“Quando la ragione arriva al confine della
realtà, quando la mente percepisce ciò che effettivamente non può esistere,
quando il cuore porta alla visione di ciò che realmente si vuole, di ciò per
cui si lotta egoisticamente, è a quel punto che si vede Satariel e voi sarete i
suoi giochi”
Riaprì gli occhi con fatica a causa della
luce del sole che filtrava attraverso la fitta vegetazione che lo circondava.
Golden si destò, portandosi le mani agli occhi per testare l’autenticità di ciò
che stava vivendo e guardandosi intorno cercò di ricordare come potesse essere
finito in un luogo del genere se l’ultimo suo ricordo era legato all’entrata
nella caverna di Nefilim. Non aveva la sua spada ed era ridotto male ed alcune
ferite all’addome gli avrebbero fatto perdere nuovamente i sensi se non avesse
trovato alla svelta un aiuto. Proprio in quell’istante però, un bambino sbucò
dal fogliame e con aria coraggiosa piombò di fronte il malconcio spadaccino. Lo
fissò per alcuni interminabili istanti ma rendendosi conto delle sue ferite non
indugiò oltre ed avvicinandosi gli indicò una via in mezzo a quell’inferno
verde.
“Prosegui in quella direzione, troverai un
piccolo accampamento. E’ lì che vivo e noi salviamo sempre i cacciatori che si
smarriscono nella foresta, sai, anch’io sono un viaggiatore”
Il giovane dai capelli biondi non riusciva
a capire ma sapeva che l’univa via che avrebbe potuto percorrere in quelle
condizioni era quella indicata dal ragazzino, era consapevole di non poter
resistere ancora per molto. Si alzò dunque e premendo con una mano il fianco,
lo ringraziò:
“Mi stai salvando la vita, grazie… ma
dimmi, dove siamo?”
Il fanciullo dagli occhi vispi inclinò la
testa apparendo confuso, di certo non era una domanda che avrebbe posto un
viaggiatore a caccia in quella precisa selva.
“Siamo nell’Horion, ad Est. Come sei
finito qui?”
Non rispose immediatamente a quella
domanda, d’altronde non lo sapeva neppure lui, dunque decise di temporeggiare
almeno finché non si sarebbe rimesso in sesto.
“Da quella parte eh?”
“Sì, ti faccio strada”
Golden annuì, non aveva nulla da perdere
infondo e doveva sapere quello che era successo. Camminarono per circa mezz’ora
tra le radici e gli alti alberi e seppur con delle fitte sempre più frequenti,
lo spadaccino riuscì a raggiungere i dintorni del modesto accampamento della
famiglia di quel piccolo ‘viaggiatore’ che gli aveva di fatto salvato la vita.
Perse i sensi giunto a quel punto, aveva usato le sue ultime forze per arrivare
fin lì ed adesso doveva solo sperare di non essere finito nel covo dei nemici.
Non seppe dire quanto tempo era passato quando riaprì nuovamente gli occhi e
vide accanto a sé una splendida ragazza dai profondi occhi smeraldini e dei
lunghi capelli scuri che le ricadevano dolcemente in una spalla. Sembrava
preoccupata ma quando si accorse che il biondo straniero aveva ripreso
conoscenza, un sorriso le illuminò il volto.
“Come ti senti?”
Golden provò ad alzarsi a mezzo busto ma
una fitta alla testa lo costrinse a rimanere a letto ed a farsi vincere dai
modi gentili di quella fanciulla che si stava prendendo cura di lui. Non poteva
fare altro dunque e sospirando rispose semplicemente alla domanda:
“Ho passato giorni migliori”
“Anche peggiori a giudicare da come ti ha trovato Tarus”
“Tarus?”
“Il ragazzino che ti ha portato qui”
Cominciò a ricordare, da quando si era
svegliato aveva chiaro solo il fatto di non capire più nulla di quello che
stava succedendo.
“Chi siete? Come sono arrivato qui?”
“Devi avere una sorta di amnesia o magari sei sotto l’effetto di una qualche
magia”
“M-magia?”
La magia non intacca la mente, doveva
trattarsi di una sorta di stregoneria ed il solo pensiero di essere potuto
finire vittima di uno di quel maledetti e viscidi utilizzatori di arti arcane
gli dava un terrificante senso di ribrezzo. Ad ogni modo doveva indagare, non
poteva essersi volatilizzato nell’Horion improvvisamente, e Carian? Gli altri?
“Ero da solo quando mi ha trovato Tarus?”
“Sì ed eri proprio ridotto male”
“Non potere fare nulla per farmi tornare la memoria?”
“Sì, ci stavo giusto pensando, il nostro mago proverà ad usare un incantesimo
di liberazione e magari potrà riaprire quei portali chiusi nella tua mente”
“Un mago? Stregone vorrai dire, questa è arte proibita!”
“Di che cosa stai parlando?”
Sembrava davvero stupita, come se non
avesse mai sentito quella parola. Era la seconda volta che parlava di magia e
non di stregoneria ed invece di vederci più chiaro, ad ogni secondo che Golden
trascorreva in quel letto sembrava che una nube scura gli occupasse tutti i
ricordi e le certezze che aveva di quegli ultimi tempi vissuti alla ricerca di
Javia al fianco di Valerian e gli altri. Si alzò dunque, trovò finalmente al
forza e rimettendosi la maglia poggiata su una mensola di legno, si diresse verso
l’uscita di quella tenda.
“Aspetta! Era ancora umida…”
Cercò con gli occhi qualcosa che non
sapeva neppure lui, un volto familiare forse, qualcuno con cui parlare ma in
quella sorta di rifugio non vedeva altro che gente che gli ricambiava lo
sguardo con aria interrogativa. Fu in quel momento che una voce già sentita gli
si rivolse, l’unica che il giovane spadaccino avrebbe ascoltato senza neppure
sapere il perché.
“E’ per questo che voglio distruggere la
magia e tutti coloro che possono prediligerla. Un giorno li ucciderò tutti”
Si voltò e riconobbe immediatamente quei
due occhi vispi di colore azzurro che aveva già incontrato nella foresta, era
lo stesso bambino che gli aveva salvato la vita. Sorrise dunque ed osservandolo
attentamente gli rispose:
“Sì, è esattamente ciò che pensavo
anch’io”
“Vieni con me, devo dirti un segreto che non sa nessuno, nemmeno mia sorella”
Lo afferrò per un braccio senza lasciargli
troppa libertà di scelta e dopo aver percorso alcune centinaia di metri, gli
mostrò col fiatone ma con grande fierezza una piccola casa sull’albero che
aveva tanto l’aria di essere il suo covo segreto.
“Entriamo, ti mostrerò i miei progetti”
Non sapeva perché, non era per
riconoscenza ma in qualche modo, Golden si fidava di quel giovane dalla grande
vitalità e senza fare storie lo seguì incuriosito dalle sue parole. Si
arrampicarono celeri tra i rami ed in poco tempo raggiunsero la vetta
dell’albero e l’interno della struttura. Dentro era tutto in disordine,
piuttosto normale per essere il rifugio di un bambino, ma la cosa strana erano
i numerosi fascicoli e libri sparpagliati per il pavimento e gli scaffali. Era
una vera e propria enciclopedia di magia, in quei testi vi era riportata tutta
la storia mistica dei maghi e le loro discendenze. Golden sgranò i suoi occhi
dorati e senza parole rimase a guardare quella strana collezione non adatta
sicuramente ad un ragazzino dell’età di Tarus.
“Perché?”
Semplice e schietta domanda, lecita e di
sicuro auspicabile per qualcuno che vedeva per la prima volta quegli studi non
associabili di sicuro ad un fanciullo. Tarus rispose senza distogliere lo
sguardo da uno dei libri più corposi, in cui continuava ad appuntare delle
piccole note ai lati delle pagine.
“La magia ha distrutto la mia famiglia, ha
ucciso mia madre e… mio padre. Voglio solo fare un favore al mondo e trovare il
modo di distruggerla per sempre”
Distruggerla per sempre…
Una fitta alla testa colpì Golden che con
le mani ai capelli cercava di riprendere il controllo di se stesso. Una serie
di immagini gli percorsero la mente, era un susseguirsi di emozioni, di momenti
giù vissuti e qualcosa in quel luogo, in quella casa sull’albero, gli ricordava
una storia che aveva già affrontato. Poi riaprì gli occhi incrociando il
proprio sguardo luminoso come il sole, con quello azzurro dell’interlocutore e
come in uno specchio rivide una sequenza della propria vita che l’aveva
forgiato come lo spadaccino che insieme a Valerian e gli altri era partito per
porre fine alla battaglia con Liz e gli altri cacciatori della notte.
“Ehi va tutto bene?”
Tarus si avvicinò assicurandosi della
condizione del ragazzo che lentamente sembrava riprendersi, era confuso e non
riusciva ancora a capire.
“Che cosa mi succede?”
“Forse non avrei dovuto mostrarti tutto questo…”
“No… non c’entra”
Mentre i due cercavano di capire cosa
fosse successo, un boato devastante li scaraventò fuori dalla casa sull’albero
e parte della foresta fu rasa al suolo da un’onda d’urto potente e veloce.
Golden riuscì a balzare in tempo fuori dalla finestra ed afferrando al volo
Tarus, evitò che entrambi finissero vittima di quel disastro. Il giovane si
divincolò dalle possenti braccia dello spadaccino ed in lacrime si diresse
verso il villaggio.
“Aspetta!”
Il biondo dagli occhi dorati gli corse
dunque dietro e più si avvicinava all’epicentro del colpo, più si rendeva conto
della distruzione che aveva causato quel colpo tra le grida che facevano di
contorno.
“Che diavolo è successo?”
Tarus non riusciva a smettere di piangere
e quando vide gli autori dell’esplosione, cedette in ginocchio senza più forza
o speranza: davanti a lui vi erano una miriade di uomini incappucciati con al
seguito alcuni draghi minori. Golden rimase basito, non riusciva a spiegarsi
quella situazione, non riusciva a capire cosa stesse succedendo, stava
accadendo tutto troppo in fretta. Quegli esseri continuavano a fare stragi tra
le abitazioni e chiedevano una sola cosa, continuavano a gridarla e non si
sarebbero fermati prima di averne preso possesso.
“Dov’è la strega celeste?! Consegnatecela
e vi risparmieremo!”
Lo spadaccino non riuscì più a stare con
le mani in mano e buttandosi nella foga della battaglia pur senza arma, colpì
due uomini a mani nude per poi finire scaraventato lontano da una forza
violacea.
“Ve lo diremo per l’ultima volta: dove si
trova la strega celeste?!”
Uno di loro caricò un colpo tra i palmi
delle mani e puntando verso Tarus che non riusciva più a muoversi, stava per
decretare la fine dell’ennesima vita quel giorno tra grida e angoscia, ma in un
istante, in un frammento di tempo, una luce azzurra avvolse il campo di
battaglia e tutti i guerrieri incappucciati caddero al suolo tra fitte e dolori
lancinanti alla testa. Solo allora comparve una bambina, una fanciulla, vestita
di uno splendido completo con rubini e zaffiri che alzando le braccia al cielo,
concentrò quell’energia così pura quanto temibile che da sola stava tenendo a
bada un intero esercito nemico.
“Scappate tutti”
Quei lunghi capelli di seta, dello stesso
colore del fuoco che arde di speranza, era lei e l’avrebbe riconosciuta in ogni
situazione. Golden la vide danzare tra il suo potere ma prima che potesse
definitivamente concludere la battaglia, uno degli uomini riuscì a rialzarsi
nonostante la forza di quella figura… celeste.
“Perché non vuoi capire? E’ il tuo
destino, Carian”
“Il mio destino? Il mio destino è proteggere la mia terra!”
“No, il tuo destino è ben più ampio, vieni con me!”
“Mai!”
Un’onda azzurra lo scaraventò a qualche
metro di distanza ma riuscì ancora una volta ad alzarsi seppur tremante e
stavolta senza cappuccio, mostrando il suo viso e quei lineamenti
inconfondibili. Golden non riusciva a crederci ma lentamente stava
comprendendo, cercò di alzarsi e rialzò anche lo sguardo verso quei due.
“Carian, Javia… ma allora…”
L’uomo dai capelli argentati continuava a
sogghignare nonostante continuasse a tossire sangue, era sicuro di sé, sicuro
di concludere da vittorioso lo scontro.
“Tu verrai con me, che lo voglia o no”
Alzò le braccia scurendo il cielo
improvvisamente, il sole sembrava essere scomparso o celato dalla forza oscura
che quel mago stava generando. Carian trattenne le lacrime, non gli
avrebbe permesso di fare altro male e stringendo i denti congiunse le mani
rilasciando ancora più energia. La forza creata fu devastante ma in qualche
modo riuscì a colpire soltanto ciò voleva, come una sorta di onda intelligente.
Cominciò a perdere sangue dal naso e dalle orecchie, stava sforzando il suo
fisico oltre ogni limite ma Javia era stato atterrato proprio sotto gli occhi
attoniti di Tarus.
Il ragazzino guardò vicino a sé quel corpo
contorcersi e rivide in quella preciso momento tutta la propria famiglia
devastata dai maghi e dalle loro ossessioni. Aveva la possibilità di vendicare
un intero villaggio, di concludere un obbiettivo che non gli dava pace, di…
concludere la guerra.
“No! Non farlo!”
Carian provò ad opporsi ma il giovane
aveva già estratto il piccolo pugnale che portava sempre con sé e con lo
sguardo fisso sul corpo di quel mago dai capelli bianchi, affondò mirando al
cuore.
“Non così in fretta!”
Javia fermò il colpo con una sorta di
barriera invisibile e respingendo l’arma verso il proprietario, la conficcò
dritta nel suo petto. Tarus cadde all’indietro tra il suo sangue e le grida di
Carian mentre Golden assisteva alla scena senza aver padronanza del proprio
corpo, non riusciva a muoversi.
“E’ la fine, non avrei voluto arrivare a
tanto”
“Sei… sei un mostro”
“E tu sei solo una bambina, ma con me potrai diventare una dea…”
La piccola dai capelli rossi cadde al
suolo piangendo e tremando, la forza azzurra stava divenendo sempre più densa
ed intorno a lei si materializzò una sorta di campo magnetico che fece tremare
la terra.
“Ma che?!”
“Tarus…”
Il villaggio non c’era praticamente più,
draghi e uomini incappucciati erano al suolo incoscienti, in quel momento vi
era solo quell’energia celeste che stava per impossessarsi dell’intera foresta
e di Javia impotente dinnanzi tanta superiorità.
“Perché, perché L’HAI FATTO?!”
La fanciulla non si dava pace, una sfera
d’energia esplose investendo tutto l’Horion e Golden stava assistendo a quel
massacro senza poter muovere un muscolo, come un inutile risorsa senza
coraggio, un’essenza corrotta dalla paura. Tra la luce ed il vuoto, cominciò a
perdere sangue dagli occhi e dalle orecchie, e vide le proprie mani divenire
trasparenti: stava per scomparire.
“Tutto questo… io l’ho già vissuto, ma
perché non riesco… a ricordare?”
Vagava nel nulla riuscendo a percepire a
tratti solo vari frammenti di volti e ricordi.
“Io… non sono riuscito a proteggerla”
Anche il busto divenne trasparente ed in
quei secondi successivi non riusciva quasi più a pensare. Era prossimo alla
fine, alla morte, ad una conclusione che l’aveva visto un codardo e niente più.
Era solo questo: un inutile vigliacco che non era mai riuscito ad aiutare le
persone che amava. Era questo che pensava, era questo che lo stava
distruggendo.
“Tarus!”
Udì quel nome, lo sentì così vicino, così
proprio, ma non bastava per farlo rinsavire.
“Sei vivo… Grazie al cielo…”
Non era vivo, era solo immaginazione, pura
realtà distorta, il suo subconscio che lottava contro la fine.
“Sapevo che non mi avresti mai lasciata
sola…”
C-Carian…
Eppure quella voce così soave riusciva
ancora a tenerlo in vita, riusciva a non far desistere la sua anima, il suo
cuore. Era l’unica che poteva davvero salvarlo dall’oblio, dal disastro del
nulla.
“E’ tutto finito, è tutto finito…”
Come farei senza di te…? Sei rimasta la
mia unica famiglia…
“E per te ci sarò sempre”
…Grazie
Il corpo cominciò a tornare visibile, le
pareti bianche del vuoto ripresero consistenza: stava tornando.
“Golden ti prego, non mollare!”
N-non mollerò
“Sei la mia unica famiglia…”
Era diverso adesso, non era più una voce,
ma era la sua voce, ancora più vicina, ancora più calda e soave. No, non
poteva mollare, doveva restare per proteggerla e per portare avanti la
speranza. Doveva difendere colei che le aveva salvato chissà quante volte la
vita, doveva vivere per la strega celeste, per la sua famiglia.
“Non mollerò!”
Il nulla fu distrutto, il vuoto riprese
forma ed il suo corpo tornò forte e vigoroso, al suo fianco vi era anche la
fidata spada. Era in piedi con i pugni chiusi e gli occhi dorati ad osservare
dove si trovasse. Non era un codardo, un vigliacco, ed era lì per dimostrarlo,
anzi, era lì perché l’aveva dimostrato.
“Maledetti umani!”
In quella grande camera oscura comparve lo
stesso demonio che l’intero gruppo aveva incontrato all’ingresso della caverna
di Nefilim, ma non era forte come allora, non aveva la stessa energia malefica.
“Perché, perché siete così testardi?!”
Lo spadaccino estrasse la sua arma e con
un sospiro, gli rispose con tono fiero e determinato:
“Non batterai mai l’unione della forza, la
potenza della fiducia, dell’amicizia, dell’amore, della famiglia. Maghi,
stregoni, demoni, nessuno potrà mai fermare chi davvero vive per amare e per
difendere qualcuno”
“E’ inutile, deve esistere un equilibrio… finché ci sarà l’amore, ci sarà anche
l’odio. Nessuno resiste alle tentazioni e presto lo capirete tutti!”
“Forse, ma fino ad allora saremo noi a prevalere. Addio, demone”
Un singolo fendente e la luce illuminò
nuovamente quel luogo immerso nell’oscurità, rivelando gli occhi dorati della
sorella, lo sguardo determinato di Valerian e quello preoccupato di Danarius:
erano tutti lì, insieme, e come una famiglia avrebbero vinto quella battaglia.
“…Grazie”
“Ci sarò sempre per te”
Il piccolo fanciullo, tra le braccia della
sorella, riaprì gli occhi dopo quel bagliore celeste, mostrando un nuovo
riflesso, una nuova luce: risplendevano come il sole, di un dorato pronto ad
alimentare quella speranza che avrebbe dato una possibilità a quel mondo
corrotto dal male.