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Autore: SgF    05/07/2012    2 recensioni
Intreccio di storie di personaggi conosciuti e non poco prima del disastro di villa Spencer.
Genere: Azione, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Raccoon City era un crocevia di voci e pettegolezzi e Susan Vickers lo sapeva bene. La sua lunga esperienza nell’ambito giornalistico l’aveva portata ai vertici della redazione del “Raccoon Press”, rinomato settimanale che forniva ai suoi lettori notizie di ogni tipo. Susan aveva cominciato a lavorare alla sede centrale del Press sei anni prima. Dopo solo un anno divenne caporedattrice. Lavoratrice accanita, sempre a caccia dello scoop, ma troppo presa per impegnarsi sentimentalmente. I suoi numerosi appuntamenti finivano sempre in un lungo ed estenuante sbadiglio di noia, tant’è che si chiedeva sempre se il problema fosse lei o gli uomini con cui usciva. Il successo le era stato garantito anche dal suo collega Ben Bertolucci, noto ed impeccabile giornalista. Nonostante il suo pessimo carattere,le era sempre stato accanto aiutandola nella redazione. Nessuno degli altri colleghi avrebbe mai detto che Bertolucci fosse una persona da ammirare, nessuno tranne lei. Dopotutto nessuno è perfetto.
Tra gli articoli più seguiti dell’ultima uscita del giornale c’era l’intervista al capo della polizia Brian Irons. Questa le era stata richiesta direttamente da Irons per mettere in buona luce la sua figura. Come se qualcosa lo turbasse e dovesse far vedere alla città che lui stava operando per la sicurezza dei cittadini. Susan, tuttavia, sapeva bene che Irons non faceva nulla per nulla: nascondeva qualcosa. Fu in quell’occasione, quando venne convocata alla stazione di polizia, che conobbe Jeremy Marcus.
 
 
Era il 3 Aprile.
Susan uscì dalla stampa e si incamminò verso la stazione di polizia. Passò di fianco al suo ristorante preferito, luogo dei tanti incontri falliti. Nonostante ciò aveva tanti bei ricordi di serate passate con i suoi genitori e suo fratello Brad. Il loro tavolo era sempre lo stesso, accanto alla finestra che dava sulla strada, ed era sempre prenotato per il sabato sera. Le migliori cene della sua vita, molto probabilmente, le erano state offerte proprio dal “Grill 13”. I genitori di Susan erano entrambi biochimici e lavoravano nell’ambito della ricerca bio-farmacologica, settore molto in voga negli ultimi anni. A causa del loro lavoro avevano abbandonato i figli ormai grandi per conseguire ricerche avanzate lontano da Raccoon City. Il fratello maggiore, Brad, si arruolò nella polizia all’età di ventiquattro anni e divenne, nove anni dopo, pilota della squadra alfa della S.T.A.R.S. , Special Tactics And Rescue Service. Nonostante non avesse mai avuto coraggio da vendere, aveva trovato la sua strada nel corpo della polizia.
Continuò a camminare per i vicoli della città pensando a quali domande rivolgere a Brian Irons. Il suo interesse per quell’intervista calava ad ogni passo che la avvicinava alla meta. Guardò l’orologio e si accorse di essere largamente in anticipo: avrebbe approfittato del tempo a sua disposizione per fare un saluto al fratello.
Da lontano comparve la stazione di polizia nella sua maestosità ed eleganza. Una grande vetrata padroneggiava sul tetto della struttura. Un orologio scandiva il tempo sopra l’ingresso principale. La cancellata era sovrastata dalla scritta “R.P.D. Raccoon Police” e delimitata da due bandiere al di sopra di due grosse lampade rotonde. Varcò la cancellata e si ritrovò davanti al portone color acqua. Il rumore che accompagnò il suo ingresso si perse nel solito stupore che la assaliva nell’ammirare il salone d’ingresso: la statua di una donna che sorreggeva un’anfora al centro della stanza, due rampe a lato che salivano leggermente fino al bancone principale, una balconata superiore che costeggiava i muri in pietra.
Si diresse verso il bancone per richiedere il pass di visitatore come richiedeva la procedura per chi volesse entrare nella stazione. Una giovane donna era seduta davanti al computer e non si accorse della presenza di Susan la quale si schiarì la voce.
«Sono Susan Vickers, giornalista del Raccoon Press. Sono qui per l’intervista al signor Brian Irons» annunciò Susan con voce robotica.
La donna controllò sulla lista degli appuntamenti del capo se era presente l’ospite.
«Ah, signora Vickers, è molto in anticipo rispetto all’orario stabilito. Le chiamo qualcuno per accompagnarla alla sala d’attesa al piano superiore così potrà…»
«No, non si preoccupi! Avrei bisogno di andare alla toilette prima di raggiungere l’ufficio del signor Irons. Conosco molto bene questo edificio. Posso arrivarci da sola senza problemi» Susan la interruppe sapendo che se qualcuno la avesse accompagnata non le sarebbe stato permesso di passare da suo fratello. Era sempre stata brava ad inventarsi scuse credibili per sviare da situazioni avverse. La donna al bancone le consegnò un bedge identificativo sul quale era riportata l’iscrizione “ID 2358”.
Susan si allontanò ringraziando la signora che sembrò leggermente scocciata dal suo comportamento. Varcò la porta alla sua destra appena scesa dalla rampa.
La sala d’attesa nord era stipata di gente e Susan fece fatica ad attraversarla. Gli sportelli erano in orario di chiusura ma la gente non dava cenno di voler abbandonare il proprio turno. Susan uscì dalla stanza e percorse un lungo corridoio tappezzato di finestre che davano sul giardino. Arrivò davanti alla sala conferenze dalla quale proveniva una voce familiare. Cercò di captare i discorsi di quell’uomo che non le aveva mai suscitato alcuna simpatia: Albert Wesker.
«… e tenetemi aggiornato sugli sviluppi di questa nuova serie di test. Dobbiamo concludere questa ricerca prima della fine del mese».
La voce si spense e dei passi veloci raggiunsero la porta dalla quale stava origliando. Susan si affrettò ad allontanarsi proseguendo lungo il corridoio. La porta alle sue spalle si aprì.
«Sbaglio o questa non è un’ala del dipartimento accessibile ai visitatori, signorina Vickers?»
Susan si voltò e si ritrovò davanti agli occhi il subdolo e snervante sorriso di Wesker. Albert Wesker era il comandante della squadra alfa della S.T.A.R.S., nonché il superiore di suo fratello. Aver conosciuto di persona il comandante Wesker era stata una delle sue peggiori esperienze: era di sicuro la persona più odiosa e presuntuosa che potesse esistere.
«Sbaglio o quella è la sala conferenze riservata ad Irons e alle consulte della polizia?» ribatté lei non lasciando trasparire alcuna soggezione nei confronti di Wesker.
Wesker, per qualche secondo,parve sembrare a disagio.
«A quanto pare la sorellina di Brad è venuta a fare una visita ai membri della squadra alfa. Lo sa, lei è sempre la benvenuta» disse Wesker con tono acido accentuando il suo finto sorriso, dopodiché si allontanò.
Se c’era qualcosa che non poteva sopportare di Wesker, oltre alla sua faccia, era di sicuro il suo modo di abbandonare la scena proprio quando le cose per lui si facevano difficili. E qualcosa del fatto che lei fosse lì in quel momento, mentre telefonava, lo aveva lasciato particolarmente spiazzato.
  
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