Harry lo ignorò.

 

Non stava esitando. Stava soltanto ripassando mentalmente tutto il dolore che quell’essere aveva inflitto all’umanità. Tutto il male che aveva fatto ai suoi amici.

 

A Fred, alla professoressa McGrannit, a Lupin e Tonks.

 

A Sirus e a Silente.

 

A suo padre e a sua madre.

 

A lui. 

 

L’energia si radunò attorno alla punta della bacchetta di biancospino che brillò di luce smeraldina.

 

Malfoy spalancò la bocca, Hermione e Ron trattennero il fiato.

 

« Avada Kedavra! »

 

Voldemort, un’ espressione sorpresa sul volto deforme, fu sbalzato in aria con violenza. Mai avrebbe immaginato che il suo acerrimo nemico (un ragazzino!), potesse controllare tanta forza.

 

Che fosse l’amore o che fosse l’odio a dare a Harry Potter una simile potenza, non ebbe il tempo di scoprirlo: il suo corpo si schiantò contro la vetrata e cadde come un fantoccio a cavallo della cassapanca, lasciando sul vetro una grossa chiazza sanguinolenta.

 

* * *

 

Mentre Harry fissava lo scempio ancora incredulo, il resto dell’Esercito di Silente raggiunse la Sala Comune. George si arrestò sulla soglia dell’ingresso accompagnato da esclamazione colorita che sua madre certo non avrebbe approvato, Terry, al suo fianco, reggeva Cho, stanca e zoppicante, passandole un braccio intorno alla vita: gli ultimi minuti di lotta contro Travers e Yaxley avevano messo a dura prova tutti loro, ma la Corvonero pagava anche la fatica dello scontro con Bellatrix.

Padma e Calì si tenevano per mano e gridarono di sorpresa e orrore. Justin si affacciò cauto dalle spalle di Ernie per sbirciare la scena, incredulo davanti alla fine di Voldemort, vergognandosi d’averlo ritenuto, nei momenti più difficili, un evento impossibile.

 

Dall’altra parte della sala, con la stessa incredulità ma senza vergogna, indeciso se ritenersi umiliato o vincitore, Malfoy, esausto come se avesse corso per giorni, si lasciò scivolare a terra. Aprì la mano sinistra sul tappeto mentre il braccio destro era tirato verso l’alto dalla catena che ancora lo bloccava.

Si sedette con la schiena appoggiata al piede del tavolo e le gambe divaricate, tese in avanti sui colori della Casa Slytherin. Gettò la testa all’indietro e chiuse gli occhi.

 

Li riaprì poco dopo, sorpreso, quando s’accorse che la catena aveva perso il proprio effetto magico. Si massaggiò il polso e corrugò la fronte.

 

Hermione Granger, inginocchiatasi davanti a lui, aveva annullato l’incantesimo e ora, avvicinandosi pericolosamente, gli osservava uno zigomo.

 

« Sei ferito, » decretò, « devono essere state le catene quando sei caduto sul tavolo. »

 

Aveva un sorriso strano. Forse dolce, un po’ svanito… di certo non rassicurante. Aveva tutta l’aria d’essersi liberata all’improvviso da un enorme macigno che portava sulle spalle.

 

Malfoy deglutì e cercò di arretrare nonostante avesse ormai la schiena appiccicata al legno.

 

« Ginny avviserà sua madre. I membri dell’Ordine della Fenice e il ministro Percy Weasley saranno qui in un attimo, » chiarì lei; una velata e gentile minaccia per ricordargli che, casomai avesse tentato di darsela a gambe, il conto da pagare sarebbe stato ancora più salato.

 

Lui strinse le palpebre scrutandola sospettoso: « Si può sapere perché ti prodighi tanto per aiutarmi? »

 

Lei indicò con un cenno il taglio che aveva sulla guancia: « Mi sembra evidente che hai bisogno d’aiuto. »

 

« Non credo. E in ogni caso non del tuo. Ti ricordo che a Malfoy Manor ti ho torturato con una Maledizione Cruciatus. » Lo disse proprio per sottolineare quanto fosse grottesco che lei gli dedicasse quelle attenzioni.

 

Hermione spostò lo sguardo oltre le sue spalle. Era stato un momento terribile, durante il quale aveva creduto di morire. Lo ricordava perfettamente, tuttavia…

 

« È stata Bellatrix a torturarmi, » precisò con il fiele nella voce.

 

« Ma io sono rimasto a guardare. » Insistette lui, quasi volesse riappropriarsi di un ruolo che lei, invece, cercava in tutti i modi di sottrargli.

 

« Ti sei voltato dall’altra parte. » (*)

 

« Non fa molta differenza, ero lì. Perché ti ostini ad aiutarmi? »

 

In attesa di una replica, si mise ad osservarla. Inginocchiata fra le sue gambe, con la bacchetta di Sambuco infilata nella tasca dei jeans come fosse roba di poco conto, respirava nervosamente a testa china, con le guance rosse e i capelli fradici sulla fronte e attorno al viso…

 

Qualcuno doveva dirglielo che doveva fare qualcosa per quei ricci…

 

Se mai gli avesse messo una mano fra i capelli, rischiava di restarci impigliato…

 

Quel pensiero del tutto inaspettato gli smorzò il respiro.

 

Nello stesso istante, Hermione alzò lo sguardo su di lui. Era seria, quasi solenne, con il tono sicuro di una studentessa preparata, disse: « è grazie a te che ho recuperato la memoria, e poi mi hai aiutato con Nagini… insomma, cerco solo di sdebitarmi. »

 

« Mi hai salvato la vita. Direi che può bastare, » Ribatté lui sollevando un sopracciglio, un po’ ironico e un po’ provocatorio: se lei aveva deciso di non lasciarlo in pace, lui – adesso - aveva proprio intenzione di capirne il vero motivo.

 

Hermione notò che aveva le guance arrossate. Come le sue del resto, Hermione avrebbe potuto giurarlo sentendo il calore che le attraversava.

 

« Beh, ecco… mi secca ammetterlo, ma in fondo le cose stanno come hai detto tu, ricordi? Abbiamo lo stesso obiettivo. Anche io vorrei che Hogwarts tornasse alla sua magnificenza… »

 

Lui fece un sorriso sardonico. Se lei avesse smesso di guardarsi attorno e tormentarsi le mani, forse avrebbe potuto crederle, ma…

 

« Non sei convincente, » Asserì « Se ti piace tanto fare l’infermiera, preoccupati di Potter. »

 

Hermione aggrottò la fronte.

 

« Harry è in gamba e se la sta cavando egregiamente, » ribatté senza nemmeno preoccuparsi di verificare.

 

Malfoy sospirò. Hermione non aveva alcuna intenzione di lasciarlo in pace e lui tentò di allontanarla da una realtà che respirava a pieni polmoni, ma che era ancora troppo scomoda per entrambi.

 

« Ho solo un graffio, » borbottò, « Stai perdendo tempo, Granger. Hai dimenticato che sono un - »

 

« Un Serpeverde infido e vigliacco, sleale, bugiardo, disonesto, arrogante, pomposo… Oh no, lo ricordo perfettamente. »

 

Lui abbozzo un sorriso amaro e concluse la frase che lei aveva interrotto. « Un Mangiamorte. Quando questo casino sarà finito, mi sbatteranno ad Azkaban. »

 

Lo disse con una leggera aria di sfida, pronto a ricevere un qualche commento sarcastico, ma sembrava che Hermione non avesse proprio nulla da dire.

 

Lo fissava a bocca aperta, sorpresa.

 

Come aveva potuto dimenticare di quel “dettaglio”?

 

Era persa nei propri pensieri, a cercare di dare un nome al nodo che aveva in gola dal momento in cui aveva realizzato che davvero lui apparteneva a un altro mondo, che gli errori che aveva commesso erano macchie indelebili sulla sua pelle e, uniti a quelli di suo padre, lo condannavano a vita.

 

Lui abbassò lo sguardo e lei s’accorse di quanto fosse stanco, rassegnato ad una vittoria della quale avrebbe voluto essere unico protagonista. Un’amarezza che lo rendeva meno freddo e distaccato, ma che accentuava il piglio capriccioso e viziato che aveva da bambino. Teneva una posa rilassata ma non era realmente tranquillo. Il braccio sinistro era abbandonato sul tappeto come quello di un burattino, sotto la manica lacera s’intravedeva il Marchio Nero.

 

Il magone che Hermione aveva in gola si sciolse un poco annebbiandole la vista, sbatté le palpebre un paio di volte ricacciando indietro le lacrime.

 

Appoggiandosi una mano sul ginocchio, si piegò in avanti e tese l’altra verso il suo viso.

 

Malfoy s’irrigidì e trattenne una boccata d’aria. Quando lei gli sfiorò le labbra con le dita, fece per indietreggiare.

 

Con un filo di voce, borbottò: « Cosa fai? »

 

Lei non osò guardarlo negli occhi: « Hai… hai del sangue sul labbro. »

 

Lui, invece, continuò a guardarla. Era incredibilmente imbarazzata, cosa che gli procurò un inaspettato - e più che mai insolito - senso di tenerezza, ma che gli piegò anche le labbra in un sorrisetto malizioso e un po’ petulante.

 

« Non provarci, Granger. Sei una frana per queste cose. »

 

Lei ritirò la mano all’istante, le gote divennero paonazze. Drizzò la schiena e corrugò la fronte in un’espressione oltraggiata.

 

« Quali… cose?! » Strillò con un acuto in grado di infrangere il cristallo, « non crederai che ioMalfoy! Che cosa ti sei messo in testa? Guarda che… »

 

Approfittando dei pochi secondi in cui lei prendeva fiato, Malfoy decise che era il caso di deviare il discorso su altre questioni.

 

Con aria ingenua palesemente artefatta, l’avvisò: « Oh, hanno appena schiantato Lenticchia… »

 

« Cosa? » Strillò di nuovo Hermione, allarmata, alzando il collo per vedere oltre il piano del tavolo.

 

Malfoy si voltò guardando da sotto. Era incredibile (o forse non tanto) ma ci aveva quasi preso: Ron Weasley, che insieme ad Harry stava cercando di fermare i Mangiamorte in fuga, era stato colpito da una fattura ed era piegato carponi sul pavimento a vomitare lumache.

 

La scena non era affatto nuova…

 

« Caspita, lui sì che ha bisogno d’aiuto! Muoviti. » Incalzò Malfoy « Non vedi che è messo peggio di me? »

 

Ma non c’era bisogno d’insistere, Hermione era già in piedi con entrambe le bacchette in mano; approfittando di quel provvidenziale diversivo, se ne guardò bene dal rivolgergli la parola e, sospirando vistosamente, girò intorno al tavolo e lo lasciò solo.

 

« Decisamente peggio di me. »

 

Sottolineò Malfoy sbirciando da sotto il tavolo ed esibendo un’espressione di profondo disgusto.

 

« In tutti i sensi! »

 

Le urlò dietro mentre s’allontanava.

 

* * *

 

L’ingresso alla Sala Comune dell’Ordine della Fenice fu un momento liberatorio per tutti.

 

Sui volti stravolti dei ragazzi dell’Esercito di Silente compariva finalmente il sorriso.

 

Con tutti gli amici intorno sani e salvi, Harry si sciolse in lacrime. Allora Hagrid gli corse incontro facendo tremare il pavimento e lo abbracciò sollevandolo a un metro da terra.

 

« Harry sei un grande! Sei un eroe! »

 

« Ragazzo, ce l’ hai fatta contro ogni aspettativa. Mio fratello sarebbe fiero di te. » Commentò burbero Aberforth, e appena Hagrid rimise a terra il ragazzo, gli diede una pacca sulla schiena che lo fece barcollare e lo rimproverò: « Che fai? Adesso che è tutto finito, piangi come una donnetta? »

 

George Weasley, intanto, aveva raggiunto Ron che, chino e ansante, affrontava i postumi dell’incantesimo Mangia Lumache.

 

Afferrandolo per le spalle e tirandolo brutalmente in piedi senza alcun riguardo per il suo stato, gli mise un braccio attorno al collo e gli sussurrò all’orecchio (non senza ironia): « Weasley è il nostro re! » Poi, con tono più chiaro, schiarendosi la voce, annunciò: « Ed è anche diventato zio! »

 

Ron, rosso in volto fino alle orecchie, si liberò dalla presa e lo guardò in faccia: « Cosa?! » Esclamò agitato e imbarazzato, « Oh, miseriaccia! »

 

Uno ad uno arrivarono tutti. Luna, sorretta da Hannah, fece capolino oltre il muro d’ingresso; Katie corse a consolare Alicia, ancora in lacrime, col volto sfigurato.

Quando arrivò Molly Weasley, anche Ron scoppiò a piangere. Lei corse ad abbracciarlo e, mentre lo stringeva, allungava il collo e scandagliava la stanza per assicurarsi che tutti gli altri suoi figli fossero lì.

 

Ginny era con Harry.

 

George…

 

George si stava pavoneggiando del proprio ruolo di eroico neo-papà, attorniato da Padma e Calì che gli raccontavano concitate di Angelina del piccolo Fred Junior… e finalmente anche Molly sorrise.

 

E mentre tutti facevano a gara a congratularsi gli uni con gli altri, Hermione, un po’ in sordina, si tirò in disparte, e con solerzia si mise a ripulire le disgustose lumache che Ron aveva vomitato.

 

Kingsley Shakelbolt l’avvicinò.

 

« Ora basta, » le disse in tono bonario, indicando i Mangiamorte sconfitti che lei, Ron e Harry si erano premurati di incatenare in mezzo alla stanza, « lascia un po’ di lavoro anche a noi! »

 

Hermione tentò di giustificarsi: « Oh, io volevo solo… »

 

Kingsley le sorrise gentile: « Vai a goderti la festa, » le suggerì dandole una piccola spinta che le fece fare un paio di passi in avanti. In quel preciso istante, senza che lei facesse in tempo ad accorgersene, Ron la raggiunse e l’abbracciò.

 

La strinse forte, in silenzio, una mano attorno alle spalle, l’altra sulla nuca; il volto affondato fra i suoi capelli ribelli.

 

Lei tenne le braccia rigide lungo i fianchi per l’imbarazzo e la sorpresa, e anche per un maledetto nodo in gola che - era questione di secondi, lo sentiva – l’avrebbe fatta piangere.

 

Poi Ron parlò al suo orecchio. « Li spediranno ad Azkaban, » riferì.

 

A quelle parole, Hermione spalancò gli occhi e guardò oltre la sua spalla.

 

Ron non si accorse della sua inquietudine, con tono rassicurante e una punta di soddisfazione precisò: « Riceveranno il Bacio dei Dissennatori. Tutti. »

 

* * *

 

Malfoy, che per tutto il tempo era rimasto seduto accanto al piede del tavolo, si girò per sbirciare da sotto il ripiano quello che stava accadendo nella Sala.

 

Il chiasso aveva raggiunto un volume altissimo e la gioia della vittoria aveva travolto tutti indistintamente. C’era chi gridava, chi saltellava, chi cantava, chi avvicinava estasiato Potter come fosse un divo e chi – come la Piattola Weasley – non prendeva nemmeno fiato tanto aveva da raccontare a mamma e fratelli.

 

E poi c’era lei, Hermione Granger.

 

Fra le braccia di Ronald “Lenticchia” Weasley…

 

Chissà se riusciva a respirare dato che lui la stringeva come un poppante con l’orsacchiotto!

 

Malfoy sentì lo stomaco bruciare e si portò una mano al petto.

Il cuore gli batteva forte, lo sentiva rimbombare nelle tempie. Batteva persino più forte di quando sfidava Voldemort – ne era sicuro!

 

Ad un tratto, una profonda stanchezza lo colse, come se gli fosse calata addosso tutta in un colpo, sotto il peso insostenibile delle proprie emozioni.

 

L’euforia generale divenne insopportabile.

 

Insofferente, con la gola stretta e un mal di testa crescente, s’alzò in piedi.

 

S’infilò le mani in tasca e voltò le spalle ai vincitori.

 

Trascinando i piedi, s’avvicinò al camino.

 

Nessuno lo notò: in mezzo a tutta quella gente passava inosservato come mai in vita sua.

 

Soltanto Hermione, preoccupata, lo cercava con lo sguardo.

 

Ma lui era alle sue spalle e finché lei continuava a farsi stritolare dai tentacoli di Weasley, non poteva certo vederlo mentre prendeva la Metropolvere.

 

Oh, ma poteva stare tranquilla: non intendeva scappare…

 

Intendeva solo andarsene da lì, per non sentire più quel ronzio nelle orecchie e quel senso di soffocamento che gli mozzava il respiro.

 

Inoltre, era da tempo desiderava fare una capatina al campo da Quidditch...

 

Magari laggiù, in quell’area incolta che la guerra aveva dimenticato, sarebbe riuscito a respirare finalmente odore di casa.

 

* * *

 

N.d.A.
(*) Sì, lo so che nel libro 7 questa cosa non viene detta. Ma esaminando la descrizione e le azioni di Malfoy nel capitolo "Villa Malfoy", ho pensato che potesse essere una reazione plausibile.

Scusatemi dell'immenso ritardo, ma gli eventi di questi durissimi mesi non mi hanno dato la possibilità nè la serenità di dedicarmi alla scrittura.
Grazie comunque a tutti per la pazienza!

   
 
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